Lattanzi:Perplessità sulla modalità d’utilizzo dell’Auditorium

auditorium-renzo-piano

 

 

 

 

 

 

 

 

Ho letto con attenzione l’articolo pubblicato qualche giorno fa da Il Centro e L’Editoriale, firmato da Maurizio Fischione, che si qualifica come operatore culturale ma è anche docente presso la Scuola Secondaria di I° grado “Dante Alighieri” dell’Aquila, e relativo alla delibera con la quale il Comune dell’Aquila ha affidato la gestione del famoso  e controverso Auditorium del Parco.

La prima cosa che mi ha lasciato perplesso è il silenzio “inquietante” dei tanti aventi titolo che avrebbero potuto portare un contributo importante e stimolare una comune riflessione sul problema sollevato nell’articolo e invece nulla, neanche un timido sussulto, solo qualche parola detta sottovoce, a tu per tu, quasi con timore e con la classica premessa:”Qui lo dico e qui lo nego!”.Perchè?

Il problema, vorrei sottolineare, non è dovuto all’affidamento della gestione alla Società Aquilana dei Concerti“B.Barattelli”, benemerita e antica Istituzione cittadina di cui mi onoro di essere Socio e in passato anche amministratore, che ha tutto il diritto di avere uno spazio adeguato alla prestigiosa programmazione che ogni anno mette a disposizione della città.

La critica del maestro Fischione, che mi sento di condividere, è basata sulla modalità utilizzata per tale affidamento e i costi che, per le piccole Associazioni e per le Istituzioni Scolastiche, risultano insostenibili, soprattutto se l’attività svolta prevede l’utilizzo dell’Auditorium per più giorni durante l’anno.

Sulle modalità ritengo sarebbe stata utile e necessaria una consultazione tra tutti i potenziali utenti della struttura, per ascoltare le esigenze di ognuno, per pianificare le modalità di utilizzo, per favorire un uso razionale ed evitare sovrapposizioni di eventi che da sempre è elemento di estrema criticità per la crescita culturale cittadina.

D’altra parte il Sindaco, nelle consultazioni seguite al ritiro delle dimissioni, non ha ritenuto di dover ascoltare il mondo della scuola che pure è parte fondamentale per la rinascita della nostra sfortunata città e che ambiva al riconoscimento come Città della Cultura per il 2019.

In merito ai costi di utilizzo, da Dirigente Scolastico, non posso che sottolineare la difficoltà delle Istituzioni Scolastiche di accedere all’Auditorium, considerando la endemica carenza di fondi ministeriali di cui soffre da troppi anni la scuola e la totale mancanza di altre fonti di entrata, se non la richiesta alle famiglie, già gravate da tante spese e fiaccate da una crisi economica che sembra non avere fine.

Va sottolineato che a L’Aquila operano due grandi Scuole Medie ad Indirizzo Musicale, la  Dante Alighieri e la Mazzini-Patini, e il Liceo Musicale istituito da qualche anno.

In queste scuole si studiano numerosi strumenti musicali e tutte e tre sono dotate di una Orchestra degli studenti che si esibisce annualmente in numerosi concerti, oltre ad ensemble da camera e formazioni strumentali diverse, dalla Banda alla Big Band Jazz.

Ebbene nessuno dei tre Istituti è dotato di un Auditorium dove far esibire i gruppi strumentali che, in alcuni casi, arrivano a contare anche 100 elementi che difficilmente possono essere contenuti nelle anguste aule dei MUSP, o come sottolinea Fischione per Paganica in container di ferro, ma nemmeno negli edifici in muratura, potendo contare solo su fredde e rimbombanti palestre dove si spegne la magia della musica.

Le poche chiese agibili non vengono concesse, e sono anch’esse fredde, stessa sorte per la Sala S.Pio X al Torrione e l’immenso Auditorium della Guardia di Finanza buono solo per adunate militaresche o concerti amplificati.

