L’AQUILA: SOGGETTI IN FORMAZIONE E GENERAZIONE PRECARIA

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Di Ilaria Iapadre , dirigente nazionale dell’Unione degli studenti e della Rete della Conoscenza

Lo stato in cui oggi sono ridotte scuole e università è lo specchio delle politiche di austerità e privatizzazione che da tempo l’Italia sta sperimentando. L’obbligo del pareggio di bilancio e della riduzione del deficit pubblico, che l’austerità impone, comportano innanzitutto tagli massicci al welfare e ai diritti (istruzione, sanità, trasporti,…), considerati sprechi inutili che rallentano la crescita. Anni di tagli hanno causato nuovi danni agli edifici scolastici e alle condizioni di chi vive quotidianamente la scuola, e  una vera e propria espulsione di massa dai luoghi della formazione. Col passare del tempo si ergono barriere di accesso ai saperi sempre più difficili da valicare: costo proibitivo dei libri e dei trasporti, contribuzione “volontaria”, assenza di fondi per le borse di studio, costi sempre più alti dei canali informali di apprendimento (cinema, teatro, cd, dvd,…). Le politiche di disinvestimento e la centralità conferita alla contribuzione delle famiglie nel sostentamento degli istituti ci danno la dimensione di quanto sia attuale e necessario parlare del processo di privatizzazione di cui la scuola italiana è vittima.

Le nostre famiglie sono costrette a sacrifici ingiustificabili e per la maggior parte degli studenti studiare diventa sempre più un lusso piuttosto che uno strumento di emancipazione individuale e collettiva. La mia generazione, infatti, vive il dramma di poter studiare e formarsi solo grazie alle risorse familiari e deve fare i conti con un welfare dal forte impianto familistico, che al più presto dovrebbe essere riformato in senso universalistico, garantendo a tutte e a tutti la possibilità di autodeterminarsi indipendentemente dal contesto di provenienza, grazie anche all’introduzione di un reddito minimo garantito.

Come soggetti in formazione paghiamo quotidianamente le politiche di mercificazione e privatizzazione dei saperi e come frammento di una generazione precaria scontiamo i costi di una crisi che non abbiamo prodotto. Non esiste, dunque, dicotomia o contraddizione alcuna tra la soggettività in formazione e la generazione precaria. Veniamo espulsi dai luoghi ormai privatizzati della formazione, non abbiamo forme di tutela o prospettive di futuro, siamo subordinati alla mercificazione del sapere e a una classe dirigente sorda rispetto alle nostre istanze. La precarietà non è più un paradigma meramente contrattuale o salariale, ma un fenomeno e un processo esistenziale. Oggi in Italia il livello di disoccupazione giovanile supera il 40% e con umorismo nero affermiamo di detenere noi la maggioranza politica nel nostro Paese. A peggiorare il tutto c’è la preoccupazione che l’aumento della disoccupazione abbia ormai assunto un carattere strutturale. Al contempo, il livello di disuguaglianza ha raggiunto picchi allarmanti in seguito alla “cura” dell’austerity e delle misure anti-crisi, e la mobilità sociale raggiunge i livelli più bassi d’Europa. Diversi studi hanno dimostrato che esiste un doppio legame tra istruzione e disuguaglianze: se da una parte le origini familiari tendono ad aprire o a escludere le porte di accesso all’istruzione, dall’altra esiste una precisa relazione tra l’investimento in istruzione e le politiche educative e il livello di disuguaglianza generato nella società.

L’Aquila, città in cui la precarietà si presenta sotto il triplice aspetto di condizione, prospettiva e minaccia, è l’esempio perfetto di come i soggetti in formazione, e in particolar modo le studentesse e gli studenti delle scuole superiori, siano la categoria sociale costretta dalle politiche emergenziali a vivere nella marginalità. In questi anni abbiamo provato a portare avanti, spesso a fatica, le nostre rivendicazioni circa la mancanza di servizi o agevolazioni per il diritto allo studio, spazi sociali, aggregazione e cultura. Attraverso le pratiche della cittadinanza attiva e dell’impegno sociale abbiamo interpretato insieme i nostri bisogni e sappiamo di voler essere gli artefici della loro elaborazione, progettazione e concretizzazione.

