La Fiat non c'è più. L'Italia sta sprofondando in un provincialismo senza confini. La FIAT insieme all'IRI è stata una colonna dello sviluppo e del boom economico di questo paese. La fabbrica degli Agnelli, unitamente a quanto di intervento pubblico messo in atto questo paese, subito dopo la grande guerra, costitui la fortuna di quella economia mista che permise-pur tra molte e diverse contraddizioni- di crescere a ritmi che oggi potremmo definire "cinesi". Tutte le fabbriche pubbliche sono venute meno (chimica,telecomunicazioni,siderurgia,informatica) in virtù di privatizzazioni suicide, spensieratamente realizzate da centrosinistra e centrodestra. Ed oggi con l'esodo della FIAT, siamo di fronte all'evaporazione totale di un punto di riferimento di una qualsivoglia struttura industriale. Senza una grande industria tutto è destinato al crollo o, al più, organizzarsi per diventare riserve delle multinazionali tedesche e francesi. Se a questo tramontare sommiamo la scomparsa(vogliamo ricordare i vari ministri? Da Lombardi a Luigi Berlinguer, fino a Moratti e Gelmini) di una tradizione universitaria cresciuta in migliaia di anni, una domanda sorge spontanea: Ma di quale luce in fondo al tunnel, di quale ripresa o crescita parlano? Una generazione di sgiagurati, di politici ci sta conducendo alla irrilevanza culturale politica e istituzionale. Altro che questione morale, corruzzione ecc.(non che essa non abbia importanza), qui siamo di fronte ad una classe dirigente di un nanismo sconfinato. Questi non conoscono nemmen lontanamento in quale mare ci si sta muovendo