1915

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Tutto annotato ordinatamente, tutto imparato a memoria la lezione e
le mosse di circostanza che nel giorno della commemorazione si devono
ripetere dal palco messo su per l’occasione. Abbiamo appreso qualche
nozione dalla immane tragedia del 1915? In questo paese fragile le
catastrofi si sono succedute periodicamente e nessuna protezione è
stata assicurata. Dissesto idrogeologico, terremoti, consumo del
territorio hanno devastato il bel Paese. Solo per parlare di ricordi
recenti abbiamo conosciuto l’apocalisse del Vajont, il terremoto del
Belice, Ancona, Friuli, l’Irpinia, San Giuliano di Puglia, con la
perdita di giovinetti e la loro maestra, ed infine L’Aquila. Eppure
tutto rimane immobile fermo(solo la terra continua a muoversi). Nel
1994 Massimo Serafini ex deputato PCI e membro autorevole della
Legambiente propose uno straordinario Piano per L’Ambiente con tanto
di previsione di spesa. Miliardi di lire per la messa in sicurezza di
tutto l’Appennino. Interventi di carattere idrogeologico e di recupero
e restauro di tutti i borghi che hanno dominato e dominano il nostro
paesaggio. Una grande opera di manutenzione e di preservazione del
paesaggio agro-silvo-pastorale. Investimenti che avrebbero dato i suoi
frutti. Tutela del paesaggio e prevenzione antisismica e una seria
manutenzione del fragile territorio montano. Le forze politiche il
parlamento le istituzioni hanno guardato altrove. Le emergenze offrono
occasioni a nuove procedure di carattere ordinamentale e giuridico,
spianano la strada alla grande concentrazione finanziaria e
ridisegnano nuovi rapporti potere. Grandi frasi di circostanza,
indignazione, parole che annunciano roboanti cambiamenti ma : “tutto
cambi, affinché tutto rimanga come prima”. E, ritornando a quei
tragici giorni del 13 gennaio 1915, contemporaneamente, L’Italia
entrava nella prima grande guerra mondiale. L’onorevole Sipari (il
solo, Anche Benedetto Croce tacque, solo frasi di circostanza)
interrogò il governo affinché i giovani della Marsica venissero
esentati dalla leva obbligatoria, dal grande massacro. Sipari chiedeva
un atto di giustizia, una presa di posizione umanitaria. Far rimanere
forze vive nei luoghi del disastro affinché questi giovani potessere
garantire il futuro. Ma l’appello rimase lettera morta. Chi per
miracolo si era salvato dal terremoto trovò la morte lontano dalla
propria terra. Uno stato ingrato, così come oggi si mostra al cospetto
delle popolazioni abruzzesi. Riflettendoci bene sono stati pochi e
issolate le istituzioni vicine ai luoghi del disastro. Imediatamente
dopo poche ore si sono accese le luci dei riflettori, abbaglianti
spettacoli,musica “a manetta” avevamo gli occhi delle telecamere
puntate poi il tempo ed il vento ha cancellato tutto. Politica
nazionale e locale possono andare a braccietto. Quando viene Renzi?
Presto sarà a L’Aquila. L’Aquila è nei suoi pensieri! Così di mese in
mese la vista è rinviata. Ha altri pensieri, è in corso una guerra
finanziaria. Siamo l’ultimo dei suoi pensieri ed a pensarci bene, sarà
meglio rinviare, anche perché non ha nulla da offrire. Siamo solo
“soldati” da pesare sulle bilance delle competizioni monetarie e
commerciali. Oggi le guerre si fanno anche in questo modo ed in un
certo senso siamo più fortunati dei nostri compaesani marsicani.

 

Alfonso De Amicis

Supporters’ Trust e 180 Amici offrono servizio navetta per i tifosi del piano C.A.S.E

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In occasione della partita tra L’Aquila Calcio e Ascoli Picchio, in programma per sabato 17 gennaio alle ore 14:30, il Supporters’ Trust “L’Aquila Me’” fornirà gratuitamente, grazie alla collaborazione dell’associazione “180 Amici ONLUS”, un servizio navetta per consentire di assistere alla partita ai tifosi aquilani che, residenti nelle frazioni o negli insediamenti del Progetto C.A.S.E., fossero impossibilitati a raggiungere con mezzi propri lo Stadio “Tommaso Fattori”

Data la natura sperimentale dell’iniziativa, il numero dei posti a disposizione a bordo del “ROSSO-B(L)US” è limitato: gli interessati potranno prenotarsi entro le ore 20:00 di venerdì 16 gennaio, telefonando ai numeri 3496938784 (Marco) e 3483156116 (Alessandro).
Inoltre, come già accaduto nella partita interna contro la Pro Piacenza, a partire dalle ore 13:00 saranno allestiti due punti di raccolta di adesioni all’associazione.
I banchetti saranno dislocati uno per settore (Tribuna e Curva); a tutti coloro che sottoscriveranno la tessera di iscrizione al Trust, o che l’abbiano già fatto nelle settimane precedenti, sarà distribuito un piccolo omaggio, mentre le tessere dell’associazione saranno consegnate in occasione del successivo match casalingo della compagine rossoblù, vale a dire L’Aquila-Pontedera.
“L’AQUILA ME’ – L’Aquila Calcio Supporters’ Trust”, costituitosi ufficialmente il 17 ottobre scorso, è un’associazione di tifosi che si prefigge di raggiungere diversi scopi, in primis il coinvolgimento dei sostenitori rossoblù nei meccanismi decisionali della società, anche attraverso l’acquisto di una partecipazione diretta al suo capitale sociale. Altri obiettivi sono la diffusione della passione per L’Aquila Calcio, la valorizzazione della squadra e del territorio aquilano, la salvaguardia delle libere manifestazioni del tifo e la promozione di progetti che coinvolgano soprattutto le giovani generazioni. L’associazione ha natura democratica (vige il principio “una testa, un voto”) e l’iscrizione è accessibile a tutti, a partire da una quota minima di 15 euro annui..