La donazione alla città dell’Auditorium del Parco sembrò essere una prima risposta  a queste esigenze, finalmente uno spazio nato per la musica, non una chiesa sconsacrata trasformata in teatro, ma una vera sala da concerto con una acustica fenomenale.

Ora, dopo le tante polemiche sul suo posizionamento, si scopre che la gestione dell’Auditorium è eccessivamente onerosa per il Comune, si parla di oltre 100.000 euro all’anno, tanto da non poterlo gestire direttamente, cosa che sarebbe stata auspicabile, ma rendendo necessario l’affidamento ad un Ente terzo che, a sua volta, è costretto ad imporre una gabella a chi voglia utilizzare la struttura, secondo tariffe stabilite dalla convenzione con l’Ente proprietario.

Un dono che doveva avviare la rinascita culturale della città si trasforma, di fatto, in una zavorra pesantissima, un po’ come ricevere in regalo una Ferrari e non avere i denari per riempire il serbatoio di benzina e quindi essere costretti a chiedere l’elemosina agli angoli delle strade o a tenerla in garage destinandola, inesorabilmente, ad un triste declino.

E così, in un eterno gioco dell’oca, si ricomincia da capo, con l’impossibilità per piccole realtà musicali, associazioni corali, scuole, di poter utilizzare la sala per la propria attività.

E se nessuno, o pochi fortunati, chiederanno di utilizzare l’Auditorium con quali risorse si provvederà alla manutenzione ordinaria e straordinaria dell’immobile? Chi provvederà a saldare le bollette di acqua, luce e gas?

È necessario, quindi, ripensare la gestione degli spazi culturali della città, mettere in campo un progetto che leghi insieme le migliori energie nei vari campi del sapere, che dia centralità alla scuola come volano per la crescita e lo sviluppo delle nuove generazioni, che freni quel regresso culturale “di massa” a cui drammaticamente assistiamo quotidianamente.

La nostra città non avrà un futuro se, insieme alle abitazioni, al patrimonio architettonico civile e religioso, agli impianti sportivi, alle scuole non metterà in campo ogni possibile azione per la ricostruzione del tessuto sociale, in un’ottica di solidarietà, inclusione, lotta alle disuguaglianze, aiuto a chi è più debole.

Sono temi di cui la scuola discute ogni giorno, di cui si preoccupa nella quotidianità del lavoro d’aula, a cui cerca di dare risposte concrete attivando progettualità, buone prassi, ricerca e sperimentazione.

Il nuovo Presidente del Consiglio Renzi parla ogni giorno di scuola, come ha fatto anche nel discorso di insediamento al Senato, mi auguro che alle parole seguano i fatti e che anche il Comune dell’Aquila possa mettere al centro dell’agenda politica la “questione scuola”, intesa come ricostruzione degli edifici ma anche come baluardo contro la barbarie.

Spero, in conclusione, che altri facciano sentire la loro voce, non solo sulla questione Auditorium ma, più in generale, sulle prospettive di rilancio culturale di una città che merita molto di più del quotidiano ciarpame campanilista, spesso contrabbandato per manifestazione di orgoglio aquilano.

Il Dirigente Scolastico

Prof. Antonio Lattanzi

 

Marijuana, prima licenza per la coltivazione nello Stato di Washington

Puffo_Spinello

 

 

 

 

 

Le autorità dello stato di Washington hanno rilasciato la prima licenza per la coltivazione di marijuana a uso ricreativo, a un privato che avrà pronto il primo raccolto entro un paio di mesi. Sono quindi due gli stati della confederazione (l’altro è il Colorado) ad arrivare alla fase operativa dopo i referendum pro-legalizzazione. Il primo ad aver ricevuto la licenza è Sean Green, un uomo di Spokane, che è già un coltivatore di marijuana a uso terapeutico, e che passerà da 5mila metri quadrati di piantagione a 21mila. Secondo le regole dello Stato Green ha 15 giorni per registrare tutte le piante possedute, anche quelle che non fioriscono. “Stiamo vivendo il sogno americano – ha affermato Green – proprio qui e adesso”.

