Il primo Cd di Diego Del Vecchio, La prossima fermata

del vecchio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’AQUILA – L’uscita del mio primo lavoro musicale con testi interamente scritti da me è prevista per i primi giorni di marzo. Questo CD è la dimostrazione che a volte alcuni sogni possono davvero realizzarsi.

E’ il frutto di tutti quei momenti vissuti fatti di sensazioni provate, di persone incontrate, amate, di sogni realizzati e infranti, di attimi rubati che insieme non sono altro che la vita, la mia e anche di chi in questi anni ha incrociato con me il vivere quotidiano.

Ho riflettuto per quasi venti anni prima di decidermi a scrivere brani miei, venti lunghi e meravigliosi anni fatti soprattutto di musica, di tanta musica e di esperienze più o meno meravigliose vissute grazie ad essa in giro per locali, piazze, luoghi incredibili e lontani, accompagnato da musicisti incredibilmente bravi e professionali, amici unici. Venti anni di una vita meravigliosa e fortunata, anni indimenticabili proprio grazie alla magia della musica.

Non me ne vogliate ma sinceramente il giudizio, qualunque esso sia, di chi avrà la pazienza e la voglia di ascoltare queste mie storie di vita mi interessa relativamente perché questo CD per me è importante al di là del gradimento o meno dell’ascoltatore. Posso tranquillamente affermare che qualcosa di veramente mio l’ho fatto per la mia soddisfazione personale, l’ho fatto per la mia famiglia e per mia figlia che tra tanti anni potrà almeno ascoltare e sentire vicino il suo papà attraverso le canzoni.

I sogni però spesso si realizzano anche grazie a persone generose e disponibili che senza alcun tornaconto personale decidono di dimostrarti amicizia e affetto con gesti importanti.

Non posso quindi non ringraziare coloro che hanno permesso al mio sogno di diventare realtà.

Denni Zuccon che ha iniziato a sognare con me e che ascolterà il suo sogno dal cielo, Vito Colonna, Marisa Massari, , Mauro Basile, Andrea Dionisi, Pierpaolo Pietrucci, Enza Blundo, Stefania Pezzopane, Luca Di Battista, Graziano Santucci, Stefano Del Vecchio, Roberta Zauri, Clemente “Clemmy” Della Rocca, Domenico “Nico” Petrella, Cristian Paolucci, Marco D’Antonio, Mario Mastrantonio, naturalmente grazie mia moglie Chiara e mia figlia Beatrice per l’ispirazione, l’incoraggiamento, il sostegno e l’amore quotidiano.

Grazie alla poesia regalata alle mie storie da Roberto Maurilli

tutte le opere riprodotte in copertina e all’interno sono della pittrice aquilana ADELE GIULIANA DE MATTEIS, una grande artista tra gli angeli del cielo. (www.adelegiulianadematteis.it)

Diego Del Vecchio

Una voragine senza fine

 

