Schiacciante

alfonso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con il tramonto di Berlusconi tutti erano convinti, che le battute
volgari, le gag sui negri, sulle olgettine, su Romolo e Remolo,o il
“cucù” alla signora Merkel, appartenessero, ormai ad un passato da
consegnare all’archivio della storia, alla psicologia tra masse e
capi. Al peggio non c’è rimedio. Le nuove elites  con il suo principe
fiorentino sono in perfetta continuità con il recente passato. La
differenza sta nel suo “politicamente corretto”, ma soprattutto sulla
sua “intransigenza riformatrice” Sic. Sono stati messi li a bella
posta. E ripetono a “pappapardella” magari con uno stil nuovo, ricette
che hanno un sapore antico e le cui vestigia hanno avuto primogeniture
in altre nazione, e sempre con pessimi risultati. Le privatizzazioni,
lo smantellamento del Welfare, nella Inghilterra dell signora Tacher
prima, e di Blair dopo, hanno portato quel paese a situazioni di
povertà da far impallidire le clamorose premonizioni di Charles
Dickens. In questi giorni non si è fatto altro che parlare di
dipendenti pubblici e dei furbetti del cartellino, come se ogni male
che affligge il paese fosse responsabilità di questa categoria di
lavoratrici e lavoratori. E in effetti in questo paese ci sono e
perdurano fatti gravi: diEssi hanno un carattere strutturale. Una
crisi stagnante che dura ormai da anni, bassi salari, disoccupazione
giovanile oltre il 40% , scomparsa del welfare, ma l’alfa e l’omega di
ogni male sono i dipendenti pubblici. Si tratta, riferito ai furbetti,
di comportamenti censurabili, certo, ma che statisticamente
interessano poche unità, a fronte di centinaia di migliaia di
lavoratori che mandano avanti la baracca(cosi è ridotta)della cosa
pubblica e che non vedono rinnovato il contratto da anni. Lavoratori e
lavoratrici che grazie al blocco del turnover hanno un’età media che
nel 2019 raggiungerà i 53 anni, con un numero di
ultrasessantenni(372932) superiore tre volte a quello degli under
35(101693) e che ancora una volta vengono utilizzati dai “rottamatori”
come arma di distrazione di massa. Certe volte per non cadere in certi
tranelli basterebbe fermarsi a riflettere sul semplice fatto che chi
ci impartisce lezioni di etica il verbo “lavoro” non sa nemmeno come
si coniuga. O al massimo lo usa per la seconda persona, singolare o
plurale poco importa: tu lavori, voi lavorate… noi ci
guadagniamo…politicamente, nei sondaggi e speriamo nelle prossime
elezioni, speriamo. O sul semplice fatto che ascoltando la signora
Madia in televisione sei preso quasi da un senso di nostalgia
canaglia, e ti chiedi: ma il tempo in Italia-il tempo politico- è
sempre uguale a se stesso? Oppure è un miracolo della storia che ti fa
pensare come certi personaggi una prima volta si  presentano come
tragicamente autentici, la seconda invece, appaiono come caricature di
se stessi. Si perchè la ministra, intervistata sull’argomento ormai
dirimente sulla sorte della nostra penisola e cioè su pubblico
impiego, (contratto e furbetti) ripeteva ossessivamente l’aggettivo
schiacciante! E’ sicuro che chi è preso in flagranza di reato possa
essere licenziato nel giro di 48 ore? In caso di schiacciante… E per
alcuni minuti si finiva per essere schiacciati da un vocabolario
afono. Eppure l’Italiano è una lingua perfetta,piena, articolata.
Schiacciante: è voce ripresa dai puristi, che vorrebbero sostituirvi
prove inoppugnabili. Inconfutabili. Incontrovertibili. Più che
assistere ad un chiarimento sembrava di assistere ad un
avvertimento.Ma chi ci impartisce lezioni di etica e morale? Sono gli
stessi che rivestono di cartone le bellezze della storia italiana e
che vorrebbero sempre più privatizzate. E tuttavia di questo scempio
non c’è traccia di colpevoli o di responsabili. Il Presidente del
Consiglio non sapeva nulla, così dicasi del Ministro Franceschini e
giù, giù in una catena di Sant’Antonio, fino al trionfo dell’aforisma
di LERCIO.IT ” Rouhani-Arte Italiana deludente e ripetitiva”. L’Italia
un paese di Santi, Poeti, Navigatori e….. Rottamatori. Un grande
Paese o un Paese grande?