Nello Stato di Washington molto presto anche il possesso e il consumo di marijuana a casa propria potrebbe potrebbe non essere più un reato penale. Il consiglio comunale ha infatti approvato, quasi all’unanimità, una legge che depenalizza il consumo della cannabis rendendolo un illecito amministrativo andando così ad aggiungersi a 17 Stati americani che hanno preso decisioni simili. Prima di diventare legge la norma deve passare dal Congresso che ha 60 giorni per rigettarla. Non è atteso però alcun intervento da parte dei legislatori federali: esso richiederebbe l’intervento sia di Camera sia di Senato, qualcosa che è accaduto solo tre volte dal 1979. Se arriverà il semaforo verde, il possesso fino a 28 grammi di marijuana sarà sanzionato con un’ammenda da 25 dollari, la più bassa rispetto a ogni altro Stato eccetto l’Alaska. Con le norme ora in vigore si finirebbe dietro le sbarre fino a un anno. Il consumo di cannabis in pubblico verrà inoltre equiparato al consumo di una birra, reato che comporterà una pena massima di 500 dollari e fino a sei mesi di carcere, meno di una multa da 1.000 dollari e un anno di carcere attualmente previsti.

Commenti

Si parte! “L’altra Europa con Tsipras”, presentati liste e simbolo.

Laltra-europa-con-Tsipras

 

 

 

 

 

 

Un cerchio rosso con al centro una scritta bianca, in stampatello: “L’altra Europa con Tsipras”. È questo il simbolo scelto dalla lista che alle elezioni europee di maggio sosterrà il leader del partito greco Syriza, Alexis Tsipras. Nel corso di una conferenza stampa presso l’Associazione Stampa Romana sono stati svelati i nomi della lista.

 

Collegio Sud
Ermanno Rea
Barbara Spinelli
Gano Cataldo
Antonia Battaglia
Claudio Riccio
Antonio Maria Perna
Valeria Parrella
Teresa Masciopinto
Eleonora Forenza
Raffaele Ferrara
Enzo Di Salvatore
Riccardo Di Palma
Antonio Di Luca
Anna-Lucia Bonanni
Costanza Boccardi
Franco Mario Arminio
Silvana Arbia

Donne, padrone della loro vita, le iniziative per la Giornata Internazionale della Donna

studenti

 

 

 

 

 

 

Donne, padrone della loro vita, protagoniste della società. Questo il titolo di una serie di iniziative messe in campo per la Giornata Internazionale della Donna dagli Assessorati alle Pari Opportunità, alle Politiche Sociali e alle Politiche Culturali dal Comune dell’Aquila, in collaborazione con le associazioni di donne del territorio.

Il 5 e il 6 marzo sono in programma due proiezioni cinematografiche, in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia e l’Istituto Cinematografico La Lanterna Magica.
Il 5 marzo alle 18 presso il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università dell’Aquila, saranno proiettati il cortometraggio di Gilles Rocca, “Metamorfosi” e il lungometraggio di Susanna Nicchiarelli “Cosmonauta”. Seguirà un dibattito con autori ed interpreti.

Il 6 marzo sempre alle 18 al Dipartimento di Scienze Umane dell’Università dell’Aquila, sarà la volta della pellicola di Alina Marazzi “Vogliamo anche le rose”. A seguire un dibattito con la prof.ssa Silvia Mantini, docente di Storia Moderna dell’Università e la dott.ssa Alessia Salvemme, presidente AIED dell’Aquila.
L’8 marzo le donne saranno protagoniste a Palazzetto dei Nobili, dove dalle 11 alle 18 si alterneranno dibattiti, musica, poesia, arte, giochi, letteratura, in collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti, l’Associazione Donne Terre Mutate, l’Associazione Femminile Immigrate per le pari Opportunità. l’Associazione Itinerari Armonici,

L’Aquila per le Donne, il Conservatorio Casella, Donne CGIL, Persone Libro Donne di Carta e Teatrando.
In via del tutto inedita, il Comune ha pubblicato, inoltre un calendario con tutte le iniziative che altre associazioni ed istituzioni culturali hanno proposto in vista dell’8 marzo.