Nel periodo immediatamente successivo al sisma siamo riusciti a ritagliarci uno spazio vitale all’interno dei centri commerciali in mancanza di alternative e ogni giorno dimostriamo di nutrire un solido senso di appartenenza nei confronti di una terra martoriata. Le occupazioni delle nostre scuole, che stereotipi narrano generate per ricorrenza, nascono al contrario dal sentore o dalla necessità pressante di dover colmare il vuoto della politica nella nostra città. Le abbiamo fatte diventare un palcoscenico di approfondimento culturale, politico e partecipativo e abbiamo saputo svolgere un ruolo programmatico e decisionale migliore dei grandi con cui ci confrontiamo. Ci affacciamo ad un ricambio generazionale che comporterà che i nuovi soggetti in formazione non saranno più coloro che oggi sono consapevoli di come era strutturata la loro vita sociale nel centro storico e la nuova sfida sarà riuscire a creare un percorso che sappia tener conto anche delle modificazioni inerenti i bisogni materiali e immateriali delle studentesse e degli studenti che verranno.

Una regolamentazione delle esigenze materiali dei soggetti in formazione dovrebbe essere garantita da una legge sul diritto allo studio, che dopo la “riforma del Titolo V” non è più di competenza nazionale, bensì regionale. In Abruzzo la legge regionale sul diritto allo studio risale al 1978 e nella sua arretratezza non è in grado di agevolare uno studente nella sua quotidianità, fuori e dentro la scuola. Da tempo ne rivendichiamo una revisione sostanziale, mediante cui si potrebbe introdurre il comodato d’uso dei libri di testo e il trasporto gratuito per tutte le studentesse e tutti gli studenti, nonchè istituire un tavolo di confronto tra associazioni dei commercianti, provincia, ufficio scolastico provinciale, giunta della Consulta provinciale degli studenti, e associazioni studentesche in merito all’adozione di una carta dello studente che sappia incidere realmente sui costi di accesso alla cultura.

Il 22 novembre 2013 sul quotidiano locale “Il Centro” è stato pubblicato un articolo dal titolo “Il centrodestra punta sui ragazzi”, in cui veniva resa nota la proposta di cinque consiglieri di inserire la Consulta dei giovani nel Regolamento del Comune dell’Aquila con lo scopo di favorire la partecipazione alla vita politica e alla ricostruzione della città della popolazione di età compresa tra i quattordici e i trent’anni. Sempre secondo l’articolo, cinque componenti della Consulta dei giovani saranno nominati dal Consiglio comunale mediante modalità che non sono state ancora chiarite. Già dal titolo con cui la notizia è stata data è palese l’interesse nell’evidenziare l’investimento del centrodestra sugli studenti aquilani. Pretendiamo che vengano utilizzati linguaggi diversi per esprimere le interazioni tra gli studenti e le istituzioni, in quanto ci rifiutiamo di accettare che un percorso di rivendicazione partito dal basso venga mascherato come un processo verticale. In realtà, infatti, non è il centrodestra che punta sui giovani,ma sono i giovani che da quattro anni pretendono risposte dal Comune dell’Aquila, e quindi anche dalla sua componente di centrodestra. Questo autunno non ci siamo esentati dal creare momenti di confronto con le istituzioni, nonostante la costante e inaccettabile assenza di risposte concrete, anche da parte di chi adesso si sta spendendo per costruire questo percorso di rappresentanza che riteniamo necessiti di alcune precisazioni.Risulta difficile pensare, per come è stato presentato, che tale schema di rappresentanza possa essere realmente inclusivo e democratico, ma soprattutto che sia la risposta complessiva ai bisogni materiali e immateriali dei soggetti in formazione aquilani.

Per riuscire anche solo ad abbozzare una prospettiva di futuro c’è bisogno di uno sforzo colletivo, mediante cui venga sradicata la concezione della politica come di un processo volto a raggirare le persone e adoperarsi affinchè diventi una ricchezza culturale e partecipativa alla portata di tutti,  realmente in grado di incidere sull’esistente. Non c’è più tempo per i piccoli provvedimenti. Abbiamo bisogno di un significativo investimento politico ed economico su quei saperi che pretendono la libertà di avere spazio nella società e la dignità per sentirsi ed essere fondamentali per la ricostruzione della nostra città.

Il pagellone del girone d’andata dei Rossoblù

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A cura di gj

 

Andrea Testa :  Sempre sicuro. Determinante con le sue parate in diverse occasioni  mette le mani su questo grande girone d’andata della squadra,  come già aveva fatto l’anno scorso nella stagione della promozione. Il salto di categoria lo trova prontissimo. Voto 8

 

Andrea ScrugliTerzino destro di ottima prospettiva. Presidia la fascia con attenzione. Voto 6

 

Simone Dallamano : Mette tutta la sua esperienza a disposizione della squadra e i risultati sono più che sufficienti.

