Municipalizzate

De Amicis A.
De Amicis A

 

 

Tutto il mondo è paese, ma Roma è caput mundi e sicuramente fa e farà
tendenza più che la città dell’Aquila. L’autostrada A24 pensata e
realizzata per avvicinare soprattutto la nostra città alla capitale
sta effettivamente dando i suoi frutti. Vanno di moda in questi
giorni, sotto campagna elettorale, a Roma, promesse di privatizzazioni
che riguardano l’Atac ed immobili che corrispondono a svariati
miliardi di euro. Una volta le privatizzazioni si negavano in campagna
elettorale per poi attuarle di nascosto una volta al governo. Ed in
questo doppio-giochismo campioni assoluti sono e sono stati i membri
del centro-sinistra. Tuttavia anche qui da noi il sindaco attraverso
una pappa populistica e demagogica lancia il suo assalto alle
municipalizzate. Sarebbe il caso di ricordare all’ex figicciotto che
le cause di malversazione di queste strutture sono state causate tutte
da una occupazione iper-invasiva della politica politicante. Una
occupazione che ha riguardato entrambi gli schieramenti ed a ben
vedere è stata usata a seconda dei periodi politici ora per ingrassare
le proprie file ora per ammonirci circa le magnifiche sorti e
progressive magnificenze delle privatizzazioni. Il risultato è stato
che progressivamente queste istituzioni hanno perso la loro funzione
di sostanziare quel welfare sociale locale a tutto vantaggio di
pacchetti di potere e clientele ora di un politico ora del suo
presunto avversario. Altra storia è la completa sudditanza e
subalternità del sindacalismo confederale e di altri svariati
sindacati corporativi. Alcuni di costoro sono buoni ad alzare la voce
con i piccoli tranne poi genuflettersi e sottomettersi alla prima
alzata di spalle del Marchionne di turno. La domanda da farsi in
queste circostanze e se chi intende opporsi alle privatizzazioni di
stampo neoliberista e confindustriale e quindi di difesa del welfare
locale quale strada percorrere, e se ancora si ritiene utile come
spesso fanno Rifondazione e Sel la pratica della riduzione del danno.
Quindi, se sul piano istituzionale, convenga ancora adagiarsi sulle
cosiddette pratiche uliviste appartenenti ormai all’archeologia
politica. Questo soprattutto in uno scenario nazionale dove il PD
viene percepito e sostanzialmente accomunato come la vera destra. Le
pratiche politiche e sociali che l’euro-gruppo impone ai paesi
periferici riduce sempre più ipotetici spazi riformisti.

 

Alfonso De Amicis

Prc L’Aquila: La città si mobiliti al fianco dei 234 lavoratori della Global Network

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Il licenziamento dei 234 addetti aquilani di Global Network, operatori per il call center di Tre, rappresenta se confermato un colpo durissimo per i lavoratori e per l’economia della città. Probabilmente, in questo momento, 234 posti di lavoro rappresentano una delle principali realtà occupazionali cittadine ed è un dovere di tutti mobilitarsi per difendere questi posti di lavoro. La politica, con i suoi rappresentanti a ogni livello, e i sindacati convochino immediatamente un tavolo tecnico per individuare tutte le strade possibili per uscire dallo stato di crisi e costringere Tre a non abbandonare la città dell’Aquila. Rifondazione si impegna a sostenere ogni forma di lotta che sarà messa in campo per sostenere questa delicata vertenza.

Goffredo Juchich
Segretario Comunale Prc L’Aquila

Tempera:La produzione della carta a partire dal XV secolo

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Si terra a Tempera, venerdì alle ore 17,   presso il centro sociale anziani “Alfredo D’Alessandri”,  un incontro a cura della Dott.sa Frediana Jukic sull’antica tradizione di produzione della carta nella frezione aquilana .

