L’AQUILA CALCIO: LA CITTA’ HA BISOGNO DI UN SOGNO

Chi avrebbe immaginato, solo otto mesi fa, che nel giro di una ventina di partite avremmo ottenuto una storica promozione sul campo del Fattori e che, dopo quasi mezzo campionato di Lega Pro 1, saremmo stati soli in testa alla classifica e con la B nel mirino. Il 9 Aprile 2013, giorno in cui Giovanni Pagliari assumeva l’incarico di guidare i rossoblù, in pochi credevano possibile che con quella squadra completamente svuotata di energie fisiche e psicologiche e con una piazza che si preparava a vivere l’ennesimo finale di stagione amaro questo allenatore schietto, umile e determinato sarebbe riuscito a creare l’alchimia vincente con tutte le componenti dell’ambiente calcistico e della città. A ripensarci l’impresa sa veramente di miracolo sportivo. Mister Pagliari subentrava al pur bravo Maurizio Ianni che guidava una squadra ormai in caduta libera in classifica e che forse, già due anni prima nel drammatico finale di Prato, aveva esaurito la sua parabola in rossoblù. L’allora neo-tecnico presentò la sua eloquenza tra lo scetticismo generale dopo la prima vittoria sul campo campano dell’Aversa Normanna, ultima in classifica e già retrocessa, dicendo: “Abbiamo scalato L’Everest” per sottolineare quanto fosse bloccata la squadra a livello mentale e quanto difficile sarebbe stato il suo lavoro. Pochi osavano sperare che dopo quella prima impresa per il popolo rossoblù si potesse aprire il ciclo di gioie e soddisfazioni culminato nella promozione in C1 e nel grande avvio di quest’anno. L’allenatore di Tolentino insomma si è dimostrato da subito l’uomo giusto al posto giusto. In questi pochi mesi di lavoro con il suo modo di vivere e comunicare ha saputo trasmettere valori anche extra-calcistici alla piazza, infondendo nei suoi interlocutori, calciatori, tifosi, società e ambiente una fiducia nei propri mezzi e nel futuro di cui, in questa città in crisi e ancora ferita nel corpo e nell’anima, c’è terribilmente bisogno. Nell’Aquila di oggi, nervosa e arrabbiata, la serenità che il Mister sa dare alla squadra e a chiunque si avvicini alle vicende della Valorosa contrasta con i toni, spesso aspri e violenti, ai quali siamo abituati da anni di divisioni e interessi contrastanti. In sostanza in pochi mesi Pagliari è riuscito in un capolavoro non solo professionale. Risultato che però è maturato sui campi di calcio e, bisogna dirlo, non sarebbe mai arrivato senza l’aiuto dei suoi ragazzi a partire da Testa che con le sue parate vale almeno 10 punti a stagione, passando per le prestazioni di Capitan Pomante, di Carcione e di Saveriano Infantino che con la sua indimenticabile linguaccia al Teramo nella finale play off resterà nella storia del club. In questa stagione i gol di De Sousa, dell’aquilanissimo Lorenzo “il Magnifico” Del Pinto, l’infaticabile corsa unita alla classe di Ciccio Corapi insieme ai valori di un grande gruppo proseguono nell’impresa di fare più grande il calcio nel capoluogo d’Abruzzo . Poi qualche parola va spesa per la società, per Elio Gizzi che in anni difficili da solo ha tirato avanti la barca garantendo il calcio professionistico, per Corrado Chiodi che ha portato solidità, entusiasmo e organizzazione, per Ercole Di Nicola che al netto di contestazioni subite, più o meno condivisibili, ha sempre costruito squadre in grado di lottare per il vertice. Uno staff di soci capitanato dal vice presidente Massimo Mancini e collaboratori di grande livello chiudono il cerchio di una compagine sociale che così nell’Aquila Calcio 1927 forse non c’era mai stata. Infine i tifosi, noi, stupendi, presenti su tutti i campi e non da ora. Il gruppo storico dei Red Blue Eagles, in 35 anni di attività, ha seguito la Valorosa ovunque: in Sicilia, in Sardegna, dai campi polverosi dell’eccellenza agli stadi più prestigiosi della serie C come la Favorita di Palermo, il Partenio di Avellino, il Cibali di Catania e tanti altri. Sempre al seguito della maglia (a parte la parentesi di due anni di contestazione alla tessera del tifoso). Dai 5000 di Avellino all’unico in trasferta a Gela lo striscione Rbe1978 ha sempre accompagnato le sorti di questi colori nelle vittorie e nelle sconfitte. Lodevoli inoltre le tante iniziative benefiche che la curva aquilana porta avanti senza farsi con esse pubblicità, ma che rappresentano il modo sincero e appassionato degli Ultras rossoblù di vivere il calcio e la società moderna. Oggi questa nostra città piena di problemi, che vanno addirittura oltre una già di per sè durissima crisi economica, si scopre protagonista in un campionato di calcio importante grazie a un gruppo di ragazzi giovani, molti dei quali di grande prospettiva come i baby terribili scuola Roma Frediani e Ciciretti, guidati da un uomo sereno, competente e  soprattutto capace di unire la nostra collettività lacerata, divisa e litigiosa nell’inseguimento di quello che per ora è solo un sogno sportivo.
Restiamo con i piedi per terra ma godiamocelo questo sogno, ne abbiamo bisogno!

Goffredo Juchich