Razzismo: A Forlì squadra marocchina si ritira dal campionato amatoriale

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A Forlì la squadra di immigrati marocchini ha deciso di ritirarsi dal campionato amatoriale Uisp: “Basta offese, così non si può giocare”.  Ogni fine settimana è sempre la stessa storia: in campo arrivano gli insulti razzisti. E così il Casablanca FC, squadra composta da immigrati marocchini che gioca nei campionati amatoriali dell’Uisp di Forlì, ha deciso di ritirarsi dal campionato.

L’ultimo episodio, quello che ha portato la squadra a prendere la decisione, è arrivata sabato scorso: “Tornate a casa marocchini di m…”, ha gridato uno degli avversari, durante la partita contro il Club juventinità di Forlimpopoli, vinta per 3-0 dal Casablanca. I giocatori hanno immediatamente avvertito l’arbitro, ma non è stato preso nessun provvedimento, anche per questo è arrivata la decisione, come ha raccontato Rachid Hansal, 41 anni, capitano della squadra, con un passato nella serie A marocchina e qualche presenza in nazionale.

Quello di sabato è stato, secondo il capitano del Casablanca “l’ultimo di una lunga serie di insulti a sfondo razziale. Purtroppo quasi ogni partita è così. Non ne possiamo più. E adesso non giochiamo più. Abbiamo fatto anche un esposto alla Uisp, citando il nome dell’autore di quella frase. Di certo offese così non ne sopporteremo più. Era giunto il momento di fare qualcosa. Di prendere una decisione forte. E l’abbiamo presa”. Così, da sabato prossimo, il Casablanca non scenderà in campo.

Rifondazione:Candidatura D’Alfonso,dopo Il Fatto e La Stampa arriva Repubblica. Avevamo visto giusto!

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L’articolo apparso sul sito del giornale di De Benedetti svela retroscena imbarazzanti e inquietanti sulla candidatura di Luciano D’Alfonso: in pratica il PD sarebbe sotto ricatto da parte di D’Alfonso e del suo gruppo. Sarebbe stato comunque pronto a correre con una propria lista, al solo scopo di far perdere la coalizione se gli negava la candidatura da governatore. E poi questi signori accusano Rifondazione di fare il gioco della destra quando coraggiosamente si propone come alternativa agli impresentabili !

E gli altri partner della coalizione di questo centrosinistro accettano supinamente il ricatto?

Una coalizione che candida qualcuno perché altrimenti la fa perdere non ha la credibilità per presentarsi come proposta di cambiamento.

Appare evidente che le cose che ha sostenuto Rifondazione Comunista sull’inopportunità della candidatura di Luciano D’Alfonso non sono poi così peregrine come appaiono alla classe dirigente del centrosinistro abruzzese se analoghi ragionamenti appaiono sui principali giornali nazionali.

Tranne Rifondazione Comunista nella nostra Regione nessuno a “sinistra” ha il coraggio di assumersi il rischio di una critica aperta e pubblica a Luciano D’Alfonso (figuratevi cosa succederà se dovesse diventare Presidente!).

Noi abbiamo posto e poniamo con lealtà e a viso aperto problemi politici che il centrosinistro non ha voluto affrontare. Il far finta che non esistano non risolve i problemi e l’unanimismo nel centrosinistro abruzzese la dice lunga sulla qualità e il carattere di una classe dirigente che negli ultimi quindici anni ha sbattuto il muso con infiniti guai giudiziari proprio per non aver mai voluto affrontare prima, politicamente, le questioni.

Se il Fatto quotidiano può essere accusato di giustizialismo, La Stampa è troppo sabauda, spero che nessuno ci venga a dire che Repubblica è un giornale nemico del PD o che fa il gioco di Chiodi e della destra.

