Folla di ragazzi per la partecipazione. Pelini:”Se consapevoli partecipazione irreversibile”

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Si è tenuta stamani, nell’Auditorium del Parco, affollatissimo di
studenti delle scuole superiori, la giornata conclusiva del progetto
europeo “Youth Partecipatory Budgeting“, promosso dall’assessorato
comunale alle Politiche partecipative e incentrato sulle tematiche
della partecipazione e della comunicazione tra i giovani e le
istituzioni.
I ragazzi che hanno preso parte al progetto, individuati a seguito di
una selezione, hanno esposto il percorso che, nell’arco di circa un
anno, li ha portati a contatto con il mondo istituzionale, con
l’obiettivo di delineare un confronto partecipativo in grado di creare
una sintesi tra esigenze del mondo giovanile e politiche del
territorio. Un’esperienza, come hanno sottolineato i ragazzi, che si è
ulteriormente arricchita grazie allo scambio culturale con un gruppo
di studenti Turchi e alla possibilità di confrontarsi con le realtà
amministrative del Paese. Al termine dell’incontro, i ragazzi hanno
quindi esposto la loro idea di “bilancio partecipativo”, legato
all’individuazione di una serie di priorità su cui investire in
termini di risorse e in particolare, per quanto attiene alla realtà
locale, all’esigenza di potenziare la mobilità urbana, indispensabile
alla luce della frammentazione abitativa sul territorio seguita al
sisma del 2009. A questo fine i ragazzi hanno elaborato un programma
specifico, denominato “Move your city“.
“Questo progetto – ha dichiarato l’assessore alla Partecipazione Fabio
Pelini – ci ha fatto comprendere quanto sia importante individuare
nuovi linguaggi, nuovi codici per la partecipazione, un processo
“irreversibile” i cui presupposti sono consapevolezza e
responsabilità. Lo scopo dell’Ufficio della Partecipazione, creato dal
Comune dell’Aquila in collaborazione con l’Università, è proprio
quello di creare sinergie e confronti che portino a progetti
condivisi. Vogliamo estrapolare da questa esperienza gli obiettivi
raggiunti a seguito di questo percorso, in particolare quelli legati
all’innovazione sociale e alla valorizzazione della creatività dei
ragazzi, valori aggiunti che determineranno un nuovo modo di dialogare
e di orientare le politiche del territorio. Per questa ragione
intendiamo proseguire questo progetto e attuarne altri per non
disperdere queste energie, preziosissime per disegnare il futuro della
città”.
Il progetto “Youth Partecipatory Budgeting è stato coordinato da
Fabrizio Coccetti e Federica Tomassoni, e realizzato in collaborazione
con Francesca Fabiani, presidente dell’associazione “L’Aquila Città
Futura”, partner del progetto, e con la professoressa Lina Calandra
dell’Università dell’Aquila, coordinatrice dell’Ufficio della
Partecipazione del Comune dell’Aquila.
Questi i nomi dei ragazzi che hanno partecipato: Serena Castellani,
Marta Ciambotti, Biancamaria Cimini, Chiara De Paolis, Francesca Di
Donato, Anna Gianvincenzo, William Giordano, Patryk Kalinski, Soufia
Laaggad, Elena Mantini, Tomas Matejcek, Stefano Michetti, Alessio
Pietropaolo, Priscilla Prato.

Alla giornata conclusiva del progetto “Youth Partecipatory Budgeting”
è intervenuta anche l’assessore comunale alle Politiche giovanili
Emanuela Di Giovambattista, che ha illustrato la proposta relativa
alla creazione della Consulta giovanile. Proposta, come ha
sottolineato, da valutare però, nel merito e nel metodo, proprio con i
giovani.
” Quello che dobbiamo dare ai giovani di questa città- ha dichiarato
l’assessore Di Giovambattista – sono proposte operative. Ci sono
stati, in questi giorni, incontri del sindaco e della giunta con le
categorie cittadine. Uno degli ultimi è stato proprio con le
associazioni giovanili. Ne sono venuti molti spunti, riferiti a
problemi concreti. In particolare è emersa l’esigenza di creare un
organismo di confronto permanente con i giovani, allo scopo di
determinare una rappresentatività che veicoli istanze e attui un
confronto in termini di comunicazione diretta. Questo organismo
potrebbe essere rappresentato dalla Consulta giovanile. Con
l’assessore alla Partecipazione Fabio Pelini abbiamo dunque pensato di
chiedere a questi ragazzi di proseguire la loro esperienza in questo
senso, divenendo soggetti attivi nella determinazione delle politiche
giovanili del Comune. Faremo però degli incontri propedeutici. Quella
della Consulta è infatti una proposta dell’amministrazione che
vogliamo valutare con i ragazzi. Capire con loro se è lo strumento più
adatto e, qualora lo fosse, con quali obiettivi, metodi e poteri debba
agire”.

 

F-35: il ritardo è servito

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di Francesco Vignarca – www.altreconomia.it –

 

Continuereste a dire di sì ad un progetto problematico, sia dal punto di vista tecnico che dei costi, senza metterlo davvero e sensatamente in discussione? Probabilmente no: sta nell’esperienza di tutti. Eppure è quello che succede all’Italia, e non solo, con il programma Joint Strike Fighter dei cacciabombardieri F-35. Ancora una volta, l’ennesima, un rapporto ufficiale delle più alte sfere militari statunitensi puntualizza i problemi e gli errori che sono legati alla produzione di questi aerei.