ASM FRANCESCO ROSETTINI NUOVO AMMINISTRATORE UNICO

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Il Sindaco dell’Aquila Massimo Cialente ha nominato l’avvocato Francesco Rosettini amministratore unico dell’Aquilana società multiservizi (Asm).
“Ringrazio l’avvocato Rosettini per aver accettato l’incarico – ha dichiarato il primo cittadino – e il dottor Rinaldo Tordera per quanto fatto finora, portando finalmente in attivo il bilancio di un’azienda che sembrava destinata a morire e lasciandola addirittura con un, seppur lieve, margine positivo.Chiaramente ho chiesto al nuovo amministratore unico che, seppure per un breve periodo, era stato presidente dell’Asm, e lo ribadirò anche nell’assemblea per l’approvazione del bilancio, già fissata per il prossimo 27 aprile, di continuare nell’operazione di risanamento e, soprattutto, di rigoroso riordino e riorganizzazione dell’azienda e dei cicli lavorativi. Ho, in particolare, ribadito che, ottenuto il risanamento, si debba procedere da adesso, in tempi rapidissimi, a investimenti produttivi, con l’estensione immediata della raccolta differenziata anche alle aree in cui, finora, per mancanza di risorse, non si era potuto intervenire, anche con un rigoroso controllo, per il quale ho chiesto il contributo della Polizia municipale al vice sindaco e assessore delegato in materia, rispetto a coloro che non la effettuano in maniera corretta o che abbandonano i rifiuti in strada. Ho chiesto inoltre l’attivazione immediata dell’area di conferimento di rifiuti ingombranti. Ringrazio anche la presidente del collegio sindacale Carla Mastracci, che ha retto transitoriamente l’azienda, come previsto dalla legge, in questo periodo intercorso tra le dimissioni del dottor Tordera e la nomina dell’avvocato Rosettini. Rispetto alle notizie relative alla nomina, – ha proseguito Cialente – in effetti si era inizialmente pensato alla possibilità di conferire l’incarico all’Asm all’attuale amministratore unico dell’Ama Agostino Del Re e di nominare invece alla guida dell’Ama l’avvocato Rosettini. Il tutto alla luce del coordinamento, da me voluto, tra amministratori unici delle nostre società, da tempo funzionante, che ne assicura l’intercambiabilità. Tuttavia, per un maggiore scrupolo, sebbene potendo fare riferimento ad alcune sentenze della Corte di Cassazione, considerata la difficoltà di muoversi nell’interpretazione di leggi e circolari che caratterizzano la vita quotidiana di cittadini e istituzioni, abbiamo preferito rivolgere un quesito all’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), chiedendo se, con le attuali norme e interpretazioni, potesse essere nominato, senza soluzione di continuità, lo stesso soggetto nell’ambito di società in house della medesima amministrazione. Il parere dell’Anac è stato negativo. Sebbene quest’ultimo non sia vincolante ho preferito conferire l’incarico all’avvocato Rosettini, mentre Agostino Del Re resterà alla guida dell’Ama”.

Pelini:” il Governo dia una risposta seria sulla gestione economico-finanziaria del progetto CASE e sul bilancio del Comune “

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A pochi giorni dal settimo anniversario del 6 aprile, il Governo dimostri una concreta vicinanza alla nostra comunità dando segnali tangibili sulle questioni ancora irrisolte e che rischiano di diventare sempre più ingestibili: attendiamo una risposta seria sulla gestione economico-finanziaria del progetto CASE e sul bilancio del Comune che, senza trasferimenti, ci costringerà ad aumentare la tassazione e a tagliare servizi essenziali. Sarebbe un disastro del quale il Governo Renzi si assumerebbe la responsabilità.

 