Notizie dalla Valle dell’Aterno

Macrino_d’Alba,_Autoritratto;_Tempera_su_tavola;_Torino,_Museo_Civico_d’Arte_Antica

 

 

 

 

 

 

Cialente: ” Casette nessuna sanatoria”. Mano dura del Comune. So
proprio sfortunato. Mo che volevo fa’ n’abuso il sindaco si mostra
inflessibile.

Edimo: Siglato l’accordo per la cassa integrazione. Spero tanto per i
lavoratori in un futuro migliore. Ho la vaga sensazione che: ho i
lavoratori autonomamente creano le condizioni per una vita diversa
altrimenti so ca….. Noto che il mostro che ha divorato la pianura
alla fin fine chiama istituzioni e sindacati per una soluzione che al
padrone può apparire dignitosa. Questa è casa mia è qui comando io.
Come nel ‘700 se vuoi aver diritto dvei chiamar l’avvocato dei poveri.

L’Aquila: Stadio Acquasanta. Avanti piano. Moroni, “in tempo per il 1
novembre” So cavoli amari. Dove parcheggiano le auto tifosi e fedeli.
Il Centrosinistra richiama Antonio Centi.

IL DUCA GAGLIARDO DELLA FORCOLETTA

Guerra fra lavoratori nella Silicon Valley

silic

 

 

 

 

 

 

di Carlo Formenti

Ricordate i panegirici dei guru della New Economy  sulle magnifiche sorti e progressive della “classe creativa”? Erano gli anni Novanta e la bolla speculativa dei titoli tecnologici non era ancora scoppiata. La tesi di fondo era che, così come in passato la proprietà della terra e il controllo sul capitale avevano consentito a due classi sociali – latifondisti e capitalisti – di dominare l’economia, nel futuro immediato sarebbe stato il controllo su conoscenze e informazioni a regalare il potere a ingegneri informatici, sviluppatori, web designer, studiosi di marketing online, fondatori si startup, ecc. vale a dire a tutti coloro che detengono il know how necessario a navigare nei procellosi mari dell’economia di rete.

 

Di quei sogni è rimasto pochino: l’economia digitale del duemila è dominata da un pugno di grandi imprese monopolistiche e i “creativi” che avrebbero dovuto soppiantarne il management – i pochi che non sono sprofondati nella disoccupazione, o che non sono costretti a sbarcare il lunario nelle catene di subfornitura delle applicazioni per Facebook, Apple e Google o, peggio, che non sono finiti a lavorare per dieci (o meno) dollari l’ora nel terziario arretrato a fianco dei migranti – non sembrano essersi issati (ad eccezione di pochissimi) ai posti di comando.

Al contrario: gli accordi trasversali fra le grandi imprese negano loro persino la libertà di cambiare posto di lavoro ogniqualvolta si presentino migliori opportunità. Come rivela infatti un articolo del New York Times è in corso una causa intentata da 64.000 programmatori contro Apple, Google e altri, i quali, da almeno cinque anni, avrebbero stretto accordi segreti per non assumere professionisti che abbiano lavorato per imprese concorrenti (così se uno lascia Google non potrà mai sperare di trovare lavoro alla Apple o viceversa) allo scopo di non “rubarsi” reciprocamente segreti. Si tratta di una pratica illegale secondo la legge americana, ma di cui sarà difficile dimostrare l’esistenza e che, anche nel caso le vittime ottenessero risarcimenti, sarà ancora più difficile sradicare.

