La questione degli Usi Civici

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Uti singuli et uti cives. L’uso civico ci riporta alla concessione
medievale della proprietà collettiva particolarmente viva nell’Italia
meridionale e derivante dalle tradizioni di diritto feudale; mentre
nell’Italia settentrionale derivava dalle tradizioni di diritto
germanico. Questi beni per la collettività rappresentano un diritto
reale di godimento perpetuo, inalienabile, imprescindibile,
inusucapibile ed occupano un bel pezzo dell’alta collina e della
montagna dell’Abruzzo interno. Hanno rappresentato, dal medioevo
fino ad oggi, una protezione sociale ed economica per la parte più
debole della collettività che l’utilizzava per il legnatico, per il
pascipascolo o per la semina. Più di recente, a sottolineare il loro
valore culturale ed ambientale ,è intervenuto l’art.142 del Decreto
Legislativo 42/2004(Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) che li
sottopone a vincolo paesaggistico. La gestione degli Usi Civici è
affidata o ai comuni o alle Amministrazioni dei Beni Separati, una
miriade di micro entità mal coordinate e così, spesso questi beni
sono soggetti a pressioni antropiche ed a veri attacchi speculativo.
I pericoli sono molteplici e vengono da più parti. Essi sono di natura
istituzionale e legislativa oltre che storico-culturale e finanziaria.
Il recente decreto Salva-Italia voleva svendere queste terre
autorizzando i Comuni a cedere i beni di Uso Civico. Nuovi tentativi
di mercificare le terre collettive porterebbero a forti opposizioni
fino ad arrivare al ricorso alla Corte europea. E’ utile ricordare di
nuovo che le proprietà collettive sono immutabili nella loro
destinazione agrosilvopastorale e non vanno considerate come retaggi
del passato ma come beni vivi utili ad una gestione sostenibile dei
terreni con i quali promuovere la diffusione di un’agricoltura
contadina, locale, naturale e di sussistenza nel pieno rispetto
dell’ambiente e del territorio. Il pascipascolo, il legnatico ed i
mutamenti di destinazione d’uso sono invece, nella nostra zona, le
attività più frequenti e spesso utilizzando il mutamento di
destinazione d’uso si permette l’apertura di cave e l’escavazione di
grandi quantità di calcare che va per altri lidi. Succede che tutte le
regioni confinanti con l’Abruzzo hanno regolato con norme stringenti
l’apertura e la coltivazione di cave mentre da noi non esiste
pianificazione in materia. Siamo diventata la cava del centro Italia
e grandi quantità di ottimo calcare a prezzi più che competitivi
finisce fuori regione mentre a noi rimangono grandi ferite che
disegnano il paesaggio. Intorno a L’Aquila la maggior parte delle cave
e su terreno di uso civico. Per sua natura la gestione dell’Uso
Civico , da parte delle Amministrazioni Separate, non può e non deve
avere come orizzonte forme di mercantilismo e economicismo e non si
possono mantenere solo rapporti giuridici basati su formalismi
esasperati . Bisognerebbe fare un salto di qualità ed, insieme
all’oculato soddisfacimento dei bisogni della collettività,
percorrere strade peraltro già tracciate. In diverse zone del paese si
muovono forze sociali ed istituzionali che propongono percorsi
alternativi. Esempi ci vengono dalle Regioni a noi prossime: Lazio e
Umbria. Nelle Regioni citate si sono poste le basi per proposte di
leggi che tengano insieme tutela dei beni comuni e possibilità di
sviluppo. Una forma di sostegno verso le nuove generazioni, elementi
propositivi per il ripopolamento di vaste zone dell’Appennino.
Recupero e rilancio di attività scomparse o in via di estinzione,
recupero di forme di agricoltura di prossimità lontane da qualsiasi
mercatismo e antitetiche alle facili mode come l’Ethaly. Sarebbe il
caso che la regione Abruzzo prendesse esempio dalle regioni vicine
oggi che la politica timidamente prova a parlare, dopo anni di
silenzio, dell’Appennino ripartendo da APE e dalla Convenzione
dell’Appennino e Slow Food che lancia gli “Stati Generali Delle
Comunità dell’Appennino”. Tutto ciò va bene ma centrale in tutto
questo rimane la questione degli Usi Civici intesi come bene
ambientale collettivo e la prospettiva di un loro utilizzo
sostenibile.

