PAROLE, PAROLE, PAROLE…

Ieri pomeriggio le televisioni scoppiavano. Fiumi di parole inondavano
le case degli italiani. Il padrone dell’elettrodomestico più amato da
isolani e insulari certificava la sua uscita parlamentare. Una vecchia
canzone recitata in tandem da Mina e Alberto Lupo ben si addice al
mantra giornalistico di queste ore soprattutto quello catodico:
“Parole, parole, parole, soltanto parole….Caramelle non ne vogliamo
più…” E’ mancato solo il plastico e la scrivania da Vespa ed avremmo
avuto lo spettacolo di cui ci ammoniva Guy Debord. Tuttavia nonostante
il profluvio nessuno che tentava una analisi plausibile di un
ventennio pieno di consensi, di adorazione. L’altro ventennio finì
diversamente, dove parte della popolazione prese coscienza e insieme
agli alleati liberò l’Italia dall’ignominia del fascismo e della
guerra. Un secondo Risorgimento. Oggi siamo lontanissimi da quella
stagione. La fine di papi probabilmente ci consegnerà un personaggio
simil-arcoriano, con la sola differenza che invece di parlare
brianzolo, la cadenza sarà toscana. Glottologia. Un paese alla deriva,
povero Dante. Senza più una grande industria, auto, chimica,
telecomunicazioni, siderurgia, informatica, evaporate in nome di una
modernità senza senso. Che rimane di tanta attività? Vuoti a perdere.
Il nuovo che avanza al vecchio telefona. Pensando alla poesia di
Trilussa “Il Telefono” sul più bello chiami la Merkel e ti risponde il
duo Letta-Renzi. La modernità ragazzi!

Alfonso de Amicis

 

NAPOLI. VERSO UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO IL BIOCIDIO

“Tra la vita e la morte, non c’è mediazione!”.

È questa la condizione in cui si trova buona parte della popolazione campana, stretta tra i rifiuti interrati dalla camorra e – come dire – “approvati” dallo Stato e una crisi della sanità locale di proporzioni bibliche. Nel presentare alla stampa l’assemblea di sabato 30, in Galleria Principe, i rappresentanti dei Comitati, oltre che di Usb, Medicina Democratica e Ross@ non usano mezzi termini. Hanno alle spalle lo straordinario successo della manifestazione del 16 novembre – 100.000 persone in piazza, a Napoli, non si vedevano da decenni – e il silenzio dei “poteri criminogeni” al comando: partiti politici, media, Coldiretti, oltre che dei fiancheggiatori della camorra. Egidio Giordano (Stop Biocidio), Gaetano Morati (Usb), Michele Franco (Rete dei Comunisti), Francesco Piccioni (Ross@) toccano i vari aspetti della tremenda vicenda della “Terra dei fuochi”, principalmente nell’agro tra Napoli e Caserta, dove la camorra ha cominciato a sotterrare rifiuti tossici provenienti da imprese italiane (soprattutto settentrionali), europee e persino di Stato (centinaia di fusti contenenti polveri tossiche recavano ancora il marchio “Sip”, nome che ha preceduto quello più moderno: Telecom). Manca solo il medico Paolo Fierro, assente giustificatissimo perché chiuso in sala operatoria a fare il suo lavoro. C’è la dimensione storica locale, ovviamente, con i casalesi per anni intenti ad avvelenare la terra dove vivevano anche loro, le loro