L’interessante è che, secondo lo stesso articolo, la battaglia legale di ingegneri e programmatori non sta affatto riscuotendo la solidarietà degli altri lavoratori, i quali, al contrario, continuano a considerarli una minoranza che gode di privilegi “pagati” dalla maggioranza degli altri lavoratori. Come spiega, per esempio, un articolo dell’Huffington Post le cifre stratosferiche che finiranno nelle tasche dei 50 dipendenti di WhatsApp, la startup comprata per ben tre miliardi di dollari da Facebook, vengono viste come uno scandalo dalle decine di migliaia di altri dipendenti di piccole e medie imprese che sbarcano il lunario per stipendi da fame nelle catene di subfornitura: alla ricchezza di pochissimi fanno da contrappunto le condizioni marginali della stragrande maggioranza dei lavoratori del settore.

Alla vecchia favola in base alla quale le diseguaglianze sono compensate dal fatto che la marea, quando sale, sale per tutti premiando le barchette al pari dei transatlantici, dopo sette anni di crisi catastrofica non crede più nessuno. E a salire è piuttosto il risentimento, come dimostrano le manifestazioni dei cittadini di San Francisco e di Seattle i quali, da qualche mese, hanno cominciato a dare l’assalto ai bus dei dipendenti di Google, Facebook e Microsoft contestando il fatto che i fondi pubblici delle loro città vengano usati per finanziare servizi privati – un risentimento alimentato anche dalla spinta inflattiva che la presenza di questi lavoratori “di lusso”  provoca sui prezzi degli affitti e sul costo della vita in generale.

Come già avvenuto in passato, insomma, il conflitto di classe non oppone solo capitale e lavoro, ma anche lavoratori di serie A e lavoratori di serie B.

A PROPOSITO DI INVASIONI ED INVASORI

Da Controlacrisi.org

comunista-difende-statua-308674_tn

 

 

 

 

 

 

 

Su quel che accade in Ucraina socializziamo questo commento del giornalista Silvestro Montanaro, autore del bel programma Rai “C’era una volta”, raro caso di informazione e approfondimento fuori dal coro purtroppo cancellato dal palinsesto.

 