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Sono passati tre anni da quando la maggioranza dei
cittadini credette nella liberazione del paese. Dopo un’oscuro
ventennio i presunti oppositori in clandenità o in persecuzione con
sacrificio avevano ridato la libertà all’amata penisola e alle sue
isole. Tuttavia i veri vincitori di questa epocale battaglia sono
stati i mercati, lo spread, i grandi trust dell’informazione e le loro
sponde isituzionali. L’Italia è adesso nel novero dei paesi civili
europei. Dopo due dolorosi geverni tecnici extra istituzionali abbiamo
assistito alla rapida e facile vittoria di Renzi. Nel giro di pochi
mesi siamo passati dal linguaggio ottimistico e videocratico di
Berlusconi alla retorica populista della rottamazione di un signore
tutto sommato sconosciuto e mediocre di Rignano. Una prassi
politicista piena di cooptazione, di riciclaggio, con la vittoria alle
europee ha portato alla completa omologazione di tutto il partito. Le
correnti interne fanno comodo alla bisogna democratistica di un
agglomerato meramente elettoralista e di potere. La retorica del
rottamatore passa da un’argomento ad un altro come il Saltimpalo,
uccello assai vivace, nelle sue funzioni ecologiche-biologiche.
Serafico nella trsmissione della sig.ra Annunziata annuncia la
rottamazione dell’art.18 le infiniteprivatizzazioni, l’ulteriore
arretramento del sistema scolastico nazionale. Nel suo linguaggio si
passa dlla lucce in fondo al tunnel a mirabolanti arcobaleni. In
realtà Matteo è stato prestato alla politica per gestire insieme ai
suoi giovani rottamatori il declino dell’Italia. Mentre si gettava in
discarica le “Norme sulla tutela della LIBERTA’ e DIGNITA’ dei
lavoratori, della LIBERTA’ sindacale e dell’attività sindacale nei
luoghi di lavoro e norme sul collocamento.”… Art.18 Reintegrazione
nel posto di lavoro..Il giudice annulla il licenziamento intimato
senza GIUSTA CAUSA O GIUSTIFICATO MOTIVO ovvero ne dichiara la nullità
a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro di reintegrare
il lavoratore nel posto di lavoro.”. Civiltà giuridica frutto del
biennio ’68-’69. Nel mentre si aprono voragini di civiltà e nella
democrazia italiana, contemporaneamente viene svenduto ciò che era
stato e che è vanto del patrimonio industriale italiano. L’Ansaldo
passa nelle mani della multinazionale giapponese Hitachi. Nella guerra
tra i cpitalismi mondiali l’Italia è retrocessa in serie B. Ormai non
abbiano nessuna più grande industria. Contoterzisti per la grande
industria tedesca e supplenti di servizi. Dopo il crollo della
Repubblica nata dalla Resistenza ci vorrà qualche secolo per risalire
la china. La cosiddetta sinistra istituzionale, democratica è la prima
responsabile di questa devastazione. Una devastazione fatta di rapina
del sistema industriale nazionale, di precarizzazione del lavoro, di
smantellamento dei diritti economici e sociali delle classi
subalterne. In questo neoliberismo trinfante si perpetua un clima
culturale fatto di individualismo, egoismo e mercantilismo di natura.
Ci vorranno anni e fatica per risalire la voragine.

 

Alfonso De Amicis e Tina Massimini

“Sull’Europa e l’Euro”: analisi e proposta politica di Ross@

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L’analisi e la sintesi politica che Ross@ di seguito propone, muove dalla
propria riflessione sul tema Europa e unione monetaria. Non è nelle
intenzioni di Ross@ fare della semplice “politica culturale”, ma ritiene
che ragionare su questi temi sia già in sé un atto politico fondamentale e
necessario. L’angolo prospettico scelto ribadisce la centralità della
“questione europea” e del superamento del sistema di governance incarnato
nell’UE, come elemento chiave di una politica di emancipazione, che
contraddistingua una reale forza di sinistra e anticapitalista. Il
presupposto del ragionamento contenuto nella proposta ruota attorno al tema
della “*rottura e dell’unità*”.

*2. Teoria e forma della governance dell’unione europea: verso una nuova
forma stato.*

*Situazione*

La costruzione europea è un progetto di lungo periodo, databile almeno a
partire dalla fine della seconda guerra mondiale[1]
e di cui solo
ora incominciamo ad intravvedere la sua compiuta forma. Le prime comunità
europee traggono origine, infatti, da una precisa ideologia,
*l’ordoliberalismo[2], che pone come
principio cardine la costruzione di uno stato regolatore, basato sulla
tutela del principio di concorrenza a la salvaguardia del libero mercato. Si
tratta di una dottrina e di un’ideologia, che considera lo stato di diritto
come elemento formalizzante delle regole del gioco economico, in cui gli
unici veri attori sono i singoli, considerati come individui o imprese.

Altro elemento cardine della costruzione europea è rintracciabile nel
*funzionalismo[3] Si antepone
così la “funzione”, alla ragion di stato e alla sovranità democraticamente
intesa. Sovrana diventa la funzione, il “come si decide” (la pura gestione
di un settore in senso tecnico) e non il “chi decide”, il “perché si
decide”, verso quale direzione, a favore di quale soggetto sociale ecc. La
dimensione funzionale, tuttavia, non è mai neutra, ma è sempre a favore del
grande capitale.

*L’Unione europea *che si è venuta a creare *non è né un super stato né una
federazione,* ma piuttosto una *super struttura parastatale*,
contenente il *”con”,
il “fra” e l'”oltre”* gli stati. Una struttura che tiene insieme residuali
pezzi di classica forma stato (“con”), facendoli interagire (“fra”), ma che
allo stesso tempo è capace di creare un nuovo ordine integrato al mercato
(“oltre”). *Una struttura di “governance” multilivello: *locale, nazionale
e sovranazionale; in Italia attualmente incarnata dal Partito Democratico e
dal sistema ad esso legato.

