Ideologia storia e memoria

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proposito di nuovismo, ideologia e storia vi propongo questo scritto raccolto da Hans Magnus Enzensberger.

“La politica era studio per Marx. Odiava a morte i politicanti da strapazzo e la loro ciarlateneria. E come immaginare una cosa più assurda. La storia è il prodotto di tutte le forze che agiscono all’interno degli uomini e della natura, il prodotto del pensiero, delle passioni dei bisogni umani. La politica è teoricamente la conoscenza di dei milioni e bilioni di fattori che tessono la <<la tela della storia<< e praticamente l’azione determinata da quella conoscenza. La politica è dunque scienza e scienza applicata. La scienza politica o scienza della politica è in un certo modo l’essenza di tutte le scienze, poiché abbraccia tutta la sfera dell’attività dell’uomo e della natura, attività che costituisce lo scopo di ogni scienza.

Eppure ogni pagliaccio è convinto di essere un grande politico o addirittura un grande uomo di stato – come ogni pagliaccio è convinto di essere un buon giornalista. Per entrambe le cose non occorre – secondo l’opinione dei più – aver imparato un bel nulla. Ci si nasce per dirla con Sohn professore a Lipsia. ” “Wilhem Liebknecht (1896) in Colloqui con Marx e Engels raccolte da Hans Magnus Enzensberger” E sempre a proposito dei vari governi che si sono succeduti negli ultimi venti anni sino a terminale la parabola con i nuovi nuovi di Matteo Renzi.

 

Alfonso De Amicis

Grandi Rischi:Rifondazione si unisce al dolore dei familiari delle vittime del terremoto

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Il Partito della Rifondazione Comunista si unisce allo sgomento e alla rabbia dei familiari delle 309 vittime del terremoto. La sentenza di assoluzione per i membri della Commissione Grandi Rischi riapre una ferita incancellabile per la nostra città e non rende giustizia al nostro territorio che, già prima della tragica scossa del 6 Aprile 2009, era diventato teatro di operazioni mediatiche volte a rassicurare la popolazione.

Pur rispettando il lavoro della Magistratura e in attesa delle motivazioni della sentenza non possiamo non sottolineare come nei giorni immediatamente successivi alla riunione della commissione(31/3/09) un sentimento di generale rassicurazione si era diffuso nella popolazione. Riteniamo che la superficialità con la quale la Grandi Rischi affrontò la grave crisi sismica che era in atto nel territorio aquilano rappresenti l’ennesima sconfitta di un paese incapace di fare prevenzione e politiche strategiche per la riduzione dei danni in caso di forti calamità naturali.

 

Goffredo Juchich
Segretario Comunale Prc L’Aquila

Enrico Perilli
Capogruppo Prc comune L’Aquila

Governo Renzi governo del padrone

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L’anno scorso la JP Morgan si lasciò andare con un giudizio parecchio pesante su alcuni paesi dell’eurozona. Per i vertici del colosso finanziario la crisi di queste nazioni si sarebbe risolta solo attraverso radicali riforme politiche. Si invitavano apertamente i cosiddetti paesi PIIGS ad abbandonare le costituzioni nate dalla resistenza perché obsolete, quindi ascrivibili a vecchi arnesi con contenuti ideologici e con forti venature socialiste. Se una delle più grandi banche speculative del mondo si occupava con tanta attenzione di quella che Marx chiamava sovrastruttura evidentemente nutriva buone e motivate ragioni.

Per realizzare riforme economiche liberiste richieste dalla continuità dell’euro e dal sistema finanziario e bancario continentale ci vuole in Italia in particolare una grande riforma politica. Una riforma che permetta al potere esecutivo di decidere quelle misure che il mercato globale richiede senza subire freni e contestazioni. Per questo la politica nel sud dell’Europa deve venire prima dell’economia. Per questo è nato il governo Renzi. Il nuovo governo è altra cosa da quelli che l’hanno preceduto. Da questi ultimi raccoglie alcuni aspetti, le tendenze ma li inserisce in una strategia più definita e con la capacità di individuare precisi obbiettivi programmatici e strumenti di potere per realizzarli.

