Dal diario di Hanna Lévy-Hass

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DIARIO DI BERGEN-BELSEN
                              1944-1945

BB, 29.8.1944- ...Si è come malati senza libri.L'essenza della mia
anima è come stordita....Una sfiducia generale regna nel campo e nella
nostra baracca. Il disinteresse più assoluto per la sorte degli altri,
la mancanza di solidarietà e di cordialità. E' quasi impensabile uno
scambio di idee qualunque, di libri, un contatto intellettuale o
semplicemente umano....

BB, 30.8.1944... Ci sono ottimisti che fissano date che contano date e
contano i giorni: volenti o nolenti, tutti si lasciano prendere dalla
psicosi della fine. La sentiamo vicina. E intanto il regime del campo
è peggiorato, eè diventato più rigido. L'umiliazione e la servitù
pesano più di fronte alla fine imminente. Gli uomini, fuori, al
lavoro, sono torturati in modo bestiale, Questi bruti tedeschi
insistono a usare il loro metodo preferito: colpi feroci, insulti
grossolani e isterici. Costringono gli operai alle posizioni più
umilianti, li fanno correre in ginocchio, spingere di corsa la
carriola. Mentre fanno questo li braccano come ladri oppure, per
variare la loro perversione, cominciano a correre vertiginosamente in
bicicletta obbligando i nostri a seguirli a piedi. Se un disgraziato,
allo stremo delle forze-e si può essere certi che sempre ce né più
d'uno-non mostra lo zelo voluto, gli "eroi" tedeschi si affrettano a
manifestare il loro potere e il loro coraggio punendo i "colpevoli"
con la soppressione della razione di pane o con il "bunker"...ed ecco
che tutto si riduce a irrigidirsi sull'attenti di fronte a farabutti
che vi sputano in faccia la loro rabbia di folli, che vi calpestano
l'anima e la dignità.
E neanche i bambini conoscono la gioia. La paura, soltanto la
paura....Piccoli esseri mortificati, in piedi per ore, lo spavento in
tutto il corpo, lo sguardo fisso nell'attesa di quello che accadrà.
Nascondono la testa in qualche straccio, si stringono agli adulti,
cercando riparo contro il freddo e la paura. Solo gli occhi restano
spalancati, all'erta, come di bestie braccate....

25.9.1944- Si costruiscono nuove baracche. Per chi? Non lo
sappiamo....Gli uomini sono estenuati. La sottoalimentazione, le dure
privazioni...li riducono completamente a terra....Altri vanno fino ai
bidoni dell'immondizia, vicino alle cucine per cercare qualche avanzo
di cibo puzzolente.
   Nelle baracche la situazione non è migliore. La fame ci divora.
Un'epidemia senza nome sta invadendo il campo, attaccando soprattuto
donne e i bambini.
 Si manifesta con una febbre alta che s'impossessa del malato per due
o tre settimane, perdita di soscienza, spossamento assoluto e aasenza
totale di di appetito. Senza dolori percettibili. I medici la chiamano
"febbre da campo" o "febbre paratifoide", e sostengono che i sintomi
non permettono di fare una diagnosi precisa. Quasi regolarmente un
letto su due è occupato da un malato. E poi gli scessi le piaghe
aperte, provocati da parassiti e dall'alimentazione insufficiente;
ulcere a secrezione permanente, foruncoli, contusioni, strani
gonfiori(edemi), crampi, ogni sorte d'infezione... ma tutto questo per
noi non ha più niente di straordinario.

BB, 20.10.1944- Oggi una piccola vecchia si è spenta nella baracca,
accanto la mio letto. I familiari hanno pianto un pò, e poi ci siamo
sbarazzati del cadavere. Una vita finita, presto dimenticata. siamo
abbrutiti. ognuno si è rintanato nella propria miseria; tuttavia il
colore dell'infelicità comune, collettiva, si fa ogni giorno più
intenso.