*Sintesi e proposta politica**:*

La questione della riformabilità di questa architettura, per come sopra
descritta, è un’arma spuntata, perché la sua capacità trasformativa è già
inscritta nel sistema stesso che la costituisce: dinamicità, adattabilità
al sistema capitalistico. Per lo stesso motivo non sussiste la
possibilità di riformabilità in senso democratico ed occorre affermare
una *politica
di* *rovesciamento dell’intero sistema*:

“*Rottura con l’Unione Europea*”.

Rottura che ha la valenza di “*campo strategico*” e di “*leva contingente*”.
Questa leva si deve articolare su un piano che non sia subordinato
necessariamente a soluzioni e scenari aprioristicamente precostituiti
(ritorno alla nazione, area mediterranea, generico internazionalismo,
Europa dei popoli, ecc.).

“*Rottura con il sistema PD*”

Il PD è da considerarsi come “partito di governance”. Il renzismo é
espressione congiunturale di questo modello e non semplice partito-persona,
“premierato assoluto” o epifenomeno del berlusconismo ecc. *Il problema è
il PD e il suo sistema, non Renzi*. Con la parola sistema non si vuole
identificare solamente un’organizzazione partitica, ma tutta la sua
ramificazione in ambito sociale, culturale ed economico.

*3. L’esercizio della governance: trattati, dispositivi e nuovi apparati*

*Situazione*

*L’impianto precedentemente esposto ha trovato esecuzione in un preciso
ordinamento giuridico che si concretizza con il sistema dei trattati*. La
nozione di trattato in ambito europeo ha assunto un significato peculiare:
non si tratta di un semplice accordo internazionale tra stati, ma di un *atto
giuridico ibrido che ha valore costituzionale*. In questo senso i trattati
europei, pur non essendo ascrivibili al modello della carta costituzionale
in senso “classico”, producono tuttavia un diritto vincolante per gli stati
membri, dotato di un primato sul loro diritto interno.

*Si tratta di un sistema neo-costituzionale multilivello, che ingloba le
costituzioni nazionali e al tempo stesso le modifica*. Si può quindi a
ragione, parlare di una costituzione senza stato oltre che di una
costituzione senza popolo. Nonostante l’Unione Europea faccia meno di
questi due riferimenti (stato-popolo) – per questo essa non è definibile
come un super stato – non rinuncia tuttavia a formare un *ordine ideologico*
(individualismo, libero mercato, concorrenza, atomizzazione della società,
ecc.); dotato anche di *apparati *(per es. la rete di agenzie tecniche
chiamate a coadiuvare il processo legislativo.

In questo nuovo quadro giuridico normativo è stato inserito *l’Euro come
parte integrante e non disgiunta dei trattati (*piano Werner, controllo dei
tassi di cambio tra stati membri dell’unione, SME -Sistema monetario
europeo – e successivamente, con la creazione della BCE, in vera e propria
unione monetaria). *La creazione dell’Euro accompagna, quindi, il processo
stesso di integrazione europea e l’evoluzione stessa dei trattati*.

*Sintesi e proposta politica*

Visto quindi il carattere sui generis della costruzione comunitaria e la
particolare natura appena esposta dei trattati europei, occorre porre con
forza il *principio della forzatura e rottura dei trattati*, come *elemento
prioritario di lotta politica*, superando le limitazioni settoriali e
mirando al *loro intero impianto*.

Come portare avanti questa lotta? Sicuramente attraverso battaglie
costituzionali e referendarie che mettono in discussione indirettamente
l’impianto dei trattati e rimettono al centro l’elemento di sovranità
democratica.

Ci basta questo? No. Cominciamo ad affermare che un trattato regolante
tutta la vita economica e occupazionale di un paese o di una regione non
può essere definito semplicemente come trattato internazionale in termini
classici. *Concretamente non si dovrebbe parlare solo del ripristino di
diritti perduti, ma proporre anche un avanzamento verso nuovi principi
giuridici, come la pronuncia popolare sui trattati.*

*4. Capitalismo finanziario, debitocrazia e unione monetaria: l’euro come
strumento politico della governance*

*Situazione*

Con il 2008 ad entrare in crisi* non è semplicemente il neoliberismo, ma un
sistema in cui lo stato era sussunto nella finanza stessa*. In questa fase
il sostegno della domanda aggregata viene generata da un continuo
incremento del *debito privato* che sussume direttamente il lavoro, il
risparmio da lavoro e il debito pubblico, grazie ai processi finanziari
globali [4].
Attualmente si potrebbe avanzare l’ipotesi che sia in atto un movimento di ”
*definanziarizzazione*”[5], che
contrariamente a quanto il termine potrebbe suggerire circa un ritorno
all’economia reale, indica piuttosto il punto di intervento delle politiche
capitalistiche per attrezzarsi ad una risegmentazione dei mercati da un
lato, e dall’altro, ridurre la bolla creata dalla speculazione finanziaria
introducendo valore reale che si traduce in perdita di posti di lavoro e
perdita del welfare.