La sottovalutazione bipartisan della questione morale in Abruzzo è tale che il presidente Chiodi ha pensato bene di aprire la sua campagna elettorale con un comizio dell’ex-Presidente della Regione Puglia Raffaele Fitto, condannato a 4 anni per corruzione, finanziamento illecito ai partiti e abuso d’ufficio. Come accade da anni, non appena i riflettori della questione morale si accendono su un polo, l’altro immediatamente segna un pareggio. Poi si lamentano dell’antipolitica e del qualunquismo!

Maurizio Acerbo, consigliere regionale PRC-Sinistra Europea
Marco Fars, segretario regionale PRC

Sahara occidentale, l’incredibile storia della Minurso

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da liberazione.it

di Vittorio Bonanni

 

un miliardo di dollari spesi in oltre 22 anni, nessun risultato pratico e nessuna attenzione sul rispetto dei diritti umani della popolazione sahrawi. E’ questo l’incredibile bilancio della missione Onu nei Territori occupati dal Marocco, la Minurso, che aveva il compito fin dal suo insediamento nel 1991 di organizzare nel Sahara occidentale un referendum che decidesse del futuro di quella popolazione. Ma non solo di questa consultazione elettorale, boicottata fin dall’inizio da Rabat, non si è fatto ancora nulla. C’è di più. I caschi blu lì presenti assistono quotidianamente agli episodi di repressione delle forze di polizia e dei militari marocchini contro la popolazione civile senza poter intervenire perché il mandato che è stato loro conferito non lo prevede. Proprio su questa incredibile storia si è tenuta in mattinata al Senato una conferenza stampa organizzata dall’Intergruppo parlamentare di amicizia con il popolo sahrawi, rappresentato dal senatore Stefano Vaccari, insieme all’Associazione nazionale di solidarietà, presieduta dal giornalista e africanista Luciano Ardesi. Insieme a loro hanno relazionato Fatima Mahfud, vice-rappresentante del Fronte polisario in Italia, Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia, l’avvocata Francesca Doria, osservatrice internazionale ai processi degli attivisti sahrawi per i diritti umani e Sara Di Lello, vicepresidente della ong Africa 70. L’occasione è il lancio di una campagna internazionale per porre fine a questa incredibile situazione in prossimità della scadenza della missione, datata 30 aprile, sul cui prolungamento dovrà esprimersi il Consiglio di Sicurezza. Il massimo organismo dell’Onu dovrà anche decidere se estendere appunto il mandato della Minurso alla protezione dei diritti umani, come chiesto dalla maggioranza dei membri del Consiglio stesso ad eccezione della Francia, la quale si ritiene convinta che il Marocco, avendo fatto dei passi in avanti su questo tema, sia in grado di vigilare da solo su questo delicato problema. Vaccari ha voluto ricordare come l’iniziativa abbia avuto luogo all’indomani dell’approvazione del provvedimento finalizzato a rifinanziare le missioni internazionali per la parte che riguarda l’Italia, compresa appunto la Minurso. “Con il fine – ha detto il senatore del Pd – di estendere le competenze della missione anche sul tema dei diritti umani e della sicurezza dei cittadini sahrawi. Questa è la ragione principale che ci ha portato insieme all’Associazione di solidarietà con il popolo sahrawi e alla rappresentanza del Fronte polisario in Italia a rendere noti alcuni dati importanti su quello che è stato il ruolo dei caschi blu in quella regione che, stando al resoconto che è stato predisposto