Quando la Thatcher diceva:”Mandela? un terrorista!”

 

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Di Pierpaolo Farina da “il rompiballe”

 

Mi piacerebbe, in queste ore di commozione mondiale per la scomparsa di quel grand’uomo che è stato Nelson Mandela, che almeno i più fedeli e ciechi sostenitori del libero mercato e dei suoi paladini, almeno ci risparmiassero le loro ipocrite frasi di circostanza, che in questo caso si spingono addirittura all’entusiastica contemplazione di un uomo che, è bene ricordarlo, non ha mai tradito la sua fede comunista.

Anche perché, soprattutto in casa nostra, i liberaloni alle vongole che alla morte della Thatcher inondarono pagine di inchiostro per celebrarla dovrebbero solo tacere. Se non altro per un piccolo fatto storico, che omettono di ricordare tutti: la Thatcher, nel 1987, si oppose alle sanzioni contro il regime dell’Apartheid imperante in Sud Africa con la motivazione che Mandela in realtà era un terrorista. Sulla stessa linea Ronald Reagan.

In particolare, la Iron Lady disse esattamente queste parole:

The ANC is a typical terrorist organisation… Anyone who thinks it is going to run the government in South Africa is living in cloud-cuckoo land.

Ecco, magari, next time, amici liberisti, sciacquatevi la bocca prima di parlare di Nelson Mandela. E astenetevi dal dire che ha ispirato la vostra vita: non si può elogiare Madiba e portare avanti il Thatcher-pensiero nello stesso tempo. E non sforzatevi: manco le convergenze parallele coniate da Moro possono salvarvi la faccia.

Mosler per L’Aquila e il silenzio della città

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Di Roberto Santilli giornalista di Abruzzoweb

L’economista Warren Mosler attende una risposta dalle istituzioni politiche aquilane. È disponibile a presentarsi a gennaio a Bruxelles con una delegazione politica allargata per dire all’Unione Europea: “I fondi per L’Aquila terremotata si trovano in questo modo, non c’è nessun pericolo per le vostre idee e per i vostri bilanci. Se non vi sta bene, si va avanti lo stesso senza la vostra approvazione, volevamo soltanto avvisarvi”.

Fino a questo momento, però, nonostante Mosler rappresenti nel mondo il più alto livello qualitativo in fatto di macroeconomia e ingegneria finanziaria, nessuno si è fatto avanti concretamente per portare una battaglia di tale importanza nelle stanze che contano, una battaglia che si combatte non con dicerie economiche, ma con armi sofisticatissime frutto della straordinaria padronanza della materia da parte di Mosler.

Non andare a Bruxelles sarebbe un fallimento, il mancato utilizzo del cervello mosleriano sarebbe un fallimento, come se L’Aquila Calcio dicesse di no a Messi, gratis, per una finale play off. Nel caso andasse così, sarà giusto incoraggiare i più giovani ad andare via ancora prima del tempo e i più grandi a fare la stessa cosa prima che sia tardi dal punto di vista anagrafico.

È così che funziona la giustizia che conta. Una città che vuole crepare da stupida provinciale, ha tutto il diritto di farlo.

Intervista con Enrico Perilli: le battaglie fatte e quelle ancora da fare

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a cura di gj

Oltre 10 anni in consiglio comunale quale è stata la battaglia più dura condotta in questo periodo?

La battaglia più dura è sicuramente quella culturale, cioè provare ad inserire nel dibattito elementi di una cultura alternativa diversi da quella dominante, da qui derivano poi le battaglie in difesa dell’ambiente, del pubblico, della legalità. Ricordo comunque la lunga lotta contro la realizzazione del terzo tunnel del Gran Sasso, il sostegno alle vertenze dei lavoratori che, purtroppo fallirono, e poi si arrivò alla dismissione del polo elettronico, la battaglia per riportare legalità e trasparenza su scandalose vicende come la Perdonanza a gestione Tancredi e la metropolitana di superficie.

 

Con la presidenza della seconda commissione del consiglio comunale sei in prima fila nella lotta al consumo del territorio. Quali sono le priorità?

Le priorità sono quelle enunciate dall’inizio: ricostruzione a volumetria zero, per quanto possibile; gestione attenta e scrupolosa dei beni ambientali, tutela del paesaggio, pianificazione a medio e lungo termine e non più a colpi di varianti urbanistiche.

 

Quanto abusivismo c’è nell’Aquila del post terremoto?