Le premesse da cui prende le mosse l’attuale governo vanno ricercate nella presa d’atto della necessità di creare le condizioni per una trasformazione strutturale dell’economia italiana. Il fine è quello di realizzare per il nostro paese una nuova collocazione nella divisione internazionale del lavoro, essendo quella vecchia ormai logorata dai mutamenti degli ultimi decenni. Mutamenti in gran parte voluti anche dalla nuova classe predatoria italiana. Il programma costituente di Renzi è portato avanti con determinazione finalizzato a trovare una nuova posizione del sistema produttivo italiano nello spazio della competizione globale e ancora più in quello europeo ad egemonia tedesca. Una posizione che non potrà che essere di arretramento rispetto a quello dei 30 anni che seguono il secondo conflitto mondiale.

Una collocazione di “internazionalizzazione subalterna” della nostra economia. E’ in questo quadro che che va valutato il percorso attuale e futuro del Governo Renzi, sono queste necessità che lo orientano a costruire nuovi equilibri sociali e istituzionali. E’ questo il percorso che prende le mosse per la sua contro-rivoluzione conservatrice. Una controrivoluzione dai forti connotati autoritari e che Pasolini non avrebbe esitato a chiamarli “nuove forme di fascismo”. Una controrivoluzione che investe tutti i settori della società: Sanità, scuola, lavoro, immigrazione, spettacolo, sono investite da questo tsunami capitalistico. Questo governo si è incaricato di abbandonare ogni apparenza di “sistema umano” che aveva caratterizzato il capitalismo dello scorso secolo, ogni forma di mediazione e compromesso.

Ci consegna Un sistema predatorio e totalitario. In questo senso la lettura che molti danno della nuova realtà è fuorviante e mistificatoria. Il programma del governo dei “giovani” non è sotto dettato della confindustria nazionale, bensì è l’espressione più fedele più rispondente alla nuova “governance aziendale” che si è definita dopo 25 dal crollo del muro di Berlino. Oggi l’agenda viene dettata dalla Commissione Europea, dalla BCE di Draghi e dalla Bundesbank. Un artifizio del nuovo potere delle elites europee. Un super stato senza legittimazione popolare. Questo governo è l’avanguardia, la testa di ponte del capitalismo europeo nell’aggressione a quel poco che rimane delle posizioni conquistate dal movimento di classe del secolo passato. Il progetto di Renzi è quello di azzerare in modo preventivo ogni pur minima possibilità che i subalterni possano rialzare la testa, riprendere la parola e rimettersi in cammino per ritornare a essere un soggetto sociale autonomo dalle regole di questo sistema.

Non sarà facile rompere questa gabbia, scrollarsi di questo “tallone di ferro”, modificare i rapporti di forza. Tuttavia per intraprendere un percorso di risalita bisognerà ritornare su un terreno per troppo tempo abbandonato. Tornare sui luoghi dove il sistema produce il suo alimento indispensabile: il profitto. Sarà dura perché dovremmo attrezzarci con strumenti adeguati e abbandonare le facili certezze del passato. Nulla è scontato: il futuro è ancora da scrivere.

 

Alfonso De Amicis

La visita di Salvini a Bologna voleva essere un’istigazione al razzismo

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L’arrivo di Matteo Salvini a Bologna voleva essere una provocazione e un’istigazione al razzismo e ad un atteggiamento xenofobo verso chi è considerato diverso. A questa provocazione il Prefetto doveva vietare l’autorizzazione di ingresso di Salvini al campo Sinti di via Erbosa che non aveva l’obiettivo di verificare le condizioni del campo ma di forzare la mano nella nostra Regione – e in piena campagna elettorale – ad una politica che si gioca sui temi dell’istigazione alla violenza verso chi è più vulnerabile, sul respingimento dei migranti, sulla lotta sociale tra poveri.

Che si trattasse di una provocazione è stato evidente: Salvini non è neanche mai arrivato al campo ma si è fermato a fare una conferenza stampa ed è lì che ha espresso con parole e nei fatti la prepotenza e l’arroganza verso la cittadinanza che non accetta questo degrado culturale, politico e sociale di cui Salvini è esponente. È mancata una risposta dalla politica e dalle istituzioni che dovevano vietare questa provocazione di Salvini. C’erano ragioni di ordine pubblico testimoniate anche dal massiccio dispiegamento di forze dell’ordine davanti agli ingressi del campo, il Prefetto non doveva acconsentire la visita. Ci sono ragioni di gravità politica, di sdoganamento di chi può permettersi di istigare odio e violenza contro i diritti delle persone: per questo il Sindaco Merola doveva prendere con atto formale una posizione contro la visita di Salvini che non ci risulta aver fatto.