L’ennesima bocciatura arriva dal Rapporto al Congresso USA di Michael Gilmore, il DOT&E del Pentagono cioè il Direttore della sezione di test operativi e valutazione del Dipartimento della Difesa Statunitense. Il documento viene pubblicato ogni anno e riguarda lo stato tecnico e procedurale delle acquisizioni armate statunitensi. Altreconomia ha potuto analizzare in anteprima la sezione dedicata all’F-35.

Mentre leggete le prossime righe, ricordatevi anche che il programma JSF avrebbe dovuto essere un “modello” per il procurement militare del futuro, secondo il Pentagono.

Va ricordato come il Rapporto DOT&E affronti l’analisi di un programma come quello dei caccia F-35 cercando di comprendere lo sviluppo delle fasi di test (tempi, evoluzione) e di valutare le capacità raggiunte in funzione dei risultati dei medesimi test. Ed è questa la chiave di lettura più importante con cui bisogna lettere i risultati esposti nel Report: ancora una volta nell’analisi approfondita condotta con verifiche che arrivano fino all’ottobre 2013 è la maturità complessiva del programma ad essere messa in questione.

Al di là di problematiche tecniche o di intoppi dal punto di vista dello sviluppo è infatti la situazione complessiva del programma, con i ritardi conseguenti, che dovrebbe destare preoccupazione anche a livello del nostro Governo e del nostro Ministero della Difesa. Il rischio veramente forte leggendo le pagine sottoscritte dalla massima autorità di controllo del Pentagono, è che i Paesi che hanno fatto affidamento su questi “nuovi” F-35 debbano trovarsi a considerare la necessità di utilizzare altri velivoli, almeno per un certo lasso di tempo, per ovviare ai buchi di disponibilità operativa che ci saranno.

Il riassunto delle questioni particolari che andremo ad analizzare più avanti nell’articolo sta in questo chiaro e lapidario paragrafo del Rapporto: “Le performance riguardanti l’operatività complessiva continuano ad essere immature e si basano fortemente su supporto e soluzioni proposte dall’industria che sono inaccettabili per operazioni di combattimento. La disponibilità di velivoli e le misure di affidabilità dei tassi di manutenzione son tutte sotto gli obiettivi che il Programma si era dato per questo punto del proprio sviluppo”.

Una bocciatura senza attenuanti che si evidenzia con i crudi numeri. La disponibilità complessiva della flotta è stata mediamente del 37% rispetto alle previsioni con una tendenza ad un declino graduale. Nessuna delle tre varianti dell’aereo ha raggiunto l’affidabilità prevista con una percentuale di raggiungimento dell’obiettivo che va dal 30% al 39%. Infine, i tassi di manutenzione per la gestione di problemi più o meno gravi sono stati tre volte superiori (con punte del 344% in più!) rispetto alle soglie richieste.

Definire quindi il programma “sulla strada buona” come dicono molti commentatori sulle due sponde dell’Atlantico appare un eccesso di ottimismo (per essere eufemistici e non pensare male…).

Lockheed Martin e i poco lungimiranti fautori del programma continuano a dirci che i test sono “più avanti del previsto” (per quanto riguarda numero di voli e ore totali) ma non dicono che il programma è in ritardo sul perché si fanno tali test: i punti di prova previsti. Una chiara tabella nel rapporto DOT&E mostra come siano stati “compiuti” solo 5464 del 7180 punti di prova previsti. Cioè il 24 per cento in meno rispetto a quanto originariamente stabilito (e per i sistemi di missione siamo a meno 46 per cento!). In tutto questo va notato come la definizione di “compiuto” non significhi che tale particolare test sia stato “superato”, ma solo che gli F-35 lo abbiano eseguito.

Tutto questo si ripercuote sul raggiungimento dell’obiettivo primario del programma: raggiungere una capacità operativa iniziale (in gergo IOC) che consenta un primo utilizzo dei caccia F-35 non certo in missioni reali ma in un ciclo di addestramento che possa rendere effettiva la scelta compiuta. Eppure, nonostante i voli di prova siano stati superiori ai traguardi fissati, sono stati soprattutto i pochissimi progressi sui test per i sistemi di missione e l’integrazione degli armamenti a tenere la situazione ancora ben lontana dagli “obiettivi imposti dai lotti di produzione della flotta e dai piani di IOC richiesti dalle diverse forze armate”.

Si evidenzia quindi ancora una volta la necessità dei cosiddetti “retrofit” per quanto riguarda i velivoli già in produzione, nonostante le rassicurazioni (a questo punto forse derivanti da auto-ipnosi) dei supporter del programma. Stiamo quindi andando a produrre, anche in Italia, aerei che non avranno alcuna speranza di essere utilizzati in missione e arriveranno, forse, con fatica anche ad uno stato utile per i semplici addestramenti. Sicuramente c’è la possibilità che le problematiche tecniche vengano risolte, ma bisogna iniziare a considerare anche in che tempi e con che costo/impatto sia sulle dinamiche delle nostre forze armate sia sui fondi pubblici che dovranno sostenere tale sforzo.