L’abusivismo nella nostra città, come in tutto il Paese, soprattutto nel meridione, è enorme, di dimensioni difficilmente immaginabili. Si va dal pollaio o dalla casetta di campagna abusiva, fino ad interi centri commerciali senza licenza e con titoli abilitativi falsi. Nel post-terremoto vi è è stato il dilagare delle cosiddette casette provvisorie, in parte autorizzate in grande parte abusive. Demolire una costruzione abusiva in Italia è quasi impossibile, il Comune impiega anni per arrivare a fare un’ordinanza di demolizione, il TAR di norma concede la sospensiva e poi inizia l’iter giudiziario vero e proprio che dura non meno di dieci anni. Nel frattempo è intervenuto qualche condono che sana tutto.

 

Rispetto delle convenzioni urbanistiche quanto è stato fatto e quanto c’è ancora da fare?

Non è stato fatto nulla per trent’anni, in un anno abbiamo notificato una trentina di provvedimenti di demolizione e/o riscossione polizza fidejussoria, il TAR ovviamente ha dato la sospensiva, ora entreremo nel merito. La cosa sconcertante è che per trent’anni nessuno ha visto e nessuno si è interrogato sul rispetto delle convenzioni urbanistiche. Gli imprenditori che hanno rispettato il patto firmato con il Comune sono pochissimi, la stragrande maggioranza non solo non ha ceduto quanto si era impegnato a cedere ma spesso ha continuato a costruire senza permessi.

 

E’ possibile pensare ad un nuovo piano regolatore per la città dell’Aquila?

Un nuovo PRG è assolutamente indispensabile. I tempi certo non saranno brevi, anche se da pianificare a questo punto non c’è molto. Le aree a vincolo decaduto saranno normate a breve, gli standard edificatori sono ampiamente superati con i progetti CASE e MAP. C’è da fare una operazione di riordino.

 

 Con il documento votato all’unanimità dal consiglio comunale presentato da te e dall ‘Assessore Moroni l’amministrazione ha ufficializzato la propria contrarietà alla centrale a biomasse, quali azioni sono possibili per contrastare efficacemente l’insediamento?

La partita ora è nella mani del TAR, il suo pronunciamento sarà decisivo. Quello che ci ha lasciato perplessi di quel progetto è principalmente il piano di approvvigionamento delle biomasse e poi la natura ormai ambigua di quel nucleo industriale troppo antropizzato.

 

Quale sviluppo è possibile per la montagna aquilana?

La tutela della montagna non solo è un fatto etico, quasi spirituale, ma è anche l’unico modo per rendere un territorio appetibile e frequentato da turisti. L’esempio da seguire è quello di Pescasseroli, un paese di 1500 abitanti con 120 strutture alberghiere in molti periodi dell’anno complete. Aver tutelato e protetto quel territorio lo ha reso una miniera d’oro. Nella nostra città questo non si comprende perchè da cinquant’anni ci siamo impiccati all’albero del turismo invernale e degli impianti da costruire ed il risultato è sotto gli occhi di tutti.

 

L‘ultimo rapporto Ocse sulla città dell’Aquila mette l’università come principale elemento per la rinascita del territorio. Qual’è lo stato di salute dell’Ateneo?

L’ Ateneo aquilano ha retto miracolosamente il colpo del sisma, l’accordo di programma che ha esonerato gli studenti dal pagamento delle tasse è stato vitale. Scontiamo i problemi di tutti gli Atenei italiani, pochi fondi, poche strutture, sempre meno docenti e dismissione di corsi e centri di ricerca. Il rischio per il nostri Ateneo ora è la politica di ridimensionamento che l’attuale governo dell’Ateneo vuole praticare: scendere da 25,000 a 10,000 studenti sarebbe un colpo mortale non solo per l’Ateneo ma anche per la città.

 

 Fase nazionale, il Prc ha svolto il proprio congresso dopo la batosta dell’esperienza di Rivoluzione Civile. Quali sono le strategie del partito per uscire da questa fase difficilissima?

L’ultima spiaggia credo sarà la lista anti-austerity che stiamo preparando con tutte le altre forze della Sinistra Europea per le elezioni europee di maggio. La nostra proposta credo sia attuale e profondamente sensata, non riusciamo a portarla all’attenzione dei cittadini.