Voto 6,5

 

 Andrea Zaffagnini: Arrivato in estate in sordina costituisce con Pomante una coppia di difensori centrali di prim’ordine. Voto 7

 

Marco Pomante:  Da capitano è sempre in campo a guidare la difesa. Un esempio di bravura e correttezza. Un pezzo importantissimo nello scacchiere di Pagliari. Voto 7,5

 

Imperio Carcione : Probabilmente il calciatore più forte della lega pro nei calci da fermo. Dalle sue parti passa il gioco della squadra. un pò in difficoltà nella parte finale del girone d’andata. Voto 6,5

 

Francesco Agnello : Recuperato dopo il lungo infortunio sarà un valore aggiunto importante nel girone di ritorno

Voto 6

 

Francesco Corapi : Tanta qualità, corsa e intelligenza tattica. Il 4-3-3 funziona alla perfezione solo se c’è lui in campo.  Voto 7

 

Lorenzo Del Pinto : Il centrocampista aquilano trova in patria il miglior rendimento in carriera. Cinque gol pesanti e bellissimi incorniciano prestazioni di grande livello. Capace di interdire e rilanciare l’azione rappresenta un gioiello per questa categoria. Voto : 8

 

Marco Frediani : In estate ha svolto la preparazione con la prima squadra della Roma giocandosi le carte per restare in quel gruppo. A trigoria hanno scelto di farlo scendere di categoria per fargli fare esperienza, facendo la nostra e la sua fortuna. Gioca esterno d’attacco con una personalità che farebbe invidia ai più esperti, segna quattro gol ed entra in tutte le azioni pericolose della squadra. Voto 7

 

Amato Ciciretti : In rete con un beffardo colpo di testa al viareggio alla quinta giornata, lascia intravedere buone qualità tecniche. Giovane e forse un pò troppo innamorato di se stesso costringe Pagliari a lasciarlo in panca in diverse occasioni. Il talento c’è. Deve crescere. Voto 5,5

 

Claudio De Sousa : Parte bene la pantera rossoblù, segna e si mette a disposizione di un modulo che gli richiede parecchio sacrificio. Poi si perde un pò, non trova la porta per dieci domeniche consecutive alternando buone prove a gare in ombra.Voto 6

 

Saveriano Infantino : Stagione complicata per uno dei protagonisti assoluti della promozione dello scorso anno. Parte quasi sempre dalla panchina e soffre lo scarso minutaggio a disposizione. Scalpita e quando trova spazio dal primo minuto regala una rete contro il Catanzaro degna della serie maggiore. Se, come pare, partirà a gennaio sarà dura sostituirlo. Voto 6

 

Marco Gallozzi : Tatticamente duttile consente a Pagliari di schierarlo in diverse posizioni del campo. Lui ripaga con prestazioni sempre all’altezza. Una nota per la prova a Perugia da terzino con la squadra in dieci. Voto 6,5

 

Nicola Ciotola : Se partirà  ai tifosi resterà il ricordo di un ragazzo sempre pronto a dare con qualità il proprio contributo. Se resterà continuerà a farlo. Voto 6

 

Vittorio Triarico: Spesso chiamato ad entrare a gara in corso svolge con attenzione il compito . Trova anche due gol. Non ruba l’occhio ma è utilissimo. Voto 6,5

 

Daniele Gizzi : Quando viene utlizzato non delude. Una nota particolare per la personalità nella vittoriosa trasferta di Lecce dove è tra i protagonisti. Voto 6

 

Roberto Di Maio : Delundente. Le sue amnesie e ingenuità costano punti pesanti. Voto 4,5

 

Jonathan Ferrante: ingiudicabile. Voto sv

 

Michele Bentoglio: Pochissimi minuti in campo. Voto sv

 

Danile Abbracciante: Come per Ferrante e Bentoglio. Voto sv

 

Giovanni Pagliari : Il mister riesce nell’impresa non solo sportiva di regalare alla città un gruppo sul quale provare a fondare le basi per un sogno. Tiene la barra dritta nei momenti difficili e non cede all’entusiasmo nelle belle imprese ottenute. In pochi mesi conquista il pantheon dei migliori allenatori della storia recente rossoblù. Voto 8,5

 

 

La lettera aperta dei giocatori dell’Aquila Rugby 1936

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Si è concluso da poco il girone di andata ma i dubbi e le incertezze sul nostro futuro ci attanagliano. Le rassicurazioni che ci aspettavamo entro la fine della prima parte del campionato (22 dicembre) da parte dei membri della nostra società sono state posticipate alla ripresa dell’attività il 6 gennaio. Riprendendo il tema delle promesse disattese dall’inizio della stagione, in estate abbiamo accettato la maglia dell’Aquila con diverse motivazioni, rassicurati dal Presidente Iovenitti e dal direttore generale Fabiani riguardo a una gestione professionale che non si è dimostrata tale e, nonostante le difficoltà, abbiamo onorato questa sfida con il massimo impegno cercando di superare i piccoli-grandi disagi quotidiani e terminando la prima fase alla testa della classifica.