BB, aprile 1945- E' spaventoso cosa hanno fatto degli uomini. Le scene
più oscure del medioevo e dell'inquisizione sono qui riprodotte e
moltiplicate a oltranza. La loro mostruosa "ripresa" marcherà per
sempre d'ignominia e d'infamia la Germania "civile" e "colta" del
ventesimo secolo. Questa schiavitù - la più avvilente e nera che si
possa immaginare - ha fatto sì che la vita nel campo non avesse niente
in comune con la vita umanamente concepita. Si tratta in realtà di un
piano crudele e infernale volto a provocare la fine sistematica e
certa di migliaia di vite umane. NON C'E' IL MINIMO DUBBIO, NON IL
MINIMO DUBBIO...NO: QUESTO CAMPO, COSCIENTEMENTE E DELIBERATAMENTE, E'
STATO ORGANIZZATO E AMMINISTRATO IN MODO DA STERMINARE IN MODO
METODICO E PIANIFICATO MIGLIAIA DI ESSERI UMANI. SE TUTTO QUESTO VA
AVANTI ANCORA SOLTANTO UN MESE, DUBITO FORTEMENTE CHE UNO SOLO TRA DI
NOI NE USCITA' VIVO.

Note sull'autrice.
Hanna Lévy-Hass nasce a Sarajevo nel 1913. A metà degli anni trenta
si laurea all'università di Belgrado in lingua e letteratura francese.
Nel 1942 si unisce ai partigiani jugoslavi contro l'occupazione
italiana. Alla fine del 1943, sotto l'occupazione tedesca, viene
rinchiusa in una prigione della Gestapo. Nell'estate del 1944 viene
deportata a Bergen-Belsen. Nell'aprile del 1945 viene trasferita a
Theresienstadt insieme ad altri prigioneri per essere uccisa, ma viene
liberata dall'Armata Rossa. Scopre, tornata in Jugoslavia che i suoi
genitori, due sorelle e un fratello sono stati uccisi durante
l'occupazione tedesca.Alla fine di dicembre del 1948, malgrado non sia
sionista decide di emigrare nello stato di Israele, appena fondato.
Nel 1949 entra nel partito Comunista israeliano. Dal 1967 è attiva nei
nuovi circoli di sinistra e nel movimento femminista israeliano.
All'inizio degli anni '80 si trasferisce in Francia. All'inizio degli
anni '90 torna in Israele. Il 10 giugno 2001 muore a Gerusalemme.

28 gennaio 2014             Il DUCA GAGLIARDO DELLA FORCOLETTA

L’Aquila-Ascoli 2-1 Le Pagelle

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Di Alessandro Mellone

 

Testa 5,5 a lungo inoperoso, dopo il vantaggio rossoblù viene freddato da Colomba alla 1ª occasione vera dell’Ascoli su cui non è esattamente reattivo come al solito. Annoiato.

Scrugli 7 dopo il gran 2º tempo di Pisa si ripete stavolta da titolare. Gran gamba e buon dribbling in spinta, bravo e concentrato dietro, complimenti Andrea! Prezioso.

Zaffagnini 6+ poco da fare dalle sue parti, quel poco lo svolge senza problemi. Sicurezza.

Pomante 7,5 uomo partita. Dopo una gara senza problemi di sorta a comandare la sua difesa da padrone di casa, si ‘inceppa’ nell’unica palla goal costruita dall’Ascoli. Va di nuovo dopo Pisa a realizzare un goal decisivo, stavolta per i 3 punti sfatando un tabù e dimostrando che Dio esiste e regalando a chi c’era e resta fino alla fine LA DOMENICA PERFETTA DEL TIFOSO. Na purga a tutti quelli che sono usciti prima O NON SE PRESENTANO PROPRIO. Bomber e talismano di razza!

Dallamano 6+ gara meno vistosa del collega a destra, ma è sempre preciso nelle chiusure e quando si sgancia, nel 1º tempo soprattutto, crea dei pericoli. Si vede meno nella ripresa.

Agnello 7 guadagna condizione partita dopo partita, l’infortunio è un brutto ricordo. Sempre cattivo e concentrato nel recupero palla, crea con Corapi un asse centrale niente male. Tenta il goal su velenosa punizione rasoterra che mette in crisi il portiere locale, Pià purtroppo non ne approfitta come dovrebbe, e un paio di tiri da fuori che potrebbero avere miglior sorte. Serve un gran assist a De Sousa per il vantaggio. Cala un po’ alla distanza e viene sostituito da Gallozzi. Pilastro!

Corapi 7,5 regista a tutto campo, è un piacere per gli occhi vederlo aumentare di ritmo e giocate col passare dei minuti. Detta ritmo e da sostegno alla squadra. Faro.