La capo-commessa Lockheed Martin e gli ufficiali responsabili del Joint Strike Fighter continuano ad affermare (lo ha fatto anche il Tenente Generale Bogdan, capo del programma, dopo le recenti anticipazioni sui problemi di software) che gli sforzi per sistemare i problemi sono continui e che i Report negativi non “tengono conto degli sforzi messi in campo” per migliorare i cacciabombardieri. Una giustificazione abbastanza infantile, e soprattutto senza passi fattuali, a fronte dei dati sciorinati anche dal rapporto DOT&E che stiamo analizzandol

E che la situazione stia in un altro universo rispetto alle rassicurazioni di chi gestiste il Programma JSF ce lo dice chiaramente la conclusione del documento. Solo tre delle precedenti dieci raccomandazioni di miglioramento inviate al programma JSF con i precedenti rapporti sono state adeguatamente affrontate. Per le altre, che comprendono i test per il supporto logistico ALIS e quelli riguardanti gli armamenti, sono ancora in attesa. E intanto altri problemi sorgono, tanto è vero che il team di Michael Gilmore ha inoltrato ben nove ulteriori raccomandazioni, tra cui quella di “pianificare realisticamente” (forse non è stato mai fatto dall’Ufficio JSF e da Lockheed Martin) i test di integrazione futuri con una metrica di stabilità del software orientata all’uso in missione.

E queste ulteriori raccomandazioni dovranno essere gestite ed affrontate con l’acqua alla gola per non aver ancora risposta in maniera soddisfacente alle precedenti. Perché, come esplicitato nel sommario esecutivo del documento, “una considerevole quantità di test è stata necessariamente dedicata allo sviluppo in particolare di blocchi precedenti del software, tentando di sistemare problemi già conosciuti”.

In tutto questo sembra davvero che non si consideri per nulla lo spreco di risorse pubbliche, continuando ostinatamente a non volere considerare soluzioni alternative. Eppure anche il Rapporto DOT&E suggerirebbe altre strade: “Il rapporto raccomanda a pagina 52 – nota Winslow Wheeler direttore dello Straus Military Reform Project – che l’F-35 ed il suo software 2B vengano testati mettendoli in diretta comparazione con gli attuali aerei in dotazione alle forze armate. In altre parole, si dovrebbe stabilire empiricamente se l’F-35 sia un passo avanti o un passo indietro. Credete ci sia una qualsiasi autorità pubblica (Pentagono o Congresso) che abbia davvero voglia ed intenzione di insistere per un confronto di questo tipo?”

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Per supportare le riflessioni soprastanti, andiamo ad analizzare punto per punto alcuni elementi problematici rilevanti nello sviluppo degli F-35 che il Rapporto DOT&E ha sottolineato.

Il software e i sistemi di missione

Non pensiate che si stia parlando di una questione secondaria: i blocchi di software sono quelli che rendono performante il caccia e che dovrebbero garantire le “meraviglie” operative che ne configurano la superiorità sempre magnificata da chi ha sempre tentato di “vendere” l’F-35. Elementi che sono stati acriticamente riutilizzati come specchietto per le allodole anche da tutti i nostri Governi che hanno confermato l’adesione al Programma.

Prima di tutto il software deve essere installato su un “hardware” affidabile e questo non succede perché addirittura gli attuali velivoli in costruzione non sarebbero in grado di gestire il “blocco 3″ del software. Ma siamo ancora a dover risolvere i problemi del blocco 2B…

Ancora una volta il problema è la “concurency” nella gestione (cioè fare le modifiche necessarie mentre già si stanno producendo degli aerei) e per sistemare gli enormi problemi del software si stanno letteralmente divorando migliaia di ore di lavoro, considerando anche la presenza di sub-varianti. Le modifiche apportate stanno raggiungendo dimensioni mostruose e le scelte non sembrano sagge: 2 aerei sono stati modificati per provare una variante iniziale del Block 3, ma senza effetto positivo. Così ora questi due aerei non sono nemmeno più disponibili per poter eseguire i test del software 2B .

Come già accennato, i ritardi accumulati su questo aspetto stanno cominciando a minacciare seriamente il tentativo dei Marines e dell’Air Force di dichiarare “capacità operativa iniziale” (IOC) nel 2015 e nel 2016, rispettivamente. Il Rapporto è netto: “I primi risultati con il nuovo incremento di software Block 2B indicano ancora l’esistenza di lacune elementi come fusione, radar, guerra elettronica, navigazione, EOTS, Distributed Aperture System (DAS), Helmet-Mounted Display System (HMDS) e datalink”. Più chiaro di così!

Da notare che problemi continuano a riguardare anche il Blocco 2A del software che è riferito agli aerei dei lotti di produzione 4 e 5… ma contemporaneamente anche l’Italia sta insensatamente andando già a comprare e costruire i lotti 6 e 7!

La problematica sui sistemi di missione (cioè su quegli elementi che rendono DAVVERO operativo e funzionale il caccia) si sta quindi dimostrando una vera e propria emergenza. Solo il 54% dei test previsti come “soglia base” per questi aspetti (fino al blocco 2B) sono stati condotti nel 2013 e complessivamente solo il 47% delle capacità definite nel contratto di produzione sono state raggiunte per i 24 velivoli consegnati all’interno del Lotto di produzione numero 4. Per il Lotto 5 la situazione non è migliore: le capacità definite per contratto che sono state raggiunte arrivano solo al 50%

La struttura, il peso dell’aereo e la dotazione in armi

Tutte le versioni dell’F-35 hanno ormai raggiunto i propri margini di peso totali. Solo piccole correzioni sono possibili e questo è un problema perché non esiste un “peso operativo vuoto”. E molte delle problematiche tecniche ancora da sistemare potrebbero comportare un aumento di peso, ormai però praticamente non più gestibile.

La versione A dell’aereo è a solo 130 kg dal raggiungere il peso massimo raggiungibile per raggiungere le capacità tecniche previste per contratto. Ciò permette un possibile aumento in peso di solo 1,16% nel corso del 2014. La versione B è a 75 kg da tale limite (la crescita nel 2014 potrà essere di solo lo 0,62%!) e la versione C ha un margine possibile di poco più di 100 kg.