Altro esempio di razzismo e macchina del fango on line

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Cécile Kyenge, ministro per l’Integrazione, ha trascorso il Natale servendo il pranzo, con le sue due figlie, in una mensa per profughi, al Centro Astalli di Roma gestito dai gesuiti. Dopo aver indossato grembiule e cappellino bianco Kyenge ha servito la pasta agli ospiti in file mentre le figlie hanno tagliato panettoni e pandori. Ma oltre al gesto c’è chi è stato attento al suo polso. Mettendo in rete l’ennesimo fake populista e razzista inventando, con tanto di foto farlocca, la presenza di un Vacheron Constantin Patrimony Traditionelle Quartz in oro bianco da 23 mila euro al polso del ministro. Un orologio c’era ma non era il prezioso Vacheron. Nella giornata di ieri il post suscitava in rete l’indignazione nazional popolare a colpi di commenti del tipo:” torni al suo paese..”

La conservazione della natura: un problema aperto

 

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Di Silvano Di Pirro Responsabile ambiente della federazione provinciale Prc

La recente proposta di modifica della Legge Quadro sui Parchi e sulle Aree Protette la 394/91, in discussione  al Senato dal mese di settembre, impone a tutti noi una riflessione: non basta istituire un Parco per garantire la conservazione della natura e dell’ambiente.

Nel mondo aumenta sempre di più la quantità dei territori protetti, cresce la qualità dei protocolli in difesa della natura ma nonostante ciò il declino della biodiversità cresce in maniera esponenziale!

Come abbiamo affrontato la palese contraddizione dell’aumento delle aree protette e dei Parchi e la parallela diminuzione della biodiversità?

Evidentemente in maniera insufficiente!

Ci siamo limitati a considerare una porzione della problematica della difesa della natura e abbiamo tralasciato una visione complessiva dell’insieme..una visione olistica del tutto perché in gioco c’è il tutto.. il pianeta e la vita!

Abbiamo accettato passivamente l’affermazione di concetti come “sostenibilità” e “compatibilità” declinandoli con il concetto di sviluppo e illudendoci di aver trovato la formula magica per salvare la terra!

Abbiamo dimenticato, colpevolmente, che lo sviluppo risponde solo a una regola: al profitto e in nome del profitto saccheggia l’ambiente e consuma le risorse vitali del nostro pianeta.

Non abbiamo formulato proposte di gestione e di trasformazione del territorio ponendo al centro di esse la conservazione della natura e la visione alternativa del modello di sviluppo che si contrappone alla visione neo liberista e capitalistica della natura e dell’ambiente.

Subendo passivamente la visione dominante che mercifica la natura, non abbiamo contrastato con efficacia le politiche aggressive e predatorie, frutto di un capitalismo in crisi, che generano continuamente disastri, tragedie e spesso morte!

La difesa del creato, della natura e dell’ambiente appartiene ad una scala di valori etici che contrasta con le spregiudicate politiche neoliberiste e pone il rapporto corretto fra ambiente e uomo  al centro della vita.

Rifondazione Comunista deve riappropriarsi, senza rincorrere il variegato mondo delle Associazioni Ambientaliste, di questa visione alternativa dello sviluppo e della società.

Difendere il creato e la natura significa difendere la vita e questo è un atto rivoluzionario! 

                       

“Besame Mucho” il nuovo romanzo dell’autrice aquilana Carla Liberatore

 

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Il nuovo libro dell’autrice e poeta aquilana è un forte atto d’accusa non solo verso la società retrograda, omofobica e maschilista degli anni ’80, ma è anche una cruenta riflessione sull‘attuale sistema sociale del nuovo millennio che porta in sé numerosi cambiamenti ma che è ancora molto lontano da una profonda coscienza e dall’effettivo rispetto dell’umano.
Come nel genere dell’autrice stessa, il libro si articola in attimi di spensieratezza a tratti piuttosto infantile fino ad arrivare a quei deliri amorosi e comunque poetici di cui la sua vita è intrisa e li racconta con le migliori parole che l’emozione le comporta. Anche Besame Mucho, così come il suo primo romanzo: ‘Fra l’odio e l’amore’, narra di storie al margine, di quei pezzi di vita degli esclusi di coloro che per una ragione o per l’altra hanno vissuto in un modo borderline. La rabbia è spezzata dai tratti d’amore e l’amore è concluso con l’abbandono, ma all’autrice piacciono i lieto fine e dunque anche in questo ultimo romanzo si potrà tirare un sospiro di sollievo e un sorriso.

“La peggiore delle miserie umane è l’ipocrisia delle regole. Non esiste religione, governo, dogma o illusione che possa far tacere l’onor dell’essere”
Tratto da
‘Besame Mucho’
di Carla Liberatore
Teke Edizioni
(pubblicazione dicembre 2013)
Disponibile dal 7 gennaio in tutte le librerie italiane su ordinazione, oppure lo si può prenotare presso il sito www.tekeditori.com senza alcuna spesa di spedizione. Basta contattare la casa editrice dal sito e ordinarne la copia.