L’AQUILA CALCIO SIAMO TUTTI NOI, DIAMO FORZA AL SUPPORTERS’ TRUST! L’AQUILA ME’ – L’Aquila Calcio Supporters’ Trust.

Uscire dal tunnel

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Non c’è paese o frazione che abbia espresso nello spazio di questo
tempo, soddisfazione o fiducia, verso un percorso di rinascita e di
una nuova coesione territoriale e sociale. Molto si sta puntando su
una presunta rinascita della città capoluogo. Tuttavia sensazioni e
una fondata consapevolezza, certifica che il nostro centro stia
inesorabilmente scivolando verso una mercificazione, una vetrina
moderna, luminosa, tipica dei centri commerciali che sfavillano nelle
brutte periferie delle città italiane ed europee. Un centro storico di
valore destinato ad una imbalsamazione commerciale. Se questa è la
tendenza di fondo non c’è dubbio che siamo di fronte allo
stravolgimento della nostra storia della nostra cultura. Un’altra
Aquila, con nuove forme economiche di controllo della rendita e
lontano anni luci dalla temporalità storica così sagacemente cantata
da Giorgio Gaber. Se il Capoluogo è perso nelle frazioni siamo
all’anno zero. Zero assoluto. L’ultima protesta arriva dalla frazione
più popolosa: Paganica. Purtroppo dobbiamo ammettere che le nostre
speranze di veder rinascere la nostra vita è stata mal riposta. Le
nuove condizioni economiche finanziarie e giuridiche hanno allontanato
la ricostruzione le poche certezze. Tutto ci appare chimera, utopia.
Rimane solo un’alternativa quella di cambiare verso, di rimettere in
discussione scelte che durano da troppo tempo. Una delle prime
condizioni e quella di fare a meno degli attuali assetti di potere e
dare vita ad una nuova forma di democrazia e partecipazione che parta
dal territorio e dalle sue peculiarità. Una democrazia che dica no al
patto di stabilità interno ed europeo. Le decisioni, la
programmazione, l’utilità delle scelte non possono essere demandate a
burocrati che nulla sanno e conoscono dei problemi sorti subito dopo
il sisma. Sono passati 6 lunghi anni e le politiche di stabilità e
austerità hanno ulteriormente impoverito questo territorio, crisi
economica e crisi da post terremoto si alimentano a vicenda. Le
contraddizioni tra frazioni e dentro le stesse frazioni sono
alimentate dalla mancanza di fondi e da una consapevolezza fondata che
i tempi della rinascita si prevedono lunghi. Per questo insisto sulla
rottura  dei rituali odierni. L’opposizione a questi parametri può
solo partire dalla “società di sotto”, è l’insegnamento che viene
dalle resistenze che si affacciano dalle svariate parti d’Europa.
“Senza benzina la macchina non cammina, con trenta carte la macchina
parte”, una verità che viene da Piazza Duomo, una verità saggia e
antica.

 

Alfonso De Amicis

L’Aquila Ascoli. Spareggio per la B

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Sale spasmodica l’attesa per il big match tra L’Aquila e la capolista Ascoli, gara che si svolgerà  Sabato 17 gennaio ore 14:30 allo Stadio T. Fattori, una gara fondamentale per il prosieguo del campionato dei rossoblù.

Vincere vorrebbe dire trovarsi ad appena due 2 punti dal primo posto e lottare fino al termine per la promozione diretta nel torneo di Serie B, torneo che L’Aquila raggiunse, prima in assoluto tra le abruzzesi, nella lontana stagione 1933/1934 e da cui retrocesse senza farvi più ritorno nella stagione 1936/1937, stagione segnata irreparabilmente dalla tragedia ferroviaria di Contigliano.

Perdere, d’altro canto, condannerebbe la squadra guidata da Mr. Zavettieri a lottare
per un posto nei play-off, estromettendola quasi sicuramente dal discorso promozione diretta, visto che si troverebbe ad 8 punti dalla capolista con Reggiana, Teramo e Pisa pronte ad approfittarne per distanziare i rossoblù dai primi posti.
A proposito del tecnico calabrese, da quando è al timone della Valorosa ha ottenuto 8 vittorie 4 pareggi
e 2 sconfitte, 28 punti in 14 gare, media di 2 punti a gara, un ritmo da capolista del girone.
La partita dell’andata ha visto prevalere i bianconeri per 2-1 sui rossoblù all’epoca ancora guidati
da Mr. Giovanni Pagliari, il tecnico che riportò la Valorosa nell’ex C1 nel 2013, con doppietta di Perez per gli ascolani e gran goal di Pacilli nel finale per L’Aquila.

Quella fu una delle peggiori partite in assoluto giocata dai giocatori in casacca rossoblù in questa stagione, probabilmente sabato prossimo, almeno a livello di prestazione, si assisterà ad una gara più equilibrata e combattuta.
L’Ascoli arriva al Fattori da capolista e forte di 5 vittorie esterne su 9 incontri con 2 sole sconfitte, con 10 reti all’attivo ed appena 3 subite, numeri che fanno capire la forza della squadra allenata da Mr. Petrone.
Negli ultimi 15 anni le due squadre si sono affrontate 7 volte compresa la gara dell’andata di questa stagione, con 5 vittorie ascolane e 2 aquilane, entrambe ottenute nello scorso campionato in cui i rossoblù espugnarono il Del Duca per 3-1 ripetendosi poi al Fattori col punteggio di 2-1.