Le operazioni di volo degli aerei in produzione dipendono inoltre dalla funzionalità dell’ALIS (Autonomic Logistics Information System) che i rapporto definisce “caratterizzato da mancanze significative”. La situazione attuale dell’ALIS conduce infatti a operazione di manutenzione ed alla necessità di variazioni che causano un ritardo nel determinare la situazione reale dei velivoli.

Il rischio grave esiste anche nel raggiungimento del richiesto sistema di simulazione VSim. Il pericolo è che non si possa adeguatamente verificare e validare che tali simulazioni, condotte nei test operativi, siano veramente realistiche nel rappresentare le capacità degli F-35 in scenari di missione. Come a dire: non potremo sapere veramente se l’F-35 sarà in grado di fare tutto quanto promesso al di fuori delle protette situazioni di test. E se consideriamo che nel rapporto si sottolinea come i caccia sono attualmente vulnerabili a incendi di propellente indotti (“balisticamente”) da possibili nemici in combattimento non c’è certo da stare tranquilli.

In particolare è la versione B a decollo corto ed atterraggio verticale a suscitare le maggiori preoccupazioni: attenzione si tratta di quella che veramente interessa all’Italia e l’unica sempre dichiarata indispensabile per il suo utilizzo sulla Portaerei Cavour (le dichiarazioni in merito del nostro Ministero della Difesa sono state numerose). Su questa versione si sono riscontrati i maggiori problemi sui test relativi al “distacco” degli armamenti (in pratica il lancio dei missili) nonostante le comunicazioni propagandistiche di Lockheed Martin in tal senso. Circa il 55% dei test pianificati in merito sono stati raggiunti da successo. E l’F-35B continua ad avere almeno sei problemi strutturali (sul portellone e sulla propulsione) che derivano dal passato e saranno forse sistemati con il lotto 7 e 8 di produzione.

Un piccolo accenno anche al cosiddetto Helmet-Mounted Display System (HMDS) il sistema-casco troppo caro e stupidamente complicato che è diventato famoso anche in Italia. Continua ad esserci problemi con immagini che sono distorte e traballanti, con una visione notturna inaccettabile, “doppia visione” e mancato allineamento con ciò che succede nel mondo reale. Altre correzioni, tra cui la latenza e la dispersione della luce o non sono stati testati realisticamente oppure hanno imposto un maggiore carico di lavoro per il pilota. Eppure l’anno scorso ci sono state segnalazioni rassicuranti, soprattutto da Pentagono e Lockheed Martin, che tutti questi problemi erano in via di sistemazione. Vogliamo continuare a credergli?

 

Electrolux non deve passare!

 

 

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Di Roberta Fantozzi

 

La multinazionale svedese Electrolux con il ricatto della delocalizzazioni degli stabilimenti italiani in Ungheria e Polonia, chiede che le lavoratrici e i lavoratori accettino il taglio dei salari fino al 40%, tra diminuzione della paga oraria, taglio dei premi aziendali, blocco dei pagamenti delle festività e degli scatti di anzianità, riduzione dell’orario a 6 ore per 6 giorni, e che contemporaneamente aumentino i ritmi, si tagli la pausa mensa, si taglino i permessi sindacali.

La multinazionale svedese porta come motivazione il costo del lavoro che in Italia sarebbe troppo alto. E’ un falso. I salari delle lavoratrici e dei lavoratori italiani sono tra i più bassi d’Europa, mentre il numero di ore lavorate è tra i più alti. Né è vero che il costo complessivo del lavoro sia superiore a quello della maggior parte dei paesi europei. E’ invece più basso di quello della Svezia, della Germania, della Francia, dell’Inghilterra…

La verità è che Elecrtolux vuole realizzare sovraprofitti a spese delle lavoratrici e dei lavoratori.

Così facendo non solo propone il ritorno del lavoro ad una condizione di miseria e schiavitù, ma continua con le stesse politiche che hanno prodotto la crisi: i prodotti non si vendono per il blocco del mercato interno causato dai bassi salari, mentre i sovraprofitti finiscono nel circuito della speculazione finanziaria. Ed è inaccettabile questa Europa che non pone limiti alla concorrenza al ribasso su salari e condizioni di lavoro, nel solo interesse delle multinazionali.

Elecrtolux va fermata, perché se passa, quello stesso modello sarà imposto a tutte le lavoratrici e i lavoratori italiani.

 

Acerbo:”CARO CHIODI CI VUOLE RAVVEDIMENTO OPEROSO, CIOE’ TAGLIO RETRIBUZIONI POLITICI REGIONALI”

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Non commento il battagliero proclama di Chiodi: se le sue performances amorose non siano costate un euro alla comunità lo stabiliranno le autorità competenti.
Senza entrare nel merito della sua replica alle accuse di questi giorni proporrei al Presidente e alla sua maggioranza un gesto di ravvedimento operoso e di risarcimento non solo morale per gli abruzzesi.
Ormai è evidente dopo un ventennio di scandali più o meno gravi che il livello retributivo privilegiato degli eletti in Regione non costituisce un baluardo contro la corruzione né rispetto a tentazioni di vario genere.
Anzi si è verificato che a troppi eletti i privilegi abbiano dato alla testa.
Si conferma la necessità, da me sempre sostenuta, che si restituisca alla politica la dimensione di servizio e che si affermi un costume di sobrietà a partire dal trattamento economico degli eletti.