La Crimea e’ russa. Lo e’ storicamente, culturalmente, economicamente. Fa parte intimamente della leggenda della Grande Madre Russia. E’ sul suo sangue, nella resistenza durata quasi un anno, all’invasione nazista che si decidono le sorti della Seconda Guerra Mondiale, della stessa Russia e della libertà nel mondo. La sua annessione all’Ucraina negli anni sessanta fu puro fatto amministrativo, non rivendicazione autonoma di un popolo.
La cagnara dei media occidentali, serva e bugiarda come al solito, totalmente nelle mani dei potenti della grande finanza, racconta in queste ore che la Crimea e’ stata invasa dai russi. Parla di violazioni, minaccia guerre e sfracelli, una nuova Guerra Fredda.
L’ “occupazione” e’ avvenuta in poche ore, meno di un giorno. Senza una sola vittima, un solo ferito ed un solo sparo. La “terribile violenza” vede la gente del territorio “occupato” in festa. Uomini e donne che si definiscono russi, perché russi sono e tali vogliono restare. La diplomazia occidentale promette di liberarli. Loro, lo hanno già fatto. E, nel caso, sono pronti a battersi contro i “liberatori”.
Non ho particolari simpatie per Putin e, meno ancora, per il deposto presidente dell’Ucraina. Ciò detto e chiarito, la partita che si e’ giocata e si continua a giocare sull’Ucraina ha fino in fondo i tratti della politica da western tipica del peggior Pentagono e del Dipartimento di Stato americano. Una politica folle ed avventurista che gia’ tanti danni ha provocato nel mondo. Una politica che in questi giorni ha conclamato un nuovo principio che fa maledettamente a pugni con tutte le basi di cio’ che e’ democrazia. Da pochi giorni, infatti, i governi non si cambiano grazie a libere elezioni, ma a spallate di piazza. E che piazza, poi, nel caso ucraino. La peggior feccia del nazionalismo, del fascismo e dell’oligarchia ladrona ha nei fatti operato un golpe armato e violento. Se il presidente deposto era un farabutto, chi lo sostituisce veste gli stessi sporchi panni.
In un colpo solo, nella mente folle di chi ha spinto sull’acceleratore della crisi ucraina, si volevano cogliere più ed impossibili obiettivi. Conquistare un territorio ricco di manodopera a basso costo, prendere il controllo dei gasdotti ed oleodotti che da li’ passano, azzerare il condizionamento russo sulle politiche europee, annientare lo sbocco russo sui mari caldi e quindi tutta la sua influenza sul Mediterraneo e sul medioriente, mettere in crisi l’influenza del Cremlino sull’intero Caucaso. Insomma, si voleva cambiare il mondo, in un colpo solo. Follia. A Putin e’ stato sufficiente raccogliere la richiesta di aiuto che veniva dalla parte russa dell’Ucraina, spaventata dalla strana congerie golpista al governo di Kiev, per parare il colpo.
Seguiranno settimane e mesi di gelo internazionale e nuovi conflitti. A pagarne il prezzo saranno soprattutto gli europei che da un deterioramento dei rapporti con la Russia hanno molto da perdere. Ma forse era questo l’obiettivo vero degli strateghi a stelle e strisce. E pagherà un prezzo amarissimo il popolo ucraino. Il paese e’ alla bancarotta e da questa non lo salveranno certamente i nuovi banditi ora al potere.Anzi. La crisi ucraina si riverserà sull’Europa che di problemi ne aveva già tanti. Un risultato straordinario per chi da anni sogna di far bottino sulla crisi dell’eurozona.
Intanto, saremo costretti a sorbirci la retorica prezzolata sull’invasione russa della Crimea. La stessa retorica prezzolata che ha salutato come guerra umanitaria la distruzione prima del’Iraq, poi della Libia. Quelle non erano invasioni? Un milione di morti e paesi rasi al suolo ed in ogni senso. Che schifo.
E sopporteremo il tutto in attesa di una nuova sapiente spallata, quella che deponendo il governo venezuelano, restituirà agli Stati Uniti il controllo del suo cortile di casa, il Sudamerica. Li’, purtroppo, a costo di tanto sangue perché i chavisti,che pure hanno i loro torti, non accetteranno a cuor leggero un golpe modello ucraino.
E’ troppo sperare che la costruzione della democrazia nel mondo, perché sia veramente tale e non lurida affermazione dell’arroganza di poteri occulti, sia liberata dai cowboys?

In Venezuela ci risiamo. È un golpe mediatico

Venezuelan acting president Nicolás Maduro

 

 

 

 

 

 

 

 

Di  Adolfo Pérez Esquivel *                         fonte: Il Manifesto

 

Il Vene­zuela è minac­ciato da ten­ta­tivi gol­pi­sti della destra lati­noa­me­ri­cana e dal governo degli Stati uniti, su que­sto non ci sono dubbi e non c’è niente di nuovo.

Tutti i paesi lati­noa­me­ri­cani attra­verso la Celac, la Una­sur, il Mer­co­sur e l’Alba hanno emesso comu­ni­cati con­giunti rico­no­scendo il ten­ta­tivo di desta­bi­liz­za­zione della demo­cra­zia vene­zue­lana, espri­mendo la pro­pria soli­da­rietà e la neces­sità di dia­logo. La soli­da­rietà con il popolo vene­zue­lano e il suo governo è una grande sfida per tutta la Nostra America.

