Sei aquilano se..

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di Christian Marchetti

Sei aquilano se… Sei aquilano se ti trovi all’Acquacetosa, a Roma, al Centro di preparazione olimpica del Coni che poi è il quartier generale della Nazionale di rugby, e ti senti solo come un cane in mezzo a tanta gente. Vuoto cosmico, un film polacco con sottotitoli in ucraino. Gli uomini di Jacques Brunel preparano in questi giorni la sfida alla Francia di domenica a Saint Denis, e di aquilano non si sente nemmeno un seppur vago “ju”. Sei aquilano se poi incroci Troiani, Gino Troiani, il manager azzurro, e… ‘ngulo… loco te ringalluzzisci… e gli dici: “Oh, Gi’, mbè? Che dici?” E lui: “Eh, gnende. Tu?”. E tu: “Eh, gnende”. Ma prima con Gino era diverso. Gli rubavi un quarto d’ora prima dell’intervista e cominciavi a fare discorsi del tipo: “‘ngulo, Gi’, ma sta a vede’ L’Aquilarebbi?” E lui (rammaricato): “Eh, la stengo a vede’…”. E tu: “Eh, ‘nfatti”. Oggi invece Gino, ex estremo e apertura dell’Aquila rugby, squadra con cui ha vinto gli ultimi tre scudetti, boh… che ne saccio, s’è “rezzelato”. Nel senso che l’altro giorno ha cazziato l’autore di queste righe: “Su, se dobbiamo parla’ parliamo sennò mi rimetto a fare quello che stavo facendo”. Non si parla nemmeno più in dialetto aquilano, con Gino. Che tra un po’ si farà chiamare pure Luigi… Sei aquilano se capisci perché Gino fa così. E Gino fa così perché pure issu, ju quatranu, se sente solo. Masò, che poi sarebbe Andrea Masi, non c’è più. Cioè, lui è infortunato. Era infortunato. Uno di quei guai che ci metti tanto, un ginocchio grosso come ‘nu cocommaru faceva vedere su Twitter. Ma adesso Masò è tornato e tutti, a Londra, tra gli Wasps che poi è il suo club, sono felici. Sì, ma è Londra. E sei aquilano se… se ti senti solo. Nella capitale inglese, nella stessa squadra, c’è pure Carlo Festuccia. Tallonatore, ha rinnovato da poco con il club. Gioca molto, se fa ‘nu c..u che la metà abbasta, negli intervalli degli allenamenti prepara pure la Carbonara (non gli arrosticini soltanto perché gli inglesi manco ju sanno mette ‘nu zippo ‘mmezzo a carne suscì piccola) ed è felice così. A chi scrive lo dice Luca, il fratello, che ogni tanto lo chiama per farlo sentire meno solo. Sei aquilano se, comunque, caro Carlo, ultimamente qui tra i colleghi s’è fatto il tuo nome. “Oh, riga’, Ghiraldini rischia”. “Titolare Giazzon, allora. Ma un altro convocato lo devi chiama’”. “Festuccia!” “Eh, Festuccia!” “Fermi! Brunel non sembra essere d’accordo con voi. Davanti gli ha messo Manici e D’Apice”. Sei aquilano se… poi ti incazzi pure un po’ con L’Aquila rugby, che da qualche anno non ha il vivaio rigoglioso come un tempo. Sarà che a L’Aquila jela… Scherzi a parte, di convocati nelle nazionali giovanili se ne vedono sempre meno. Tutto questo mentre i ragazzi della prima squadra tirano ju collu per via di quegli stipendi che arrivano a singhiozzo. A Natale però Marchetti ha conosciuto il presidente. Simpatico ‘na cifra, per carità, ma costretto, porello, a recitare il solito ruolo da sempre pittoresco di presidente dell’Aquila rugby: non è lui a tirar fuori direttamente i dindi, bensì questa sorta di pool di sponsor (ahahahahahahah). Una volta c’era la Cassa di Risparmio ma mo, da quando so’ diventati emiliani, chi ji capisce più quiji? E comunque la squadra gioca in Serie A, che non è più la Serie A di una volta. Oggi è una specie di Serie B e nel massimo campionato, l’Eccellenza, giocano Mogliano (campione d’Italia) e San Donà. Certo che s’è ‘mpazzito forte ‘sto mondo! Sei aquilano se ti chiedi quale fine abbia fatto Quartaroli, l’ultimo talento di livello internazionale espresso dal rebbi de noiatri. Gioca a Parma, nelle Zebre. Oddio, gioca… Ultimamente non è che si sia visto tanto in campo. Tra infortuni prima ed esclusioni dal giro della Nazionale poi. Anzi, la prossima volta glielo chiedo a Brunel: “Jacques, ma Quartaroli che fine ha fatto?” Ma poi quello lo chiamerà “Quartarolì”, alla francese, e ci sarà da ‘nguastisse. Sei aquilano se, dentro questo bar all’Acquacetosa, in attesa di parlare con ‘sti ragazzi del Norde con la maglia azzurra, ti giri verso la finestra, guardi la pioggia scendere e ti chiedi cosa sarà mai successo a quello sport che tanto amavamo e che tanto lustro ha dato alla nostra città. Boh, vallo a capi’. Gino, hai due minuti? Mi sento solo.