Si attende il pubblico delle grandi occasioni, come giusto sia per un incontro così importante da poterlo definire una vera e propria finale, con larga rappresentanza ospite sugli spalti e si spera finalmente di rivedere il pubblico aquilano dei vecchi tempi, quello che faceva ruggire il vecchio Fattori a ogni rete o azione pericolosa dei rossoblù, quello che cantava “non c’entremo chiù!”.
L’incontro merita di essere giocato in un ambiente caldo e colorato e lo merita la Società del Presidente Chiodi, che con i suoi sforzi ha riportato L’Aquila Calcio in categorie consone al suo blasone ed alla sua piazza.

Che vinca il migliore….e speriamo sia rossoblù!

Alessandro Mellone

Sei città

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Un bambino nato nel 2009 a L’Aquila, il prossimo anno andrà in prima elementare. Dentro un Modulo ad Uso Scolastico Provvisorio.

Se non avessi paura di volare, dall’alto, vedrei sei città in una sola.
Vedrei la città delle frazioni: piccoli paesi con il loro Centro Storico.
Vedrei il Centro Storico della città de l’Aquila.
Vedrei la città delle speculazioni edilizie dei decenni passati; quella di Pettino, di via Strinella, di Sant’Elia, della Torretta….
Vedrei la città dei progetti C.A.S.E.
Vedrei la città dei furbi e degli ignavi, quella delle casette di legno, dei ruderi di pietra trasformati in palazzotti, quella di chi costruisce sull’argine di fiume e torrenti, dei capannoni industriali, prima del sisma abbandonati, e poi miracolosamente restaurati. Quella di chi aggiunge, come se la sazietà fosse la somma di ogni bulimia possibile.
Infine, vedrei la città dei nuclei industriali di sviluppo, sottratti alle scelte comunali, avocati alla Regione senza che nessuno dica nulla. Diventati città, senza più confini, senza più funzioni.

Ma io non so volare. E ho paura di volare.
E queste città, le vedo camminando, rasoterra. Sono mischiate, tra loro. Indistinguibili.
Ma non comunicano tra loro.
Dentro gli spazi di uno spartitraffico c’è un prefabbricato di una azienda che si occupa di sicurezza. A piedi sarebbe pressoché irraggiungibile, senza rischi d’essere accarezzato da milioni d’automobili. Ma, non ha neanche lo spazio per consentire il parcheggio d’un auto. Nel verde incolto dello “stradone” è spuntato il prefabbricato di un’officina che sostituisce i vetri delle auto. Enorme, con parcheggio annesso e sbarra da passaggio a livello. La scuola De Amicis alimenta foreste. A Pettino, un vecchio casolare in pietra si arma di cemento e si innalza al cielo. Potrei divertirmi con una foto del “prima” e del “dopo”, come una cura ingrassante farlocca. Una intera collina di Genzano di Sassa viene riempita di palazzi, sette, otto, ho perso il conto, su una strada dove può passare una sola auto per volta, e che invece è a doppio senso di circolazione. Sul Vetoio, fisicamente sul torrente, ci abbiamo fatto una rotonda, un’officina, un concessionario d’auto con autolavaggio, un ponte, un allevamento di trote.
L’auditorium giapponese spicca nel vento della solitudine. E il prossimo palasport giapponese sarà contiguo all’azienda indiana di recupero dei rifiuti elettronici. Il necessario traffico di TIR, per alimentare la fabbrica, sarà gestito sull’asse longitudinale della viabilità cittadina, che, da Scoppito a Poggio Picenze, vanta, a destra e a sinistra, decine di Centri Commerciali, alcuni dei quali in attesa, per cambio di destinazione d’uso dell’area; un distributore di benzina trasformato in un palazzo di cinque piani; una ex scuola privata che ha avuto modo al suo piano terra, di far aprire un locale commerciale; decine e decine di rotonde, e di esercizi commerciali dentro container, comprese quasi tutte le farmacie ( le farmacie, negozianti senza risorse, come è noto !!!! ) del Centro Storico e non solo, tranne quella di Piazza Duomo, l’unica dignitosa, riaperta dai familiari della titolare, morta nel sisma, in un Centro Commerciale.
C’è una Piazza d’Armi dove non si può correre, ma ci si possono edificare chiese provvisoriamente abusive per sempre, e spiantare tutti gli alberi esistenti, sostituendoli con arbusti, giusto per favorire il parcheggio dei dipendenti della Guardia di Finanza.
C’è Viale del Croce Rossa dove si ammassa sotto le mura antiche della città la migliore rappresentazione possibile del situazionismo dadaista. Negozi, in muratura o in prefabbricato. Abitazioni, distributori benzina, depositi di lapidei, officine meccaniche ristoranti e pub. E tutti godono di un marciapiede multiuso, che non può essere camminato: parcheggio, fermata di autobus, e luogo dove si poggiano i cassonetti dell’immondizia, e dove spuntano stenti alberi ingabbiati nell’asfalto. In viale della Croce Rossa, si edifica ovunque. Tra poco, anche nello spartitraffico dello stadio.
E, sempre lungo l’asse longitudinale della città, si arriva alla nuova tangenziale, la cui costruzione, che attraverserà una intera piana, di sopra e di sotto, passando panoramicamente sul progetto C.A.S.E. e su un gruppo di case di legno poggiate in zona alluvionale, è bloccata per il fallimento della ditta che ci lavorava.
Ma si può arrivare comunque, al Nucleo industriale di Bazzano e Paganica, che non ha le fogne, ma può ospitare il Tribunale, l’Archivio di Stato, un numero imprecisato di esercizi commerciali, che hanno trasformato una strada provinciale, in una strada del centro cittadino, con accessi laterali di ogni genere ogni dieci metri, ma senza marciapiede alcuno. E poi, banche, e imprese, quelle ancora esistenti, e bar, e supermercati e call center, e, forse una centrale nucleare a biomasse. Palestre, negozi di riparazione di prodotti elettronici e domestici, concessionari d’auto e qualche reperto archeologico d’epoca romana, ora abbandonato dentro il capannone di una azienda che è stata anche Università, e che fa sorgere la domanda, che non si può fare, se, l’antica Roma, fosse tutta concentrata in quei pezzetti di pietra dentro quell’azienda, o se magari, è nascosta anche da qualche altra parte, là sotto. Tutta là sotto. Pietosamente sepolta.
Un ex cinema, un teatro, impianti sportivi. E capannoni industriali dismessi, senza bonifica, forse.