È pre­oc­cu­pante e dolo­rosa l’intensità della vio­lenza sca­te­nata, che ha pro­vo­cato morti, feriti e danni materiali.L’ex pre­si­dente Hugo Chá­vez ha vinto le ultime ele­zioni con oltre il 10%. Poi­ché non ha pur­troppo potuto assu­mere l’incarico, sono state indette nuove ele­zioni con osser­va­tori inter­na­zio­nali che non hanno lasciato dubbi sulla legit­ti­mità del nuovo pre­si­dente. Ha vinto Maduro e una volta di più ha vinto il pro­getto boli­va­riano ini­ziato da Chá­vez, per­ché la mag­gio­ranza dei vene­zue­lani capi­sce che il suo paese è miglio­rato ed è più ugua­li­ta­rio. Infatti, gra­zie a que­sto pro­ceso , il Vene­zuela per la prima volta nella sua sto­ria può essere padrone delle pro­prie risorse petro­li­fere e porle al ser­vi­zio del popolo e del con­ti­nente, com­presi gli Stati uniti quando furono deva­stati dall’uragano Katrina.

Durante l’ultima decade, il governo ha aumen­tato la spesa sociale di più del 60% e oggi è il paese della regione con il livello più basso di disu­gua­glianza, per averla ridotta del 54%, e per aver ridotto la povertà del 44%. In mate­ria di istru­zione, si situa al secondo posto in Ame­rica latina e al quinto nel mondo per la mag­gior pro­por­zione di stu­denti uni­ver­si­tari. Ha costruito oltre 13.721 cli­ni­che nel quar­tieri popo­lari in cui prima lo Stato non c’era e il suo sistema di sanità pub­blica ha pro­dotto circa 95.000 medici. Ha costruito oltre 500.000 case popo­lari, ha finan­ziato lo sport, per citare solo alcune delle conquiste.

Tut­ta­via, alcuni set­tori dell’opposizione (non tutta) mani­fe­stano inten­zioni gol­pi­ste, non si ras­se­gnano alla scon­fitta elet­to­rale e cer­cano di otte­nere con la vio­lenza quel che non hanno potuto otte­nere con libere ele­zioni. Il pre­si­dente Nico­lás Maduro in 10 mesi di governo ha affron­tato situa­zioni di costante desta­bi­liz­za­zione che mirano a desti­tuirlo. La vio­lenza e gli attac­chi al Vene­zuela sono un attacco a tutti i governi demo­cra­tici del con­ti­nente. Non è un fatto iso­lato, i ten­ta­tivi di colpo di stato avan­zano con nuovi metodi in Ame­rica latina. Ci han pro­vato e hanno fal­lito in Ecua­dor, Boli­via, Argen­tina e nello stesso Vene­zuela nell’anno 2002, però hanno trion­fato in Para­guay e Hon­du­ras dove gli Stati uniti hanno espanso le loro basi mili­tari. I mezzi di comu­ni­ca­zione cor­po­ra­tivi e mul­ti­na­zio­nali come Cnn, Fox e quelli euro­pei, mani­po­lano infor­ma­zioni e dif­fon­dono pro­pa­ganda di guerra in nome della pace, e odio in nome della libertà. Il loro inte­resse è quello di dimo­strare così di essere indi­spen­sa­bili per poter desti­tuire qua­lun­que pre­si­dente, e rice­vere così mag­giori finan­zia­menti dal Dipar­ti­mento di stato Usa. Però noi lati­noa­me­ri­cani già sap­piamo che sono solo un sog­getto poli­tico in più a difen­dere gli inte­ressi pri­vati e quelli delle grandi potenze con inganni e men­zo­gne che obnu­bi­lano le coscienze.