INTRODUZIONE
“Besame Mucho”, titolo di una famosa e struggente canzone d’amore degli anni ’50 che si ripropone nella magia delle sue note accompagnando a tratti la vita di due ragazzine quindicenni che si incontrano negli anni ’80 e come tutte le adolescenti percorrono i loro passi a volte fuggendo e a volte affrontando la vita. Si perdono per rincontrarsi dopo 25 anni senza che nessuna delle due abbia dimenticato l’altra. Tutto inizia con la loro incessante e insaziabile ricerca d’amore, amore che si offrono senza prenderlo. Invase dai sentimenti e dalle emozioni le loro adolescenze fioriscono, muoiono e rifioriscono, fra il cemento grigio e la grettezza istituzionale di una città di provincia. Combattive, ribelli e impaurite cercano la loro chiave per vivere che trovano definitivamente solo dopo un quarto di secolo. Vivono un’amicizia che pone le radici in una inconfessabile attrazione sessuale che svanisce non appena i corpi si avvicinano, da lì inizia la fuga di una delle due e il nascondersi nella vergogna dell’altra. Ciò dimostra come un amore non espresso possa tutto sommato trasformarsi in una profonda e indistruttibile amicizia. Il percorso è tracciato nelle parole di una lettera di Etta per Lory che prosegue il suo cammino nel vagabondare fra le strade di una grande città fuggitiva da un amore perduto in gioventù. Nasce una lettera con parole conservate per 15 anni tenuta gelosamente in una tasca fra vesti di stracci. Risorge la loro amicizia quando Lory la ritrova ai piedi di una chiesa. Etta si racconta in passaggi di rabbia, amore e spiritualità, conversa con Lory denunciando quanto la società attuale sia umanamente improponibile e pone l’attenzione sull’umanesimo culturale. Le racconta i suoi deliri d’amore e ribellione avendo nel cuore la gratitudine e la commozione della loro amicizia che mai è terminata e che mai avrà fine. Le cornici che accompagnano il percorso sono composte da poche descrizioni e dai molti tormenti interiori di Etta, che a un certo punto della sua esistenza viene invitata da Lory a smetterla di fuggire e a riprendere in mano la propria vita per affrontare sé stessa, le sue paure, il suo presente e il suo passato. La magia termina in un limbo inaspettato.
Besame Mucho’ di Carla Liberatore
Edizioni Teke (dicembre 2013)