anche in questa occasione, dei diritti umani si sono occupati molto poco. L’Intergruppo parlamentare ha presentato recentemente una mozione con un consistente numero di firme insieme ai colleghi del Senato per ribadire la posizione italiana su questa vicenda. Con l’intenzione di chiedere un incontro con la ministra Mogherini sulle prospettive del Sahara occidentale, contando sul fatto che faceva parte anche lei dell’Intergruppo”. Fatima Mafud, del Fronte Polisario, ha posto come problema principale proprio la questione del mancato espletamento del referendum per l’autodeterminazione, che fino ad oggi non è stato ottenuto. “Il Marocco non vuole nessuna soluzione – ha sottolineato la dirigente sahrawi – vuole tenere 160 mila soldati lungo il muro del Sahara Occidentale e relegare fuori dai confini i profughi sahrawi. L’intervento della missione dell’Onu è priva di mandato sui diritti umani; se i caschi blu si trovano di fronte a una violenza si voltano letteralmente dall’altra parte per non vedere e sin dal principio la Francia si è opposta all’estensione del mandato delle Nazioni Unite “. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, ha invece sottolineato la necessità che l’Onu avvii un’indagine sulla violazione dei diritti umani che, è stato denunciato da vari osservatori, si manifesta soprattutto in due casi: forte incidenza della tortura da parte del Marocco e la sparizione di persone di cui sono stati ritrovati resti in fosse comuni già dal 1976. E proprio in base a quanto denunciato dagli attivisti di Amnesty e altre organizzazioni l’avvocata Doria, esperta di diritto internazionale, più volte recatasi nei Territori occupati, ha rimarcato ”la necessaria estensione dei poteri della Minurso che vede esposto l’intero popolo sahrawi che manifesta ogni mese per ottenerla” soprattutto a fronte del dato relativo al costo della missione dal ’91 ad oggi, un miliardo di dollari, evidenziato da Sara Di Lello di Africa 70. Ardesi, dal canto suo ha ricordato come ”la Minurso sia l’unica missione dell’Onu che non possiede il potere di difesa dei diritti umani e la maggioranza del consiglio dell’Onu è favorevole, solo Francia e Marocco sono contrari adducendo come motivazione che il governo marocchino sia da solo garante dei diritti umani nel Sahara occidentale”. Il giornalista ha voluto anche stigmatizzare la difficoltà di fare breccia nell’opinione pubblica marocchina sul problema dei sahrawi, ricordando la grave presa di posizione presa da un intellettuale di prestigio come lo scrittore Tahar Ben Jelloun, fedele tessitore delle lodi del re. Per il quale il vero conflitto in corso non è con la popolazione sahrawi ma con l’Algeria. E i campi profughi che Algeri ospita sono in realtà “campi di addestramento del terrorismo internazionale”, disconoscendo così anche l’identità assolutamente laica e progressista di quel popolo e di chi li rappresenta, ovvero il Fronte polisario. Non una parola sui soldati e sui poliziotti del suo Paese “che ogni giorno massacrano i sahrawi che, con manifestazioni pacifiche e nonviolente, chiedono rispetto per i propri diritti e la propria dignità”. La coscienza di Ben Jelloun, si chiede Ardesi, “conosce ancora la libertà, o ha fatto sottomissione a sua maestà?”. Insomma un compito arduo attende chi ha ancora a cuore il destino di questo popolo. E non può che far piacere constatare come, nel Parlamento di questa nostra disastrata democrazia, ci sia ancora qualcuno sensibile a queste tematiche.