Adesso però la squadra è uscita dal campo in attesa di un chiarimento che deve arrivare nella maniera più sincera e limpida possibile. In questi primi 5 mesi passati insieme tutti noi giocatori abbiamo messo a disposizione le nostre competenze sportive e ci siamo messi in gioco anche come uomini, accettando per il bene del club l’inaccettabile. I due stipendi ricevuti sui quattro dovuti, la totale perplessità di risoluzioni delle spettanze arretrate, che riguardano una gran parte di noi, potrebbero rispecchiare la situazione generale economica di una qualsiasi altra azienda in questo momento, ma quello che manca e che ci spaventa è la totale incertezza sul futuro immediato di questa società.

La riapertura del mercato nel mese di gennaio e le scelte di vita individuali, rapportate alla mancanza di tranquillità nello svolgere il nostro lavoro potrebbero minare la stabilità di questo gruppo e i risultati ottenuti fino ad ora verrebbero vanificati. Un meccanismo vincente si crea se tutti gli ingranaggi lavorano al meglio e se tutti gli sforzi sono diretti verso un obiettivo comune. Il punto focale è proprio questo: quello di cercare di capire quanto soci e membri del cda siano disposti a mettersi in gioco veramente. Iovenitti, Marinelli, Mancini, Giulio Vittorini, Pasqua, Di Vincenzo e Strever, Elio e Valentino Cianfarano, Soalco, Curva Nord Atalanta, Polisportiva L’Aquila Rugby, LaQTv, voi come noi avete deciso di indossare la maglia dell’Aquila Rugby ma giocate davvero per vincere e onorarla fino alla fine? La palla adesso sta a voi.

Di fatto noi giocatori non possiamo che essere spettatori della vostra partita, con la consapevolezza che le soluzioni dovranno sgomberare il campo delle promesse e che la magia dei colori nero-verdi non sarà più sufficiente a stemperare le passate e future difficoltà.

I giocatori della prima squadra dell’Aquila Rugby 1936

Riflessi politici: dalla “rivolta studentesca” a Porto Alegre

Dalla “rivolta studentesca” a Porto Alegre

(tratto dal libro:”Territorio e democrazia” di Lina Calandra)

 

di Fabio Pelini

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Nella storia dell’Italia repubblicana, in più fasi, si è manifestata la necessità di dare concreta attuazione al dettato costituzionale che fondava il nuovo Stato sull’idea della partecipazione. Negli anni del boom economico, una nuova generazione chiedeva, a partire dalla propria condizione di studente nell’inedita società di massa, un ruolo da protagonista nelle scelte politiche ed economiche. Si trattava, in realtà, di una tendenza presente a livello internazionale che costruì quel grande movimento di massa comunemente identificato con l’anno 1968, ma che vide la luce nei primi anni Sessanta e si sarebbe concluso nel decennio successivo.

Molte furono le cause nazionali e internazionali che concorsero a quel protagonismo giovanile, ma certamente nel nostro Paese quel movimento – che avrebbe caratterizzato un’epoca e lasciato segni indelebili in quelle successive – ebbe una spinta determinante dalla necessità di colmare una distanza tra una politica ancora figlia di una stagione superata e una generazione, che quasi repentinamente, si trovava a prendere coscienza di sé e del proprio ruolo nella società, a partire dalla trasformazione in istituzione tendenzialmente di massa quale era divenuta l’Università italiana. La rivolta studentesca scosse alle fondamenta la società italiana e, nonostante i contenuti di quella stagione fossero inequivocabilmente volti a una visione di radicale progressismo, nessuno degli attori politici in campo seppe interpretare e dare voce a quella protesta. Almeno così sembrò nell’immediato in realtà, l’idea di una democrazia diretta e quindi partecipata rimase sullo sfondo, e il lascito si concretizzò in un cambiamento dei costumi e degli stili di vita nel senso comune delle persone, più che da metodi rinnovati nella gestione della cosa pubblica o da un senso di riappropriazione delle scelte che scavalcasse i partiti. Partiti, la cui vocazione di massa finì paradossalmente per rafforzarsi, sorretta da una divisione ideologica ancora molto includente e quindi in grado di riassorbire molte di quelle spinte centrifughe.