E poi, i moderni casinò…loculi con le lucette elettroniche e le musichette ipnotiche.
Dislocati lungo lo stesso asse. A ovest, come a est. Ma anche a nord, a sud, a sud-ovest. A sud-est e a nord- ovest, e a nord-est. Qualcuno anche sotto il piano stradale.

Da Scoppito a Poggio Picenze, quasi trenta chilometri di città senza poter respirare, altro che smog. Diesel o benzina verde, a scelta. Talora gas, come gli impianti di rifornimento infilati in mezzo ai palazzi.

Una città, una qualsiasi via di una città, è il frutto di una storia. Delle relazioni che si sono sovrapposte e alimentate tra uomini, e tra uomini e donne, e tra Stati, e tra popoli. Tra famiglie, clan, tribù. Le relazioni tra poteri e conflitti. Le relazioni di mercato. Tutto quello che lascia un segno, sta dentro le vie di una città, persino le guerre, e la pace, e l’arme, e gli amori.

E io, io che non so, e non posso volare, e che solo rasoterra posso, più o meno camminare, mi accorgo che non ci sono le parole, e le comunicazioni.
L’Aquila, è il regno della funzionalità astratta impossibile.
Ma non razionale.
Il sobborgo galleggiante, una razionalità dovrebbe averla, penso, mentre guardo lo scatolone del bar “ mon amour”, che precede il casinò di “Ocean’s eleven”, andando verso l’aeroporto di Preturo. Che non vola sul Gran Sasso, che non scia a Campo Imperatore, ma che ha un Presidente del Parco ricco di meriti. Come ogni manager che ci circondi, a partire dal padrone dell’ospedale nei container. Sì, il nostro ospedale che domina, dall’alto della sua salubrità, un laghetto adibito a pesca sportiva, a due passi dal traffico che va verso Cagnano e Montereale, dove ho forte il sospetto che tutta la bellezza dell’Aterno, nasconda covi di spaventoso inquinamento.

La funzionalità astratta che governa la ricostruzione, come prima più di prima.

Ogni piccolo pezzetto, ogni piccola monade, perfettamente progettata, secondo norma, o sostituita, secondo norma, o calcolata parametricamente, secondo norma. E senza alcun rapporto con la finestra di fronte, con la strada di sotto, col cratere sottoterra, col fiume di nuvole che percorre il cielo, col bosco d’alberi abbattuti e bruciati di San Giuliano o di Roio. Ognuno per sé, e qualche dio per tutti. Nessuna comunicazione, tra case e luoghi, nessun filo, nessun legame tra persone. Ogni casa per i fatti suoi. Tutto secondo legge, secondo economia e correttezza, forse.
Mentre sulla costa fanno l’azienda unica dei trasporti, che però l’unico profitto lo fa con la tratta L’Aquila-Roma, noi abbiamo gli autobus che, se fosse aperto il centro storico, dentro, non ci potrebbero andare, per quanto sono grossi e inquinanti. Un’azienda di trasporti pubblici che boccheggia, che non è favorita in nessun percorso, che non può aiutare i cittadini, ma che, in compenso, avrà, immagino, grande giovamento dal suo Consiglio d’Amministrazione, esattamente come le altre municipalizzate; e, chissà mai, se l’ex manager ( ora responsabile dell’azienda comunale dei rifiuti ) della ex banca locale, che, cambiati nome e proprietà, non ha alcuna intenzione di rimettere in piedi i suoi palazzi nel Centro Storico, la fa mai una passeggiata a piedi, dal parcheggio di Collemaggio alla Fontana Luminosa, guardando per terra e sulle banchine incolte l’orrendo appoltigliarsi di sudiciume non riciclabile che appesta lo sguardo e il cuore.