Tale nuovo processo non produce un’omogeneità globalizzata e
deterritorializzata, ma si configura nella *formazione di nuovi
blocchi (*barriere,
nuove frontiere, trattati per la creazione di aree di libero scambio, come
il *TTIP*, TPP, TISA, ecc). Emergono nuove aggregazioni geopolitiche (per
es. *BRICS*).

In questo quadro generale si inserisce l*’Euro*, come strumento di
controllo sempre più stretto sulle politiche di bilancio nazionali, sia
nella fase di finanziarizzazione (indebolimento delle monete nazionali e
concorrenza monetaria con il dollaro), che in quella attuale di
definanziarizzazione. La logica della debitocrazia perdura anche con le
recenti riforme e la manovra della BCE definita “Quantitative easing”,
volute da Mario Draghi[6].

Gli elementi di segmentarizzazione dei mercati sono presenti all’interno
della stessa UE, con processi di concentrazione di capitale in alcune aree
(Germania e nord Europa, paesi “core”) determinando al contrario, delle
aree sempre più impoverite (mezzogiornificazione europea[7] come nei paesi
mediterranei (PIGS).

Va sottolineato, infine, lo stretto legame tra l’Euro e l’ordinamento
giuridico europeo (diritto primario – i trattati – e diritto derivato –
regolamenti, direttive, comunicazioni ecc .) a cui sono stati attribuiti un
primato e un’autonomia sul diritto interno nazionale, grazie soprattutto
all’attività interpretativa della Corte di Giustizia dell’UE.

*Sintesi e proposta politica*

Essendo l’*Euro anche uno strumento di governo *e, dunque, intrinsecamente
politico, non relegabile alla mera sfera economica, *diviene prioritario
assumere una posizione definita considerandolo come l’elemento centrale,
insieme ai trattati, della battaglia politica*. *L’euro, quindi, non è
disgiungibile dall’intero impianto di governance e quindi dai trattati
fondativi dell’UE.*

*”Rottura con l’Euro”.*

Va innanzitutto ricordato che sia nel caso dell’uscita (unilaterale o
coordinata che sia), sia nell’ipotesi della permanenza nell’Unione, sempre
di “lacrime e sangue” si tratta. Non ci sono quindi soluzioni
tranquillizzanti o magicamente risolutive. Però, *assumere la battaglia
politica della rottura con l’Euro*, rappresenta un punto di precipitazione
in grado di sviluppare una consapevolezza su cosa sia l’impianto europeo e
aprire le necessarie contraddizioni per il suo superamento. È inevitabile
porsi la domanda di come qualificare il termine “rottura con l’Euro”. Esso
ha una valenza se viene inteso come un “*campo strategico*” e come “*leva
contingente*”, *unitamente del rovesciamento del sistema dei trattati*. I
due ambiti non possono essere disgiunti.

*5. Geopolitica e imperialismo*

*Situazione*

L’Unione Europea si potrebbe definire come un “*imperialismo multilivello*”.
L’UE, infatti, non è un imperialismo compatto, ma risente delle dimensioni
nazionali. Ha la capacità di mantenere un rapporto contraddittorio tra la
dimensione UE-NATO e le politiche imperialiste egemoniche nazionali, in
alcuni casi contrastano con essa. Non si può ritenere, come molti danno già
per scontato, che l’imperialismo USA sia morente, anzi occorre considerare
che a livello globale *l’UE costituisce un supporto alle azioni militari a
stelle e strisce*, soprattutto in riferimento al processo di
globalizzazione della NATO e del suo allargamento ad Est e Sud-Est e alle
politiche di allargamento della stessa UE ai paesi dell’Europa
orientale. *Tutto
questo contestualizzato nelle tendenze deglobalizzanti e di risegmentazione
geopolitica che accompagna quella economica*.

*Sintesi e proposta politica*

Cruciale in questa dinamica è porre con forza l’esigenza di uscire dal
patto atlantico sia come nazione, sia come Europa, considerando nuove
strategie di alleanze che guardino al bacino mediterraneo e all’Asia.

*”Fuori l’Italia e l’Europa dalla NATO, fuori la NATO dall’Italia e
dall’Europa”*.