Il secondo grande momento di rottura fu rappresentato dal movimento del 1977: in quell’occasione, la dimensione internazionale ebbe un ruolo certamente più marginale rispetto al movimento sessantottino, mentre la rottura con il sistema della rappresentanza politica fu senza dubbio più acuto, perché la disillusione rispetto a una divisione ideologica oramai sterilizzata e sclerotizzata dall’equilibrio della Guerra fredda, lasciava poco spazio per una riforma del sistema politico. E, molto probabilmente, aprire spazi di partecipazione sociale nel sistema politico democratico non era neanche tra gli obiettivi della generazione del Settantasette, tutta protesa invece verso una contestazione generalizzata che non risparmiava nessuna forza dell’arco costituzionale, percepita come parte di un unicum, irriformabile e chiuso in se stesso. Sullo sfondo restava tuttavia un rilevante richiamo ideologico alle differenti esperienze internazionali del socialismo, volano ancora per la ricerca di una società di liberi e uguali sostanziata su una democrazia avanzata e diretta che non riconosceva come interlocutori neanche più i partiti affini, ma che finiva poi per riproporne le stesse liturgie e i medesimi malfunzionamenti.

Erano i primordi di una società che si scopriva forse più matura, ma disillusa e fondamentalmente protesa verso un post ideologismo che andava coagulandosi di pari passo con la secolarizzazione delle idee e della società. Quando nel 1989, l’esperienza più forte di socialismo realizzato crollò – seppur negato nei fatti da una società come quella sovietica sclerotizzata e asfittica – in molti videro nella fine di quella esperienza il compimento di un ciclo, “la fine della Storia” come ebbe a sintetizzare lo storico F. Fukuyama (2003).

Le magnifiche sorti e progressive avevano condotto la storia del mondo verso l’unico esito possibile, quello cioè in cui le libertà individuali si sostanziavano essenzialmente nell’iniziativa economica, la cui spinta individualistica finiva per portare benessere per tutti. L’egualitarismo e la spinta verso una società più giusta e democratica erano percepiti ormai come dei ferri vecchi da rottamare, o comunque un intralcio sulla via dello sviluppo della società. Tuttavia, nel suo volume “Il passato di un’illusione”, F. Furet (1997) – certo non ascrivibile nel pantheon dei nostalgici del comunismo – aveva sostenuto convintamente che la fine del comunismo non avrebbe in alcun modo significato l’abbandono della ricerca di una società più giusta, fondata su una democrazia nella sostanza più autentica. Un pensiero forsecontrocorrente nella vulgata del post caduta del muro di Berlino, ma che coglieva nel segno rispetto alla tendenza che di lì a poco si sarebbe manifestata.

È infatti proprio dei primi anni Novanta l’emergere di un diffuso movimento di democratizzazione che prende le sue mosse dal sud del Brasile, dalla città da due milioni di abitanti dello Stato di Rio Grande do Sul, Porto Alegre: quando nel 1989 fu varata la nuova giunta cittadina, l’amministrazione popolare assunse l’impegno di governare la città attraverso un esercizio permanente di trasparenza e di democratizzazione delle decisioni.

L’obiettivo era la costruzione di un nuovo modello di governo che mettesse al centro la ricerca di rinnovati vincoli di solidarietà, sostanziati sulla condivisione delle scelte più importanti, in opposizione all’ideologia neoliberista che esaltava invece un’idea individualista che non pone delle regole e si preoccupa solo di utili e profitti. Questa concezione solidaristica e collettivistica rifletteva la visione programmatica del Partito dei lavoratori e del Fronte popolare e di una pratica che si prefiggeva intrinsecamente il superamento della democrazia rappresentativa a vantaggio della democrazia partecipativa.

Al centro di quel tentativo c’era il bilancio partecipativo, che si rivelò un forte elemento di presa di coscienza dei cittadini e di politicizzazione dei settori popolari, e che determinò un avanzamento nella conquista di nuove relazioni tra il Municipio e la popolazione. Ma in cosa consisteva il bilancio partecipativo? In generale, si sottoponeva alla discussione e alla scelta dei cittadini e delle cittadine l’utilizzo delle risorse economiche della città, permettendo alle persone di stabilire le priorità di spesa, anno per anno. Il bilancio partecipativo appariva, dunque, come una forma concreta di stimolo alla formazione di consigli popolari nei quartieri e nei sobborghi della città, affinché quei cittadini, in forma organizzata, potessero decidere sull’utilizzo del denaro pubblico sotto forma di investimenti e interventi da realizzare per migliorare il livello di vita concreto delle persone. Dopo qualche fisiologica incertezza iniziale, il processo acquisì gradualmente sempre maggiore spessore ed evidenziò una certezza: la garanzia della sua permanenza e del suo rafforzamento come pratica democratica sarebbe consistita nella capacità di ampliare continuamente la presenza attiva dei settori sociali più disparati.