Ma io vorrei non avere anche i pensieri rasoterra. Elevarmi, dal lamento e dal pettegolezzo. Certo, dovrei smettere di guardare lo scempio perpetrato lungo il torrente Raio, nel nucleo industriale di Pile. Il letto del torrente ingombro d’ogni detrito possibile e immaginabile, le sponde scarnificate d’ogni albero, su cui si poggiavano, persino, aironi, germani reali e poiane, per realizzare opere di prevenzione delle alluvioni, bloccate dai ricorsi al TAR.
Mentre si potrebbe andare a piedi, in bicicletta o a cavallo, lungo tutto il corso del fiume Aterno e in parte degli affluenti, da est a ovest della città, e così, comunicare….
Come si potrebbe comunicare se le caserme vuote fossero riempite di case a costi bassissimi, per i Dottori di Ricerca dell’Università, o per i giovani ricercatori delle Aziende private che ancora eccellono a L’Aquila, o per gli studenti e insegnanti del Gran Sasso Science Institute o dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Che potrebbero mischiarsi fisicamente, e così comunicare. Fecondarsi di idee.
Ci vorrebbe un Assessore alle piazze, ai marciapiedi, alle convenzioni urbanistiche non rispettate, al verde pubblico, cui fossero affidate risorse e competenze, per consentirci di comunicare. Altro che recinzioni al Parco del Castello. Mandiamo i vigili urbani che non devono più fare multe alle auto, a sanzionare chiunque getti una sigaretta a terra, o abbia costruito un capanno recintato con la siepe, vicino al teatro di Amiternum sulla strada per Pizzoli. Le persone, quando si incontrano, comunicano. Non quando sono in automobile e si odiano, o dentro un centro commerciale dove, esercitano la loro funzionalità astratta comprando tutto quello di cui hanno, forse, desiderio, ma magari non bisogno.
Ci vorrebbe un assessore che mettesse in comunicazione col resto della città i migranti che vivono a Lucoli e quelli che vivono a Tornimparte, o ad Arischia, o nei Progetti C.A.S.E., per fare in modo che, tra loro, ci sia il prossimo estremo dell’Aquila rugby, e non il prossimo candidato a far esplodere un asilo in qualche parte del mondo, isole comprese.
Ci vorrebbe un rabdomante che scoprisse le vie camminate dai quindicenni, e su queste offrisse loro occasioni non di solo consumo. Ma di sport, di spettacolo, di invenzione, di riflessione, di scuotimento del cerebro. Di comunicazione. Di ascolto.

Il problema, non mi pare, concettualmente, come far rivivere il Centro Storico, e farci tornare attività pubbliche e private e cittadini. Se si continua così, il Centro sarà ricostruito. Nel giro di venti anni, realisticamente. Ci saranno i soldi, forse, e, forse, tutto sarà fatto secondo Legge. E, magari, quando si sarà ricostruito tutto il Centro, tutta la sua arte, e tutta la sua bellezza, e tutti i suoi splendidi palazzi nuovi che sembrano cappelle cimiteriali, come il palazzo dell’Agenzia delle Entrate, o quello posto alle spalle del palazzo delle Poste, e, forse, sede dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, si scongelerà il signor Cavaliere dall’ibernazione per farlo partecipare all’inaugurazione, tutta in una volta da porta Barete, fino a Porta Napoli.
Il problema non mi pare solo di servizi, o di parcheggi o di negozi, o di sottoservizi e reti immateriali e video sorveglianza.

E’ tutto vero, è tutto giusto. Tutto questo è un problema, e tutto questo va affrontato. Va sconfitta la rendita, se ce ne fosse il coraggio.

Ma il problema vero, è che di sei città, bisognerebbe farne una sola.

Avere il coraggio di pensare che il bello, deve stare ad Arischia e ad Assergi. Che lo spazio per i giovani, e per le loro creazioni artistiche, cinematografiche, artigianali, o contadine, deve stare a Coppito e in Piazzetta Chiarino.
Avere il coraggio di sconfiggere il potere dell’abusivismo edilizio e del palazzinaro che si costruisce da solo la licenza edilizia.

Ma, i miei pensieri rasoterra, arrivano tardi. Quanti ne ho, di pensieri. Talmente tanti da usare quasi tutte le parole, più e più volte.
Il bimbo va già in prima elementare, e un mese d’affitto in un palazzo appena ristrutturato in corso Vittorio Emanuele, viaggia verso i cinquemila euro al mese. E di certo non si ammortizza, col passeggio che non c’è. Allora io domando.
Facciamo che lo slogan aquilano del “come prima, più di prima, meglio di prima, nello stesso posto di prima”, funziona per davvero. E tra venti anni in Centro Storico sono tornati tutti, ma proprio tutti quelli che c’erano e anche qualcuno in più.
Io avrò settanta anni, se sarò ancora vivo, e andrò a cercare i miei pensieri rasoterra nell’altra città, quella lasciata vuota. Dei centri commerciali e degli scatoloni prefabbricati. Dei container superstiti. Avrò enormi spazi nei nuclei industriali. Vuoti. Dove realizzare magnifici servizi fotografici post, post e ancora post industrial-commerciali.
La città di oggi destinata a diventare fantasma. Ad essere la zavorra di una Chiesa di San Bernardino totalmente risplendente, nella facciata, nella cupola, e nel convento e nelle sale attigue.
La città vuota parente della città fatiscente del Progetto C.A.S.E. tra vent’anni.
L’economia, quando diventa storia, non si comporta secondo astratta funzionalità. Ma segue sue strade, qualcuna prevedibile, più o meno.
E’ la politica, come governo dell’esistente e immaginazione del futuro che può essere quasi magica. Purchè non sia solo destino personale di un numero ristretto di ottimati.