famiglie, cittadini ignari e altri intimiditi con le armi. Ci sono le confessioni del pentito Carmine Schiavone, addirittura nel 1997, su cui lo Stato ha per 16 anni taciuto, evitando di avviare una mappatura del territorio inquinato in base al principio omicida “ci costerebbe troppo” bonificare. C’è il ruolo delle lobby agricole, timorose di perdere quote di produzione mortifera, che “minimizzano” la portata del disastro ambientale. C’è il ruolo storico della Chiesa, con preti di paese in strada con i parrocchiani, quasi in “libera uscita” col benestare del cardinale Sepe; ma pronta a rientrare nei ranghi della “normalità” una volta spentesi le telecamere.
C’è dunque immediatamente una dimensione nazionale, politica, che investe i governi degli ultimi venti anni, che hanno tutti indistintamente fatto finta di non sapere cosa stava avvenendo in un territorio dove la popolazione – anno dopo anno ha preso ad ammalarsi di tumore (di ogni tipo di tumore) in proporzioni assolutamente superiori alla media del paese. Non è prò solo un problema del passato, ma anche del presente; tra minimizzazione dei danni, volontà di non fare nemmeno una mappatura attendibile degli “interramenti” e tanto meno una bonifica. Per negare la quale si invocano i “vincoli di bilancio”, pronti però – ove si trovassero un po’ di fondi – a far intervenire magari quelle stesse “imprese” che hanno smaltito lì i propri rifiuti tossici, o finanche la malavita organizzata (specializzata da decenni nel “movimento terra”). E c’è la dimensione europea. Non solo perché buona parte dei veleni provengono da “rispettabili” multinazionali tedesche, olandesi o francesi, ma per le politiche economiche folli che va promuovendo: “vincoli di bilancio” imposti ai singoli Stati, ma anche “direttive” tese a promuovere le solite “riforme strutturali”: privatizzazioni e tagli alla spesa pubblica. Ma proprio la vicenda “Terra dei fuochi” è  l’esempio fulgido del carattere criminale di queste “indicazioni”. Qui la camorra ha effettivamente “privatizzato” il business dello smaltimento rifiuti, “socializzandone” le perdite a tutta la popolazione. Su questo crimine arriva poi lo Stato “europeizzato”, che taglia i fondi alla sanità e impedisce dunque di affrontare le conseguenze dell’avvelenamento sia sul piano della prevenzione che su quello delle terapie. “Nel dramma campano – spiega Morati – la gente scopre che la sanità locale non è più in grado di far fronte a questi problemi; e nel frattempo la politica’ locale va avanti con l’inaugurazione di altri reparti intramoenia a pagamento e mettendo ‘tetti’ agli interventi permessi ai medici di base”. È qui che il dilemma “vita o morte” si mostra in tutta la sua concretezza e quindi impedisce anche solo di pensare a “mediazioni”; non si può certo accettare di morire in silenzio per “non disturbare il manovratore”. Chiunque esso sia. Per questo l’assemblea di sabato diventa importante. Per far fare al movimento quel “salto di qualità” capace di imporlo come una “vertenza nazionale”, non semplicemente “locale”. Come è avvenuto con la Val Susa, nonostante criminalizzazioni complici e media servili.