Nei primi anni di attuazione di quel nuovo modello si riscontrò una sfiducia diffusa rispetto all’impegno del governo municipale a rispettare e realizzare le decisioni approvate dalle riunioni popolari; nelle prime assemblee parteciparono poche associazioni e qualche centinaia di persone. Ma già dal secondo anno di governo, quando si cominciarono a vedere le opere che riflettevano le decisioni della comunità, la modalità partecipata si estese rapidamente: si ampliarono il numero delle zone interessate e quello dei partecipanti, e il rispetto reciproco per la pluralità di posizioni all’interno del bilancio partecipativo conferì grande credibilità al progetto.

In quel momento storico, in cui la “fine della Storia” pareva ineluttabile, fronteggiare la visione predominante della “privatizzazione” dello Stato attraverso i benefici fiscali, le esenzioni, i privilegi e la corruzione era un compito prioritario della sinistra brasiliana, congiuntamente alla presentazione di progetti alternativi globali per il Paese. Il miracolo avvenne: da Porto Alegre, si irradiò dappertutto l’idea di superare le vecchie divisioni ideologiche con un’idea della politica rinnovata, che metteva al centro la partecipazione dei cittadini quale unico antidoto alle scelte delle grandi multinazionali, che vedevano in organismi transnazionali come l’Organizzazione mondiale del commercio, il Fondo monetario internazionale o la Banca mondiale (che non erano eletti da nessuno) il proprio braccio “politico”.

Dalla necessità della ricostruzione di uno spazio pubblico e, più in generale, di un altro mondo possibile, si sviluppò e crebbe a livello internazionale il movimento noglobal e, nei vari livelli locali italiani (e non solo), la necessità di ricostruire un legame diretto tra politica e cittadini. Pensare globalmente e agire localmente, si disse con felice sintesi.

Il consigliere straniero Gamal Bouchaib: Stop al reato penale di clandestinità

 

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Dopo il flop della del Pacchetto sicurezza che ha cambiato la clandestinità da illecito amministrativo a reato penale, aggravando cosi i costi per la giustizia e favorendo l’illegalità (come ogni manovra di sapore proibizionista ci insegna) mi trovo costretto a dover chiedere al Parlamento l’abrogazione del reato di clandestinità dopo il sì del Senato. Il punto è che malgrado la giusta causa, tornerà sicuramente ad essere motivo di discussione politica, una volta passata l’onda emotiva scatenata dai mass media dopo la tragedia di Lampedusa. Sarà inoltre accentuata la discussione grazie anche ai mestieranti della politica della paura, i quali puntano il tutto per tutto in vista delle elezioni regionali ed europee.

Ciò che ignorano i nostri politici è che, cosi facendo, non fanno altro che aiutare il lavoro nero a poco costo, poiché il lavoratore clandestino è appetibile ai fini dell’imprenditorialità del risparmio

Grecia, spari contro casa ambasciatore tedesco

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Un gruppo di quattro persone armate, sembra di fucili d’assalto AK-47 (Kalashnikov), ha aperto il fuoco all’alba di oggi contro l’abitazione dell’ambasciatore della Germania ad Atene. Lo riferiscono le radio locali, secondo le quali non ci sarebbero feriti. La zona intorno all’abitazione dell’ambasciatore è stata isolata dalla polizia, mentre agenti dell’antiterrorismo hanno avviato le indagini per identificare i responsabili dell’attacco. Gli inquirenti hanno raccolto oltre 50 bossoli.

Acerbo:ULTIMA FINANZIARIA: OCCASIONE PER TAGLI COSTI DELLA POLITICA

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di Maurizio Acerbo, consigliere regionale Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Ieri è emersa chiaramente la realtà che il risanamento dei conti regionali non è opera conclusa con questa legislatura. come si favoleggiava nella propaganda di Chiodi.

Sta scritto nella stessa relazione firmata dai dirigenti e dall’assessore Masci.
Ormai anche la Corte dei Conti certifica quanto Rifondazione Comunista denuncia da anni e lo stesso Chiodi ha dovuto ammetterlo.

 L’abitudine di approvare i bilanci senza i consuntivi degli anni precedenti è un modo per aggirare un gigantesco problema. Ora le disposizioni che vietano questo trucchetto e le relative sanzioni sono diventate più cogenti come abbiamo illustrato con la questione sospensiva.

Questa situazione, come Rifondazione ha denunciato per 5 anni con interrogazioni e anche lettere al presidente Pagano, comporterà ulteriori tagli e sacrifici per la comunità regionale.

Una situazione che sarà aggravata dalle conseguenze delle scelte bipartisan dei governi Berlusconi, Monti, Letta che hanno tagliato trasferimenti e imposto regole come quella del pareggio di bilancio che renderanno ancor più drammatica la situazione.