Inoltre, si devono appoggiare tutte quelle lotte che rappresentano
l’opposizione a questa logica imperialista, come per esempio: la *resistenza
nel Donbass, la resistenza palestinese*, ecc. In questa fase occorre
opporsi anche ai trattati di tipo commerciale, vedi TTIP, perché se pur
contestualizzati economicamente e politicamente nella logica ordoliberale e
funzionalista, sono portatori di aspetti imperialistici USA e che non fanno
altro che accentuare l’aspetto neoliberista dalla UE a discapito delle
fasce sociali più deboli (lavoratori, precari, migranti, ecc.). “*STOP TTI I
primi progetti di cooperazione fra gli stati europei risalgono, infatti, al
piano Marshall per la gestione dei fondi (ERP) degli USA, destinati
all’Europa, l’OECE (Organizzazione per la gestione della ricostruzione
economica degli stati europei), il Congresso dell’Aja (1948) da cui nacque
il Consiglio d’Europa, l’organizzazione internazionale per la tutela dei
diritti umani, ecc

 ROSS@ L’AQUILA

VI RACCONTO LA GRECIA…

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di Giacomo De Fanis

 

Mi trovo ad Atene mentre il popolo greco è in fermento per le imminenti elezioni. L’evento è vissuto in maniera molto partecipata non solo da chi, come me, è andato in Grecia per supportare e capire meglio la “coalizione della sinistra radicale”, SYRIZA; ma anzitutto dai greci stessi, che inevitabilmente si sentono giunti ad un momento cruciale, che sperano sia di svolta, per le loro esistenze. Il collasso economico non è soltanto un indice a picco dei valori delle borse europee, è una condizione visibile tra i quartieri, nei visi della gente sfiancati dalla crisi.

Atene è un’immensa colata di cemento attorno all’antica Acropoli; i segni lasciati dalla dittatura dei colonnelli sono visibili: praticamente manca il verde pubblico, rimpiazzato ovunque dal grigiore dei palazzi in totale degrado, dagli abusi edilizi anche a un passo dall’Agorà. Io mi sono sistemato a Exarchia, il quartiere prevalentemente anarchico, vicino al Politecnico da dove iniziò la rivoluzione studentesca che quarant’anni fa portò all’abbattimento di quel regime.
Tra un angolo di strada e l’altro si incontra ogni genere di persona; tanti senzatetto accampati, anche davanti al parlamento, tanti altri che non stanno ancora in quelle condizioni ma hanno paura di ritrovarcisi; qualcuno ti racconta la sua storia, qualcun altro ha da pensare a sopravvivere e basta, qualcun altro ancora vede il simbolo di SYRIZA in petto e ti abbraccia dicendo: “We hope!”, “speriamo”.

E davvero nell’aria si respira una certa dose di dramma, partecipato però da una vivida speranza. Oltre la disperazione, puoi vedere il bisogno e la voglia di tornare a sorridere, a condurre un esistenza serena. Quasi tutti qui hanno trasformato la sofferenza in forza per risorgere; quasi tutti qui vedono questo sentimento rappresentato politicamente da SYRIZA: “H ELPIDA ERXETAI” è il suo motto, ovvero “la speranza sta arrivando”. E la gente sembra crederci: il PASOK, una sorta di PD greco, rischia di sparire dalla scena politica; il comitato elettorale del partito di centrodestra, NEA DIMOKRATÍA, è più affollato, tanto che qualche volta ci trovi pure la vecchietta che gliene urla contro di tutti i colori! Ma dove c’è lo stand di SYRIZA, a Panepistimio vicino all’Università di Atene, c’è la calca: tanta gente, di ogni età, specie giovane, si ferma a parlare con gli attivisti. É una cosa che qui in Italia non ho mai visto: tutti, a cominciare dai giovanissimi, si fermano con interesse per informarsi e scambiare opinioni con gli addetti.
Accade anche per gli altri partiti, cosiddetti “minori”: c’è un po’ di gente anche dal KKE, il Partito Comunista Greco, che ha militanti impegnati ovunque per le strade in una campagna elettorale a tappeto. Per loro Tsipras è un “populista”, un “demagogo”, che ha una linea politica piena di contraddizioni e un programma irrealizzabile. Per loro non si può fare una critica del capitalismo restando all’interno dell’Europa; non si può sperare di continuare ad ottenere benefici economici rifiutando però di sottomettersi alla Troika (BCE, FMI, Commissione Europea). I compagni di SYRIZA sembrano essere consapevoli di queste difficoltà, ma sanno di poter puntare a costruire una forza politica in grado di affrontarle, in Grecia e in tutta Europa, facendo fronte comune con le sinistre radicali di tutti i paesi che versano nelle stesse condizioni, come la Spagna – Pablo Iglesias, leader di Podemos, ha parlato ai Greci con la loro lingua e ha lanciato pubblicamente il motto che avremmo sentito gridare spessissimo di lì in poi: “SYRIZA, Podemos, venceremos!”.

