Il popolo greco, con il voto di domenica si è pronunciato in modo
inequivocabile contro l’Unione Europea e le sue politiche di
austerità. Più della metà della popolazione ha espresso un no chiaro,
netto e forte contro le politiche neoliberiste imposte dalla troika
soprattutto nei confronti dei paesi periferici dell’Europa. Questo no,
rompe per la prima volta il fronte univoco e mortifero della retorica
europeista e democraticistica. Un’Europa fondata sul potere delle
Banche, delle multinazionali in modo asimmetrico per favorire il
grande capitale a conduzione tedesca ed a scapito dei paesi
mediterranei e periferici. Oggi c’è la certificazione della
mezzogiornificazione di questa vasta area. Quello che fu fatto nei
confronti dell’Italia meridionale al momento della sua unificazione,
oggi quelle politiche neocolonialiste vengono applicate al sud
dell’Europa. Il fronte univoco, con queste elezioni entra in forte
fibrillazione, le vertigini assumono le sembianze della paura. Il
fronte avverso ne ha subito colto le potenzialità deflagranti per il
disegno imperialista del costituendo polo europeo. I popoli hanno
diversi e svariati modi per sollevarsi. Sarebbe sbagliato da parte
nostra non cogliere l’importanza di questo voto e rilanciare la lotta
per rompere l’Europa dell’austerity. Il “partito” di Syriza, composito
e con anime diverse, negli ultimi tempi ha provveduto a moderare le
proprie posizioni, ma sarebbe sbagliato leggere la situazione sul lato
del programma elettorale. I movimenti sociali che più si sono opposti
in questi anni alle politiche di devastazione sociale economico e
culturale, indicano e chiedono di uscire dalla gabbia europeista e di
rivedere questi rapporti gerarchizzati tra i membri dell’Unione. Il
voto di domenica segnala che la pazienza dei popoli si sta
dissolvendo. Si apre così una fase, difficile, dura, pericolosa,
perché questo voto mette in discussione quello che si voleva
irreversibile. La costruzione di un super stato, di una vasta area
monetaria, per la competizione globale nei confronti di altrettanto
aree in forte ascesa o in un lento ma inesorabile declino(Gli USA).
Una Unione Europea costruita contro qualsiasi principio democratico ma
su deleghe intergovernative. Governi nati da parlamenti messi su da
leggi elettorali che spesso hanno violato i patti Costituzionali nati
dalla guerra antifascista e antinazista. Costituzioni che i grandi
poteri sovranazionali vogliono desueta e quindi da riporre nei musei
della archeologia della storia e della politica. Le leggi elettorali
in Italia dal porcellum all’italicum sono la quinta essenza del
degrado della stessa democrazia borghese e della svolta autoritaria e
di censo imposte delle elites nazionali ed europee. Insomma su questo
sentiero si gioca molto del prossimo futuro. Riprendo alcuni concetti
dei compagni della Rete dei Comunisti: “Su questo crinale si giocano
non solo scelte congiunturali ma anche quelle strategiche per la
Grecia e per gli altri paesi PIGS dell’Europa. Atene si trova
nuovamente nello scomodo ruolo di laboratorio. Il voto pone con forza
la questione politica fondamentale: Si può costruire uno stato (
L’Unione Europea ambisce a diventarlo ) andando contro la volontà
popolare? E’ in gioco il principio chiave della democrazia borghese
illuminista: la sovranità popolare (assieme e più di quella
“nazionale”) come fondamento della struttura politica e amministrativa
che decide-mediando tra interessi differenti-sulle forme di coesione
sociale la distribuzione della ricchezza prodotta. Il percorso
disegnato dai trattati europei rovescia completamente quel principio,
mettendo al centro la governance di poteri che rispondono ad altre
sovranità: quelle del capitale, delle imprese multinazionali delle
alleanze militari”. Questa è la contesa. Un nuovo ordine che si
affaccia prepotentemente nella storia che mette all’ordine del giorno
la guerra e strumenti di repressione che pensavamo di aver consegnato
al recente passato. Il capitale europeo non disdegna l’uso della forza
e della manovalanza nazista cosi come sta avvenendo in Ucraina e in
altre parti d’Europa o in paesi a noi vicini.Una ideologia totale che
fa uso in modo spregevole del colonialismo e della guerra di civiltà
come momento di mobilitazione di masse crecenti impoverite. “Non è
tempo di tifare o gufare” il contesto richiede di mettere in campo
intelligenza, forza, organizzazione e movimento che assuma
consapevolmente come orizzonte la rottura dell’Unione Europea, come
punto di svolta per la creazione di una area euromediterranea regolata
da principi di uguaglianza, solidarietà, internazionalismo.
L’esperienza dei popoli del sud America in tal senso ha molto da
insegnare.
Alfonso De Amicis