Del Pinto 6,5 atleticamente un mostro. Macina kilometri e supera gli ostacoli come gli ultras della sua Sud. Su e giù per il campo per non lasciar mai solo alcun compagno e mordere le caviglie di tutti quelli che chi gli capitano a tiro. Va vicinissimo al goal di testa su palla inattiva, una sua specialità. Non sempre troppo preciso negli appoggi ai compagni è però determinante per gli equilibri del centrocampo. Gladiatore.

De Sousa 7 ancora una bella prestazione della Pantera dopo il 2° tempo di Pisa. Molto mobile in avanti, prova il tiro più volte con poca sorte, collabora molto con la squadra tanto che ogni pallone che passa per l’attacco passa anche attraverso i suoi piedi. Realizza il goal importante per lui e per la squadra con freddezza glaciale. Bentornato!.

Libertazzi 6+ meno efficace della partita col Pisa, si crea una buona occasione che butta fuori di poco. Dimostra di avere piede oltre che (GRAN)fisico, scambiando bene il pallone coi compagni e mettendo in condizione gli altri di avere spazi pericolosi. Boa dai piedi buoni.

Pià 6- forse la sufficienza piena la meriterebbe, non fosse altro perché si trova su quasi tutti i palloni pericolosi che creano i rossoblù ed è molto generoso in campo(atro che bollito..), ma manca sempre di precisione nella finalizzazione errando l’assist o il tiro che sarebbero decisivi. Un giocatore di tal calibro PUO’ decisamente far meglio.

Frediani 6,5 entra subito in partita col ritmo giusto allargando le maglie dell’Ascoli e il gioco dei rossoblù. All’ultimo secondo di gara riceve da Ciciretti va sul fondo e crossa per Pomante….Un goal che dimenticheremo difficilmente. Decisivo!

Ciciretti 6 non entra in campo con la stessa incisività del compagno, anzi sembra un pochino svagato all’inizio. Un paio di giocate dimostrano quanto talento(purtroppo espresso a singhiozzi finora) possegga, merita la sufficienza piena per aver dato il là all’azione del pari.

Gallozzi s.v.. Pochi minuti per valutarlo.

Pagliari 6,5 gran primo tempo dei suoi ragazzi che però concretizzano di nuovo, dopo Pisa, poco e subiscono un goal evitabile. Vince una gara fondamentale con i cambi. Stratega.

Cos’è il coraggio: Bruno Neri

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Firenze, 1931: l’attuale Artemio Franchi, allora in costruzione, intitolato al “martire fascista” Giovanni Berta. A centrocampo tutti i giocatori della Fiorentina salutano romanamente il pubblico. Meno uno: il ventunenne mediano Bruno Neri che morirà in guerra combattendo coi partigiani. Vicecomandante del Battaglione Ravenna con nome di battaglia “Berni” , cadrà in uno scontro con le truppe naziste il 10 Luglio 1944 nei pressi dell’Eremo di Gamogna sugli appennini tosco romagnoli.

L’Aquila-Ascoli 2-1. Al 94° Pomante fa esplodere il Fattori

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L’AQUILA : Testa, Scrugli, Dallamano, Corapi, Zaffagnini, Pomante, Agnello (33’st Gallozzi), Del Pinto, Libertazzi (18’st Ciciretti), Pià (1’st Frediani), De Sousa. A disp.: Addario, Ingrosso, Triarico, Bentoglio. All.: Giovanni Pagliari

ASCOLI: Russo, Conocchioli (21’pt Iotti), Gandelli, Schiavino, Pestrin, Scognamillo, Capece, Carpani (40’st Giovannini), Topouzis (18’st Greco), Colomba, Tripoli. A disp.: Pazzagli, Minnozzi, Gragnoli, De Luis. All.: Bruno Giordano

Spettatori :2039 paganti 500 provenienti da Ascoli Piceno

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All’ultimo respiro con un colpo di testa di Marco Pomante sul cross preciso e perfetto di Frediani,  la Valorosa agguanta una vittoria meritata ma che sembrava svanita di fronte all’unico tiro in porta degli ascolani. L’Aquila comincia bene e gioca una prima parte di gara dove la differenza di valori appare evidente. Un po’ di imprecisione e una manovra che fatica ad essere incisiva negli ultimi sedici metri impediscono ai rossoblù di andare in vantaggio già nel primo tempo.