E invece oggi i cittadini di Bologna, senza distinzione, hanno respinto un’iniziativa xenofoba, è stata la risposta civile contro il razzismo, dove è mancata gravemente una risposta delle istituzioni e della politica. I presenti al presidio hanno denunciato l’escalation dello scontro sociale come conseguenza ad una crisi gestita dal PD al governo nazionale e regionale che non dà risposte adeguate ma crea una frattura nella società aumentando le disuguaglianze e la contrapposizione. Noi come Altra Emilia Romagna eravamo oggi al presidio per respingere la politica di Salvini, al fianco dei cittadini che chiedono un’alternativa democratica e di solidarietà alla crisi. Ci associamo all’appello dei cittadini di Bologna presenti al grido “gli unici respingimenti che vogliamo sono quelli alla xenofobia e al fascismo”. Denunciamo il grave gesto di aggressione di Salvini nei confronti dei cittadini che hanno respinto la logica del razzismo ed esprimiamo solidarietà verso le persone che sono state investite dalla macchina di Salvini e hanno riportato traumi.

Margherita Romanelli, Lorenzo Alberghini, Claudia Candeloro

Candidati al Consiglio Regionale per L’Altra Emilia Romagna.

Il massacro della grande guerra

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Ad un secolo dal massacro della grande guerra pare che nulla si sia imparato. Oggi assistiamo a dei processi economici politici e finanziari che per certi versi fanno molto pensare al periodo storico che precedette la guerra. Ma si sa la storia è maestra di vita, purtroppo essa non ha scolari. Tanto è vero che oggi le connessioni con quel periodo e la situazione attuale, o meglio le tendenze che stanno caratterizzando l’attuale momento storico dovrebbe scuotere le coscienze democratiche, soprattutto dovrebbe scuotere la sinistra, i comunisti. La tesi che la nascita dell’Unione Europea, santificata come l’entità che avrebbe portato alla fine definitiva della guerra in Europa in realtà ha costellato il suo percorso e le sue prospettive di nuove guerre e di una inquietante escalation bellicista tutta intorno ad essa. Le nuove guerre coloniali contro i paesi del Medio-Oriente o peggio lo spudorato appoggio al golpe messo su dalla Cia in Ucraina.

Nell’occidente capitalista, nelle cosiddette cancellerie europee si fa vanto dell’appoggio ai neonazisti di quel paese. Le resistenze le forme di democrazia popolare vengono bellamente ignorate. Il cavallo di Troia dell’America statunitense funziona e viaggia in modo geniale. La “riconquista” dell’Europa sotto la propria influenza pare non trovare ostacoli. Le teste pensanti della nuova classe dominante europea hanno diffuso l’illusorietà, secondo cui il libero mercato e il naturale sviluppo dell’economia capitalista, avrebbe tenuto il mondo al riparo delle guerre perché gli scambi economici avrebbero prevalso sui contrasti militari. Un’idea diffusa, quando storicamente risaputo. Sul tema specifico si era speso, circa tre secoli prima Kant nel saggio “La Pace Perpetua”. Dunque un’illusione ancora oggi diffusa. Il capitalismo oggi dichiara guerra per la conquista di nuovi mercati, per espandere sempre più il suo mito sulla “crescita”.

L’Unione Europea è l’espressione tragica di questa nuova forma di Imperialismo. Aggressivo, esso, punta soprattutto alla conquista del mercati russi, indiani e cinesi. Questa guerra è condotta con le armi della moneta, ma non disdice affatto l’uso della forza. Anzi. Tuttavia l’uso della forza e della repressione è rivolta da tempo anche e soprattutto verso qualsiasi movimento politico e sociale che alza barricate all’ interno dei vari paesi europei. Bisogna tacere, Silenzio, il nemico ci ascolta. Se non si colgono i nessi di queste tendenze pericolose, ho il fondato timore che saremo tutti travolti.

 

Alfonso De Amicis

Assistenza alla popolazione, Pelini: “Ci saranno quattro finestre nel corso dell’anno per cambio di alloggio “

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Una svolta nelle modalità di richiesta per il cambio di alloggio Case
o Map”. Con queste parole l’assessore all’Assistenza alla Popolazione
Fabio Pelini definisce la deliberazione, assunta dall’esecutivo dietro
sua proposta, con la quale si definiscono i nuovi criteri per il
cambiamento dell’abitazione assegnata.