Non è possibile sapere cosa decideranno di fare governo e Corte dei Conti del bilancio 2014. Le norme sono chiare, ma la presenza di un pezzo di centrodestra nel governo mi induce a temere che non mancheranno italiche manovre per evitare a Chiodi una figuraccia che lo condannerebbe a sicura sconfitta elettorale.

Una cosa è certa: con questi conti la politica dovrebbe mostrare la consapevolezza che i vecchi sprechi e privilegi non sono più consentiti.

Hanno il dovere di cominciare a tagliare i propri privilegi in primis gli esponenti dei partiti di centrodestra e centrosinistra che hanno votato in parlamento il fiscal compact e l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione.

E’ ormai moralmente intollerabile che si faccia finta di niente mentre si tagliano diritti essenziali.
Per questo sono tornato alla carica con proposte che da 5 anni propongo inascoltato.

Ieri in commissione i miei emendamenti su doppi vitalizi e retribuzioni consiglieri e assessori hanno suscitato più di un malumore trasversale.

La commissione ha deciso di rinviare a furor di casta la votazione all’aula per prendere tempo.

Eppure si tratta di due proposte (che allego) per nulla demagogiche.

Per quanto riguarda i doppi vitalizi son venuto incontro alle preoccupazioni dei colleghi per la tutela di questa fascia notoriamente povera della popolazione prevedendo che il vitalizio regionale non venga azzerato ma soltanto ridotto del 50% e che comunque sia garantito che la somma dei due vitalizi non finisca al di sotto dei 4.000 euro lordi.

Per quanto riguarda la retribuzione complessiva di consiglieri e assessori ho proposto che il tetto massimo passi da 11.100 euro lordi a 8.000 per il consigliere senza incarichi aggiuntivi e da 13.800 a 10.000 lordi come tetto massimo per capigruppo, assessori, presidenti.

E’ inutile attribuirsi meriti immaginari, come continua a fare il centrodestra (vedi Nasuti al tgr di oggi): la riduzione del numero dei consiglieri è stata un’imposizione derivante da legge nazionale che l’Abruzzo ha subito come le tutte le altre regioni.

L’ultima finanziaria – se non sarà annullata – potrebbe essere una buona occasione per tagliare costi politica.

GAZA, Palestina, una catastrofe umanitaria! Campagna:” una coperta per Gaza”

 

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GAZA, Palestina, una catastrofe umanitaria! E’ stata chiusa ieri l’unica centrale elettrica, lasciando in condizione disperata 2 milioni di persone, senza luce, riscaldamento, acqua potalbile, inondati dall’acqua e dal fango!
La decisione di Israele di bloccare il valico di Kerem Shalom, con la conseguente mancanza di rifornimento di carburante, aggrava ancor di più la situazione. Questa prigione a cielo aperto, voluta dal Governo di Israele, fa morire di fame e adesso di freddo una popolazione che per il 56% è composta da bambini.
Dobbiamo fare qualcosa!
Sosteniamo la
campagna di raccolta fondi – una coperta per Gaza – lanciata dall’ambasciata palestinese in Italia per i cittadini della striscia di Gaza.
Le donazioni (20 euro a coperta) andranno indirizzate a: “Una coperta per Gaza”/ Missione diplomatica palestinese/Iban: IT 36 E 02008 05211 000021004086.