 

Alfonso De Amicis

27 Gennaio in ricordo di tutte le vittime del Nazifascismo

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Oggi 27 gennaio si celebra la giornata della memoria, per ricordare la persecuzione sistematica e lo sterminio degli ebrei perpetuato dalla follia nazifascista, in cui non va dimenticato il ruolo deplorevole svolto dai fascisti italiani protagonisti attivi di stragi, delazioni e deportazioni di civili. Non c’è città o piccolo paese in Italia che non ricordi un evento tragico. In questa giornata il nostro pensiero commosso si rivolge ai nove martiri aquilani e alle vittime delle stragi di Onna e Filetto, come pure alle uccisioni sommarie dello studente Franco Gambacurta e del Partigiano Jugoslavo Panto Cemovic. E’ utile ribadire con convinzione che in memoria della shoa va combattuta ogni forma di fascismo e di razzismo. In quest’ottica bisogna condannare ogni forma di di discriminazione e di oppressione contro i popoli perpetrata dai governi di oggi, come ad esempio l’oppressione del popolo kurdo ad opera del governo di Erdogan in Turchia, o, proprio in Israele, del popolo palestinese ad opera del governo sionista di Netanyahu, il cui recente intervento di carattere negazionista sull’olocausto in parziale discolpa di Hitler è indice della sua radicale ideologia antipalestinese. Infine nel giorno in cui il mondo celebra la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, ricordiamo con riconoscenza gli oltre 20 milioni di cittadini sovietici, civili e militari, caduti per liberare il mondo dalla barbarie nazifascista

 

Rifondazione Comunista L’Aquila

Prc L’Aquila: Patrimonio artistico abruzzese danneggiato dalla scelta del ministero

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Scevri da ogni velleità campanilistica non possiamo non contestare la scelta del Ministero dei beni e delle attività culturali di istituire la Sopraintendenza Archeologica belle arti e paesaggio dell’Abruzzo nella città di Chieti. Posto che questa decisione rappresenta un caso unico in Italia, dove la Sopraintendenza risiede nel capoluogo di regione, ci sembra che in un momento tanto delicato per il recupero completo dell’enorme patrimonio artistico della città, privarla di una struttura permanente di salvaguardia e controllo sarebbe un fatto difficilmente giustificabile. Agli esponenti politici e alla popolazione ricordiamo che la strategia dei tagli e degli accorpamenti sta depauperando il patrimonio artistico dell’Abruzzo e più in generale del paese. Ovviamente non ci interessa la polemica tra i territori e riteniamo che i beni artistici e culturali regionali vadano tutti e nella stessa misura tutelati.
Goffredo Juchich
Segretario Comunale Prc L’Aquila

I diritti non fanno nessun tipo di rivoluzione.

De Amicis A.
De Amicis A.

 

Riandiamo indietro nella memoria. Per capire da dove siamo partiti e
purtoppo dove siamo approdati. “Il personale è politico” è lo slogan
che che più illumina e ha illuminato sulla stretta relazione politica
tra la dialettica fra generi. Essa coglie chiaramente la divisione del
lavoro famigliare: il maschio a produre il plus-valore in fabbrica, la
donna a riprodurre la forza lavoro in casa, il tutto incastonato in
una catena gerarchica la cui subordinazione femminile appare come il
necessario presupposto dello sfruttamento della forza lavoro.
Politicizzare il personale in quel contesto significava mettere in
discussione l’esistenza di una barriera fra il carattere
pubblico/politico della sfera del lavoro e il carattere personale
della sfera delle relazioni famigliari, unificando le due sfere sul
terreno della lotta anticapitalistica. La postdemocrazia e la
modernizzazione liberista dell’economia e della politica hanno
provocato uno slittamento semantico che, decontestualizzando lo slogan
del significato originale di lotta, lo ha fatto divenire sinonimo di
personalizzazione/privatizzazione della politica: dalla messa in gioco
di ciò che del personale può essere politico, si è passati alla
teorizzazione di una riconversione immediata del privato in pubblico.
Scrive Anna Straniero(Sessismo democratico. L’uso strumentale delle
donne nel neoliberismo) “La sfera privata scoppia nella sfera pubblica
spargendosi in mille pezzi e inserendosi come chiacchiera
spettacolarizzata, commercializzata, mentre la seconda implode su se
stessa, svuotata dall’elemento della formazione attiva delle opinioni
da parte di pubblici che sembrano aver perso la propria capacità di
critica”. Attraverso i dispositivi paralleli di femminilizzazione del
lavoro e omologazione della cominicazione politica e mediatica ai
canoni della neoligua politica, non sono le donne a essere incluse
nella vita pubblica bensì la loro immagine, ridotta a componente di un
corpo sociale “identificabile attraverso le ripartizioni semantiche:
le donne, i disabili, i gay e le lesbiche, i neri, i trans, ecc.” Non
c’è dubbio che oggi- almeno sul piano culturale e simbolico-si vive in
un mondo postpatriarcale, ma ciò non ha sancito l’egemonia politica
del movimento femminista, ne tanto meno il crollo della democarzia
neoliberale. Questo sistema si è dimostrato ampiamente in grado di
adattarsi alla nuova realtà; anzi se ne è fatto il più zelante ed
entusiasta sostenitore nella misura in cui interpreta le “nuove
libertà “come una nuova forma di schiavitù rispetto ai valori
consumistici di tipo neoliberale e rispetto ai dispositivi messi a
punto per gestire pubblicamente le soggettività. Il sessismo non può
più essere inteso e combattuto nella sua forma classica- ormai
defunta-, ma va riconosciuto e contrastato in quanto dispositivo che
non ha più la funzione di escludere le donne o altri generi, dalla
scena pubblica, bensì di promuovere “l’inclusione differenziale”. Nel
frattempo la “vittoria” del patriarcato produce una serie di effetti
che non si rivoltano solo contro le donne, ma contro l’intero corpo
sociale a partire da un disordine simbolico che rischia di divenire
ingovernabile, come nota Ida Dominijanni commentando sarcasticamente
la rielezione di Giorgio Napolitano: “mi chiedo a quale cornice
simbolica corrisponda la mossa del più giovane e femminilizzato
parlamento della storia italiana che si consegna mani e piedi a un
padre raddoppiato nell’età e nell’incarico”( Il “Raddoppio” Rivista
Alfabeta). Da questo parlamento giovanilista e femminizzato giunge la
proposta di legge sulle coppie di fatto. Ora, tutti noi siamo
favorevoli e tuttavia sollecito una riflessione più approfondita e
critica sui risvolti dei diritti, i quali non sempre hanno un codice
progressivo. Come la storia insegna il procedre ha sempre dei risvolti
ambivalenti. Dopo il tramonto dei grandi soggetti storici pare che
solo il diritto resta a opporsi alla naturalizzazione delle leggi
economiche, le quali si riducono, di fatto alla legge del più forte.
Quindi per tenere insieme i vecchi diritti sociali conquistati con
decenni di dure lotte di clesse, insieme con i nuovi diritti civile
dovrenno ridefinire quali soggetti sociali e politici possana far
valere ambedue i diritti. Qualora così non fosse rischiamo che tutto
scivoli  verso una omologazione della personalizzazione del diritto
che è omologo alla personalizzazione della politica. A conti fatti
bisogna riconoscere che il liberalesimo con tutti i suoi archetipi
culturali è riuscito a sfondare alla grande dentro il nostro
territorio. E in verità in molte varianti è stato aiutato da noi
stessi.