Io penso oggi alla città vuota di domani.
Perché, il bambino che a settembre andrà in prima elementare, quest’anno, tra vent’anni, di anni, ne avrà ventisei. Sarà un giovane splendido nel pieno delle sue forze, e io vorrei che ringraziasse i suoi padri e i suoi nonni, e non che li maledisse.
Sì, lo so. Tra vent’anni non conta più chi si deve votare o no. Magari sarò pure morto.
Ma, cari tutti e care tutte, se continuate a pensare che L’Aquila è solo il suo Centro Storico, finirete col ricostruire un tacchino.

E io che non mangio carne, di un tacchino, me ne fotto proprio, che è pure brutto, come uccello.

 

Luigi Fiammata

Charlie Hebdo

 

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L’alta marea della notizia comincia a ritirarsi, la bassa marea offre
spazi e possibilità per qualche riflessione. Il 30 novembre del 1994
moriva Guy Debord autore del libro “La Società dello Spettacolo”. Oggi
il processo storico di spettacolarizzazione della società è giunto a
compimento. L’espressione massima di questo processo è la politica. Ai
fini del successo sia individuale che collettivo qualsiasi segmento
locale o transnazionale fa comodamente uso delle efferatezze o
grandiosità delle immagini. Quale che sia il campo da invadere le
mode, le diete, i prodotti gastronomici, i fatti sportivi la politica
internazionale tutto diventa spettacolo. Diventa spettacolo anche le
grandi mostre itineranti di Van Goohg(Il Pazzo) o Frida. Di grande
impatto emotivo mediatico e spettacolare è stato l’attacco alle Torri
Gemelle. Come qualcuno ha ben ricordato “perfino i nostalgici
dell’Umma medievale hanno fatto proprio la spettacolarità quale
dimensione essenziale della politica”. Attraverso l’orrido, la ferocia
si detta l’agenda politica si catturano consensi. Così sono apparse le
guerre stellari della famiglia Bush nel bombardare i cieli di Baghdad.
Luccichii, come i miglior film holliwoodiani. Per anni ci hanno
abituato a guardare il mondo attraverso il buco della serratura delle
immense portaerei o da aerei spettacolo che girano per le
costellazioni in 80 secondi. La potenza immaginifica di un occidente
obeso ma che non ha più nulla da offrire in termini di benessere e
democrazia. In questo modo il nostro piano inclinato è quello della
“Pastorale americana di Philip Roth. Seymour Levov è alto biondo,
atletico: al liceo lo chiamano “lo Svedese”. Benestante e integrato,
ciò che pare attenderlo negli anni è una vita di successi
professionali e di gioie familiari(un Sogno per tutti). Finché le
contraddizioni del conflitto in Vietnam,- qui nel Medio Oriente o in
altre parti del globo- esplode ma coinvolge anche lui, e nel modo più
devastante: attraverso l’adorata figlia Merry, decisa a “portare la
guerra in casa”. Sono cambiati alcuni contorni e attori tuttavia la
sostanza rimane inalterata, quello che bussa alla porta non è l’Islam
o un altro terribile nemico inventato, come spesso avviene ad arte, ma
l’Impero del Caos. L’Umanità corre su una lama di rasoio e molti dei
responsabili si aggirano dalle nostre parti. Crisi e questione
energetica vanno a braccetto.

 

Alfonso De Amicis

Consiglio Comunale approva mozione su nuovo modello Città-Università

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Di Roberto Naccarella tratto da Uninews24.it

 

L’Aquila – Una mozione, elaborata in sede di conferenza dai capigruppo e in larga parte espressione di un documento già approvato dal Consiglio Studentesco dell’Università dell’Aquila, che ribadisce la necessità di una sinergia più intensa tra Comune e Ateneo, ponendosi come obiettivo un nuovo modello di Città-Università.

E’ quanto emerso dal Consiglio Comunale di giovedì 18, riunitosi in seduta straordinaria aperta e dedicato, appunto, al rapporto città-Univaq.

Hanno partecipato alla seduta, tra gli altri, la rettrice dell’Universita’ dell’Aquila Paola Inverardi, il presidente dell’Azienda per il Diritto allo studio universitario (Adsu) Francesco D’Ascanio, il direttore del Gran Sasso Science Institute Eugenio Coccia, il direttore del Conservatorio di musica “Alfredo Casella” Giandomenico Piermarini, il presidente dell’Accademia delle Belle Arti Roberto Marotta e il presidente del Cus Francesco Bizzarri.

Nel documento vengono affrontate numerose criticità inerenti didattica, diritto allo studio, alloggi.

“Il Consiglio considera indispensabile rilanciare l’attenzione sull’annoso problema del recupero delle sedi della didattica e dei servizi – si legge nel documento – e chiede al sindaco, a tal proposito, di intervenire presso il Governo nazionale e regionale affinche’ provvedano a inserire, nei futuri strumenti di finanziamento della ricostruzione, risorse dedicate al recupero di queste strutture”.

Inoltre, dando seguito ad una deliberazione della stessa assemblea assunta nel 2011, il Consiglio si impegna a destinare agli studenti universitari, a partire dal prossimo anno accademico e compatibilmente con le politiche di assistenza alla popolazione, gli alloggi del progetto Case che si rendano disponibili nei quartieri di Roio e di Coppito, auspicando il coinvolgimento dell’ADSU.

“Il Consiglio si impegna, inoltre, a sostenere l’Azienda per il diritto allo studio nella richiesta di proroga dell’accordo con il Ministero della Difesa – prosegue la mozione – affinche’ gli alloggi della caserma ‘Campomizzi’ restino nelle sue disponibilita’ per ulteriori 10 anni”.