Il modo migliore per rispondere all’ondata di sconcerto e rabbia che attraversa la cittadinanza abruzzese è mostrare nei fatti la volontà di cambiare collocando la nostra Regione all’avanguardia sul piano del taglio dei costi impropri della politica.

Invito Chiodi e la sua maggioranza ad approvino al prossimo Consiglio regionale la proposta di taglio netto delle retribuzioni dei consiglieri, assessori e presidenti e di stop ai doppi vitalizi che Rifondazione da lungo tempo avanza inascoltata.

Gli abruzzesi di sicuro gradiranno.

 

  Maurizio Acerbo, consigliere regionale PRC – Sinistra Europea

IL SINDACATO E’ UN’ALTRA COSA

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dagli aderenti al 2° documento del XVII Congresso CGIL – L’Aquila

 

Anche a L’Aquila, in occasione del XVII Congresso CGIL, si è costituita la mozione congressuale n. 2: “Il sindacato è un’altra cosa”.

Noi sentiamo l’urgenza e abbiamo più che mai bisogno di un sindacato vero, che  dia forza e autorevolezza ai tanti che ancora si battono per un Sindacato di classe e democratico. Un sindacato che combatta la rassegnazione e che lotti per garantire a tutte e tutti qualità e dignità nelle condizioni di vita e di lavoro. Protestano commercianti, artigiani, i tanti rovinati dalla crisi mentre il mondo del lavoro è muto per colpa della passività dei gruppi dirigenti sindacali, quasi fossimo dei privilegiati che non hanno nulla da rivendicare. Invece i governi continuano con le politiche di austerità che distruggono tutto e servono soltanto alle multinazionali, alla finanza e alle banche, mentre noi ogni giorno che passa siamo più poveri e più sudditi. La precarietà è ormai la condizione comune di tutto il mondo del lavoro. Chi più chi meno, tutti sono diventati precari e la maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati stanno tornando indietro di decenni.

Le donne pagano il prezzo più altro, sulla fatica e sulla salute, sui ritmi e sui tempi di lavoro, sul salario e sulle pensioni, nella loro stessa vita.

I ricchi diventano sempre più ricchi, la casta politica, i grandi manager e i burocrati conservano tutto il loro potere, ingiustizie, corruzione e prepotenza dilagano.

In questa situazione la CGIL non ha fatto tutto quello che poteva e che doveva fare e non incide più su nessuna delle decisioni di governi e padroni che ci riguardano. 

Infatti ha voluto ostinatamente inseguire l’unità con i vertici sindacali di Cisl e Uil, ha acconsentito alla progressiva riduzione della democrazia interna ma anche nei luoghi di lavoro, non ha ostacolato o almeno convintamente contrastato i numerosi provvedimenti economici e politici che hanno determinato l’attuale disgregazione sociale.

E precisamente: le disastrose politiche economiche imposte dall’ “Europa dell’austerità” ad unico vantaggio di banche e monopoli,  la legge Fornero contro pensioni e pensionati creando gli esodati, la cancellazione, di fatto, dell’art. 18 che tutelava dai licenziamenti ingiusti (vogliamo ricordare  che 3 milioni di persone, molti appartenenti anche ad altri sindacati, il 23 marzo 2002 avevano gremito il Circo Massimo con le bandiere della CGIL per difendere quell’art. 18). Inoltre il peggioramento degli ammortizzatori sociali, il dilagare della precarietà, la privatizzazione dei servizi e del patrimonio pubblico, i contratti bloccati da anni per i lavoratori pubblici, i contratti nazionali ed aziendali peggiorativi nel settore privato  firmati nella maggioranza anche dal nostro sindacato. Tutto questo era inevitabile? No. E sarebbe bastato che la Cgil avesse sostenuto, anche con i Governi delle “larghe intese” Monti e Letta, quel movimento sindacale di massa che fino al 2011 ha impedito lo “sfondamento” del governo Berlusconi contro diritti e contratti (ricordiamo come esempio la straordinaria partecipazione della nostra provincia alla manifestazione regionale di Teramo nello sciopero nazionale del 06 settembre 2011!). E sarebbe bastata un’autonoma strategia di rivendicazioni e di lotte che imponesse una vera svolta sulle scelte industriali ed economiche: altro che l’orribile “pareggio di bilancio” inserito in Costituzione!  L’evidente caduta di indipendenza del gruppo dirigente della Cgil verso i nuovi governi ha invece fatto passare le loro politiche liberiste ed in più ha creato sconcerto e rassegnazione in buona parte della base sindacale, che ben comprende l’abisso tra una mobilitazione costruita per lasciare il segno ed una costruita per difendere solo formalmente il ruolo sindacale (a partire dal mancato contrasto alla devastazione  delle  pensioni).   In  una  discesa  senza  fine,  in  cui  nessuno  discute  e  decide democraticamente (né i lavoratori, né gli iscritti, né gli Organismi territoriali e nazionali), si è arrivati al   “Testo Unico”   Cgil-Cisl-Uil   e   Confindustria   del  10  gennaio   scorso,  talmente  impresentabile da  mettere  in  crisi  lo  schieramento del  Documento  congressuale  di  maggioranza:   applicazione obbligatoria anche degli accordi in deroga; il testo non vincola le organizzazioni sindacali ad utilizzare  il suffragio  universale  come  metodo  democratico;   i sindacati  ed  i delegati aziendali in disaccordo riceveranno multe e perdita di diritti; i sindacati nazionali in disaccordo saranno in minoranza nelle “commissioni miste” chiamate a far loro da giudice! Questo accordo viola  lo Statuto della Cgil (vedi il ricorso al Collegio Nazionale di Garanzia presentato da un Dirigente Nazionale) e addirittura anche la sentenza della Corte Costituzionale dello scorso luglio, dove si sancisce che non si possono condizionare la rappresentanza e i diritti sindacali all’obbligo della firma degli accordi!