 

Giovanni Cialone

Alfonso De Amicis

Il Popolo Greco Contro Le Politiche di Austerità

 

bussola camper 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il popolo greco, con il voto di domenica si è pronunciato in modo
inequivocabile contro l’Unione Europea e le sue politiche di
austerità. Più della metà della popolazione ha espresso un no chiaro,
netto e forte contro le politiche neoliberiste imposte dalla troika
soprattutto nei confronti dei paesi periferici dell’Europa. Questo no,
rompe per la prima volta il fronte univoco e mortifero della retorica
europeista e democraticistica. Un’Europa fondata sul potere delle
Banche, delle multinazionali in modo asimmetrico per favorire il
grande capitale a conduzione tedesca ed a scapito dei paesi
mediterranei e periferici. Oggi c’è la certificazione della
mezzogiornificazione di questa vasta area. Quello che fu fatto nei
confronti dell’Italia meridionale al momento della sua unificazione,
oggi quelle politiche neocolonialiste vengono applicate al sud
dell’Europa. Il fronte univoco, con queste elezioni entra in forte
fibrillazione, le vertigini assumono le sembianze della paura. Il
fronte avverso ne ha subito colto le potenzialità deflagranti per il
disegno imperialista del costituendo polo europeo. I popoli hanno
diversi e svariati modi per sollevarsi. Sarebbe sbagliato da parte
nostra non cogliere l’importanza di questo voto e rilanciare la lotta
per rompere l’Europa dell’austerity. Il “partito” di Syriza, composito
e con anime diverse, negli ultimi tempi ha provveduto a moderare le
proprie posizioni, ma sarebbe sbagliato leggere la situazione sul lato
del programma elettorale. I movimenti sociali che più si sono opposti
in questi anni alle politiche di devastazione sociale economico e
culturale, indicano e chiedono di uscire dalla gabbia europeista e di
rivedere questi rapporti gerarchizzati tra i membri dell’Unione. Il
voto di domenica segnala che la pazienza dei popoli si sta
dissolvendo. Si apre così una fase, difficile, dura, pericolosa,
perché questo voto mette in discussione quello che si voleva
irreversibile. La costruzione di un super stato, di una vasta area
monetaria, per la competizione globale nei confronti di altrettanto
aree in forte ascesa o in un lento ma inesorabile declino(Gli USA).
Una Unione Europea costruita contro qualsiasi principio democratico ma
su deleghe intergovernative. Governi nati da parlamenti messi su da
leggi elettorali che spesso hanno violato i patti Costituzionali nati
dalla guerra antifascista e antinazista. Costituzioni che i grandi
poteri sovranazionali vogliono desueta e quindi da riporre nei musei
della archeologia della storia e della politica. Le leggi elettorali
in Italia dal porcellum all’italicum sono la quinta essenza del
degrado della stessa democrazia borghese e della svolta autoritaria e
di censo imposte delle elites nazionali ed europee. Insomma su questo
sentiero si gioca molto del prossimo futuro. Riprendo alcuni concetti
dei compagni della Rete dei Comunisti: “Su questo crinale si giocano
non solo scelte congiunturali ma anche quelle strategiche per la
Grecia e per gli altri paesi PIGS dell’Europa. Atene si trova
nuovamente nello scomodo ruolo di laboratorio. Il voto pone con forza
la questione politica fondamentale: Si può costruire uno stato (
L’Unione Europea ambisce a diventarlo ) andando contro la volontà
popolare? E’ in gioco il principio chiave della democrazia borghese
illuminista: la sovranità popolare (assieme e più di quella
“nazionale”) come fondamento della struttura politica e amministrativa
che decide-mediando tra interessi differenti-sulle forme di coesione
sociale la distribuzione della ricchezza prodotta. Il percorso
disegnato dai trattati europei rovescia completamente quel principio,
mettendo al centro la governance di poteri che rispondono ad altre
sovranità: quelle del capitale, delle imprese multinazionali delle
alleanze militari”. Questa è la contesa. Un nuovo ordine che si
affaccia prepotentemente nella storia che mette all’ordine del giorno
la guerra e strumenti di repressione che pensavamo di aver consegnato
al recente passato. Il capitale europeo non disdegna l’uso della forza
e della manovalanza nazista cosi come sta avvenendo in Ucraina e in
altre parti d’Europa o in paesi a noi vicini.Una ideologia totale che
fa uso in modo spregevole del colonialismo e della guerra di civiltà
come momento di mobilitazione di masse crecenti impoverite. “Non è
tempo di tifare o gufare” il contesto richiede di mettere in campo
intelligenza, forza, organizzazione e movimento che assuma
consapevolmente come orizzonte la rottura dell’Unione Europea, come
punto di svolta per la creazione di una area euromediterranea regolata
da principi di uguaglianza, solidarietà, internazionalismo.
L’esperienza dei popoli del sud America in tal senso ha molto da
insegnare.