In merito all’Azienda per il Diritto allo Studio, il documento affronta anche il problema mense universitarie, auspicando un’azione risolutiva da parte dell’ADSU che scongiuri il rischio chiusura con conseguente perdita di posti di lavoro – ma le ultime notizie sono drammatiche in tal senso, ndr – “e auspica un’accelerazione nel processo di riorganizzazione dell’Universita’ ai fini di favorire una migliore qualita’ dei trasporti”.

Pertanto, al fine di tenere vivo un dialogo costante e continuo con tutti i soggetti interessati il Consiglio propone la costituzione di un “Tavolo operativo di coordinamento per le tematiche universitarie”, costituito nello spirito dell’Accordo quadro di cooperazione tra l’Universita’ dell’Aquila e l’ente comunale.

“La struttura sara’ costituita da Universita’, Comune dell’Aquila e Regione Abruzzo, soggetti istituzionali deputati ad assumere decisioni con effetti diretti sul processo di integrazione – conclude il documento – Sara’ organizzata per tavoli di lavoro, cui parteciperanno le componenti amministrativo – politiche e tecniche, e si occupera’ di sviluppare proposte relativamente agli ambiti della residenzialita’, della mobilita’ e dei servizi agli studenti”.

La costituzione di un tavolo operativo è vista molto positivamente dal consigliere comunale di Rifondazione Comunista, Enrico Perilli: “E’ necessario che le cose scritte diventino finalmente esecutive – afferma Perilli – non basta più fare consigli comunali “ad hoc”, è ora di dare concretezza alle discussioni affrontate. Attraverso il tavolo operativo, Università e Comune potranno affrontare e risolvere le varie criticità che saranno gli studenti stessi a sollevare e a portare alla nostra attenzione”.

Perilli, che nel suo intervento ha anche rimarcato diverse perplessità nei confronti delle scelte della Governance dell’Univaq e in particolare per il calo del 30% degli immatricolati, ritiene molto positiva la proposta di assegnare i progetti CASE di Roio e Coppito agli studenti universitari (come da deliberazione già assunta nel 2011), ma sottolinea anche l’enorme importanza di una struttura come la Campomizzi, capace di circa 400 posti letto, unica residenza pubblica in tutto l’Abruzzo, che rischia la chiusura (l’accordo con il Ministero della Difesa è in scadenza, ndr): “Non vorrei che l’ADSU pensi che la Campomizzi non serva perchè gli immatricolati sono in calo – ha detto Perilli – la salvaguardia di un così importante plesso è fondamentale per l’Università e la città”.

Roberto Naccarella

Innocenzi (fp Cgil) :” Bravi i nostri vigili”

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Nella notte tra il 4 e il 5 gennaio nelle vie aquilane, accanto agli ambulanti che iniziavano a sistemare le loro postazioni per il consueto appuntamento aquilano della Fiera dell’Epifania ed in collaborazione con le forze dell’ordine, c’era una parte di quel mondo del lavoro pubblico che, ogni giorno, svolge servizi essenziali per i cittadini: i Vigili Urbani.

Si tratta di dipendenti del Comune dell’Aquila premiati di recente dall’A.N.C.I. Nazionale per il miglior progetto-obiettivo 2013 di “polizia di prossimità” e  giustamente ricordati dal Comandante Grippo “per lo spirito di sacrificio, il senso del dovere e l’abnegazione dimostrata” dal primo giorno del suo insediamento ed ai quali egli si è rivolto con profonda commozione e riconoscenza “onorato di aver guidato il comando aquilano”, per lui “il miglior comando finora avuto”.

Quei volti, in servizio ogni giorno e per tutta la durata della fiera aquilana, non meritano le conseguenze di quanto è accaduto a Roma la sera dell’ultimo dell’anno. I tratti di concretezza di quella vicenda si sapranno meglio nei prossimi giorni ma quando forse sarà troppo tardi per recuperare alla condanna mediatica in atto nel Paese.

Sì, perché qualora dovesse emergere che anche una sola di quelle certificazioni di malattia non corrispondesse al vero o vi fosse anche un solo abuso relativamente ai permessi ex Legge 104, ciò non basterebbe per cambiare il risultato portato a casa dal Governo Renzi, ossia quello di aver segnato, con questo assist, un’altra rete nella partita in gioco contro il Lavoro e contro il Lavoro pubblico. La Polizia municipale del Comune di Roma soffre di noti problemi di organico ma se questo è vero, guai, però, da parte di chiunque o di qualche esponente del sindacato a giustificare quanto accaduto.

Guai a parlare di “una comprensibile protesta” messa in atto da parte di chi non si vede riconosciuti alcuni diritti perché la protesta e, anzi, la lotta è un’altra cosa e si fa con mobilitazioni e scioperi ed a viso scoperto. La retribuzione nei periodi di malattia è un diritto inserito nella Costituzione erammentarsene è fondamentale come lo è capire che i permessi ex Legge 104 non sono che una inezia, nulla, nelle difficoltà reali di quelle famiglie che hanno figli diversamente abili o situazioni analoghe. Calpestare il valore di tali istituti mediante l’abuso incide negativamente sul destino dei diritti di tutti sui quali questo Governo accarezza il sogno di attuare “un giro di vite”. Tra gli insegnamenti dei vecchi sindacalisti della CGIL c’era, accanto alla tenacia, l’essere innanzitutto dei lavoratori inattaccabili.

Nel lavoro pubblico essere inattaccabili nel contesto in cui è stata volutamente ridotta la Pubblica Amministrazione vuol dire rivendicare di essere messi in condizione di operare e, nel contempo, creare le condizioni per impedire il persistere della rottura tra lavoratori pubblici e cittadini.