L’AQUILA CALCIO: LA CITTA’ HA BISOGNO DI UN SOGNO

Chi avrebbe immaginato, solo otto mesi fa, che nel giro di una ventina di partite avremmo ottenuto una storica promozione sul campo del Fattori e che, dopo quasi mezzo campionato di Lega Pro 1, saremmo stati soli in testa alla classifica e con la B nel mirino. Il 9 Aprile 2013, giorno in cui Giovanni Pagliari assumeva l’incarico di guidare i rossoblù, in pochi credevano possibile che con quella squadra completamente svuotata di energie fisiche e psicologiche e con una piazza che si preparava a vivere l’ennesimo finale di stagione amaro questo allenatore schietto, umile e determinato sarebbe riuscito a creare l’alchimia vincente con tutte le componenti dell’ambiente calcistico e della città. A ripensarci l’impresa sa veramente di miracolo sportivo. Mister Pagliari subentrava al pur bravo Maurizio Ianni che guidava una squadra ormai in caduta libera in classifica e che forse, già due anni prima nel drammatico finale di Prato, aveva esaurito la sua parabola in rossoblù. L’allora neo-tecnico presentò la sua eloquenza tra lo scetticismo generale dopo la prima vittoria sul campo campano dell’Aversa Normanna, ultima in classifica e già retrocessa, dicendo: “Abbiamo scalato L’Everest” per sottolineare quanto fosse bloccata la squadra a livello mentale e quanto difficile sarebbe stato il suo lavoro. Pochi osavano sperare che dopo quella prima impresa per il popolo rossoblù si potesse aprire il ciclo di gioie e soddisfazioni culminato nella promozione in C1 e nel grande avvio di quest’anno. L’allenatore di Tolentino insomma si è dimostrato da subito l’uomo giusto al posto giusto. In questi pochi mesi di lavoro con il suo modo di vivere e comunicare ha saputo trasmettere valori anche extra-calcistici alla piazza, infondendo nei suoi interlocutori, calciatori, tifosi, società e ambiente una fiducia nei propri mezzi e nel futuro di cui, in questa città in crisi e ancora ferita nel corpo e nell’anima, c’è terribilmente bisogno. Nell’Aquila di oggi, nervosa e arrabbiata, la serenità che il Mister sa dare alla squadra e a chiunque si avvicini alle vicende della Valorosa contrasta con i toni, spesso aspri e violenti, ai quali siamo abituati da anni di divisioni e interessi contrastanti. In sostanza in pochi mesi Pagliari è riuscito in un capolavoro non solo professionale. Risultato che però è maturato sui campi di calcio e, bisogna dirlo, non sarebbe mai arrivato senza l’aiuto dei suoi ragazzi a partire da Testa che con le sue parate vale almeno 10 punti a stagione, passando per le prestazioni di Capitan Pomante, di Carcione e di Saveriano Infantino che con la sua indimenticabile linguaccia al Teramo nella finale play off resterà nella storia del club. In questa stagione i gol di De Sousa, dell’aquilanissimo Lorenzo “il Magnifico” Del Pinto, l’infaticabile corsa unita alla classe di Ciccio Corapi insieme ai valori di un grande gruppo proseguono nell’impresa di fare più grande il calcio nel capoluogo d’Abruzzo . Poi qualche parola va spesa per la società, per Elio Gizzi che in anni difficili da solo ha tirato avanti la barca garantendo il calcio professionistico, per Corrado Chiodi che ha portato solidità, entusiasmo e organizzazione, per Ercole Di Nicola che al netto di contestazioni subite, più o meno condivisibili, ha sempre costruito squadre in grado di lottare per il vertice. Uno staff di soci capitanato dal vice presidente Massimo Mancini e collaboratori di grande livello chiudono il cerchio di una compagine sociale che così nell’Aquila Calcio 1927 forse non c’era mai stata. Infine i tifosi, noi, stupendi, presenti su tutti i campi e non da ora. Il gruppo storico dei Red Blue Eagles, in 35 anni di attività, ha seguito la Valorosa ovunque: in Sicilia, in Sardegna, dai campi polverosi dell’eccellenza agli stadi più prestigiosi della serie C come la Favorita di Palermo, il Partenio di Avellino, il Cibali di Catania e tanti altri. Sempre al seguito della maglia (a parte la parentesi di due anni di contestazione alla tessera del tifoso). Dai 5000 di Avellino all’unico in trasferta a Gela lo striscione Rbe1978 ha sempre accompagnato le sorti di questi colori nelle vittorie e nelle sconfitte. Lodevoli inoltre le tante iniziative benefiche che la curva aquilana porta avanti senza farsi con esse pubblicità, ma che rappresentano il modo sincero e appassionato degli Ultras rossoblù di vivere il calcio e la società moderna. Oggi questa nostra città piena di problemi, che vanno addirittura oltre una già di per sè durissima crisi economica, si scopre protagonista in un campionato di calcio importante grazie a un gruppo di ragazzi giovani, molti dei quali di grande prospettiva come i baby terribili scuola Roma Frediani e Ciciretti, guidati da un uomo sereno, competente e  soprattutto capace di unire la nostra collettività lacerata, divisa e litigiosa nell’inseguimento di quello che per ora è solo un sogno sportivo.
Restiamo con i piedi per terra ma godiamocelo questo sogno, ne abbiamo bisogno!