Chi è Carla Liberatore
Nasce a L’Aquila il 23 marzo del 1967 da padre partigiano e madre reduce dai bombardamenti di Roma durante la seconda guerra mondiale.
A soli 8 anni comprende di essere diversa dagli altri bambini della sua età perché con sua grande sorpresa capisce che le piacciono le sue compagne di scuola.
Rinnega la sua identità omosessuale fino a 27 anni ma solo due anni dopo l’accetta in maniera definitiva vivendola con serena tranquillità sotto gli occhi di tutti e senza alcuna vergogna verso sé stessa.
Vive una vita ai margini fin dall’adolescenza, additata, chiacchierata e spesso condannata dalla società provinciale che nulla vuole avere a che fare con personaggi scomodi come lei. Tutt’oggi, Carla Liberatore è considerata colei che è stata la prima donna lesbica attivista dichiarata e impegnata pubblicamente e socialmente nei diritti civili e umani in Abruzzo senza alcuna bandiera partitica.
La discriminazione e l’emarginazione la portano ad uno stato di completa povertà e solo grazie al suo coraggio al suo estro e alla sua creatività, unitamente agli espedienti imparati vivendo per la strada, riesce a mantenersi a stento a galla in una vita quasi normale.
A 32 anni diventa quasi giornalista, scrivendo per alcune testate che non le fanno apporre la firma sugli articoli proprio a causa di ciò che lei rappresenta in ogni senso sia sessuale e sia sociale.
Finalmente a 35 anni inizia a firmare articoli per la pagina locale di un quotidiano nazionale e nel dicembre del 2004 finisce di scrivere e si auto-pubblica il suo primo romanzo ‘Fra l’odio e l’amore’, definito il primo libro che narra esplicitamente di un amore lesbico, che sia mai stato pubblicato in Abruzzo e riscuote un enorme successo visto che non aveva alcun editore alle spalle e nessuna distribuzione se non quella diretta tramite internet o con il passaparola, alla fine, il testo, ha venduto qualcosa come più di 2000 copie.
Nell’anno 2004-2005 scrive il primo articolo di successo ‘Mondi Diversi’ pubblicato dalla redazione internet con cui aveva iniziato una collaborazione e poi ripreso da decine di altri siti a tema omosessuale e diviene l’articolo più letto del web, con più di 300mila letture.
Sempre nell’anno 2004-2005 arriva seconda al primo concorso letterario a cui ha partecipato, indetto dall’editore Malatempora, di cui alla giuria Jessica Rabbin famosa autrice di discussi testi che tanto fecero scalpore fra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000, con un racconto breve, poi pubblicato su di un libro raccolta del concorso.
Nel 2004 fonda il primo gruppo di aspiranti giornalisti per i diritti civili e umani (Gaya Cronisti senza Frontiere), coi quali edita un giornale web dedicato ad una nutrita mailing list con più di 10mila lettori. Il giornale andrà avanti fino al marzo del 2009, poi interrotto a causa del terremoto di L’Aquila.
Nei 5 anni intercorsi in cui Carla ha ideato Gaya CsF, si sono unite tante anime di ragazzi gay, lesbiche e transessuali intorno a lei fino a formare il primo gruppo di attivisti nella città aquilana, in particolare formato da ragazze della sua età o di poco più giovani. Il gruppo in seguito si unirà all’esperienza associativa di Arcigay e Arcilesbica.
Nel 2005-2006 partecipa al secondo concorso letterario, indetto dalla redazione del sito Fuori Spazio, di cui alla giuria la famosa scrittrice Barbara Alberti, arrivando prima a pari merito con altri tre autori.
Fra il 2005 e il 2006 decide di dedicarsi solo ed esclusivamente al giornalismo del web e inizia numerose collaborazioni con varie testate giornalistiche minori, ma nel contempo impronta altre collaborazioni importanti con redazioni televisive di programmi molto popolari a livello nazionale.
Nel gennaio del 2007 con il suo gruppo di attivisti-cronisti, fonda il primo Arcigay in Abruzzo, a L’Aquila, intitolato al compianto scrittore, giornalista e storico gay attivista – Massimo Consoli – con il quale marchio associativo inizia una serie di fortunate attività che riscuotono l’attenzione di vari media locali e nazionali e nel giugno del 2008 ‘espugna’ il castello cinquecentesco di L’Aquila celebrando in loco i primi matrimoni gay simbolici della storia italiana. Evento che riscosse un enorme successo di stampa nazionale, locale ed estera.