 

Alfonso De Amicis

Il giorno degli smemorati.

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Servabo: può voler dire terrò fede, conserverò, terrò in serbo.
A suo tempo Luigi Pintor ricorda quando cadde nelle mani di una
“famosa banda di irregolari” (la banda della Carità, ma nessuno deve
saperlo)passò un brutto momento anche se non fu sottoposto alla
tortura scientifica in cui eccellevano i nazisti. Lo sgherro gli
chiede dove è stato e lui risponde: “Nell’oriente leggendario dove gli
uomini inferiori, soldati e operai avevano vinto la loro rivoluzione
per la prima volta nei millenni”. Si dà il caso che quella rivoluzione
fu la prima ad aprire il varco e gli occhi sugli orrori del
nazifascismo in Europa. La battaglia di Stalingrado con i suoi morti
ruppe definitivamente la leggenda sulla invincibilità del terzo Reich.
Tuttavia oggi la corsa a riscrivere la storia è continua e senza
soste. Un tentativo revisionista per imporre soluzioni politiche utili
a perpetuare il dominio di un assetto istituzionale sempre più
oligarchico e autoritario. Nella Terra di Mezzo nel cuore dell’Europa
le cancellerie occidentali, in primis la signora Mogherini legittimano
la partecipazione dei nazisti al governo in Ucraina. Il vecchio
governo sicuramente pessimo, sicuramente pieno di malfattori è stato
spazzato via da una banda di nazista armati e sostenuti dai governi
occidentali e in quella occasione la Cancelliera Merkel sostenne la
cosi detta “rivoluzione arancione” per assicurarsi un mercato utile
alle imprese tedesche. Già due volte la Germania ha condotto l’Europa
sulla guerra imperialista. Non c’è due senza tre? Il ricordo della
Shoah, la sua forza perde di identità e corposità storica nel momento
in cui tutto viene piegato a logiche politiciste e di convenienza.
Quindi per dare risalto a quella memoria perché, tutto ciò “se è
successo può rinascere” va bandita qualsiasi contiguità con il
fascismo e il nazismo dovunque e comunque si presenti. Come ci
ricordava spesso Pertini il fascismo non è una opinione ma un crimine
contro l’Umanità

 

 Alfonso De Amicis

HO VISTO – viaggio a Dachau (D. Del Vecchio)

girono-della-memoria-27-genn

 

 

 

 

 

 

 

HO VISTO – viaggio a Dachau (D. Del Vecchio)

 

 

HO VISTO LA PORTA DELL’INFERNO
DOVE “IL LAVORO RENDEVA LIBERI”
HO VISTO I VIALI DELLA SOFFERENZA
DOVE OGNI GIORNO RINNOVAVA IL DOLORE
HO VISTO STRETTE TAVOLE DI LEGNO
DOVE MILLE CORPI AMMASSATI PIANGEVANO
HO VISTO DOCCE DOVE SI LAVAVA LA VITA
HO VISTO I CAMINI DOVE USCIVA LA MORTE

L’ODIO DELL’UOMO HA RAGGIUNTO LA VETTA
NEI GIARDINI DEL DOLORE DEL MONDO
DOVE L’IDENTITA’ ERA UN NUMERO
DOVE VIVERE ERA UN SOGNO

L’ODIO DELL’UOMO NON HA CONFINI
NEI GIARDINI DEL DOLORE DEL MONDO
DOVE L’EGOISMO SIGNIFICAVA VITA
DOVE L’AMORE ERA UN RICORDO PROFONDO

HO VISTO POPOLI TREMARE E FUGGIRE
FAMIGLIE DIVIDERSI E NON TROVARSI MAI PIU’
HO VISTO GENTE PREGARE PER MORIRE
MORIRE SENZA DOVER SOFFRIRE

ECHI DI FOLLE VENERARE IL CARNEFICE
IN NOME DI UNA RAZZA INVINCIBILE E SUPERIORE
HO VISTO I CRIMINALI INVECCHIARE
PROTETTI DALLA CROCE, NON UNA CROCE UNCINATA

L’ODIO DELL’UOMO HA RAGGIUNTO LA VETTA
NEI GIARDINI DEL DOLORE DEL MONDO
DOVE L’IDENTITA’ ERA UN NUMERO
DOVE VIVERE ERA UN SOGNO

L’ODIO DELL’UOMO NON HA CONFINI
NEI GIARDINI DEL DOLORE DEL MONDO
DOVE L’EGOISMO SIGNIFICAVA VITA
DOVE L’AMORE ERA UN RICORDO PROFONDO
DOVE L’AMORE ERA UN RICORDO PROFONDO