Anche per questo motivo perciò la questione greca è di rilevanza Europea e non solo: giornalisti da tutto il mondo, vedendoci con le bandiere italiane di Rifondazione Comunista e L’Altra Europa con Tsipras, ci chiedevano perché ci trovassimo lì. Tutta l’attenzione mediatica era su SYRIZA e sui risvolti elettorali di portata colossale non solo per la Grecia; non sorprende allora che spesso i media fossero più interessati alla prospettiva degli stranieri sulla Grecia che a quella dei greci stessi. Italiani, spagnoli, inglesi, tedeschi, persino brasiliani, testimoniano chiaramente l’elevato impatto all’estero di un’eventuale vittoria della sinistra radicale in Grecia. Evidentemente il resto del mondo teme un cambiamento radicale di rotta; teme la rottura con le politiche di austerità che affamano i popoli e arricchiscono le oligarchie finanziarie. Temono perciò che il fenomeno di SYRIZA possa replicarsi altrove. Tutto questo fermento ad Atene allora, è indice di un cambiamento già in atto.
Alla sera, alla chiusura dei seggi, al tendone dov’è allestito il comitato elettorale di SYRIZA è già festa: tutto il popolo scende in piazza ad aspettare i risultati che vedranno sicuramente la vittoria della sinistra radicale. I giornalisti braccano ovunque i militanti e i cittadini di ogni paese; gli stranieri come noi sono richiesti anche dai greci pure solo per una foto assieme; la folla imperversa, ma dentro è strapieno: gli occhi sono fissi sul maxischermo per i risultati, davanti al quale sventolano numerose bandiere rosse, provenienti da ogni parte d’Europa; si canta a squarciagola da Bandiera Rossa e Bella Ciao ai canti popolari della resistenza greca, passando per i Clash. E così tutta la notte, con un entusiasmo sempre maggiore, accresciuto dal comizio di Alexis Tsipras tenuto proprio all’Università di Atene, in piazza, davanti al mondo intero. Non ho capito molto di quello che ha detto, ma questo è stato chiaro: “Oggi è finita per l’austerità, oggi è finita per la Troika!”.
E così pare viste le prime mosse del nuovo governo: taglio dei ministri, nomina di personaggi determinati come Yianis Varoufakis, licenziamento dei vertici dell’Agenzia greca per le privatizzazioni della Troika, blocco della privatizzazione del Porto del Pireo, restituzione dell’elettricità a 300.000 poveri a cui era stata staccata, aumento del salario minimo. Quando si dice: “fatti non chiacchiere”.

Perché il programma di SYRIZA vada avanti però, c’è bisogno del sostegno degli altri popoli a questa linea politica. Perciò in questi giorni si stanno lanciando campagne di solidarietà con il popolo greco, che ai ricatti e alle minacce dell’Europa neoliberista affiliata alla Troika, risponde con continue manifestazioni, che solo in piazza Syntagma ad Atene vedono la partecipazione sistematica di oltre 70.000 persone.
Che non sia a questo punto giunto il momento di cominciare a lavorare seriamente anche in Italia, in maniera democratica e partecipata, alla costruzione di un fronte plurale delle forze della sinistra radicale, anticapitalista, comunista, ambientalista, femminista? Che non sia giunto il momento cioè, invece di parlare a sproposito sulle presunte affinità tra il compagno Alexis Tsipras e il democristiano Renzi, di costruire la SYRIZA italiana?
Non credo ci siano alternative che possano andare in un’altra direzione. SYRIZA in Italia è stata presto bersaglio di critiche perché per governare ha dovuto fare un accordo con l’ANEL, partito di centrodestra, ma anti-austerity. Non è stato spiegato però, che il maggioritario puro del sistema greco necessita una maggioranza di 151 seggi (che SYRIZA con 149 ha sfiorato per un soffio) per poter governare, da dover comporre entro tre giorni dalle elezioni; pena il passaggio della possibilità di formare il governo al secondo partito o coalizione a ricevere più voti, che si troverà a sua volta a dover tentare un accordo. Visto il numero di seggi necessario, a chi credete che avrebbe chiesto l’appoggio Antonis Samaras se non ai nazisti di Alba Dorata?
Eh sì, perché nel mio racconto non ho dimenticato di parlarne: non si notano, ma a cominciare dalle forze dell’ordine che si atteggiano per le strade come i cowboy, sai che moltissimi voteranno Alba Dorata. Difatti è risultato il terzo partito. Loro aspettano nell’ombra, in silenzio, nella faccia del paese non illuminata dalla speranza di una vera democrazia popolare, come uno spettro che aspetta di tendere il proprio agguato dall’oscurità.
Il KKE ha rifiutato fino all’ultimo le proposte di governo di SYRIZA, sostenendo che essa fallirà e loro saranno la prossima scelta contro l’austerity. La verità è che se la sinistra radicale fallisce, in Grecia come in tutta Europa, la prossima scelta saranno i nazisti.