Fra il 2007 e il 2009, Carla Liberatore inizia una fortunata attività di uffici stampa per lo spettacolo, la politica, l’associazionismo e per conto di personaggi famosi e meno famosi, attività che porta ancor oggi avanti unitamente alla pubblicazione aperiodica di alcuni suoi articoli per conto di vari siti internet.
Nel 2009 con il gruppo di ragazzi e ragazze di Arcigay L’Aquila, fu uno dei primi a dare l’allarme a causa dello sciame sismico che poi purtroppo sfociò nella tragedia del 6 aprile. Il gruppo Arcigay di L’Aquila fu fra i primi a prestare soccorso nei minuti immediatamente successivi alla tragedia essendo stati loro stessi i primi ad organizzarsi per qualunque evenienza. In seguito i ragazzi e ragazze di Arcigay e Carla Liberatore prestarono la loro opera di volontari nelle tendopoli e negli alberghi dove venivano accolti i concittadini aquilani. Le attività di sociali con la bandiera di Arcigay L’Aquila furono interrotte dal 2009 al 2012 ma sono proseguite in questi tre anni con l’adesione dei ragazzi e ragazze alle numerose iniziative post terremoto.
Nei tre anni trascorsi in esilio sulla costa abruzzese, Carla Liberatore ha contribuito alla nascita di altri comitati Arcigay nelle provincie della regione e alla nascita del gruppo di Arcilesbica regionale e nel settembre del 2009 ha realizzato la seconda manifestazione di matrimoni gay simbolici in Italia, nella zona di Pineto in provincia di Teramo. Manifestazione che riscosse notevole successo di pubblico e mediatico, evento in cui vennero sposate due coppie di giovani ragazzi gay e una coppia di giovanissime ragazze lesbiche.
A livello giornalistico, nel 2011, Carla Liberatore partecipa al concorso indetto dalla Comunità Europea per la sezione ‘Giornalismo per i Diritti Civili e Umani’, piazzandosi al 35esimo posto fra decine di migliaia di scritti e sempre nello stesso anno forma lo staff di Cosmo Social Media da cui il sito e la pagina Facebook di AGS Cosmo, sito poi chiuso per mancanza di fondi e riaperto sotto forma di blog quasi due anni dopo.
Nel 2012 a ritorno dall’esilio post sisma, l’autrice aquilana ha fatto ripartire le attività di Arcigay L’Aquila ricominciando dai giovani e giovanissimi, con il prezioso apporto del responsabile del gruppo giovani, Leonardo Dongiovanni, diventato in seguito il Segretario rappresentante dell’associazione, con il quale ha realizzato il primo Festival Nazionale dei Diritti Civili e Umani.
Durante tutto il 2013, Carla Liberatore ha iniziato a dedicarsi solo alla sua attività lavorativa di giornalista free lance mai iscritta all’albo, a continuare a scrivere il suo terzo romanzo e a pubblicare il secondo ‘Besame Mucho’ grazie alla casa editrice Teke di Roma e ha partecipato al concorso per poesia intitolato ad Alda Merini, piazzandosi fra i primi 13 autori emergenti dell’anno.
Oggi Carla Liberatore si dedica all’attività di uffici stampa con la quale sta apportando nuovi progetti di sviluppo e occupazione sia a livello cittadino che regionale, alla stesura del suo terzo romanzo e alla sua amatissima compagna di vita; avendo così ceduto definitivamente lo scettro delle attività sociali di Arcigay L’Aquila all’amato nipote adottivo, Leonardo Dongiovanni.
Carla Liberatore ha 46 anni e parecchi acciacchi di salute, ma porta in sé l’orgoglio e la fierezza di chi sa di aver compiuto nonostante tutto e tutti, quello che di meglio una persona può fare nella sua vita, dedicandosi a degli ideali sociali senza falsi idealismi politici e personali e mossa solo dalla disperazione di una rabbia intrinseca che aveva un’urgente necessità di manifestarsi in modo più costruttivo possibile e intende continuare a mantener fede alla promessa fatta nel primo libro che è quella di dare voce a chi è stato ammutolito dall’emarginazione e dalla violenza della discriminazione, attraverso i suoi scritti, i suoi racconti, le sue poesie, i suoi romanzi e i suoi articoli.