De Amicis: Usi civici opportunità di lavoro

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Le terre pubbliche, le terre gravate da Uso Civico potrebbero rappresentare una ocassione, un elemento certo di lavoro. La regione Umbria ed in forma diversa la regione Lazio si sono dotate di strumenti legislativi e regolamentari affinchè l’agricoltura e tutto il sistema silvo pastorale, messo a disposizioni di singoli giovani o “imprenditori” compresi tra i 18 e i 39 anni possa rappresentare un momento importante alla crisi sociale ed occupazionale che attanaglia l’intero paese.

Le terre non possono rimanere incolte, sono una risorsa preziosa: si può costruire una nuova economia che crea lavoro e sviluppo e difende l’ambiente. I terreni possono essere concessi in affitto per un periodo di 15 anni con la possibilità di rinnovo dell’accordo per altri 15 anni. In questo modo sarà possibile rigenerare terre che altrimenti resterebbero incolte regalando nuove possibilità di lavoro.

Non capisco il motivo per cui anche qui da noi non ci si possa e debba dotare di una legge organica in materia. Ciò costituirebbe una riconquista della civiltà contadina, e metterebbe una pietra tombale alla demagogia imperante in tema di demanialità e conservazione del territorio.

 

Alfonso De Amicis Ross@ L’Aquila

 

La Regione Abruzzo vuole aprire la caccia al cervo e al capriolo

 

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Il problema per il mondo agricolo e’ rappresentato dai cinghiali non certo da cervi e caprioli.

Proponiamo alla maggioranza quindi di stralciare la parte relativa ai cervidi e di approvare il regolamento per quanto riguarda i cinghiali.

 

Oggi è di nuovo all’ordine del giorno della terza commissione della Regione l’esame della proposta di regolamento che prevede anche di aprire la caccia al cervo e al capriolo. Già se ne è ampiamente discusso il 5 marzo. In quella sede è emersa chiaramente l’opportunità di approvare un regolamento che disciplini su scala regionale la caccia al cinghiale. Finora infatti la caccia a questa specie è stata caratterizzata da una grande confusione per cui in ogni ambito di caccia si è proceduto in modo autonomo e il risultato non è stato certo quello di organizzare razionalmente i prelievi venatori di cinghiali. E’ invece necessario che non si proceda all’apertura della caccia al cervo e capriolo, anche se preceduta da censimenti delle due specie. Riteniamo infatti assurdo pensare di aprire la caccia a queste due specie visto che è ancora in pieno svolgimento il processo di ricolonizzazione di vaste aree. Inoltre va sottolineato che la massima concentrazione di cervi si trova nella Zona di Protezione Esterna del Parco Nazionale d’Abruzzo. Aprire la caccia al cervo e al capriolo in questa zona, di estrema importanza per l’orso marsicano, significherebbe aggiungere un ulteriore grave fattore di disturbo ai già molti presenti nella zona, tanto più che il periodo della caccia al cervo verrebbe in gran parte a sovrapporsi con quello cosiddetto della “iperfagia”, quello cioè in cui gli orsi devono nutrirsi abbondantemente per prepararsi ai mesi invernali. Ricordiamo che in tale zona, così delicata ed importante, oltre ai cacciatori locali si aggiungerebbero anche quelli provenienti da altre zone. Questo fatto aumenterebbe sensibilmente, tra l’altro, le probabilità di uccisioni accidentali anche di esemplari di specie protette a cominciare dall’orso marsicano, il cui stato di conservazione è, ricordiamolo ancora una volta, assai preoccupante. Il regolamento quindi dovrebbe disciplinare su base regionale la caccia al cinghiale, in modo da consentirne un prelievo adeguato con modalità tali da non mettere a repentaglio, tra l’altro, altre specie, come l’orso e il lupo. e mettere le basi per l’effettuazione di censimenti seri ed affidabili concernenti lo stato del cervo e del capriolo nella Regione Abruzzo, premessa indispensabile per una gestione razionale di queste specie. Il cervo e il capriolo si erano completamente estinti in passato in Abruzzo a causa soprattutto di una caccia eccessiva. Sono ritornati , a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, grazie a reintroduzioni in aree protette e, nel caso del capriolo, anche per ricolonizzazione da regioni vicine. Ma questo processo è tutt’altro che concluso. Aprire la caccia a queste due specie significherebbe ostacolarne se non bloccarne il processo di espansione. Sono componenti fondamentali degli ecosistemi naturali e, soprattutto il cervo, costituiscono una notevole attrattiva per il turismo naturalistico, di grande importanza economica in Abruzzo ed in via di rapido sviluppo, anche se i nostri politici continuano imperterriti a non comprenderne l’importanza.