‘L’AQUILA SONO ANCHE IO’, CITTADINANZA ONORARIA AI FIGLI DEI MIGRANTI

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All’interno del cartellone natalizio aquilano, dal 4 al 6 gennaio, prenderà il via il progetto “L’Aquila sono anch’io“, promosso dalle associazioni L’Aquila in Comune, Comitato Territoriale ARCI L’Aquila, Associazione Bibliobus, Associazione Arti e Spettacolo, Koinonia – Ludobus, Centro Servizio Stranieri, Comitato Unicef per L’Aquila, Istituto Comprensivo Gianni Rodari, Coordinamento Ricostruire Insieme, Associazione Animammersa, ActionAid Italia, L’Aquila per la Vita e Libera, in collaborazione con il Comune dell’Aquila – Assessorato alle Politiche Sociali.
Il progetto prevede una serie di iniziative che porteranno, il 6 gennaio, alla cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria ai minori nati in Italia, figlie e figli di migranti residenti nella nostra città.
A marzo scorso, infatti, il Consiglio Comunale, su proposta del Consigliere di Appello per L’Aquila, ha approvato un ordine del giorno per “riconoscere, come importante atto simbolico, la cittadinanza onoraria ai minori nati nel territorio italiano, figli di immigrati regolari, residenti all’Aquila, onde favorire una reale integrazione dei cittadini stranieri, con un atto di grande impegno sociale e premessa di un effettivo riconoscimento della cittadinanza italiana da parte della nostra legislazione nazionale”. [http://www.appelloperlaquila.org/cittadinanza-onoraria-ai-bimbi-degli-immigrati-nati-italia-tanti-perche-di-una-scelta/]
Il programma è un percorso articolato che si propone di favorire la riflessione e la comprensione sempre più profonda di temi e prassi che riguardano l’integrazione culturale e l’accoglienza.
Il primo appuntamento è per sabato 4 gennaio con il regista Andrea Segre che presenterà il suo film “La prima neve” (Gran Sasso Science Institute – ex Isef, ore 18.00); sempre sabato alle 21.00 la Piccola Bottega Baltazar terrà un concerto nell’Auditorium del Conservatorio “Casella”.
Domenica 5 gennaio durante la fiera dell’Epifania verrà allestito uno stand solidale con la vendita di “pezzi” dell’Aquila (a cura di Arti e Spettacolo), il Bibliobus, Koinonia e il Ludobus vivacizzeranno il centro della città con fiabe e giochi di paesi lontani. Dopo la fiera, alle 21.00, l’Auditorium del Parco ospiterà la musica di Young Music@re ensemble.
Tutto questo porterà alle 11.00 della mattina del 6 gennaio (Auditorium del Parco) alla cerimonia che coinvolgerà la città dell’Aquila per festeggiare con le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi nati in Italia e che vivono nella nostra città, il riconoscimento della cittadinanza onoraria che, seppur simbolico, rappresenta comunque il primo passo verso una reale integrazione oltre che un doveroso contributo al dibattito nazionale sullo ius soli. Un importante momento di riflessione condiviso già da molte città, segno di una sensibilità che nasce dal basso e che coinvolge anzitutto le amministrazioni locali, prime interlocutrici delle istanze dei territori.
L’impegno dell’amministrazione, delle associazioni di volontariato e dell’intera comunità, adesso, è quello di mettere in atto politiche di accoglienza intelligenti e mirate, che sappiano cogliere negli arrivi di uomini e donne migranti un’opportunità e una ricchezza per i nostri territori, coinvolgendo tutta la città in percorsi di accoglienza e conoscenza reciproca.

Salvo Vitale: deprecabile l’uso del nome di Peppino per fini commerciali che nulla hanno a che fare con il suo pensiero

 

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“L’esortazione alla bellezza” di Peppino Impastato diventa spot

 

Redazione Today 27 Dicembre 2013

Maria Carola Catalano

Alessandro Forte e Stefano Ottone, trentenni lombardi che hanno creato il marchio di occhiali Glassing, rendono omaggio al giornalista, nato e vissuto a Cinisi, assassinato il 9 maggio ’78 facendo recitare all’attore protagonista della pubblicità una parte della poesia scritta dal militante che ha fatto della lotta alla mafia la sua ragione di vita.

“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”, scriveva Peppino Impastato.

Queste poche parole sono piene di significato e attualissime. Certo, se Peppino potesse vedere lo spot, probabilmente, non sarebbe felice di vederle associate ad un marchio. Chi come me è nato a Cinisi ed ha sentito i racconti di chi Peppino l’ha conosciuto sà che lui e la moda non avevano nulla in comune. Non avrebbe mai indossato quegli occhiali. Peppino andava in giro con i pantaloni stracciati e alle volte anche scalzo. Era un uomo profondo e per questo spesso incompreso, una persona introspettiva che cercava di andare al nocciolo delle cose. Io credo che non avrebbe apprezzato il mondo di oggi dove l’apparenza è sovrana e il consumismo ha avuto la meglio. Ritengo che se fosse vissuto sino agli anni 2000 avrebbe scritto parole ancora più dure di quelle che ci ha lasciato in eredità.

La bellezza a cui si riferiva era quella della natura che i palazzinari negli anni 60 iniziavano a distruggere in nome dei loro interessi economici. Sono passati oltre cinquant’anni da allora e le cose non sono cambiate. In Sicilia, come altrove, si continua a costruire; anche quel poco verde che è rimasto sta per scomparire per essere sostituito da centri commerciali, alberghi e locali alla moda. Ecco perchè, anche se Peppino non avrebbe sposato la causa della Glassing, è comunque positivo il fatto che alcuni membri di un mondo così distante da lui, facciano proprie le sue parole. Voglio salutare l’anno che si sta per concludere e iniziare il nuovo in maniera positiva pensando che non si tratti solo di marketing ma di un elogio alla bellezza (quella vera, delle origini) che i trentenni hanno il dovere morale di riscoprire e difendere.