 

A buon intenditor…

“LAVORATORI COME FARFALLE” MERCOLEDI 4 MARZO DALLE ORE 17,00 ALLE ORE 20,00 PRESSO IL PALAZZETTO DEI NOBILI

 

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“LAVORATORI COME FARFALLE” -La resa del più grande sindacato
d’Europa- di Giorgio Cremaschi

 

Un elogio della memoria, uno sguardo sul recente passato per
rimettere su progetto una storia per il futuro.
Come siamo arrivati a questo bivio? Il libro cerca risposte, pone
domande. Tuttavia senza progetto non c’è futuro.
” Lavoratori come Farfalle” La resa del più grande sindacato
d’Europa, non si accontenta di ribadire un punto di vista storicamente
plausibile e fondato rispetto al mastodontico corpo della CGIL, ma
ricostruisce il come e il perché di tanti conflitti, scontri, attacchi
e ultimamente la resa incondizionata. Una impietosa radiografia del
lento ma inesorabile cedimento culturale che ha accompagnato le
sconfitte degli ultimi 35 anni. Come uscirne?
Non ci sono soluzioni indolori, bacchette magiche, “pensate
creative” che ci possano permettere di ribaltare in due mosse lo
squilibrio delle forze in campo. Siamo di fronte a un potere padronale
organizzato su scala continentale, in cui le decisioni fondamentali di
politica economica SONO SOTTRATTE A OGNI VERIFICA DEMOCRATICA. Di
fronte a questo scenario per certi versi nuovo si moltiplicano le
lotte pulviscolari nella speranza che prima o poi si addensi una massa
critica di qualche rilevanza ma tuto si ciò appare sempre più
irrilevante e quindi occorre cambiare passo. Oggi il conflitto deve
darsi nuovamente una prospettiva di cambiamento generale. Implica ciò
un salto di qualità, una rottura con la cultura sindacale e politica
dominante dall’89 in poi. Anche perché il “nemico” di classe non si
accontenta di aver vinto ma vuole stravincere(La vicenda della Grecia
insegna anche questo). ” Le persone(i popoli) devono essere educate
alla paura e all’arte dell’arrangiarsi individualmente, cancellando
anche nell’immaginario la possibilità dell’azione collettiva e del
conflitto. I sindacati devono invece accettare la resa incondizionata,
e ridursi a entità corporative e complici nelle imprese, a burocrazie
di servizio nella società(quello che in pratica hanno fatto in questi
ultimi tempi)”. La scienza dell’esperienza accumulata serve per fare
meglio senza nostalgie per rimettere in moto la lotta di classe dei
piani bassi perché ormai da troppo tempo assente lasciando così mano
libera alle più grosse infamie dell’imperialismo europeo e americano.
Salari di fame, meno stato sociale e il ritorno degli apprendisti
stregoni della guerra nello scenario europeo.

 

MERCOLEDI 4 MARZO DALLE ORE 17,00 ALLE ORE 20,00 PRESSO
IL PALAZZETTO DEI NOBILI A L’AQUILA ORGANIZZANO ROSS@ L’AQUILA e IL
CIRCOLO ALFONSINA CASAMOBILE DEL PRC.