 

Alfonso De Amicis

Sede soprintendenza Archeologica

 

 

alfonso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mentre a L’Aquila ci si accapiglia sulla sede regionale della
Soprintendenza Archeologica il Ministro Franceschini continua con il
gioco delle tre carte per annunciare l’ennesima controriforma del
Ministero dei Beni Culturali e del Turismo. Passata la propaganda sui
fannulloni ci si concentra in modo pesante su come privatizzare
ulteriormente i Beni Artistici e Culturali di questo paese. La
creazione dei Poli Museali altro non è che la devastazione delle
competenze e la disarticolazione del Ministero. Questa volta si
sopprimono le Soprintendenze Archeologiche e la Direzione generale per
l’Archeologia, passando alle Soprintendenze miste. Tutto con un
assordante silenzio del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, nonché
da parte dei rappresentanti dei lavoratori eletti all’interno del
Consiglio stesso. La stragrande maggioranza di queste organizzazioni
sindacali durante l’incontro con il Ministro hanno assunto un
atteggiamento contraddittorio, referenziale e non hanno proferito
alcuna paroila contraria all’ennessimo attacco alla dignotà dei
lavoratori e al Bene Comune. Questo ultimo atto di imperio del
Ministro creerà ulteriore caos organizzativo, mescolando le competenze
delle Soprintendenze, Poli Museali e Segretariati Regionali. Una delle
vere ragioni di questa imbarazzante contorsione è recuperare posti
dirigenziali per creare altri dieci musei e siti archeologici
autonomi. “Carne” da valorizzazione, da mettere presto a bando
internazionale: per avere altri dieci fedeli terminali del potere
politico. Con quali conseguenze? C’è per esempio, da scommettere che
vedremo presto l’Appia Antica consegnata armi e bagagli ad Autostrade.
Si riesce a intravedere un fine generale, in tutto questo caos? Le
premesse del bozze dei decreti, dicono ufficialmente che tutto ciò
servirebbe a evitare le conseguenzr del silenzio assenso: che non è un
epidemia o un terremoto, ma una norma introdotta dallo stesso governo
Renzi. A voce poi dice che è un modo di arginarei danni della
sottomissione delle Soprintendenze alle Prefetture. Una delle
mostruosità delle disposizioni della legge Madia. La quale legge in
nome della semplificazione organizzativa e contrattuale tende alla
distruzione di tutto quell’apparato della tutela che è stato vanto
culturale di questo paese. Questo si esportabile in ogni dove.
Evidentemente in questo paese c’è un problema enorme. La
disoccupazione? La crisi? I salari sempre più bassi? La scomparsa del
Welfare. Non, no. Il problema vero sono i dipendenti pubblici. Sono
loro l’Alfa e l’Omega di ogni male che affligge il paese. Mentre
succede tutto ciò di che si discute? dell’ennesimo scippo ai danni di
questa città e quindi dai alle inutile e estenuanti polemiche che
alimentano un politicismo infinito.

 

Alfonso De Amicis