Altra storia nella ripresa, quando i ragazzi di Pagliari , all’ottavo minuto,  grazie ad un break offensivo di Agnello, bravo a servire sulla destra del settore d’attacco De Sousa, trovano il vantaggio con la pantera freddissima nel battere Russo.  Sembra fatta anche in considerazione di un Picchio che appare  poca cosa.

Ma il calcio  sfugge alle considerazioni razionali e infatti puntuale arriva il pareggio bianconero complice  Pomante che si infortuna nel contrasto che precede la stoccata a rete di Colomba. 1-1 siamo al 16° minuto della ripresa. L’Aquila da subito l’impressione di poter tornare avanti e al 21° Agnello spara un missile sui guanti di Russo a pochi metri dalla porta. Preme L’Aquila ma paga la fatica della grande mole di gioco prodotta da un Corapi inesauribile e da una squadra nella quale ieri si faticava ad individuare prestazioni insufficienti,  finendo per concedere tra la mezzora e il quarantesimo qualche ripartenza pericolosa ai marchigiani.

Al 94° il dio del calcio trasforma l’amarezza per una vittoria buttata al vento in una gioia immensa per il popolo rossoblù. Frediani, subentrato a Pià, affonda sulla sinistra e mette al centro un cross perfetto per la testa di Capitan Pomante che è bravissimo con un movimento da grande attaccante a siglare il 2-1. Non c’è più tempo, finita! Il Fattori esplode, gelati i 500 marchigiani.  Giusto così.

 

 

Il narratore

Macrino_d’Alba,_Autoritratto;_Tempera_su_tavola;_Torino,_Museo_Civico_d’Arte_Antica

 

 

 

 

 

Leskov è andato a scuola dagli antichi. Il primo narratore greco fu Erodoto. Nel quattordicesimo capitolo del terzo libro delle sue storie c’è una storia da cui si può imparare parecchio. Essa ci narra di Psammenito.

Quando il re egizio Psammenito fu sconfitto e catturato dal re persiano Cambise, Cambise fece in modo di umiliare il prigioniero. Comandò di mettere Psammenito sulla strada lungo la quale avrebbe dovuto muovere la processione trionfale dei persiani. Efece altrsì in modo che il prigioniero vedesse pasare sua figlia che andava con l’anfora alla fonte come serva. Mentre tutti gli egizi si lementavano levando alte le grida a questo spettacolo, solo Psammenito restò muto immobile, con gli occhi fissi a terra; e quando poco dopo vide passare suo figlio portato in processione al patibolo, anche allora restò immoto. Ma quando poi scorse uno dei suoi servitori, un vecchio caduto in povertà, allora si percosse il capo con i pugni e diede tutti isegni di una profonda trstezza.

Da questa storia si vede di che natura sia il vero racconto. L’informazione si consuma nell’istante della sua novità. Vive solo in quest’attimo, a quest’attimo deve interamente consegnarsi e spiegarsi senza perdere tempo. Non cosi il racconto: questo non si esaurisce. Esso conserva la propria forza raccolta e sa dispiegarsi anche dopo lungo tempo. Così Montaigne è tornato su racconto del re egizio e si è domandato: perché si  è lamentato solo alla vista del servitore? La risposta di Montaigne è: “Dacché era già traboccante di tristezza, bastò solo una minima aggiunta perché questo abbattesse gli argini”. Così Montaigne. Ma si potrebbe anche dire: “A commuovere il re non è il destino dei reali; esso è infatti il suo proprio”. Oppure: “A teatro ci commuovono molte cose che nella vita non ci toccano; questo servitore è solo un attore per il re”. O ancora: “Un grande dolore si accumula e esplode solo quando ci si rilassa. La vista del servitore rappresentava questo rilassamento”. Erotodo non spega nulla. La sua narrazione è asciutta all’estremo. Ecco prché a distanza di millenni questa storia dell’antico Egitto è ancora in grado di scatenare meraviglia e riflessioni. Assomiglia a quei semi  rinchiusi per migliaia d’anni senz’aria nelle camere delle piramidi, che hanno mentenuto il loro potere di germinazione sino al giorno d’oggi.

