Restare o emigrare?

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Qualche mese fa è comparsa una analisi circostanziata  e piena di numeri sull’abbandono dell’Italia da parte di numerosi giovani. Le cifre  che fanno riflettere si possono leggere sul giornale dei vescovi italiani. Cifre altrettanto mortificanti sono apparse l’altro giorno sulla Stampa di Torino. Sono sempre più i giovani ma anche meno giovani e soprattutto laureati che lasciano il bel paese per dare dignità alla propria vita. I paesi preferiti sono Germania Regno Unito Francia e Svizzera. Sette anni di crisi  e austerità hanno prodotto la mezzogiornificazione del l’intera Italia. Una generazione che nel paese della narrazione renziana,  e del Jobs act  non vede nessun futuro. Negli ultimi anni ben un milione e mezzo di giovani hanno lasciato la nostra penisola.
Altro che invasione dei migranti. La destra in tal senso agita sempre la guerra tra poveri nascondendo la natura della crisi. La domanda quindi sorge spontanea di chi la
colpa di questo sfacelo? Quali politiche economiche e sociali sottendono a quanto sta accadendo? Sono ormai trenta anni che si perseguono politiche recessive  basate esclusivamente per  contenere il costo del lavoro, sui tagli al welfare. Tagli draconiani alla spesa pensionistica,alla sanità,ristrutturazione in senso reazionario della  di tutto l’apparato di riproduzione sociale. Con la buona scuola  Renzi può vantare di aver portato a casa lo scalpo di una struttura pubblica e universalistica. E in questo senso va  compreso come una intera classe politica vanta di aver introdotto il pareggio di bilancio in Costituzione. Una cessione di autorità nei confronti di strutture europee prive di legittimazione democratica che obbediscono alla stupida e antiscientifica logica del 3%. Una cessione di sovranità che ci nega qualsivoglia politica economica e sociale. Ci siamo così consegnati ai burocrati dell’Europa e della Bundesbank. Dentro questo quadro mortifero e desolante la questione aquilana e del cratere vive una doppia crisi. Crisi che non vede soluzione anche perché le politiche del comune e della regione sono supine e soggiacenti al patto di stabilità interno e europee. Politiche palliative che non rimuovono le cause della crisi. Non smuovono una ricostruzione lumaca non rimuove i grandi favori a favore della rendita e quindi i danni che i semplici cittadini da anni subiscono. Un primo intervento opportuno per frenare la deriva di questa nuova migrazione consisterebbe nell’introdurre il reddito di cittadinanza, poi interventi di natura strutturale. Solo Interventi pubblici e pianificati possono invertire e sovvertire politiche che sono al limite del criminale. Tuttavia la risoluzione può avere successo se tutti insieme alziamo la voce e rivendichiamo i giusti diritti. Altrimenti il destino che ci riserva il futuro è un indebitamento continuo, una stagnazione secolare.

 

Alfonso De Amicis