Il modello che Marchionne voleva imporre alla FIOM, sconfessato dalle lotte operaie e dalla Corte Costituzionale, rientra ora dalla finestra grazie a questo accordo arbitrariamente firmato dalla dirigenza nazionale della CGIL. Tutto ciò ci ha spinto ancor di più ad aderire al 2° Documento congressuale, con l’urgenza di contrastare le scelte dell’attuale gruppo dirigente e contribuire alla costruzione di una strategia sindacale di massa all’altezza della presente crisi irrisolvibile del capitalismo. E’ infatti nostra convinzione che il continuo e progressivo arretramento non crea un argine difensivo, ma prepara la strada alla perdita di credibilità e di un vero e qualificante ruolo sociale di tutto il sindacalismo confederale.

E’ di questi giorni la notizia delle richieste ricattatorie della Electrolux contro quei lavoratori e contro il lavoro in generale. Pertanto, chiedendo il sostegno, invitiamo tutte e tutti ad approfondire le proposte del documento della mozione congressuale “Il sindacato è un’altra cosa” di cui, di seguito, elenchiamo alcuni titoli: 1) Contro l’Europa dell’austerità e del Fiscal Compact; 2) Lotta alla disoccupazione, alla precarietà, al declino del sud; 3) Pensione pubblica e giusta per tutte e tutti; 4) Nuova scala mobile, salari e contrattazione; 5) Contro il degrado della condizione di lavoro; 6) No alla svendita della sicurezza, della salute e dell’ambiente; 7) Fermiamo lo smantellamento della sanità, dei servizi sociali e l’attacco permanente al lavoro pubblico; 8) Per la scuola pubblica, la formazione e il diritto allo studio; ma anche Fisco ed evasione, privatizzazione e svendita dei beni comuni, diritto alla casa, per la pace e contro le guerre, per i diritti dei migranti e per un sindacato democratico e di lotta.

Vogliamo sottolineare l’importanza di ostacolare il Fiscal Compact che dal 2015 pretenderà straordinarie ed ulteriori annuali  manovre fiscali che inevitabilmente ridurranno i finanziamenti da destinare alla ricostruzione materiale e sociale dell’Aquila, dell’intero cratere, ma anche di tutte le zone flagellate dai disastri ambientali e/o causati dall’insipienza della politica.

La battaglia per la democrazia è la strada maestra per far rinascere un Sindacato di classe, autonomo e rappresentativo.

Occorre subito maggiore partecipazione, più contrattazione e maggiore autonomia culturale: proponiamo che le esperienze negoziali, le conoscenze dei lavoratori e la cultura antiliberista siano messe in rete e diventino un prezioso patrimonio collettivo e operativo dando vita, almeno una volta all’anno (a partire dal prossimo settembre), alla Conferenza Territoriale CGIL delle delegate e dei delegati appartenenti a tutte le categorie per far crescere consapevolezza e capacità rivendicativa.-

 

I tifosi Rossoblù ricordano Nicola Mezzacappa

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Il 30 Gennaio del 1994 moriva in un tragico incidente stradale il tifoso rossoblù Nicola Mezzacappa. Quella maledetta domenica Nicola era partito alla volta di Pontedera per seguire L’Aquila Calcio 1927 impegnata nel centro toscano.

Nell’incidente rimasero feriti anche altri tre tifosi aquilani. In quella drammatica circostanza nacque l’amicizia con i sostenitori del Pontedera che si dimostrarono fattivamente solidali con i tifosi aquilani. In questi vent’anni la Curva Rossoblù non ha mai smesso di ricordare Nicola il suo amore per la maglia, per la città ma anche  le sue qualità umane, la generosità, l’umiltà e quel sorriso aperto e sincero che chi lo ha conosciuto non potrà mai dimenticare.

Progetto europeo sulla partecipazione – Pelini:”Splendida occasione per ragazze e ragazzi”

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Domani, Venerdì 31 gennaio, a partire dalle ore 10, nell’Auditorium del Parco, si terrà la giornata conclusiva del progetto europeo “Youth Partecipatory Budgeting”, promosso dall’assessore comunale alla Partecipazione Fabio Pelini e portato avanti da un gruppo di ragazze e ragazzi.

Al centro del progetto, che ha visto anche uno scambio culturale con la Turchia, le dinamiche relative ai processi partecipativi e alla comunicazione tra cittadini a istituzioni. “Nel corso della giornata – ha spiegato l’assessore Fabio Pelini – i ragazzi illustreranno il percorso seguito e gli obiettivi raggiunti, per presentare la loro proposta di bilancio partecipativo. Sarà un’occasione importante per confrontarsi sulle tematiche relative alla partecipazione e per conoscere il lavoro svolto da questo gruppo di studenti motivati e preparati, anche alla luce della loro esperienza di interfaccia con le istituzioni, sia in Italia che in Turchia.”

L’incontro frutto del lavoro del gruppo Move your cityprosegue l’assessore del Prc-” sarà un momento splendido d’incontro e discussione pieno di ragazze e ragazzi

interverrà anche il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente .

 

Il 29 Gennaio 1995 moriva Vincenzo Claudio Spagnolo, Spagna per gli Ultras

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Da 19 anni ovunque giochi il Grifone Genoano Vincenzo Spagnolo c’è !  Spagna, come lo chiamavano i compagni della gradinata nord,  fu colpito a morte con una coltellata al cuore il 29 Gennaio 1995 in occasione della gara Genoa-Milan da un gruppo di pseudo sostenitori rossoneri giunti sotto la lanterna già con l’intenzione di provocare e ferire.

Ci vollero cinque processi e tanto interminabile dolore per amici e familiari prima di giungere alla condanna a 14 anni per l’autore dell’omicidio.

Poi il mondo ultras,  la gradinata nord,  Il Genoa calcio 1893 , che fino al 2012 ha organizzato il Trofeo Spagnolo, la sinistra antagonista di tutta Italia hanno trasformato la tragedia di questo ragazzo in occasione di socialità e condivisione del dolore.  Concerti, tornei, iniziative benefiche di ogni genere vengono organizzate da vent’anni nel nome di Vincenzo Claudio Spagnolo, Spagna per gli Ultras.

 

Dal Corriere della Sera del 30 Gennaio 1995

GENOVA . Un ragazzo di 25 anni, Vincenzo Spagnolo, colpevole soltanto di essere un tifoso genoano, e’ stato ucciso con una coltellata al cuore poco prima della partita Genoa Milan, in uno scontro fuori dallo stadio. Quando la notizia si e’ diffusa a Marassi, le due squadre, con un gesto senza precedenti, hanno deciso, in segno di lutto, di non scendere in campo per il secondo tempo. Da quel momento si e’ innescata una spirale di violenza che ha tenuto la citta’ in stato d’ assedio fino a tarda sera: scontri, cariche di polizia e carabinieri, decine di arresti e feriti. Soltanto verso mezzanotte 700 tifosi milanisti, che erano stati trattenuti nello stadio per evitare incidenti con i genoani, sono stati portati a Milano con pullman della polizia. Gli aggressori, raccontano i testimoni, non erano ultras “in divisa”. Il fatto che d’ un tratto, da sotto i loden e le giacche eleganti siano spuntati fuori pugnali, catene e borchie per colpire fa pensare a una forma di travestimento per sfuggire ai controlli. Diversi indizi, all’ esame della squadra mobile, avvalorano l’ ipotesi di un omicidio addirittura premeditato. Il gruppo armato, una ventina di giovani in tutto, e’ giunto non con i pullman usati dai tremila tifosi milanisti, bensi’ con un treno. Dalla stazione Brignole si e’ avviato verso lo stadio. Alle 13.45 la banda e’ arrivata all’ altezza di Marassi, ma sul lato opposto del Bisagno; e il sanguinoso scontro e’ avvenuto al “Gazebo”, vicino alla sede del Coordinamento club rossoblu’ , probabile obiettivo della spedizione. Il mondo del calcio e’ sconvolto: qualcuno chiede di sospendere il campionato.

 

 

 

Riflessioni del Duca Gagliardo della Forcoletta




idea
 









L’Aquila Calcio acciuffa la vittoria al 94′. Grande.

Il Grande Freddo. La Grande Abbuffata. Il Grande Gelo. la piccola
nevicata blocca L’Aquila.
La piccola nevicata blocca l’autostrada L’Aquila-Roma.
L’autostrada è stata affidata alla cura del privato affinchè ci fosse
efficienza efficacia capacità di allocazione delle risorse. Ogni
inizio d’anno, in effetti riserva aumenti per i cittadini, affari per
la società autostradale. Pure qui c’è lo chiede l’Europa? Il tempo non
fa intempo a scaricare qualche fiocco di neve che l’autostrada chiude
i battenti. Anche qui c’è lo chiede l’Europa?
Viceversa nel capoluogo abbruzzese quando cade un fiocco di neve è
impossibile per gli autisti dell’ARPA accedere al parcheggio “Lorenzo
Natali”. In effetti le strade da percorrere risultano poco
praticabili. Come sono lontani i tempi quando l’opposizione aquilana
si batteva contro lo scempio urbanistico del megaparcheggio. La
vicinanza della Basilica di Collemaggio, la vicinanza di Porta
Bazzano, l’ubicazione fisica del vallone sconsigliavano una tale
opera. Fummo sconfitti su tutto il fronte. Il parcheggio doveva essere
costruito. E costruito fu. Anche allora c’è lo chiedeva l’Europa?
L’Aquila è Grande. Così come l’Italia. Avanti con le privatizzazioni e
le grandi opere. Smemorati giovani e vecchi di tutto il mondo unitevi!

Dal diario di Hanna Lévy-Hass

index



















DIARIO DI BERGEN-BELSEN
                              1944-1945

BB, 29.8.1944- ...Si è come malati senza libri.L'essenza della mia
anima è come stordita....Una sfiducia generale regna nel campo e nella
nostra baracca. Il disinteresse più assoluto per la sorte degli altri,
la mancanza di solidarietà e di cordialità. E' quasi impensabile uno
scambio di idee qualunque, di libri, un contatto intellettuale o
semplicemente umano....