Prc L’Aquila:” Syriza una speranza per la Grecia e non solo”

tsipras

 

 

 

 

 

 

 
Grande festa nella notte ad Atene per la delegazione abruzzese di Rifondazione Comunista, capitanata da Maurizio Acerbo, che insieme a migliaia di militanti della sinistra di tutta europa si è recata nella capitale greca per sostenere Syriza e il suo leader Alexis Tsipras. La vittoria di Syriza può rappresentare una svolta storica non solo per la Grecia ma per l’intera Europa. Sono state sconfitte dal popolo greco le politiche ultraliberiste di austerità imposte dalla Troika. Un voto dirompente, in un paese disastrato da oltre un decennio di macelleria sociale, che rivendicherà il cambio delle politiche economiche in tutto il vecchio continente.

Oggi ad Atene domani in tutta Europa è stato lo slogan di Syriza in questi mesi, ed è proprio questa la sfida per Tsipras che per alleviare le sofferenze del popolo greco deve portare sul campo della riforma dei trattati e della rinegoziazione del debito anche i governi di Italia, Francia, Spagna e Portogallo. Obiettivo ambizioso ma non impossibile se pensiamo che la necessità di allargare il cappio dell’austerità comincia ad essere una priorità nell’agenda di molti governi. Persino del nostro che però continua a distinguersi come campione nell’applicare alla lettera le ricette della Troika, come la riforma del mercato del lavoro e la feroce Spending rewiew, con i conseguenti costi, pagati dai cittadini, in termini di diritti, taglio dei servizi e aumento delle tasse.

Nella nostra città appare ancora più evidente data la cronica incertezza dei vari governi a mantenere stabile e costante il flusso delle risorse per la ricostruzione.Oggi in Italia, a partire dai territori, la necessità di calarsi nel solco dell’esperienza greca e aprire una discussione seria per tornare a rappresentare nella società, nei territori e nei luoghi della politica e del sindacato le istanze del lavoro e della sinistra non è più rinviabile, anzi necessita di una urgente accelerazione.

I tanti soggetti necessari per costruire una sinistra plurale, laica radicale e antiliberista abbiano il coraggio di fare un passo indietro e due in avanti. Superare la frammentazione delle forze e lavorare per l’unità dovrà essere la sfida dei prossimi mesi. Dare seguito alla grande mobilitazione dello sciopero generale della Cgil del 12 Dicembre può essere il punto di partenza per dare rappresentanza politica, anche in Italia, alla speranza che Tsipras e Syriza hanno acceso in Europa.

 

Goffredo Juchich
Segretario Comunale Prc L’Aquila

L’Aquila dopo la gioia arriva la tua bestia nera….E’ ora di prendersi la rivincita!