 

 

Stefano Allavena, Delegato LIPU per l’Abruzzo

Pietro Matta, Coordinamento regionale di Pro Natura

Maurizio Acerbo, Consigliere regionale PRC

Ross@ L’Aquila:Cupi orizzonti

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Le elezioni europee si svolgono dentro cupi orizzonti. Devastazioni, macerie economiche, sociali e politiche sono sotto i nostri occhi. Oggi assistiamo all’avventurismo delle elites europee dietro il declinante imperialismo americano nella “terra di Mezzo” dell’Ucraina. Un intervento che, non pare aver prodotto le aspirazioni iniziali dei dottor “Stranamore”. Anzi UE e Nato nel loro balbettio possono diventare più pericolosi.

Nel frattempo alimentano come in Ucraina l’aggressione alla democrazia Venezuelana. Crisi economica, finanziaria e gopolitica si fondono esplosivamente, e tuttavia pare non interessare le vicende elettorali e politiche, se non come cronaca. Eppure, nei racconti letterari, storici, vengono giù, giudizi sull’Europa, che fanno rabbrividire. Beck, Bauman e Habermas, insistono sulla crisi “epocale”. Mentre Heisbourg decreta la fine di un sogno, Bifo parla di collasso, Amoroso di fallimento, Bellofiore scorge la “barbarie che avanza”, Vladimiro Giacché sostiene che stiamo ballando sul Titanic. Sui fondali più cupi Pisani-Ferry parla di risveglio dei demoni. Qualche giorno fa è scomparso uno degli economisti più originali e autorevoli dell’Italia contemporanea, Augusto Graziani.

Egli uno dei suo saggi più conosciuti, di venti anni orsono, metteva in guardia circa l’adozione della moneta unica, l’euro. L’euro così come pensato e attuato lo analizzava e lovedeva, come strumento di disequilibrio, che avrebbe favorito le economie a conduzione germanica a danno dei paesi cosiddetti piigs. Ne denunciava il carattere autoritario, perché sganciato da ogni controllo democratico, contraddittorio perchè aveva ed ha la pretesa di unire economie fortemente diseguali. La moneta è nata insomma per sostenere le economie del nord e per intraprendere una guerra monetaria di tipo imperialista nei confronti del dollaro e delle altre monete continentali. L’euro unitamente alle politiche di austerità sta assolvendo al compito per cui è nato. Guerra commerciale all’esterno ristrutturazione sociale e politica nelle singole nazioni.

L’austerità espansiva e la crisi, sono diventate forme perenni di governo. La soluzione del problema è rimandato ad un futuro incerto. La luce in fondo al tunnel semplicemente con c’è. Non avendo soluzioni e non potendo più promettere scalate sociali, questo neoliberalismo evoca nuove forme di totalitarismo. In questa fase storica con questo paradigma il capitalismo sta ormai divorziando dal concetto stesso di democrazia. Quindi qualche interrogativo sorge, invece sull’apparato analalitico che oggi sorregge sulle sorti delle elezioni e sulla possibilità che esse possano riqualificare un’Europa che invece viaggia su altri binari. Ma soprattutto in questi scenari la lista Tsipras con il suo riformismo e la sua “democrazia comunitaria” e localista può essere un argine all’orda del neoliberalismo? Insomma può uno scoglio arginare il mare? Mi pare di capire che questo tentativo sia sull’ordine del fallimento politico, così come l’anno scorso lo è stato la lista di Rivoluzione Civile con a capo Ingroia. Oggi al posto del magistrato abbiamo i professori.

 

Alfonso De Amicis di ROSS@ L’ Aquila

ok alla cannabis terapeutica

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Il Consiglio dei Ministri non impugna davanti alla Corte costituzionale la legge regionale abruzzese in vigore dall’inizio dell’anno. Le norme, firmate da Rifondazione comunista, prevedono l’avvio di progetti pilota per lanciare anche in Italia la produzione farmaceutica a base di Thc

“E’ con grande gioia che appren­diamo che il governo ha deciso di non impu­gnare la legge regio­nale abruz­zese sulla can­na­bis tera­peu­tica di cui Mau­ri­zio Acerbo di Rifon­da­zione Comu­ni­sta è stato pro­mo­tore e primo fir­ma­ta­rio» dichiara Paolo Ferrero Segretario Nazionale del Prc.