Netanyahu: avanti con le colonie. Nell’Anp volano gli schiaffi

ONU MEDIO ORIENTE

 

Di Michele Giorgio giornalista de Il Manifesto   – L’espansione delle colo­nie ebrai­che nella Cisgior­da­nia occu­pata non si fer­merà, assi­cura il pre­mier israe­liano Neta­nyahu, nono­stante le cri­ti­che degli Stati Uniti e gli ammo­ni­menti dell’Unione euro­pea. «Non ci fer­me­remo un attimo per costruire il nostro paese per raf­for­zarci e sviluppare…gli inse­dia­menti», ha riba­dito il primo mini­stro con­fer­mando che il suo governo e la destra con­ti­nuano a con­si­de­rare i ter­ri­tori occu­pati pale­sti­nesi parte di Israele. Parole pro­nun­ciate nelle stesse ore in cui il capo dei nego­zia­tori pale­sti­nesi affer­mava la volontà dell’Autorità Nazio­nale (Anp) di con­ti­nuare i nego­ziati anche dopo aprile – ter­mine dei nove mesi fis­sati per la con­clu­sione delle trat­ta­tive dal segre­ta­rio di stato Usa John Kerry — a patto che le parti con­clu­dano una schema d’accordo com­ples­sivo su tutti i temi prin­ci­pali del nego­ziato. Un accordo di mas­sima è pos­si­bile, ha spie­gato Ere­kat, ma potrà con­cre­tiz­zarsi solo se Israele deci­derà «di pre­fe­rire la pace alla costru­zione nelle colo­nie». Neta­nyahu ha già fatto sapere cosa pre­fe­ri­sce.
Non cessa l’espansione degli inse­dia­menti colo­nici e con­ti­nuano i raid mili­tari all’interno di campi pro­fu­ghi e cen­tri abi­tati pale­sti­nesi. Quella di mer­co­ledì è stata una notte di incur­sioni israe­liane nelle aree A della Cisgior­da­nia che pure, secondo gli accordi di Oslo, sono sotto il pieno con­trollo dell’Anp. Nel raid com­piuto nel campo pro­fu­ghi di Jenin — allo scopo, ha detto un por­ta­voce mili­tare israe­liano, di arre­stare un pre­sunto capo di Hamas — è stato ucciso Nafea Saadi, 23 anni, che con altri gio­vani era sceso in strada a pro­te­stare con­tro l’incursione. Almeno altri otto pale­sti­nesi sono stati feriti, alcuni dei quali in modo grave. Poco dopo un altro pale­sti­nese, Samir Yasin, 28 anni, agente delle forze di sicu­rezza dell’Anp, è caduto in un agguato di una unità spe­ciale israe­liana a Qal­qi­lya. La popo­la­zione, come a Jenin, subito dopo si è river­sata in strada per pro­te­stare lan­ciando pie­tre e bot­ti­glie incen­dia­rie. Per il por­ta­voce mili­tare Yasin era armato ed era ricer­cato per aver spa­rato con­tro obiet­tivi israe­liani. Nel 2013 Israele ha inten­si­fi­cato i raid nei cen­tri abi­tati della Cisgior­da­nia ucci­dendo una ven­tina di pale­sti­nesi, in buona parte durante le pro­te­ste seguite alle incur­sioni delle unità spe­ciali. «Que­sta peri­co­losa esca­la­tion israe­liana è rivolta a vani­fi­care gli sforzi ame­ri­cani e inter­na­zio­nali per avan­zare nel pro­cesso di pace por­tando i nego­ziati ad un punto morto», ha com­men­tato Nabil Abu Rudei­neh, por­ta­voce della pre­si­denza pale­sti­nese, che poi ha chie­sto alla comu­nità inter­na­zio­nale di «muo­versi per met­tere fine alle misure (israe­liane) che ten­gono chiusi i pale­sti­nesi in una spi­rale di ten­sioni e vio­lenza».
Le con­danne di Abu Rudei­neh lasciano indif­fe­renti i pale­sti­nesi dei Ter­ri­tori occu­pati a dir poco scet­tici nei con­fronti delle trat­ta­tive con Israele e che guar­dano con cre­scente sfi­du­cia all’Anp. D’altronde non potreb­bero avere un atteg­gia­mento diverso visto che nono­stante la crisi pale­sti­nese resti grave i diri­genti dell’Anp non tro­vano di meglio che farsi la guerra tra di loro. Due giorni fa a Ramal­lah la guar­dia pre­si­den­ziale ha dovuto cir­con­dare la sede del Con­si­glio Legi­sla­tivo Pale­sti­nese a Ramal­lah per pro­teg­gere un depu­tato minac­ciato da un pezzo grosso di Fatah. Nelle stesse ore uomini armati hanno aperto il fuoco con­tro gli uffici del mini­stro pale­sti­nese per gli affari isla­mici.
A quanto si è saputo Jamal Abu al Rab, un par­la­men­tare che in pas­sato aveva fatto parte del gruppo armato le “Bri­gate di al Aqsa” (Fatah), e Jibril Rajoub, un ex coman­dante delle forze di sicu­rezza ora pre­si­dente della Fede­ra­zione Cal­cio Pale­sti­nese, erano inca­ri­cati di acco­gliere il mini­stro degli esteri cinese Wang Yi in visita in Israele e Ter­ri­tori occu­pati. All’improvviso, per ven­di­carsi di un aggres­sione subita un mese fa, al Rab ha schiaf­feg­giato Rajoub e si è dato alla fuga. Rajoub, met­tendo da parte il fair play che ostenta quando parla di cal­cio, ha ordi­nato agli uomini della sua scorta di inse­guire al Rab e ven­di­carlo. Il depu­tato ha quindi cer­cato rifu­gio nella sede del Clp dove è rima­sto nasco­sto per ore sotto la minac­cia degli uomini di Rajoub, fino all’arrivo della guar­dia pre­si­den­ziale che ha for­mato un cor­done attorno all’edificio per­met­tendo al depu­tato di potersi allon­ta­nare senza rischio. Le vec­chie e inu­tili riva­lità ai ver­tici dell’Anp aggra­vano la sfi­du­cia della popo­la­zione. In un son­dag­gio dif­fuso a giu­gno dal Cen­tro pale­sti­nese per la Poli­tica e la Ricerca Sta­ti­stica, il 77 per cento degli inter­vi­stati pale­sti­nesi ritiene ci sia cor­ru­zione tra i fun­zio­nari dell’Anp in Cisgior­da­nia e il 61 per cento nel governo di Hamas a Gaza.