prato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si chiedeva la vittoria all’Aquila nel turno precedente contro l’Ascoli capolista di Petrone, squadra che fino a sabato scorso aveva subito appena 3 reti nelle precedenti 9 trasferte.
Una vittoria per accorciare sul primo posto, per non ridursi a competere solo per i play-off, per dare la scossa alla città e per dimostrare che la squadra è forte e ci crede.
E grande vittoria è stata, 3-0!
Fondamentale, bellissima come solo le vittorie importanti sanno essere, difficile visto il periodo di scarsa forma che stava vivendo la squadra aquilana e pienamente meritata per la grande prestazione fornita da tutta la truppa agli ordini del nuovo guru del calcio aquilano, Mister Nunzio Zavettieri.
Ma bisogna guardare subito avanti, è ora di prendersi la rivincita per la truppa rossoblù e di vincere in Toscana.
Il calendario, infatti, propone una trasferta insidiosa, in quel di Prato, una squadra, quella dei lanieri, che negli ultimi anni sembra una vera e propria bestia nera per gli aquilani.
Dalla stagione 2010/2011 la squadra rossoblù ha vinto solo una gara per 3-2, l’andata della semifinale play-off valida per la promozione in I divisione, perdendo poi il ritorno per 2-1 nella partita più maledetta e forse calcisticamente drammatica della storia moderna dell’Aquila calcio. Basti ricordare che a 5’ dal termine il Prato rimase in 10 prima, in 9 poi, ma trovò la forza grazie anche a gravi amnesie della squadra aquilana di trovare il vantaggio su rigore al 92’ partita finita e tutti a casa? Neanche per sogno(magari, potrebbe dire un tifoso aquilano, col senno di poi…), la Valorosa non si arrende al destino che sembra scritto e, spinta da quasi 1000 caldissimi, fantastici tifosi al seguito compie il miracolo! Stamilla pareggia al 96’ e sugli spalti è un vero delirio di colori, cori, abbracci e vessilli rossoblù….ma il dramma è ancora dietro l’angolo, 30’’ dopo, appena ad un respiro dal triplice fischio finale il Prato trova la vittoria, gettando nel dramma gli aquilani.
La città dei 99 eliminata al 99’….destino amarissimo e beffardo che sa di vera maledizione.
Da questa tremenda delusione, infatti, i rossoblù devono ancora trovare la vittoria contro i lanieri. Nelle ultime 5 gare disputate il tabellino recita una vittoria del Prato e 4 pareggi, con una sola rete segnata dagli aquilani.
E’ decisamente tempo di rivincite per una squadra che, dopo il mercato invernale, sembra completa e adeguata in ogni reparto, che ha la miglior difesa di tutta la Lega Pro insieme alla Salernitana e che sembra più che pronta a sfidare fino alla fine le corazzate del girone, il Pisa e L’Ascoli, squadre date favorite alla vittoria finale sin dall’inizio del torneo.
Da temere di certo anche la Reggiana, il Teramo e l’Ancona che sta risalendo in modo prepotente la classifica, ma ad oggi col mercato ancora in corso sembrano meno complete per puntare a vincere il torneo, sicuramente lotteranno almeno per i play-off sino al termine.
Ma non va sottovalutata la squadra Toscana, visti i risultati degli ultimi anni e visto che in rosa può fare affidamento su giocatori validi ed assai temibili come il bomber Bocalon, cartellino di proprietà Inter, goal facile, cercato anche dalla Società del Complesso di Gran Panorama in queste ultime stagioni.
Tatticamente parlando ci si attende la solita L’Aquila di Zavettieri schierata col 3-4-3, unici dubbi nei centrali di difesa, con il ballottaggio Carini/Zaffagnini e in mediana ballottaggio Del Pinto/Djuric, mentre il ‘discusso’ Pacilli potrebbe ritrovare il suo posto nel trio offensivo, staremo a vedere. Ipotizzabile anche un cambio di modulo durante la gara, che permetterebbe al Mister l’uitlizzo in contemporanea di Del Pinto, Corapi e Djuric, con due punte avanti.

Vinci per noi, per la città, per questa maglia!

Alessandro Mellone

La Crisi Panacea per i Ricchi.

 

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L’Italia è un paese, frantumato, polverizzato, ridotto a pura entità
geografica. Un paese da spolpare. Negli ultimi sette anni(7) il famoso
PIL è arretrato del 12% ma nel frattempo si stanno svendendo tutte le
principali aziende. Tempo qualche anno e ci avvieremo verso la
tragicommedia della vendita, magari del Colosseo, della Fontana di
Trevi, di Pompei e via di questo passo.La crisi taglia posti di
lavoro, salari, pensioni, riduce gli spazi di socialità e sapere. In
questi anni abbiamo assistito alla distruzione della scuola pubblica,
prima con la riduzione costante dei finanziamenti e poi con una
rinvigorita svalorizzazione del ruolo degli insegnanti. Viaggiamo
spediti verso la privatizzazione della Sanità Pubblica e
Universalistica ma il debito pubblico vola sempre più in alto. Un
paese in declino e sempre più povero. Una Patria senza qualità.
Tuttavia la crisi non esiste per tutti. I ricchi sfruttando la loro
posizione strategica, fanno affari, proprio quando essa si fa più
feroce e devastante. Questi pochi “fortunati”, dal 2008 hanno
notevolmente aumentato la propria ricchezza. Federico Fubini sul
quotidiano Repubblica ci indica i paperon dei paperoni che
giornalmente praticano “Il Gratta e Vinci”: Del Vecchio, Ferrero,
Berlusconi, Armani, Caltagirone ecc. I dati sono stati snocciolati e
resi disponibili dal rapporto che annualmente viene pubblicato dalla
Banca d’Italia. Bisognerebbe secretarli? Forse, perché simili numeri,
cosi crudeli, efferati,. potrebbero fomentare l’odio di classe. Una
domanda sorge spontanea, ma queste famiglie stanno forse facendo
beneficienza ai loro concittadini? Si mostrano affini verso una più
equa redistribuzione del prodotto interno lordo? La realtà ci mostra
una Italia diseguale con i poveri sempre più poveri e quelli che
stanno in alto sempre più ricchi. Contemporaneamente il governo a
conduzione democratica è impegnato nell’approvazione dell’Italicum
(insieme al cavaliere sempre più ricco) all’abolizione del Senato
all’abolizione delle Provincie, costoro lo fanno in nome di una non
ben precisata lotta alla corruzzione ed alla riduzione del costo della
politica. Ai più avveduti pare un ridisegno autoritario del sistema
istituzionale, preventivo nei confronti di possibili forti
sollevazioni dovute ad una grave situazione depressiva e deflattiva.
Tutti parlano ma a quanto pare nessuno è in grado di indicare
plausubili vie d’uscita da una crisi cupa e assoluta molto più
pericolosa di quella del’29.