Un Paese di Trasformisti e Gattopardesco

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Tsipras a Roma incontra Renzi. Renzi ha un sussulto: “Dal voto di
Atene messaggio di speranza”. Paese strano l’Italia, il signore di
Rignano si congratula o fa finta di compiacersi per la vittoria di
Alexsis Tsipras, ma la domanda sorge spontanea, sono compatibili
Tsipras e Matteo Renzi? I dubbi sono molti e seri. In questa nostra
penisola di rivoluzione e cambiamenti ne parlano in molti. Berlusconi,
D’Alema, Salvini, Grillo e persino Papa Francesco. Ultimamente ne
civetta con il tweet e sempre in modo sorridente il presidente del
consiglio, allo stesso modo si comportava il miliardario ridens.
Nell’Italia ha sempre prevalso il trasformismo e il gattopardismo. La
“rivoluzione” in effetti la fanno le classi dominanti: il fascismo
ieri oggi invece i cambiamenti sono accompagnati da slogan che hanno
il sapore del commerciale o al massimo dello spot elettorale. Con la
propaganda si tenta di nascondere il senso dell’operazione che è
quella di una restaurazione sociale classista. In una Grecia molto
meno provinciale dell’Italia i primi provvedimenti di Syriza hanno
riguardato l’aumento del salario minimo il ripristino di una serie di
condizioni di vita ai livelli precedenti le impostazione della Troika.
Il nostro governo al di la delle facili chiacchiere continua con le
politiche di completa sudditanza ai dettami dell’austerità e della
precarietà del lavoro. I trucchi tuttavia con la crisi in atto non
durano in eterno.

 

Alfonso De Amicis

Valorosa, la partita non finisce quando l’arbitro fischia.

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Di Davide Cialente

 

Sabato scorso, intorno alle 18:30, sono andato a casa di papà aju Torrione, quella dove ho vissuto per 33 anni. Andando via, vedere i riflettori dello stadio accesi mi ha risvegliato ricordi bellissimi. Con la neve illuminata mi sembrava di essere tornato a quel 23 Dicembre del 2000,quando uscii di casa con -8 per godere del 2-0 al Giulianova nella ghiacciaia del Fattori.

E a dispetto del vestito bianco che aveva indossato la città e dell’arietta frizzantina, ho ripensato alle amichevoli estive delle 20:30, alla curiosità di vedere i nuovi acquisti, la nuova divisa, farsi coccolare dalle aspettative, dai sogni e dai proclami, ai primi turni di Coppa Italia, la Lodigiani, il Castel di Sangro, il Chieti…una volta venne addiritura il Botafogo e le busco’ pure…poi guidando verso l’ospedale il top dei ricordi assurdi : anno di grazia 1998, i fratelli Sanderra riportano tra i professionisti, dopo un testa a testa logorante col Rieti e la Samb terza in classifica, molesta come un’avvisaglia di turbolenza intestinale quando esci la prima volta con la quatrana che ti piace, L’Aquila dei bomber Boccia e Cosa e del mitico Cagnale.

A fine Maggio parte la romantica poule scudetto, gironcino a tre e poi eliminatorie. Io che ero andato tutto l’anno allo stadio già pregustavo la passerella gioiosa delle maglie rossoblu, ma che succede? Mi ammalo. Con la febbre alta. Ma cazzo, l’ inverno bene e po’ arriva l’estate e te frega…che sardamellò. Morale della favola, resto a casa e senza internet mi metto alla finestra per cercare di captare qualche segnale. Osptitavamo qualcosa di umbro, Narnese, Orvietana, Gubbio, non vorrei dire il maledetto Gualdo Tadino…mentre i cori un po’ ovattati facevano da colonna sonora allo spettacolo del pezzettino di castello e al susseguirsi degli stop delle macchine che raggiungevano la Fontana luminosa, l’altoparlante annuncia : Ha segnato per L’ Aquila il numero nove Gianniii Bocciaaa! E poi basta. Avrei dovuto aspettare il Centro del giorno dopo per la conferma e i dettagli. Superato il girone uscimmo con un rovinoso 4-1 dalla Sanremese, e mi persi la gara di ritorno perché avevo un esame di tedesco, e giustamente giocarono alle 16:00 di mercoledì…arrivai solo in tempo per sentirmi dire che l’1-1 finale aveva decretato il game over.

Io non lo so, se é una cosa normale accompagnare gli eventi della propria vita a quelli di una squadra, vederla con gli occhi di Homer che vede l’ aragostina, vederci riflesso lo splendore di una citta’ unica, lasciare che i suoi risultati influenzino il tuo umore, permetterle di farti prendere freddo, pioggia, purghe e farti spendere soldi e tempo…ma dopo quella sala parto del San Salvatore e la donna stupenda che era lì a lottare per amore, e a pari merito con l’incontro con Steve Harris, le emozioni più intense so arrivate daju pallo’.

Quindi è la cosa giusta.

IMMOTA MANET.