È proprio Mau­ri­zio Acerbo a spie­gare le altre par­ti­co­la­rità della legge regio­nale abruz­zese: «Non abbiamo voluto limi­tare le tipo­lo­gie di pato­lo­gie per le quali può essere pre­scritta la can­na­bis tera­peu­tica – spiega il capo­gruppo del Prc in con­si­glio regio­nale – e abbiamo lasciato invece com­pleta auto­no­mia e respon­sa­bi­lità al medico sulla scelta della tera­pia che può avve­nire a casa o in strut­ture ospe­da­liere»

Crisi, una donna anziana rapina una banca a Prato: “Mi servono i soldi per le medicine”

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Una donna anziana ha rapinato una banca a volto scperto e armata di taglierino e pistola (giocattolo). E’ accaduto alla banca Cassa di Risparmio di Lucca-Pisa-Livorno agenzia di Prato. L’anziana signora si e’ sentita in dovere di giustificare il gesto dicendo ai cassieri che i soldi serviranno per l’acquisto di medicine. La signora dopo essersi appropriata del bottino, circa 4.000 Euro, e’ “fuggita” a piedi. Secondo le testimonianze degli addetti e dei presenti, la donna si e’ presentata alla cassa dell’istituto di credito come una normale cliente, dopo aver atteso il suo turno. Ma quando e’ arrivata davanti al bancone, a tu per tu con il cassiere, ha tirato fuori una pistola, ”visibilmente di plastica” riferiscono gli investigatori, e poi un coltello. E, minacciando l’impiegato, gli ha chiesto di darle i soldi. Una rapina, nelle modalita’, come altre, solo che ad agire, in base alle testimonianze raccolte dai carabinieri, e’ stata una donna inizialmente indicata come una settantenne ma che, da successivi accertamenti e verifiche, avrebbe una decina di anni meno. Un’anziana che, sempre in base alle dichiarazioni di un cassiere, riferiscono fonti investigative, avrebbe anche detto che “i soldi le servivano per le medicine”.
Erano da poco passate le 11.30, ieri, quando e’ avvenuta la rapina, nella filiale della Cassa di risparmio di Lucca-Pisa-Livorno a Prato, fra la stazione ferroviaria e il centro storico della citta’ laniera, zona piuttosto frequentata a quell’ora. La donna, presi i soldi, circa 4.000 euro, si e’ diretta verso l’uscita e ha fatto perdere le sue tracce. “Noi non l’abbiamo seguita soprattutto perche’ temevamo si potesse fare del male da sola, magari con gli stessi strumenti di minaccia con cui ha chiesto a noi il denaro”, avrebbero spiegato alcuni dipendenti della banca ai carabinieri, intervenuti in via Tacca dopo che era stato dato l’allarme e a loro volta stupiti per l’identita’ indicata loro sulla persona che aveva messo a segno il colpo.

PRC:CANDIDATURA D’ALFONSO RIMANE INOPPORTUNA

SINISTRA: PARTITO CORTEO A ROMA, L'OPPOSIZIONE E' NOSTRA

 

 

 

 

 

 

 

 

E’ tipicamente berlusconiano pensare che il voto delle primarie cancelli le questioni che rendono inopportuna la candidatura di Luciano D’Alfonso, tra cui ricordiamo quella non secondaria che un’eventuale condanna in appello riporterebbe al voto la Regione dopo pochi mesi.

Il risultato delle primarie non modifica quindi il nostro giudizio sull’inopportunità della candidatura di Luciano D’Alfonso alla Presidenza della Regione Abruzzo semmai lo rafforza.

La bassa affluenza dimostra che c’è un malessere diffuso rispetto a un PD che in Abruzzo ha collezionato negli ultimi anni più inchieste della camorra in Campania ma che non riesce a fare i conti con la questione morale.