No Alle Trivelle Si Al Referendum

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Venerdì scorso 8 aprile a Tempera si è svolta una  assemblea(forse
una delle poche convocate nella intera provincia)che ha visto la
partecipazione di una trentina di persone. I mezzi a disposizione per
una campagna referendaria sono pochi e soprattutto scontiamo un
silenzio dei media preoccupante. Nella nostra città solo “IL CENTRO”
ed “LAQTV” si sono occupate del caso. A questo va aggiunto la scelta
mirata da parte del governo di non accorpare il referendum alla
amministrative, appunto per evitare il raggiungimento del quorum ma
evitare che si parlasse di un argomento che implica ragionamenti su
scelte energetiche, ambientali, di lavoro. E mentre ci scandalizziamo
dello stato sulla libera informazione in Turchia o in Egitto, qui da
noi vige l’autocensura o la bulimia di notizie circa le presunte
prestazioni del primo ministro e del suo governo. Quale sia lo stato
dell’arte del nostro paese è sotto gli occhi  di tutti. Tuttavia le
trenta persone si sono potute documentare circa le ragioni del si.
Nemmeno un posto di lavoro in più. Le piattoforme petrolifere sono ad
alta intensità di capitali ma bassissima di lavoro. Dove ci sono le
trivelle, il saldo tra nuova occupazione e quella preesistente e
negativo.
Dallo sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio presenti nel
nostro mare l’autonomia ricavata sarebbe risibile. Solo la propaganda
e la mancanza di informazioni vere possono gabbare se stessi e la
popolazione.
Tutto questo non avrebbe quindi nessun vantaggio energetico ma
metterebbe in serio pericolo tutto l’ecosistema dei nostri mari e del
mediterraneo in particolare.
L’alternativa è quella di mettere in sicurezza tutto il territorio
nazionale(la vicenda dell’Aquila in tal senso è illuminante) di
investimenti tecnologici e produttive sulle energie rinnovabili e
sulla mobilità collettiva e intelligente soprattutto guardando le
nostre città storiche. La tutela dell’ambiente la salute delle
persone. Questi sono gli investimenti del futuro, gli investimenti
produttivi. Se fosse in vita Pietro Ingrao lo richiamerebbe “abbiamo
bisogno di un nuovo modello produttivo”. Lo impone la crisi economica
lo impone la crisi ambientale energetica.
Di tutto questo abbiamo parlato a Tempera, sapendo che le grandi
scalate si cominciano in pochi, ma si terminano tutti insieme. ANDIAMO
A VOTARE e VOTAMO SI PER FERMARE LE TRIVELLE

 

 

    Stefano Innocenzi
Consigliere Territoriale

Alfonso De Amicis

 

Venerdì assemblea a Tempera No Triv

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Venerdì 8 Aprile 2016 presso gli Usi Civici di Tempera, assemblea pubblica sul referendum del 17 Aprile 2016. Parteciperà Stefano Pulcini del comitato No Triv Abruzzo.

Modereranno l’assemblea Alfonso De Amicis e Stefano Innocenzi.