Goffredo Juchich

SUI RIMBORSI IRPEF AI LAVORATORI DIPENDENTI TERREMOTATI

Ecco un esempio di come la macchina burocratico – amministrativa è diventata  un pachiderma che si auto riproduce e autoalimenta a tal punto che ormai temiamo non riuscirà più a dimagrire anche a causa di una classe dirigente  troppo spesso inadeguata se non addirittura inetta, come pure di un mondo impiegatizio – certamente avvilito, mortificato e vilipeso – ma anche pesantemente appiattito ad un quieto, stanco e apatico lavorare e che non è mai riuscito a condizionare ne’ a  modificare la perversa macchina di cui è parte.
Questa breve premessa solo per raccontare la degenerazione e la vessazione che la burocrazia, attraverso i suoi dirigenti e impiegati, è capace di produrre –  forse con l’obbiettivo di scoraggiare? – in occasione di un banale rimborso IRPEF relativo al mese di aprile e maggio 2009 limitatamente ai lavoratori dipendenti residenti nel cratere terremotato.
Lunghi tempi di attesa all’Ufficio delle Entrate per presentare il previsto modulo –  forse il pachiderma burocratico ritiene che qualche lavoratore potrebbe non volere qualche decina di euro in più?  Eppure paradossalmente occorre fare richiesta   anche per l’ovvio.
Dopo le tante pretese riforme della Pubblica Amministrazione e dopo le tante pompose promesse di semplificazione e trasparenza,  sarebbe stato ragionevolmente ovvio e banale che quei lavoratori dipendenti  avessero ottenuto automaticamente il beneficio direttamente in busta paga piuttosto che produrre ripetutamente una documentazione complicata da ritrovare.
Quanti dipendenti, nello sconquasso del post-terremoto, hanno ritrovato e conservato  i cedolini del 2009? Da precisare: nel 2009 non c’erano ancora i cedolini on-line.
Passivamente tutte le lavoratrici e lavoratori dipendenti, con supina rassegnazione, continuano a  piegarsi ad ogni richiesta della Pubblica Amministrazione  di cui spesso fanno parte.
Sarebbe stato sufficiente che l’Ufficio delle Entrate si fosse messo in contatto con l’Ufficio del Tesoro per conoscere tutti i dati,  cedolini e CUD, necessari per la contabilizzazione del rimborso!
Nemmeno il sindacato, ed in particolare la CGIL di cui siamo iscritti, è stato capace d’intervenire in modo tale da  semplificare le procedure di una normale restituzione di tasse non dovute. E questo è tanto più grave perché, mentre da un lato ha perso ogni potere contrattuale dall’altro, in nome di una ipotetica crescita, grida per ottenere la riduzione delle tasse sul  lavoro piuttosto che pretendere gli aumenti salariali dei lavoratori.
Inoltre vale la pena rilevare come la vita degli abitanti del cratere sia diventata difficile, irrazionale, dissociata e schizofrenica per cui una Pubblica Amministrazione razionale ed efficiente sarebbe un gran sollievo per ogni cittadino di questo territorio.
L’Aquila, 20.11.2013
                                                          Alfonso De Amicis e Tina Massimini
                                                             (iscritti della CGIL – FP di L’Aquila)

EMERGENZA CLIMA

Il quinto rapporto del GIEC (Esperti Internazionali sull’Evoluzione del Clima) lancia di nuovo l’allarme sulle condizioni del nostro pianeta. Gli scienziati prefigurano consistenti aumenti delle temperature e del livello dei mari nei prossimi decenni.
Purtroppo gli unici a dar loro considerazione sono coloro che fanno profitti sui disastri ambientali. Gli autori del rapporto sono convinti che il riscaldamento è dovuto principalmente alla “attività umana”. “I fattori naturali giustificano un aumento di temperatura di 0,1 °C del periodo preindustriale. Poca cosa rispetto all’aumento osservato che è di 0,85 °C”.
Insomma nei prossimi decenni l’aumento dovrebbe essere di 4 °C e gli Oceani dovrebbero alzarsi da più uno a tre metri. La minaccia contro le zone costiere dove vive la maggior parte dell’umanità è fonte di forte inquietudine. Così come forte inquietudine destano gli impatti dovuti alle modificazioni del clima: più desertificazioni nelle regioni aride, più precipitazioni nelle regioni umide, accentuazione dei fenomeni metereologici estremi, acidificazione degli oceani, indebolimento delle correnti marine. Il pianeta affonda ma nessuno sembra preoccuparsene. Tuttavia, sono convinto che solo la  presa di coscienza della parte più responsabile e attiva del mondo del lavoro può mettere fine a questa corsa verso la catastrofe. Bisogna abbandonare la stupida rivendicazione economicistica dei sindacati ormai subalterni alla logica del profitto che prevede la “riformistica ripartizione dei frutti della crescita” e invece, va favorita e attivata una contestazione dell’attuale modello di accumulazione capitalistico che ormai sta esaurendo qualsiasi fonte di ricchezza naturale. Dall’acqua al petrolio. Così come vanno respinte al mittente le cosiddette quote verdi di carattere europeo che non sono altro che sfruttamento di risorse comunitarie volte al solo scopo di mettere su impianti falsamente innovativi, cavalli di “Troia” per trasformare quest’ultimi in bruciatori di rifiuti.
La strada per una riconversione economica passa per una strategia eco-socialista che elimini anche l’alienazione produttivistica-consumistica e quindi soddisfare i bisogni democraticamente discussi  e determinati.
Tempera (AQ), 17 ottobre 2013

Alfonso De Amicis