Soltanto le comunali di Pescara e di altri piccoli centri hanno risollevato un dato di affluenza che appare piuttosto gonfiato per nascondere il flop sul territorio regionale.

Dopo il Fatto quotidiano anche La Stampa ha segnalato il caso Abruzzo e non c’è davvero bisogno di essere giustizialisti per rendersi conto che in qualsiasi paese europeo i fatti e le relazioni oggetto delle inchieste avrebbero spinto a un prudente passo indietro.

E’ vero che le responsabilità penali sono personali e vanno accertate in sede giudiziaria, ma è invece collettiva la responsabilità politica del centrosinistra abruzzese per la sua ormai storica indifferenza verso la questione morale che viene confermata anche da questa vicenda.

Il cambiamento in Abruzzo non può certo essere rappresentato dalla candidatura di D’Alfonso e dal caravanserraglio che ha aggregato, pieno di transfughi del centrodestra e di ras clientelari che hanno lasciato in eredità centinaia di milioni di debiti nelle società dell’acqua.

Sarebbe stato per noi comodo garantirci il rientro in Consiglio Regionale facendo finta che tutto vada bene e mettendoci al sicuro all’ombra di una coalizione che viene data vincente ma non vogliamo aggiungerci alla schiera già affollatissima degli ignavi.7
Rifondazione Comunista non sosterrà alle regionali questo centrosinistro (la o finale non e’ un errore ortografico) dato che è persino dubbio che possa essere qualificato un “meno peggio”: le relazioni di D’Alfonso con le imprese ci sembrano più preoccupanti di quelle di Pagano e Chiodi con le amanti.

Lavoreremo per costruire con l’altro Abruzzo, quello che non ne può più dei vecchi sistemi di potere e si batte per i beni comuni, una proposta alternativa, di sinistra e ambientalista.

Marco Fars, segretario regionale PRC-Sinistra Europea

  Maurizio Acerbo, consigliere regionale PRC-Sinistra Europea

L’eclissi di una classe pseudo dirigente

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Di Alfonso De Amicis

Il tempo delle buone recite è finito. La condizione dell’Italia, ma anche della stessa Europa è drammatica. I dati economici sociali e politici annunciano tempeste. Qualcuno ha pensato bene di provare una sorta di avventurismo o di prove da scenari per una III guerra mondiale, magari modulando i connotati e il conflitto attraverso una guerra a bassa intensità o di nuovo conio.

L’Ucraina è il primo esperimento. La classe politica peninsulare cerca solo di prendere tempo. Non hanno la benchè minima percezione del dramma. Allora è tutto uno spettacolo.Renzi come attore è senz’altro più bravo dei suoi ministri, ma sempre attore è. Bisogna pur dirlo, non può neanche imitare, come politico s’intende, Ronal Reagan, i tempi sono diversi e, aggiungo che una minestra riscaldata non sempre è riproponibile per i commensali. Le soluzioni sui 10 miliardi di cuneo fiscale richiede scelte drastiche e di campo. O si elemina l’IRAP per le imprese o l’IRPEF ai lavoratori.

Altre strade sono impensabile. I grandi giornali, il giornale della Confindustria lanciano severi avvertimenti. L’economia e il sociale sono l’iceberg su cui il galeone di Renzi rischia di affondare. Certamente non preoccupa nessuna compagnia governativa l’alzata del tono di voce di Susanna Camusso che ha minacciato scioperi “se non saremo ascoltati”.

Figuriamoci per la controriforma Fornero dichiararono 3 ore di scipero (sic), oggi al massimo, possono continuare a dichiarare. La sensazione è che si arrivi ad un rompete le righe quanto prima. Le prossime elezioni europee chieriranno molti aspetti. Uno su tutto quello che pensano gli europeii dell’Europa del fiscal copmpact del patto di stabilità, dell’euro come moneta unica, esclusiva.