E ce lo contrabbandano per interesse nazionale

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Di fronte a quanto sta emergendo nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Potenza, le dimissioni della ministra Federica Guidi sono un atto dovuto. Il presidente del Consiglio dovrebbe chiedere scusa a quei «comitatini», ovviamente soprattutto a quelli lucani, che ha ripetutamente deriso. Comunque vada a finire, questa inchiesta rappresenta una clamorosa bocciatura di un premier che ha subappaltato la politica energetica nazionale a Confindustria.
Ricordo che la ministra allo Sviluppo Economico indicò, al momento del suo insediamento, tra le priorità del suo dicastero proprio la ripresa degli investimenti privati per la ricerca e la produzione di idrocarburi e la centralizzazione delle competenze in materie di infrastrutture energetiche strategiche per sconfiggere la conflittualità crescente nei territori. Renzi di suo ci aggiunse le battute offensive verso gli ambientalisti, rei di ostacolare la ripresa economica del paese.
Le indagini riguardanti il compagno della ministra Guidi danno l’idea di quanto sia forte il legame tra una certa politica e le lobby del settore petrolifero (e non solo) e di quale sia lo stile di questi presunti rottamatori. D’altronde ci è capitato di denunciare nel recente passato che persino nei loro rapporti agli azionisti società petrolifere straniere facevano riferimento a interlocuzioni positive con il governo italiano.
La lettura delle intercettazioni ampiamente giustifica la radicata diffidenza verso una classe dirigente che non è credibile quando cerca di contrabbandare come dettate dall’interesse nazionale norme e decisioni che non lo sono per nulla. La politica energetica di questo paese dovrebbe essere affidata a persone competenti e indipendenti dagli interessi privati in campo. Questo non è accaduto da troppi anni e il governo Renzi lungi dal rappresentare una discontinuità rispetto al passato si è fatto interprete di una più arrogante riproposizione di un’impostazione bipartisan che ben conoscevamo. L’inchiesta e le dimissioni di Federica Guidi costituiscono una plateale smentita delle argomentazioni con cui il governo e i portavoce della lobby petrolifera hanno tentato finora di delegittimare le ragioni della battaglia No Triv e del referendum del 17 aprile.
Da settimane ci ripetono – come d’altronde hanno sempre fatto – che le attività legate all’estrazione e alla lavorazione del petrolio in Italia non presentano problemi di impatto ambientale e che tutto è sotto controllo. Gli ambientalisti e le comunità locali sono stati dipinti come i soliti «nimby» luddisti e sprovveduti. La realtà è ben altra e dal basso nel corso degli anni si è sviluppata una competenza diffusa e una socializzazione dei saperi che hanno accompagnato e stimolato le mobilitazioni popolari. Una puntuale attività di studio, ricerca e denuncia portata avanti da attiviste e attivisti ha disvelato i danni già compiuti e i pericoli insiti nelle scelte energetiche, nelle norme approvate a raffica a favore dei petrolieri, nelle complicità e negligenze dei pubblici poteri a tutti i livelli. L’interesse generale e il futuro del paese è stato difeso proprio da chi ha cercato di tutelare i nostri mari e il nostro territorio rispetto a una politica che ci sta condannando in campo ambientale e sociale a una sorta di terzomondizzazione. I tanto vilipesi «comitatini» hanno incalzato i livelli istituzionali più vicini ai cittadini come le Regioni spingendole a collocarsi su posizioni critiche prima su singoli procedimenti autorizzativi e poi anche sul piano politico generale con la richiesta dei referendum.
La mobilitazione e la presentazione dei quesiti ha prodotto già importati risultati come la reintroduzione del divieto entro le 12 miglia dalla costa. Lungi dall’essere inutile, superfluo o dannoso come sostengono gli esponenti del Pd il referendum del 17 aprile rappresenta un’occasione, insieme alla “primavera referendaria” che sta per iniziare, per rimettere le scelte strategiche per il futuro del paese nelle mani dei cittadini.

 

Maurizio Acerbo 

 