BB, 30.8.1944... Ci sono ottimisti che fissano date che contano date e
contano i giorni: volenti o nolenti, tutti si lasciano prendere dalla
psicosi della fine. La sentiamo vicina. E intanto il regime del campo
è peggiorato, eè diventato più rigido. L'umiliazione e la servitù
pesano più di fronte alla fine imminente. Gli uomini, fuori, al
lavoro, sono torturati in modo bestiale, Questi bruti tedeschi
insistono a usare il loro metodo preferito: colpi feroci, insulti
grossolani e isterici. Costringono gli operai alle posizioni più
umilianti, li fanno correre in ginocchio, spingere di corsa la
carriola. Mentre fanno questo li braccano come ladri oppure, per
variare la loro perversione, cominciano a correre vertiginosamente in
bicicletta obbligando i nostri a seguirli a piedi. Se un disgraziato,
allo stremo delle forze-e si può essere certi che sempre ce né più
d'uno-non mostra lo zelo voluto, gli "eroi" tedeschi si affrettano a
manifestare il loro potere e il loro coraggio punendo i "colpevoli"
con la soppressione della razione di pane o con il "bunker"...ed ecco
che tutto si riduce a irrigidirsi sull'attenti di fronte a farabutti
che vi sputano in faccia la loro rabbia di folli, che vi calpestano
l'anima e la dignità.
E neanche i bambini conoscono la gioia. La paura, soltanto la
paura....Piccoli esseri mortificati, in piedi per ore, lo spavento in
tutto il corpo, lo sguardo fisso nell'attesa di quello che accadrà.
Nascondono la testa in qualche straccio, si stringono agli adulti,
cercando riparo contro il freddo e la paura. Solo gli occhi restano
spalancati, all'erta, come di bestie braccate....

25.9.1944- Si costruiscono nuove baracche. Per chi? Non lo
sappiamo....Gli uomini sono estenuati. La sottoalimentazione, le dure
privazioni...li riducono completamente a terra....Altri vanno fino ai
bidoni dell'immondizia, vicino alle cucine per cercare qualche avanzo
di cibo puzzolente.
   Nelle baracche la situazione non è migliore. La fame ci divora.
Un'epidemia senza nome sta invadendo il campo, attaccando soprattuto
donne e i bambini.
 Si manifesta con una febbre alta che s'impossessa del malato per due
o tre settimane, perdita di soscienza, spossamento assoluto e aasenza
totale di di appetito. Senza dolori percettibili. I medici la chiamano
"febbre da campo" o "febbre paratifoide", e sostengono che i sintomi
non permettono di fare una diagnosi precisa. Quasi regolarmente un
letto su due è occupato da un malato. E poi gli scessi le piaghe
aperte, provocati da parassiti e dall'alimentazione insufficiente;
ulcere a secrezione permanente, foruncoli, contusioni, strani
gonfiori(edemi), crampi, ogni sorte d'infezione... ma tutto questo per
noi non ha più niente di straordinario.

BB, 20.10.1944- Oggi una piccola vecchia si è spenta nella baracca,
accanto la mio letto. I familiari hanno pianto un pò, e poi ci siamo
sbarazzati del cadavere. Una vita finita, presto dimenticata. siamo
abbrutiti. ognuno si è rintanato nella propria miseria; tuttavia il
colore dell'infelicità comune, collettiva, si fa ogni giorno più
intenso.

BB, aprile 1945- E' spaventoso cosa hanno fatto degli uomini. Le scene
più oscure del medioevo e dell'inquisizione sono qui riprodotte e
moltiplicate a oltranza. La loro mostruosa "ripresa" marcherà per
sempre d'ignominia e d'infamia la Germania "civile" e "colta" del
ventesimo secolo. Questa schiavitù - la più avvilente e nera che si
possa immaginare - ha fatto sì che la vita nel campo non avesse niente
in comune con la vita umanamente concepita. Si tratta in realtà di un
piano crudele e infernale volto a provocare la fine sistematica e
certa di migliaia di vite umane. NON C'E' IL MINIMO DUBBIO, NON IL
MINIMO DUBBIO...NO: QUESTO CAMPO, COSCIENTEMENTE E DELIBERATAMENTE, E'
STATO ORGANIZZATO E AMMINISTRATO IN MODO DA STERMINARE IN MODO
METODICO E PIANIFICATO MIGLIAIA DI ESSERI UMANI. SE TUTTO QUESTO VA
AVANTI ANCORA SOLTANTO UN MESE, DUBITO FORTEMENTE CHE UNO SOLO TRA DI
NOI NE USCITA' VIVO.

Note sull'autrice.
Hanna Lévy-Hass nasce a Sarajevo nel 1913. A metà degli anni trenta
si laurea all'università di Belgrado in lingua e letteratura francese.
Nel 1942 si unisce ai partigiani jugoslavi contro l'occupazione
italiana. Alla fine del 1943, sotto l'occupazione tedesca, viene
rinchiusa in una prigione della Gestapo. Nell'estate del 1944 viene
deportata a Bergen-Belsen. Nell'aprile del 1945 viene trasferita a
Theresienstadt insieme ad altri prigioneri per essere uccisa, ma viene
liberata dall'Armata Rossa. Scopre, tornata in Jugoslavia che i suoi
genitori, due sorelle e un fratello sono stati uccisi durante
l'occupazione tedesca.Alla fine di dicembre del 1948, malgrado non sia
sionista decide di emigrare nello stato di Israele, appena fondato.
Nel 1949 entra nel partito Comunista israeliano. Dal 1967 è attiva nei
nuovi circoli di sinistra e nel movimento femminista israeliano.
All'inizio degli anni '80 si trasferisce in Francia. All'inizio degli
anni '90 torna in Israele. Il 10 giugno 2001 muore a Gerusalemme.

28 gennaio 2014             Il DUCA GAGLIARDO DELLA FORCOLETTA