Riallacciare quel legame solidale è l’unica via d’uscita ma avendo come stella polare il segno dell’etica di berlingueriana memoria ed è nostro compito se, coerentemente, come sindacato, vogliamo dare rispetto e rappresentanza ai tanti che con il loro impegno quotidiano permettono al nostro Paese e, nel nostro caso, alla nostra Città di andare avanti e se vogliamo, davvero, porre di nuovo al centro il Lavoro.

 

Rita Innocenzi Fp Cgil

 

Vigili Urbani

 

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Parafrasando Totò verrebbe da dire “Vigili urbani di tutto il mondo
unitevi”. In una società dello spettacolo e della “conoscenza” la
società stessa appare mistificata. E vince chi fa più spettacolo. Un
caso, quello dei vigili urbani creato ad arte per colpire tutto il
lavoro pubblico. E se mai ve ne fosse bisogno, per capire quello che
è successo quella notte sarebbe stato necessario e utile scomodare la
“buon’anima di Giorgio Bocca” il quale, spesso, per capire il senso
della notizia andava alla fonte. Hanno fatto scuola le sue immagini di
giornalista e corrispondente lungo i cortei del movimento studentesco
milanese. Leggevi il resoconto, potevi condividere, potevi non essere
d’accordo ma il profumo della notizia risaltava immediatamente dentro
le narici fino a perforarle. Oggi, spesso i fatti nascono a tavolino.
Perché si è ingigantita la vicenda dei vigili fino a farla diventare
caso nazionale e non si è fatto altrettanto per l’operazione di
soccorso dei Vigili del Fuoco di Brindisi sulla Norman Atlantic? Il
fatto: otto Vigili del Comando Provinciale di Brindisi venivano
spediti d’urgenza sul rimorchiatore che doveva prestare soccorso alla
Norman Atlantic sulla quale hanno trovato la morte un numero
imprecisato di persone. Un incendio quello sulla nave che molto a ha
che fare con la smisurata bramosia del denaro, del profitto ad ogni
costo. Un’icona del nostro tempo.I Vigili del Fuoco, partiti
d’urgenza e senza nemmeno i ricambi, hanno vomitato l’anima per sei(6)
lunghi giorni a causa delle condizioni proibitive del mare e del luogo
dove si svolgevano le operazioni di salvataggio. Li hanno dimenticati,
lasciati soli. Tuttavia hanno fatto il proprio lavoro come sempre.
Come lo hanno fatto a Genova, nelle situazione emergenziali del
terremoto (qui potrei indicare nomi, comandi e luoghi di operazioni
dove molti lavoratori hanno messo in pericolo la propria vita per
recuperare denaro, lenzuoli facenti parte di corredo di antico valore,
mangiare per gli animali ecc. ecc.) eppure non è la prima volta che
compiono il proprio dovere al riparo delle luci dello spettacolo o
delle parole di circostanza dei vari governanti di turno. Ma l’elenco
di chi tutti giorni mette in moto la macchina dei servizi è lunga.
Dagli asili nido alle scuole ai reparti ospedalieri. Nessuna lezione
dal mondo di sopra e di mezzo, visti gli ultimi episodi, questi si di
“cronaca nera”. Poi che dire della legge sulla delega fiscale che è un
bel regalo non solo all’amico di sempre ma al grande mondo
dell’imprenditoria e della finanza. Sono costoro i sommi da cui
prendere esempio? Il vero scandalo sta in queste politiche di
austerità infinita che ci vengono propinate dagli ultimi governi con
il solo risultato che ha visto aumentare la disoccupazione, il debito
pubblico e la forbice tra lavoro dipendente(tutto) e i ricchi di
questo paese. Alla lunga le bugie hanno gambe corte e sottili.

 

Alfonso De Amicis

Giovani Comunisti:”Vittoria! L’amministrazione riqualifica l’asilo occupato”

prc

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“La delibera comunale pubblicata qualche giorno fa, impegna l’amministrazione Cialente a riqualificare l’asilo occupato secondo la volontà degli occupanti. Vittoria per le associazioni che hanno portato avanti e sostenuto negli anni l’Asilo occupato». Lo affermano in un comunicato i Giovani comunisti del Prc.

«I Giovani comunisti», proseguono nella nota, «si sono schierati apertamente, sin dal lancio della proposta di riqualificazione, con le associazioni operanti all’interno dell’asilo occupato. Abbiamo ritenuto giusta l’iniziativa, ma sbagliato discuterne con cartelli associativi-imprenditoriali come “Onda di innovazione”; l’unica riqualificazione possibile era giusto che avvenisse attraverso il dialogo e il confronto partecipato con le realtà da sempre presenti all’interno dello stabile. La delibera comunale 529 ordina di procedere con urgenza e necessità alla formulazione di un progetto definitivo delle attività che si svolgeranno dentro l’ex asilo, mediante la condivisione dell’intervento con la popolazione giovanile e le associazioni residenti».

«La riteniamo, perciò, una vittoria importantissima per chi ha sempre portato avanti le fondamentali iniziative di carattere sociale, politico e culturale dell’asilo occupato e per chi ha sempre creduto nell’importanza di uno spazio del genere schierandosi al fianco delle realtà occupanti. Il nostro auspicio, perciò, è che i propositi dell’amministrazione comunale trovino il più ampio riscontro effettivo nella realizzazione degli impegni presi, nella convinzione che la ricostruzione di una città sia legata inevitabilmente alla valorizzazione dei suoi spazi migliori».