Fonte: il manifesto

Il fratello Obama

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I re della Spagna ci portarono i conquistatori ed i padroni, le cui orme rimasero negli appezzamenti circolari di terra assegnati ai cercatori d’oro nelle sabbie dei fiumi, una forma abusiva e vergognosa di sfruttamento, le cui vestigia si possono scorgere dall’aria in molti luoghi del paese.
Il turismo oggi, in gran parte, consiste nell’esibire le delizie dei paesaggi ed assaggiare le squisitezze alimentari dei nostri mari, e sempre si condivide col capitale privato delle grandi corporazioni straniere, i cui guadagni se non raggiungono i mille milioni di dollari pro capite non sono degni di nessuna attenzione.
E poiché mi vidi obbligato a menzionare il tema, devo aggiungere, principalmente per i giovani, che poche persone si rendono conto dell’importanza di tale condizione in questo momento singolare della storia umana. Non dirò che si è perso il tempo, ma non vacillo nell’affermare che non siamo sufficientemente informati, né voi né noi, sulle conoscenze e sulle coscienze che dovremmo avere per affrontare le realtà che ci sfidano. La prima cosa da prendere in considerazione è che le nostre vite sono una frazione storica di secondo che dobbiamo inoltre condividere con le necessità vitali di ogni essere umano. Una delle caratteristiche di questo è la tendenza alla super valutazione del suo ruolo, fatto che contrasta d’altra parte col numero straordinario di persone che incarnano i sogni più elevati.
Nessuno, tuttavia, è buono od è cattivo per sé stesso. Nessuno di noi è progettato per il ruolo che deve assumere nella società rivoluzionaria. In parte, noi cubani abbiamo avuto il privilegio di contare sull’esempio di Josè Martì. Mi domando perfino se doveva cadere o no in Dos Rios, quando disse “per me è ora”, e partì alla carica contro le forze spagnole trincerate in una solida linea di fuoco. Non voleva ritornare negli Stati Uniti e non aveva chi lo avrebbe fatto ritornare. Qualcuno strappò alcune pagine del suo diario. Chi commise questa perfida colpa che è stata senza dubbio opera di qualche intrigante negligente ? Si conoscono differenze tra i Capi, ma mai indiscipline. “Chi tenti di appropriarsi di Cuba raccoglierà la polvere del suo suolo annegato nel sangue, se non soccombe nella lotta”, dichiarò il glorioso leader nero Antonio Maceo. Si riconosce ugualmente Massimo Gomez come il capo militare più disciplinato e discreto della nostra storia.
Guardandolo da un altro angolo, come non ammirare l’indignazione di Bonifacio Byrne quando, dalla distante imbarcazione che lo portava di ritorno a Cuba, scorgendo un’altra bandiera vicino a quella della stella solitaria, dichiarò: “La mia bandiera è quella che non è mai stata mercenaria…”, per aggiungere immediatamente una delle più belle frasi che abbia mai ascoltato: “Se la mia bandiera sarà un giorno strappata in pezzetti minuscoli … i nostri morti alzando le braccia la sapranno difendere ancora!…”. E non dimenticherò neanche le accese parole di Camilo Cienfuegos quella notte, quando, a varie decine di metri bazooka e mitragliatrici di origine nordamericana, in mani controrivoluzionarie, puntavano verso la terrazza dove eravamo in piedi. Obama è nato in agosto del 1961, come ha detto lui stesso. Da quel momento è passato più di mezzo secolo.
Vediamo comunque come pensa oggi il nostro illustre visitatore: ”Sono venuto qui per lasciare indietro le ultime vestigia della guerra fredda nelle Americhe. Sono venuto qui stendendo la mano di amicizia al popolo cubano.”
Immediatamente un diluvio di concetti, totalmente innovativi per la maggioranza di noi: “Ambedue viviamo in un nuovo mondo colonizzato da europei”. Proseguì il Presidente nordamericano. “Cuba, come gli Stati Uniti, è stata costituita da schiavi portati dall’Africa; come gli Stati Uniti, il popolo cubano ha eredità di schiavi e di schiavisti.”
Le popolazioni native non esistono per niente nella mente di Obama. E non dice neanche che la discriminazione razziale è stata spazzata via dalla Rivoluzione; che la pensione ed il salario di tutti i cubani furono decretati da questa prima che il signore Barack Obama compiesse 10 anni. L’odiosa abitudine borghese e razzista di assumere sbirri affinché i cittadini neri fossero espulsi dai centri di ricreazione è stata spazzata via dalla Rivoluzione Cubana. Questa passerà alla storia per la battaglia che ha combattuto in Angola contro l’apartheid, mettendo fine alla presenza di armi nucleari in un continente di più di mille milioni di abitanti. Non era questo l’obiettivo della nostra solidarietà, bensì aiutare i popoli dell’Angola, Mozambico, Guinea Bissau ed altri dal dominio coloniale fascista del Portogallo.