 

Alfonso De Amicis

Guerra sociale e guerra militare caratteri costituenti dell’Unione Europea. I fatti di Parigi e le elezioni in Grecia

rossa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Guerra sociale e guerra militare caratteri costituenti dell’Unione
Europea. I fatti di Parigi e le elezioni in Grecia possono indicare il
cambio di passo in due direzioni diverse.

Documento elaborato dal gruppo di lavoro nazionale di Ross@

C’è un mito che più di ogni altro viene alimentato dalle classi
dirigenti dell’Unione Europea per legittimare le loro politiche:
quello della pace tra gli Stati europei. Certo, dopo la Seconda guerra
mondiale, l’inclusione della Repubblica federale tedesca nella
Comunità mise fine ai conflitti tra Francia e Germania. Ma prima la
guerra fredda e poi, dopo il 1989, il disegno egemonico dell’UE ha
portato guerre sul territorio europeo e interventi militari al di
fuori dell’area UE. Interventi diretti oppure sotto l’ombrello della
Nato (riconosciuta come partner strategico negli stessi Trattati).
Ex-Jugoslavia, Ucraina, Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, Africa sono
zone dove operano forze militari degli Stati dell’UE, mentre si
accelerano le politiche di armamento comune sotto la guida
dell’Agenzia europea.

Guerra sociale e guerra armata: questi sono i due scenari che
caratterizzano l’UE.

Dopo l’assassinio di giornalisti, civili e poliziotti da parte di
nuclei di terroristi a Parigi, le classi dirigenti europee stanno
perseguendo una nuova edizione di union sacrée basata sui ‘valori
occidentali’ di libertà e giustizia: all’interno, la libertà è quella
di licenziare e di distruggere i diritti sociali di cittadinanza e del
lavoro, immiserendo milioni di persone con le politiche di austerità;
all’esterno, gli interventi militari in Iraq, Siria, Libia, Mali,
stanno disgregando intere comunità, dalle cui macerie emergono i
gruppi armati che in nome dell’Islam perseguono propri obiettivi di
potere. Il risultato è: impoverimento dei popoli europei, milioni di
rifugiati nei campi turchi, giordani e fuga di centinaia di migliaia
di persone verso l’Europa.

In un circuito perverso, le guerre alimentano i profughi, le forze
politiche di destra in Europa alimentano il razzismo e la xenofobia,
le classi dirigenti alimentano la difesa dei ‘valori’ dell’Occidente e
provano a rinsaldare il proprio dominio sfruttando i sentimenti di
solidarietà contro le vittime dei terroristi.

L’Islam è una fede religiosa e come tutte le altre deve godere dei
diritti di libertà religiosa, in pubblico e in privato nel rispetto
delle loro modalità di espressione. Ma non possiamo nasconderci che la
crociata contro il velo in Francia è stato il frutto di una mentalità
coloniale, non certo repubblicana. Lo “scontro di civiltà” è una
politica perseguita dai gruppi dominanti per conservare il proprio
potere, sia nel mondo occidentale sia nel mondo islamico.

Politica di austerità e politiche di guerra sono il marchio del
disegno di dominio del capitalismo europeo, guidato dall’ideologia
neoliberista: mercato, mercato e ancora mercato, perché questo
porterebbe “civiltà e libertà”. La realtà ci dice che porta invece
miseria e oppressione.