Dob­biamo impa­rare dalla sto­ria, per­ché nel golpe fal­lito del 2002 è acca­duto lo stesso e per que­sto viene con­si­de­rato il primo golpe media­tico della sto­ria. Lo ha messo in evi­denza il docu­men­ta­rio La rivo­lu­zione non sarà tele­tra­smessa , che vi rac­co­mando. La pace è una dina­mica di rela­zioni tra le per­sone e i popoli che non si regala, si con­qui­sta attra­verso la verità, la giu­sti­zia e il rispetto dei diritti umani nella costru­zione demo­cra­tica. Da un lato si deve inve­sti­gare la morte degli stu­denti per mano degli incap­puc­ciati per­ché vi sia giu­sti­zia per le vit­time. Dall’altro occorre appog­giare il Plan de Paz y Con­vi­ven­cia Nacio­nal che il Vene­zuela ha lan­ciato, con una gigan­te­sca mani­fe­sta­zione popo­lare, che cerca la costru­zione della pace cit­ta­dina e la lotta con­tro la cri­mi­na­lità, favo­rendo il disarmo della popo­la­zione e delle coscienze armate.

Nel suo discorso, Maduro si è espresso con molta chia­rezza: «Chiun­que si metta una cami­cia rossa con il ritratto di Cha­vez e prenda una pistola e aggre­di­sca un altro vene­zue­lano, quello non è cha­vi­sta né rivo­lu­zio­na­rio, andrà comun­que in car­cere». Non vediamo l’opposizione fare lo stesso.

Dav­vero risulta molto ver­go­gnosa la cam­pa­gna per defi­nire dit­ta­tura il Vene­zuela, tenendo conto che è il primo paese nella sto­ria degli Stati nazione a istau­rare e appli­care il sistema di refe­ren­dum revo­ca­to­rio a metà del man­dato pre­si­den­ziale per raf­for­zare la demo­cra­zia. Di fatto, quando ciò venne rea­liz­zato, nel 2004, tornò a vin­cere Chá­vez, così come in altre 13 ele­zioni dal 1998.

 

Se un giorno a que­sto governo toc­cherà di per­dere qual­che ele­zione, lo accet­terà come fece nel suo secondo ten­ta­tivo di rifor­mare la costi­tu­zione, però non dismet­terà nes­suna delle sue ban­diere per­ché i boli­va­riani con­ti­nue­ranno a lavo­rare per una Vene­zuela e una Patria Grande migliori. La Rivo­lu­zione boli­va­riana, rivo­lu­zione delle urne e della strada, ha sem­pre vinto con la Legge e la demo­cra­zia, e così con­ti­nuerà a fare. È que­sto che la rende così peri­co­losa per alcuni e così neces­sa­ria per altri.

Per que­sto inviamo la nostra soli­da­rietà al popolo vene­zue­lano per la difesa delle sue isti­tu­zioni demo­cra­ti­che, delle poli­ti­che sociali, eco­no­mi­che e cul­tu­rali otte­nute attra­verso la par­te­ci­pa­zione popolare.

 

*premio Nobel per la Pace

Droghe, la comunità di Don Gallo ha ragione, il governo intervenga subito per abolire definitivamente la Fini-Giovanardi

spinellone-vi

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci associamo alla richiesta emersa nella due giorni organizzata a Genova dalla Comunità di San Benedetto al Porto “Sulle orme di Don Gallo. Droghe ripartiamo da Genova”: è necessario, dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato l’incostituzionalità della Fini-Giovanardi, un decreto immediato da parte del governo che riguardi coloro che stanno scontando pene prescritte da quella legge assurda e liberticida. Vi è infatti una lacuna normativa che va al più presto colmata dando indicazioni chiare ai giudici: bisogna assolutamente evitare che – anche se c’è stata la sentenza di incostituzionalità – la Fini-Giovanardi continui a “vivere” per chi è oggi in galera: le pene in corso vanno ridefinite in base alla precedente normativa. Occorre intervenire sia sui processi in corso sia per la riparametrazione delle pene dei detenuti passate in giudicato. Chiediamo che il governo Renzi ascolti i tanti – magistrati, giuristi, operatori e garanti dei detenuti – che si occupano di droghe nel quotidiano e che propongono tale intervento: la Fini-Giovanardi va mandata a casa definitivamente.

 

Paolo Ferrero