      Walter Benjamin

25 gennaio 2014

IL DUCA GAGLIARDO DELLA FORCOLETTA

P.S. L’informazione qui a L’Aquila soffoca qualsiasi idea sui fatti.

       Purtroppo non abbiamo semi in grado di germogliare. Avanti adagio.

 

Prc L’Aquila:Parole di Di Cesare inaccettabili, populiste e qualunquiste

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Le parole del consigliere comunale Ettore Di Cesare nei confronti del PRC sono inaccettabili: una grave caduta di stile verso generalizzazioni qualunquiste e populiste. Il PRC non ha mai avuto a che fare nemmeno da lontano con il malcostume politico a cui si fa impropriamente riferimento, al contrario lo ha sempre avversato ad ogni livello.

Finora avevamo portato avanti con Di Cesare diverse iniziative comuni come la denuncia sui puntellamenti, che fu lanciata proprio da Rifondazione nel 2009, ben prima che Appello per l’Aquila si costituisse come lista civica; per questo è evidente che Rifondazione non può accettare lezioni su questi temi.

Inoltre è doveroso ricordare che se finora non si è avuto un incontro a sinistra tra movimenti che hanno temi comuni, ciò si deve proprio alla pretesa leaderistica del consigliere, che chiuse ad ogni ipotesi di possibile convergenza in occasione delle comunali. Non vorremmo che per le stesse motivazioni si stia ripetendo una chiusura preventiva verso un possibile percorso futuro di costruzione di una sinistra di alternativa.

Francesco Marola – segretario provinciale PRC L’Aquila

Goffredo Juchich – segretario comunale PRC L’Aquila

Ma L’Aquila ha una dimensione nazionale?