Fabbrica Pittini di Celano, lettere di licenziamento per i lavoratori

 

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Alla vigilia di Natale sono arrivate le 78 lettere di licenziamento nei confronti dei dipendenti della Pittini di Celano, sito di trafilerie e zincherie. Gli operai,  che occupano lo stabilimento  per bloccare la smobilitazione di macchinari da parte dell’azienda friulana, hanno deciso di mantere lo stato di mobilitazione.

«Impugneremo sicuramente i licenziamenti – ha spiegato all’Ansa il segretario regionale della Fiom-Cgil, Alfredo Fegatelli – perchè riteniamo che sia un atto non corretto. Confermo che le lettere di licenziamento sono arrivate tutte e 78 proprio ieri ai lavoratori». La questione della chiusura dello stabilimento di Celano sarà comunque affrontata venerdì prossimo dal consiglio comunale di Ossoppo (Udine), località che ospita la sede principale del gruppo Pittini.

Maghazi nel centro di Gaza, L’attacco israeliano uccide una bimba di 4 anni

 

 

 

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Ieri una squadriglia di F-16 israeliani si è alzata in volo per colpire alcuni siti nella Striscia di Gaza. Operazioni quotidiane, oramai non fanno più notizia da quelle parti. In questo caso ci sentiamo di soffermarci un attimo, forse è il clima natalizio che rende il tutto più ancora, se possibile più disgustoso, assurdo e disumano.
Un missile lanciato da un F-16 ha colpito in pieno una casa ad est del campo profughi di Maghazi nel centro di Gaza. In questa abitazione non si trovava nessun terrorista e non vi era traccia di siti militari della resistenza. Ma ciò non è bastato per scampare alla furia devastante scatenata da quel semplice clic. Quel giovane pilota ha solo inserito le coordinate nel sistema di puntamento dei missili per decidere che , l’esistenza di Hala Abu Sbeikha di appena 4 anni, si sarebbe drammaticamente conclusa. Hala è morta sotto le macerie della sua casa mentre si trovava in compagnia della sua famiglia, i cui componenti sono rimasti feriti nell’attacco.

Settant’anni fa la cattura dei Sette Fratelli Cervi

 

Esattamente in queste ore, nella notte tra la Vigilia e il Natale, 70 anni fa, vennero catturati i Sette Fratelli Cervi. Dopo pochi giorni, il 28 dicembre, i fascisti li portarono al poligono di tiro di Reggio Emilia e li fucilarono. La loro colpa era stata quella di essere stati antifascisti, di aver ospitato nella loro casa di contadini, disertori e partigiani. Sette fratelli, tutti uccisi. La mamma Genoveffa dopo poco tempo morì di "crepacuore", il padre - Papà Cervi - resistette e diventò il simbolo della Resistenza, della dignità, della libertà. Raccolse attorno a sé i nipoti e disse: "dopo un raccolto ne viene un altro". Una frase che è diventata leggenda, ma che a lui - contadino e cresciuto con i ritmi della natura - venne spontanea.
Penso sia importante ricordare oggi i Sette Fratelli Cervi. A questo proposito consiglio due cose: la prima è venire a Campegine a visitare la loro casa, difficile non emozionarsi. La seconda vedere - o rivedere - il film i sette fratelli Cervi con la magistrale interpretazione di Gian Maria Volonté. Viva la Resistenza!

 

 

Esattamente in queste ore, nella notte tra la Vigilia e il Natale, 70 anni fa, vennero catturati i Sette Fratelli Cervi. Dopo pochi giorni, il 28 dicembre, i fascisti li portarono al poligono di tiro di Reggio Emilia e li fucilarono. La loro colpa era stata quella di essere stati antifascisti, di aver ospitato nella loro casa di contadini, disertori e partigiani. Sette fratelli, tutti uccisi. La mamma Genoveffa dopo poco tempo morì di “crepacuore”, il padre – Papà Cervi – resistette e diventò il simbolo della Resistenza, della dignità, della libertà. Raccolse attorno a sé i nipoti e disse: “dopo un raccolto ne viene un altro”. Una frase che è diventata leggenda, ma che a lui – contadino e cresciuto con i ritmi della natura – venne spontanea. Penso sia importante ricordare oggi i Sette Fratelli Cervi. A questo proposito consiglio due cose: la prima è venire a Campegine a visitare la loro casa, difficile non emozionarsi. La seconda vedere – o rivedere – il film i sette fratelli Cervi con la magistrale interpretazione di Gian Maria Volonté. Viva la Resistenza!