Per questo auguriamo a Syriza la vittoria alle prossime elezioni in
Grecia, perché potrebbe bloccare questa perversa politica di austerità
che ha provocato milioni di disoccupati, precarizzato il lavoro,
escluso dai circuiti sociali intere generazioni, tagliato le pensioni
e demolito i diritti sociali della previdenza, della sanità,
dell’educazione. Il programma di Syriza mira a fermare le politiche di
austerità con la richiesta di ristrutturare il debito, far pagare le
tasse ai ricchi (che continuano ad evadere anche nei tempi in cui si
predica solidarietà), introdurre misure di redistribuzione del
reddito. Syriza al governo può essere il sasso nell’ingranaggio delle
politiche economiche dell’UE. Certo, se pensa di appoggiarsi a Mario
Draghi contro la Merkel, proverà una cocente delusione, perché è
proprio la BCE la mente e il braccio operativo delle politiche di
austerità e delle ‘riforme di struttura’, come loro chiamano la
distruzione dei diritti del lavoro e sociali in nome delle libertà
dell’impresa. Non possiamo negare che la classe dominante europea stia
cercando con ogni mezzo di ostacolare, oppure depotenziare, i
possibili cambiamenti in Grecia. L’indipendenza politica e il ripudio
dei diktat della troika diventano così decisivi per indirizzare il
cambiamento in un verso o nell’altro; questa è la responsabilità che
ricade oggi su Syriza. Ci auguriamo che siano forti anche gli antidoti
al pellegrinaggio di cattivi consiglieri in viaggio dall’Italia verso
la Grecia.

In Italia, così come in Francia e in altri paesi europei, le classi
dirigenti – politica, industria e finanza – continuano indisturbate la
loro opera di distruzione delle conquiste democratiche e sociali. Il
Jobs act italiano è solo l’ultima delle misure, peraltro già operanti
in altri paesi: si va costruendo un mercato del lavoro europeo
dominato dalle politiche della flexsecurity, che significa il dominio
assoluto dei padroni nell’uso della forza lavoro. A livello sociale,
in tutti i paesi UE sono state abbassate le pensioni e innalzata l’età
pensionabile, i processi di privatizzazione hanno coinvolto anche i
servizi pubblici e i beni comuni, come l’acqua. Nonostante questa
ferocia della lotta di classe dall’alto, ancora stenta a nascere una
risposta diffusa, di massa, contro queste politiche. Qui danoi
agiscono negativamente: il sistema di potere PD, architrave delle
politiche di austerità; i sindacati ufficiali che hanno accettato di
scambiare diritti, salari e pensioni con il loro potere di
rappresentanza al tavolo della concertazione; la Cgil, che ha mimato
una qualche opposizione al Jobs act solo con la speranza di essere
chiamata di nuovo a concertare le misure per introdurre la
flessibilità in uscita, così come aveva fatto con la “riforma
Fornero”.

Ma non possiamo nascondere le nostre responsabilità, la nostra
inadeguatezza a sostenere, promuovere, consolidare i conflitti sociali
all’altezza della posta in gioco. Responsabilità nostre ma – nelle
dovute proporzioni e storie – soprattutto delle forze politiche. Sel
continua a ruotare intorno al PD e alle sue correnti, persistendo nel
partecipare ai riti delle primarie e legittimando così la politica del
PD. Rifondazione Comunista è contro il PD, ma continua a sostenere le
amministrazioni di centrosinistra nella speranza di conservare o
recuperare una qualche rappresentanza istituzionale. La lista Tsipras,
che ambisce di vivere della luce riflessa da Atene, è stata il
salvagente di Sel e Prc per superare lo sbarramento del 4%, senza però
avere la capacità di innescare un mutamento delle pratiche politiche.
Ora Cofferati viene lanciato da Landini come il federatore della
sinistra: sulla scena, insomma, sempre gli stessi personaggi di area
PD. Cofferati si trasforma da sindacalista in sindaco, poi in
europarlamentare, in competitore alla carica di segretario regionale
in Liguria e infine in candidato alla carica di presidente della
Regione, per vestire ora i panni di salvatore della sinistra. È sempre
lo stesso ceto politico che occupa la ribalta.

La ‘sinistra diffusa’ e antagonista è adagiata in vecchie politiche
identitarie e autoreferenziali, rifiutando ipotesi di ricomposizione,
indipendenti e durature, che vadano oltre le singole scadenze. E
troppo spesso, in alcuni suoi ambiti, si presta orecchio al “richiamo
della foresta” proveniente dalle correnti in lotta dentro il PD.

La ‘lezione’ che ci viene da Podemos e Syriza è quella che si può
anche andare oltre i ceti politici della vecchia sinistra per
sostenere forze e movimenti sociali conflittuali, dai quali soltanto
può nascere un soggetto politico effettivamente rappresentativo,
alternativo al sistema di potere PD e al capitalismo italiano, ormai
saldamente integrato in quello europeo.

Ross@ intende mettere a disposizione e perseguire proprio questo
progetto di ricomposizione, basato sulla rottura con le regole e i
vincoli imposti dagli apparati e dagli interessi dell’avversario di
classe, e sull’unità tra coloro che perseguono con coerenza ipotesi ad
essi antagonisti e alternativi.