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Da due anni siamo nel paradigma di quella che Giorgio Agamben chiama il
governo della crisi permanente. A colpi di spread hanno prima allontanato
dal governo Silvio Berlusconi e poi determinato due esecutivi non
direttamente espressione di elezioni politiche. Con il 2014 e l'investitura
di Renzi a segretario del PD entra nel vivo la lotta tra i poteri del
capitalismo italiano, per arginare e superare la perdurante crisi.
Ricomporsi e salvarsi. Salvarsi dentro la cornice di una Europa a
conduzione tedesca. Una direzione mercantilistica che tramite
l'euro cerca di vincere sullo scenario globale il braccio di ferro con
le altre monete. Una guerra imperiale permanente e senza soste. La Germania
aveva bisogno di un suo retroterra spaziale e lo ha trovato prima nella
"sua" Germania Est e poi nei cosiddetti paesi PIIGS. Le lobbies politiche,
finanziarie e, imprenditoriali italiane nella loro infinita miopia storica
vanno a rimorchio della locomotiva teutonica. Vedono la propria e l'altrui
salvezza nella follia dell'austerità espansiva. Dentro queste
trasformazioni c'è una ridefinizione dei rapporti di potere nel nostro
paese tra
diversi gruppi, tendenze politiche. Essa vede da una parte Napolitano e
Letta e le politiche di stabilità sorrette dalle ricette di Mario Draghi.
Dall'altra Renzi e i suoi finanziatori, la finanza e l'imprenditoria di
nuovo conio, con dentro una sfrenata voglia di "cambiamento, senza
confini". Una crisi al buio, profonda e con ricette approssimative e senza
prospettive. Le vecchie prescrizioni non soddisfano e nella certezza della
profondità della depressione in atto qualcuno reclama coraggio di osare
piuttosto che adagiarsi in formule preparate, senza stimoli. Infatti
Renzi dalla
Lepolda di Firenze, patria della bellezza afferma "Ci mettiamo in gioco
perché pensiamo giusto che l'Italia recuperi il proprio rulo nel mondo"
(quale? Non lo dice, per cui qualsiasi argomento è buono. L'Azzardo come
metodo. Il tempo deve essere percorso velocemente come si addice ad
una modernità
senza solidità. Nella sua prolusione di sostanza e propaganda , trova
giusto dare vita ad un partito, alla moda, leggero, soft, che si regge
sulla figura di un leader, a vocazione maggioritaria: questa posizione
postula un sistema politico partitico all'americana dove lo scontro
politico si impernia su due partiti apparentemente diversi ma
sostanzialmente simili. Osservo e cerco di comprendere la situazione
aquilana usando lenti di ingrandimento che guardino anche alle dinamiche
nazionali ed europee. In tal caso non c'è dubbio che la vicenda di Cialente
riassume in se il tentativo, riuscito, di convogliare l'attenzione sulla
sua persona, ricompattare la sua maggioranza spiazzare le opposizioni,
usare tutte le armi della propaganda.Il coraggio di volgere contro
corrente(non vero? poco importa), lingaggio sintetito, affabulatorio poco
più che cinquettii, come nei socila networks. Non a caso ha affidato molto
delle sua comunicazione su facebook. Ma attenzione dietro questa capacità di
distrazione di massa c'è la rappresentanza dei poteri politici nazionali e
locali. Andare allo scontro su un paradigma politico basato
sulla moralità e aspetti legati alla legalità, sganciati dalla complessità
in atto si finisce divorati e votati alla inconsistenza politica. Quello
che è successo in questi giorni ha avuto la sua premessa nella metà di
ottobre quandò il PD locale andò alla guerra contro il partito
regionale e nazionale e quindi contro il governo Letta: argomento
l'insufficienza del fondi per la ricostruzione. Bizze politiche,
capricci di qualche leaderino locale che in fase di profonda
trasformazione dei gruppi dirigenti sgomita per arrivare qualche piano
più su? Può anche essere ci sarà anche del vero. Ha una importanza
relativa. Sarebbe il caso di indagare circa un'altra dinamica, quella
del leghismo piddino. L'ultimo partito nazionale in via di profonda
trasformazione sulle spinta schizzoide del giovane rottamatore. Ma
nonostante la trasformazione in senso sempre più verticale è sempre il
partito del fiscal compact, il partito più "europeo" d'Europa.
L'imposizione del pareggio di bilancio è per questo agglomerato
politico, una religione. Ma le restrizioni finanziarie, i continui
tagli alla spesa comporta una guerra continua con le comunità
locali.Questa tenaglia comincia a mostrare la corda e L'Aquila è una
delle più evidenti contraddizioni di queste politiche regressive.
Forse neanche l'abilità oratoria di Renzi, i grandi appoggi finanziari
e mediatici riusciranno a tenere insieme il leghismo piddino. Il
partito nazional-europeo sarà sicuramente attraversato da spasmi
atroci, di guerre interne, di amministratori incapaci di intercettare
qualche spicciolo anche quando gli amici stanno al governo. La crisi
acuta animerà sempre più una guerra tra poveri, frantumando socialità
e comunità locali. Viene da chiedere ai piddini locali, regionali e
nazionali, perché avete detto si al fiscal compact? L'avete messo in
Costituzione. A cosa pensavate quando l'avete fatto? Eppure il
terremoto all'epoca già c'era stato. Trovo che tutte le polemiche sono
sapientemente veicolate per distogliere l'attenzione sul perché non
vengono stanziati i fondi necessari.Rendere evidente e strutturale
quello che non lo è. Ed anche in vitù di questa situazione che risulta
sempre più attuale quanto postulato da Agamben. La crisi come ricatto,
come rimando continuo della soluzione, sempre sospesi. Per cui mi pare
di poter dire che vi sia continuità di potere tra quello della
protezione civile e quella che a noi pare la normalità amministrativa.
Questo è l'articolato delle nuove forme di potere. Fermarsi al primo
sgurado senza fare i conti con il "Leviatano" europeo vuol dire
consegnarsi al lamento alla stantia litania dell'aquilanità Rompere il
patto di stabilità interno ed europeo è la via maestra. La prossima
primavera tutti a Roma per dire no alle politiche che stanno
devastanto lavoratori, giovani, precari, ed impediscono la
ricostruzione di una delle tante città storiche d'italia.