Nel 1961, appena un anno e tre mesi dopo il Trionfo della Rivoluzione, una forza mercenaria con cannoni e fanteria blindata, equipaggiata con aeroplani, è stata allenata ed accompagnata da navi da guerra e portaerei degli Stati Uniti, attaccando a sorpresa il nostro paese. Nulla potrà giustificare questo perfido attacco che costò al nostro paese centinaia di vittime, tra morti e feriti. Della brigata di assalto pro-yankee da nessuna parte consta che avrebbe potuto evacuare un solo mercenario. Aeroplani yankee di combattimento sono stati presentati presso le Nazioni Unite come squadre cubane ribelli.
L’esperienza militare ed il potere di questo paese sono fin troppo conosciuti. In Africa hanno ugualmente creduto che la Cuba rivoluzionaria sarebbe stata messa facilmente fuori combattimento. L’attacco nel Sud dell’Angola da parte delle brigate motorizzate del Sudafrica razzista ci portò fino alle prossimità di Luanda, la capitale di questo paese. Lì incominciò una lotta che si prolungò non meno di 15 anni. Non parlerei nemmeno di questo, se non avessi il dovere elementare di rispondere al discorso di Obama nel Gran Teatro de L’Avana Alicia Alonso.
Non cercherò neanche di dare dettagli, solo enfatizzare che lì si scrisse una pagina rispettabile della lotta per la liberazione dell’essere umano. In un certo modo, io desideravo che la condotta di Obama fosse corretta. La sua origine umile e la sua intelligenza naturale sono evidenti. Mandela era prigioniero a vita e si era trasformato in un gigante della lotta per la dignità umana. Un giorno ho avuto per le mani una copia del libro in cui si narra parte della vita di Mandela ed oh, sorpresa!: il prologo era di Barack Obama. Lo scorsi rapidamente. Era incredibile la dimensione delle minuscole lettere di Mandela precisando dati. Vale la pena avere conosciuto uomini come lui.
Sull’episodio del Sudafrica devo segnalare un’altra esperienza. Io ero realmente interessato a conoscere più dettagli sulla forma in cui i sudafricani avevano acquistato le armi nucleari. Avevo solo l’informazione molto precisa che non erano più di 10 o di 12 bombe. Una fonte sicura era il professore e ricercatore Piero Gleijeses, che aveva redatto il testo di “Missioni in conflitto: L’Avana, Washington ed Africa 1959-1976″; un lavoro eccellente. Io sapevo che lui era la fonte più sicura su quanto era successo e così glielo dissi; mi rispose che lui non aveva mai parlato del tema, perché nel testo aveva risposto alle domande del compagno Jorge Risquet, che era stato ambasciatore e collaboratore cubano in Angola, un suo grande amico. Localizzai Risquet; già in altre importanti occupazioni, stava finendo un corso del quale gli mancavano varie settimane. Questo compito coincise con un viaggio abbastanza recente di Piero al nostro paese; avevo detto a lui che Risquet aveva già una certa età e la sua salute non era ottima. Pochi giorni dopo è accaduto quello che io temevo. Risquet peggiorò e scomparse. Quando Piero arrivò non c’era più niente da fare eccetto promesse, ma io ero già riuscito ad avere l’informazione che si riferiva con quell’arma e sull’aiuto che il Sudafrica razzista aveva ricevuto da Reagan e da Israele.
Non so che cosa dirà adesso Obama su questa storia. Ignoro che cosa sapesse o meno, benché sia molto difficile che non sapesse assolutamente nulla. Il mio modesto suggerimento è che rifletta e non tenti ora di elaborare teorie sulla politica cubana.
C’è una questione importante: Obama pronunciò un discorso nel quale utilizza le parole più sciroppate per esprimere: “È già ora di dimenticare il passato, lasciamo indietro il passato, guardiamo al futuro, guardiamolo insieme, un futuro di speranza. E non sarà facile, ci sono delle sfide, ed a queste le daremo tempo; ma la mia permanenza qui mi dà più speranze su quello che possiamo fare insieme come amici, come famiglia, come vicini, insieme.”
Si suppone che ognuno di noi correva il rischio di un infarto ascoltando queste parole del Presidente degli Stati Uniti. Dopo un bloqueo spietato che è durato già quasi 60 anni, e quelli che sono morti negli attacchi mercenari contro barche e porti cubani, un aeroplano di linea strapieno di passeggeri fatto esplodere in pieno volo, invasioni mercenarie, multipli atti di violenza e di forza?
Nessuno si faccia l’illusione che il popolo di questo nobile ed abnegato paese rinunzierà alla gloria ed ai diritti, ed alla ricchezza spirituale che ha guadagnato con lo sviluppo dell’educazione, della scienza e della cultura.
Faccio notare inoltre che siamo capaci di produrre gli alimenti e le ricchezze materiali di cui abbiamo bisogno con lo sforzo e l’intelligenza del nostro popolo. Non necessitiamo che l’impero ci regali nulla. I nostri sforzi saranno legali e pacifici, perché è il nostro impegno con la pace e con la fraternità di tutti gli esseri umani che viviamo in questo pianeta.