“Dal 1 dicembre – ha spiegato Pelini – saranno riaperti i termini per
la presentazione delle relative domande, termini che erano stati
chiusi lo scorso 9 giugno. Un’altra importante novità è che, da ora in
avanti, vi saranno quattro finestre annuali nelle quali sarà possibile
inoltrare le istanze per il cambio di alloggio. In particolare i
termini saranno riaperti dal 1 al 31 marzo, dal 1 al 30 giugno, dal 1
al 30 settembre e dal 1 al 31 dicembre. Ricordo – ha proseguito
l’assessore – che avranno la possibilità di fare richiesta solo coloro
che sono assegnatari dell’alloggio da almeno un anno di tempo e che
risultino in regola con il pagamento di canoni e utenze.

La delibera stabilisce, inoltre, una serie di criteri ai quali è legata
l’assegnazione del punteggio, quali ad esempio le motivazioni legate a
problemi di salute, l’inadeguatezza dell’alloggio in relazione al
numero degli assegnatari, soprattutto se legata a nuove nascite o
gravidanze, o ancora necessità di avvicinamento a scuole o ad altri
nuclei parentali. All’apertura di ogni nuova finestra si chiuderà la
graduatoria di quella precedente, fatto salvo il diritto a
ripresentare istanza. Attualmente, in attesa della riapertura dei
termini il 1 dicembre, si completerà l’esame di tutte le domande
presentate entro il 9 giugno.La delibera – ha concluso l’assessore –
va nella direzione, tracciata da tempo, di razionalizzare e
riorganizzare il servizio di assistenza alla popolazione, rendendolo
sempre più mirato alle nuove esigenze dei cittadini e adeguato alle
necessità delle famiglie”.

Perilli:”I problemi del Ctgs non possono ricadere sui lavoratori e sulle loro famiglie”

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I trenta dipendenti del Centro turistico del Gran Sasso non percepiranno lo stipendio per il mese di novembre. Una situazione inaccettabile, soprattutto alla luce della grave crisi economica che attanaglia il Paese in generale e il nostro territorio in particolare. I problemi di gestione della società non possono ricadere sui lavoratori e sulle loro famiglie.

Al di là della nostra valutazione circa i cosiddetti progetti di sviluppo del Gran Sasso, infatti, è del tutto evidente che il nodo, al momento, è rappresentato dalla gestione. Il Partito della Rifondazione comunista è, dunque, assolutamente favorevole ad una variazione al Bilancio comunale finalizzata a consentire il pagamento degli stipendi per i dipendenti del Ctgs. Dopo di che andrà affrontata seriamente la questione del personale dell’azienda. L’imperativo è senza dubbio evitare i licenziamenti, provvedendo invece ad attivare politiche concertate e ragionate di spostamento e riconversione dei dipendenti che non possono, ripeto, pagare il prezzo dei problemi legati alla gestione. Gestione che costituisce un nodo da affrontare e da sciogliere per scongiurare il ripetersi di situazioni analoghe e per garantire i diritti dei lavoratori della società.

 

Enrico Perilli

Capogruppo Prc Comune L’Aquila

Intervento di Eleonora ‪Forenza‬ all’incontro a Bruxelles tra i deputati europei e i lavoratori

 