Prc L’Aquila:Nomina di Trifuoggi e rotazione dirigenti sono segnali importanti

 

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Con la nomina di Nicola Trifuoggi a vicesindaco con delega all’ispettorato urbanistico e alla trasparenza un primo importante segnale è arrivato alla città. Ieri nella prima riunione di giunta si è dato il via libera, entro trenta giorni, alla rotazione di dirigenti e funzionari,come previsto dalla delibera approvata qualche settimana fa dando applicazione al piano anticorruzione che, unitamente alla centrale unica di committenza, permetterà all’amministrazione di esercitare un ruolo di garanzia e controllo su tutti gli atti amministrativi al vaglio.
Questa norma era stata richiesta con forza da Rifondazione comunista all’interno della maggioranza, all’indomani dell’inchiesta do ut des come pure le dimissioni di Riga e Di Gregorio.
Con l’istituzione dell’ispettorato urbanistico affidato a Trifuoggi si insisterà nell’attività di contrasto all’abusivismo già intrapresa dalla seconda commissione del Consiglio Comunale ambiente e territorio. Riteniamo indispensabile che questa nuova fase individui nel rispetto delle convenzioni urbanistiche, nella partecipazione dei cittadini alle scelte e nella trasparenza degli atti, le priorità imprescindibili dell’azione di ogni soggetto incaricato di gestire la macchina comunale. Siamo d’accordo con quanti in questi giorni affermano che indietro non si torna, pertanto auspichiamo che si avvii un percorso di riforma dell’ente per applicare misure radicali volte al miglioramento delle sue funzioni e per metterlo il più possibile al riparo ipotesi speculative o corruttive.
La rotazione dei dirigenti, la centrale unica di committenza e l’ispettorato urbanistico affidato a Trifuoggi sono un buon inizio per affrontare nel modo più utile e trasparente le difficili sfide che la città dovrà affrontare nel prossimo futuro.
<hr1>
<hr1>
Francesco Marola 
Segretario Provinciale Prc
 
Goffredo Juchich
Segretario Comunale L’Aquila Circolo “A Casamobile” 
 
Enrico Perilli
Capogruppo Prc Comune L’Aquila

Morto il soldato giapponese che ignorò per tre decenni la fine della guerra

 

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TOKIO – E’ morto a 91 anni Hiroo Onoda, tenente a riposo dell’ex Esercito Imperiale nipponico, divenuto suo malgrado il simbolo del militarismo del Sol Levante dopo aver trascorso quasi tre decenni nella giungla delle Filippine in totale isolamento, eccettuati tre commilitoni che però sarebbero stati via via uccisi o arrestati, ignorando che la II Guerra Mondiale era finita da un pezzo e che il suo Paese aveva firmato la resa. Onoda si è spento ieri in un ospedale di Tokyo, dove era ricoverato dall’inizio del mese dopo aver accusato problemi cardiaci. Inviato nel 1944 sull’isola occidentale filippina di Lubang, un centinaio di chilometri al largo di Manila, l’allora 22enne tenente aveva ricevuto l’ordine d’infiltrarsi al di là delle linee nemiche per compiere operazioni di ricognizione e sabotaggio, senza alcun aiuto o sostegno dall’esterno, e quindi sopravvivendo in maniera totalmente indipendente fino a quando non avesse ricevuto nuove istruzioni.

Un anno dopo il Giappone fu sconfitto, ma Onoda non lo sapeva e continuò pertanto a compiere il proprio dovere al servizio del suo Paese, nascondendosi nel folto della foresta tropicale. Visse così per 29 anni consecutivi, nutrendosi di frutta, radici e delle rare prede che riusciva a catturare, sfuggendo sistematicamente alle pattuglie della polizia locale e persino alle spedizioni giapponesi mandate a cercarlo, che scambiava per nemiche. Alla fine però fu escogitato l’espediente di farlo avvicinare da un suo antico superiore, il maggiore Yoshimi Taniguchi, il quale gli annunciò che l’ordine originario era revocato e che pertanto non aveva più alcuna responsabilità da adempiere: era il 9 marzo 1974, e Onoda aveva 52 anni.

Rientrato in patria, vi restò pochi mesi: nel ’75 si trasferi’ in Brasile, dove si sposò e gestì con successo una piantagione. Nell’89 tornò a asa, e si dimostrò ancora una volta non solo un fedele soldato, ma anche un abile manager di se stesso: creò infatti una sorta di accampamento itinerante, dove insegnava a giovani e meno giovani le tecniche di sopravvivenza in natura. Nel frattempo aveva pubblicato un’autobiografia di successo, dal titolo ‘Nessuna capitolazione: la mia guerra trentennale’. Nel 96 tornò a Lubang, dove donò 10.000 dollari per finanziarne la scuola. Lascia la moglie Machia.