 

Fidel Castro Ruz

 

fonte: cubadebate

Questa Europa Deve Morire e Morirà

 

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Sono passati dieci anni dalla crisi subprime e subito, abilmente trasformata da debito privato a debito pubblico. E sono anni che sperimentiamo sulla pelle della stragrande maggioranza delle popolazioni politiche di austerità ed il paese sta sempre peggio. I trucchi contabili, la propaganda, spesso meschina, al limite dell’auto-censura da parte di tutti i media, non riescono più a nascondere una verità sempre più feroce e devastante. Le ricette dettate dall’Unione Europea di rimettere in ordine i conti e di far ripartire la crescita sono servite esclusivamente a tagliare la spesa pubblica, a privatizzazioni selvagge, al taglio delle pensioni e welfare, all’abolizione delle tutele dei lavoratori, all’abbassamento dei salari medi. Eppure per i burocrati europei non basta! Ma non basta neanche ai governanti italiani messi li, apposta per supportare politiche economicamente e socialmente criminali. Una delle ultime trovate, dall’inglese impronunciabile, jobs-act non funziona più. Ammesso che abbia mai funzionato, se non per rottamare l’art.18 e la dignità di chi lavora. Rottamare i diritti così come si rottamano le vecchie auto. D’altronde il lavoro è considerato una merce acquistabile nei supermarket delle agenzie appositamente create. Oggi si assume tramite sms, e si licenzia con la stessa tecnica. Freddamente, cinicamente. Dove possa arrivare un simile paese non è dato sapere. Possiamo solo immaginare la nostra inarrestabile decadenza. Ma di fronte al disastro annunciato il cazzaro di Rignano continua a parlare di crescita, di ripartente e menate varie. Va da se che i suoi vaniloqui vengono sostenuti dalle fanfare della comunicazione. Ma la realtà ha la testa dura. E neanche l’ultima mossa di Draghi di “lanciare denaro dagli elicotteri” fermerà il momento deflativo che vive soprattutto l’Europa Mediterranea. Il colossale fallimento delle politiche monetarie è ormai sotto gli occhi di tutti. E’ passato un anno dal varo del programma di quantitative easing della BCE ed infatti come, prima sottolineavo l’UE è tornata in deflazione. Francamente, non poteva essere altrimenti, data la bassa domanda, l’alta disoccupazione, i salari stagnanti, e il prezzo del petrolio sempre più in caduta libera. Ritorna in mente l’Appello degli Economisti contro questa Europa e sulla impossibilità di una unione fra stati economicamente diversi. Sostenevano che questo tentativo era destinato a fallire, senza massicci trasferimenti di bilancio, che i membri più forti non vogliono. L’alternativa è quella che abbiamo sotto i nostri occhi: con uno stato minimo che detti le sole regole di mercato. Bisogna, invece puntare al ripristino dell’autonomia nazionale, il solo ambito in cui si può esercitare la democrazia e prepararsi al crollo dell’euro. La maggioranza della “sinistra” si crogiola nell’illusione che l’Europa possa mutare pelle sotto la spinta delle mobilitazione di solidarietà tra i popoli europei. Da dove scaturisca tale speranza non è dato capire. Va invece sottolineato come oggi in Europa c’è una profonda crisi di democrazia, una diffusa disaffezione, se non aperta ostilità di gran parte della popolazione ai meccanismi della rappresentanza e della mediazione politica. Se non si vuole trasformare questa crisi in forme do conflitti distruttivi, questi si populistici e xenofobi, vanno rovesciate e distrutte tutte quelle politiche deflative che sono alla base di questa Unione Europea. L’euro è lo strumento principale di queste politiche economiche, sociali e monetarie. Questa gabbia va rotta. Rompere l’Unione Europea è il primo atto per riconquistare la sovranità Costituzionale.

 

Alfonso De Amicis