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“Voglio chiedere scusa alle lavoratrici e ai lavoratori per quello che è accaduto l’altro giorno in piazza, quello che è accaduto ovvero le manganellate a dei lavoratori e a delle lavoratrici che protestano è indegno di un paese civile e come deputata europea rappresentante dell’Italia io sento di dover chiedere scusa e di dover ribadire tutta la mia solidarietà a quei lavoratori che erano in piazza l’altro giorno.
Credo che sia giustissimo in questa sede chiedere un rispetto degli impegni che erano stati presi a livello di Commissione. E’ evidente che un monitoraggio degli impegni sulla sola parte a freddo non è assolutamente esaustivo del problema e quindi nel momento in cui si vuole mantenere Terni e si dichiara di voler mantenere Terni come impianto strategico è evidente che va salvaguardata sia la produzione a freddo che a caldo, va salvaguardata una produzione di eccellenza, che fa quindi riferimento alla necessità di mantenere in piedi l’intero ciclo produttivo, oltre che i livelli produttivi di cui si parlava. Credo questo debba essere un impegno preciso della Commissione.
Credo che noi parlamentari europei dobbiamo sollecitare affinchè questo impegno venga mantenuto e immagino anche che si possa ragionare – dato che avremo la sessione plenaria la prossima settimana – nella direzione di una risoluzione, se condividiamo il documento che i lavoratori e le lavoratrici ci hanno presentato, di una risoluzione che impegni il Parlamento a far sì che questi impegni vengano mantenuti.
Aggiungo una cosa: sicuramente il mancato pagamento del salario di ottobre è una pistola puntata alla tempia, è stato già detto, va fatta pressione anche su questo, però io credo che la pluralità della rappresentanza parlamentare di oggi non ci possa esimere anche dal dire una cosa: se noi vogliamo tenere fede e ci impegniamo rispetto al documento che le lavoratrici e i lavoratori ci hanno presentato, non va ritirato solo il piano della Thyssen, va ritirata anche una proposta di mediazione del governo che prevede dei licenziamenti, va ritirata anche quella!
Noi dobbiamo avviare un percorso – colgo l’occasione della presenza dei parlamentari italiani – per dire che quello che sta succedendo a Terni non va disgiunto da quello che sta succedendo a Piombino, da quello che sta succedendo a Taranto, dobbiamo decidere se il nostro sistema-paese mette in conto di dismettere la siderurgia come asse strategico produttivo, se diventiamo definitivamente una periferia produttiva dell’Europa o ci battiamo non solo per un Piano europeo per l’acciaio ma anche per mantenere i livelli produttivi e occupazionali”.