Cos’è stato per me David Trezeguet? È presto detto..

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di Roberto Naccarella

 

Cos’è stato per me David Trezeguet? È presto detto. David Trezeguet per me è stato, e sarà sempre, il mio centravanti. Il mio numero 9.
Quando arrivò, nel 2000, non ero poi così contento. Mi aveva fatto piangere un mese prima, a Rotterdam. E poi noi avevamo già Del Piero e Inzaghi, la più forte coppia d’attacco italiana, insieme a Darko Kovacevic, che il suo mestiere lo faceva bene.
Tra l’altro per Alex era un brutto momento, e pensavo che una punta in più potesse creargli ulteriori problemi.
Non immaginavo che avrei letto, detto, gridato Del Piero – Trezeguet per 10 anni.
Terza giornata 2000-2001, Milan-Juventus. È un suo colpo di testa in tuffo – come non se ne vedono più – a scatenare la rimonta. È il suo primo gol in campionato con la maglia della Juve. Il primo di 171 gol, di cui 15 anche in Serie B.
Gol. Se pensi a Trezeguet pensi a quello. Lui segnava in tutti i modi. Destro, sinistro, testa, piattone sotto porta o rovesciata, rigore o tiro al volo. La sostanza non cambiava mai. Gol. Trezegol.

Le reti che preferisco di più? Quella al Real Madrid in semifinale 2003 a Torino (anche perché ero a pochi metri…), quella agli ottavi 2005 sempre al Real, quella al Milan su assist in rovesciata di Del Piero.
Un neo? Be’, sì, quel rigore calciato addosso a Dida.
Per fortuna ne sbagliò anche un altro, e in quel caso fece bene Emoticon wink

Perché omaggiare “Roi David”? Perché oltre a saper fare perfettamente il suo mestiere, unendo l’eleganza transalpina alla potente passione argentina, Trezeguet è stato un professionista esemplare. Di lui non si sa nulla, non è mai stato nelle cronache, non ha mai usato una sillaba fuori posto. Ricordo solo un “ho fatto 15 gol e mi vogliono mandare via” nel 2007, riferito a Secco e Cobolli Gigli, e direi che averli nominati può bastare per scegliere da che parte schierarsi.
Da bambino Vialli, da adolescente-universitario Trezeguet. Aspetto un numero 9 che mi riesca a dare le stesse emozioni, che sappia prendere per mano i compagni dicendo: “Datemi un solo pallone giocabile. Uno solo. Anche al 90esimo. Poi ci penso io”.

Grazie di tutto, David Trezeguet.

 

 

La Dottoressa Fredjana Jukic ha ripercorso le tappe dell’introduzione della stampa a Tempera

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Venerdi 16 a Tempera si è tenuta una interessantissima conferenza sula
Archeologia Industriale nel Prco del Vera per merito dell’Archeo Club
dell’Aquila. Sono state ripercorse le vicende della scoperta della
carta per merito dei cinesi, e quindi l’introduzione della stampa in
Abruzzo e nell’aquilano in particolare. Grazie al racconto della
Dottoressa Fredjana Jukic  si sono ripercorse le tappe
fondamentali dell’introduzione della stampa a Sulmona, Celano, Tempera
e Vetoio. Si sono rivissute la sapienza tecnica e manuale dei cartai
di Tempera: della famiglia Vicentini e di operai qualificati della
famiglia Alfonsetti. L’ascesa di questo sapere e il suo declino con
l’introduzione di nuove tecnologie e di un rinnovato protagonismo
delle forze produttive. Le cartiere non ressero la concorrenza e
presto dovettero cedere il passo alle industrie moderne. Tuttavia come
spesso ha ricordato la relatrice, la storia è li a ricordarci le
enormi potenzialità e vocazioni di un territorio. In questo caso non
c’è dubbio che lo sforzo dell’Archeo Club così come della parte più
sensibile di Tempera sia quello di un rinnovato impegno per la
salvaguardia e valorizzazione dell’Archeologia Industriale nel Parco
del Vera. Sensibilità e forza che sempre più spesso si scontrano con
la refrattarietà e insensibilità che le varie istituzioni e politici
di turno riservano verso questo enorme patrimonio. Ci si stupice su
quanto di nascosto vi è nostri storici palazzi e che oggi tornano alla
luce grazie al lavoro di storici e architetti della Soprintendenza
dell’Aquila. Dovremmo stupirci, sempre di quanto pervenuto e visibile
della nostra memoria e storia.

 

Alfonso De Amicis