Acqua e beni comuni, appello di Alex Zanotelli

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“Tra i tanti processi di privatizzazione dei servizi pubblici in corso, quello dell’accesso all’acqua è il più criminale,” ha scritto l’attivista R. Lessio nel suo libro All’ombra dell’acqua. “Un progetto folle a cui possono credere solo persone profondamente malate , ammalate del nulla.”
E in questo paese sono tante le persone ‘ammalate del nulla’, che spingono di nuovo l’Italia verso la privatizzazione dell’acqua. E questo nonostante il Referendum (11-12 giugno 2011), quando 26 milioni di italiani hanno sancito che l’acqua deve essere tolta dal mercato e che non si può fare profitto su un bene così fondamentale .
A tutt’oggi il Parlamento italiano è stato incapace di rispondere a questa decisione popolare con un’appropriata legislazione. Eppure lo scorso anno 200 deputati hanno preparato un disegno di legge che non si riesce a far discutere in Parlamento. La ragione è che il governo Renzi sta perseguendo una devastante politica di privatizzazioni. Con “Sblocca Italia” e la “Legge di Stabilità”, Renzi offrirà incentivi agli enti locali che privatizzano i servizi pubblici. E’ il tradimento del Referendum!
Il governatore della Campania Caldoro ha fiutato bene questo clima e il 31 luglio ha fatto votare al Consiglio Regionale la finanziaria con due maxi-emendamenti: uno, sul condono edilizio e l’altro sulla privatizzazione dell’acqua. La Regione Campania affida così alle società operanti sul territorio, soprattutto alla GORI, non solo la gestione e distribuzione dell’acqua, ma anche la captazione e l’adduzione alla fonte. Per di più Caldoro ha deciso di costituire presso la giunta una Struttura di missione con grandi poteri sulla gestione dei servizi idrici, togliendoli agli enti locali.
Abbiamo reagito con forza come comitati acqua della Campania con una vivace campagna mediatica. Anche il governo ha impugnato il maxi-emendamento perché in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia. “Troveremo un’intesa con il governo”, ha replicato Caldoro, che è deciso a procedere sulla via della privatizzazione.
Tutto questo mette in pericolo l’ABC (Acqua Bene Comune) di Napoli , un comune che è passato da una gestione SPA ad un’Azienda Speciale, uno strumento che non permette di fare profitti .
Napoli è l’unica grande città in Italia che ha obbedito al Referendum ed ha dimostrato che si possono gestire i servizi idrici con un’Azienda Speciale. Lo sbaglio del sindaco De Magistris è stato che, nonostante le pressioni dei comitati, non ha “ messo in sicurezza”l’ABC . Così anche l’acqua di Napoli potrebbe capitolare alla spinta privatizzatrice di Caldoro.
A raccogliere i frutti di questa operazione di Caldoro sarà l’ACEA (Roma) di Caltagirone che si sta espandendo in Toscana e ora tenta di prendersi l’acqua del Meridione. L’ACEA detiene il 37% delle azioni della GORI , che ha una gestione molto contestata di 76 comuni dell’area vesuviana.
Al Nord sono in atto le stesse manovre di unificazione fra IREN (Torino-Genova) e A2a (Milano –Brescia) a cui guarda con interesse HERA (Emilia Romagna). Rischiamo così di avere una grande multiutility, che gestirà l’acqua del Nord.
Quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi è di una gravità estrema. E’ la negazione del Referendum. Davanti a questo scenario, mi viene spontaneo chiedermi:”Dov’è il grande movimento dell’acqua ? Dove sono i 26 milioni di italiani che tre anni fa hanno votato per la ripublicizzazione dell’acqua? Ma soprattutto dov’è la chiesa italiana, le chiese, le comunità cristiane su un tema così fondamentale come l’acqua, la Madre di tutta la vita sul pianeta Terra?” La chiesa si batte contro l’aborto, l’eutanasia e la pena di morte in nome del ‘Vangelo della Vita’, così deve oggi battersi per il diritto all’acqua come ‘diritto alla vita’ come afferma la teologa americana Christiana Peppard nel suo volume Just Water.
E’ questo il tempo opportuno per credenti e non , per riprendere con forza l’impegno per proclamare l’acqua diritto fondamentale umano.
Per questo chiedo a tutto il movimento per l’acqua pubblica di ricompattarsi e di rimettersi insieme sia a livello locale, regionale , nazionale ed europeo. Mettiamo da parte rancori e scontri e continuiamo a camminare insieme!
A livello regionale dobbiamo contrastare la spinta alla privatizzazione dell’acqua e opporci alle multiutilities.
A livello nazionale, dobbiamo fare pressione sul Parlamento italiano perché discuta subito la Legge sull’acqua , firmata da 200 parlamentari . E’ possibile che il movimento Acqua del Lazio si impegni a dei “sit-in” davanti a Montecitorio?Dobbiamo batterci contro le politiche del Governo Renzi contenute in “Sblocca Italia” e nella “Legge di Stabilità”, che spingeranno i Comuni a privatizzare i servizi pubblici .
A livello europeo, dobbiamo fare pressione sui parlamentari a Bruxelles, perché boccino il “Piano Acqua Europa 2027”, noto come “Water Blueprint” e contestino la Commissione Europea che si è rifiutata di prendere in considerazione l’iniziativa dell’ICE (Iniziativa dei cittadini europei ) sull’acqua ,che ha ottenuto oltre un milione e mezzo di firme in sette paesi.
A livello internazionale continuiamo a sostenere come movimento Acqua , il vasto movimento contro il
T-TIP(Partenariato Transatlantico per gli Investimenti e il Commercio tra USA e UE ) e il TISA (Trattato sui servizi pubblici sotto l’egida del WTO), che spingono verso la privatizzazione di tutti i servizi pubblici .
Infine , in un momento così grave, chiediamo alla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) di dichiarare che l’acqua è un diritto fondamentale , invitando tutte le comunità cristiane a impegnarsi a fianco del movimento per l’Acqua pubblica in Italia e a scrivere una lettera come quella del vescovo cileno Luis Infanti della Mora:”Dacci oggi la nostra Acqua Quotidiana “. ”La crescente politica di privatizzazione è moralmente inaccettabile –scrive il vescovo Luis Infanti (che con il suo popolo ha impedito che l’ENEL costruisse 5 dighe in Patagonia)-quando cerca di impadronirsi di elementi così vitali come l’acqua, creando una nuova categoria:gli esclusi! Alcune multinazionali che cercano di impadronirsi di alcuni beni della natura, e sopratutto dell’acqua, possono essere legalmente padrone di questi beni e dei relativi diritti, ma non sono eticamente proprietarie di un bene dal quale dipende la vita dell’umanità. E’ un’ingiustizia istituzionalizzata che crea ulteriore fame e povertà, facendo sì che la natura sia la più sacrificata e che la specie più minacciata sia quella umana, i più poveri in particolare.”

 

Alex Zanotelli