ELEZIONI O SONDAGGIO?

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Le ultime elezioni hanno sancito che la maggioranza dei popoli europei hanno rifiutato gli “insanabili antagonismi” e le politiche economiche e sociali imposte dalla Commissione Europea che hanno portato a galla le distruttive competizioni tra gli Stati in cui milioni di donne e uomini sono stati spinti in una drammaticità sociale fatta di precarietà e povertà crescente. Intere generazioni abbandonate alla tempesta di una crisi sistemica e senza soluzioni all’orizzonte.

Tuttavia la risposta è stata falsata da risentimenti xenofobi, razzismo, nazionalismo, paura del presente e incertezze per il futuro, contraddizioni interne ai singoli Paesi, ecc..
Tutto il male prodotto dalle politiche del polo imperialista europeo è sotto gli occhi di tutti. Se nel periodo gramsciano il “destino degli uomini” era connesso alla formazione dello stato nazionale, oggi il destino è determinato dal tentativo delle borghesie europee nella formazione del “super stato europeo”: uno Stato sfuggente, invisibile, a conduzione inflessibile e che ha riportato nuovamente la guerra all’interno dello spazio Europeo.
Gli strumenti determinanti per l’annessione forzata dei popoli sono stati i Trattati e la Moneta Unica. Nel sondaggio di domenica 25 maggio u.s. solo la Germania e l’Italia sembrano accordare una risicata fiducia alla stabilizzazione dell’Unione Europea.

In Italia il PD rafforza la propria funzione con la pretesa di riorganizzare, sotto il vessillo della modernizzazione e della rottamazione, il blocco conservatore. Un blocco sociale fatto da quel che rimane di una misera “borghesia nazionale”, di piccoli imprenditori e artigiani, del nanismo di una borghesia impiegatizia spaventata di precipitare verso una proletarizzazione senza ritorno. Un blocco che in precedenza si era raggruppata presso la corte di Arcore nella speranza di trovare un valido paracadute al declino. Il voto nel nord est è la cartina tornasole della paura che circola dentro intere categorie sociali. Ma in questo senso la crisi non è un handicap. Anzi, la crisi costituisce il turbomotore dell’economia contemporanea. Si distrugge, ma nello stesso tempo si ricostituiscono imprese più grandi e più efficaci, per meglio competere nei mercati mondializzati. Magari lo faranno oligopoli sovranazionali, ma questo è il capitalismo bellezza.

Il capitalismo sa essere “rivoluzionario”!
Paragonare il PD alla vecchia DC, come insistono tanti media mainstream, ci appare ridicolo e antistorico. Pura propaganda se si considera che fino agli anni ’70 votava oltre l’80% dell’elettorato mentre oggi abbiamo verificato che oltre il 40% degli aventi diritto si astiene. Inoltre oggi siamo in presenza di una crisi che sembra non avere fine ne’ soluzione: i dati della Banca d’Italia e dell’ISTAT confermano quanto tutti concretamente avvertono.
La crisi quindi prepara ed esercita un ordine disciplinare di controllo sociale e politico. Anche le paure sono una forma di controllo.
La finanza, che non è l’espressione della cupidigia umana, è essenzialmente una relazione di potere che ha prodotto un diverso progetto e una diversa funzione della democrazia e dello Stato. E’ stato un processo lungo che ha coinvolto tutte le sfere istituzionali, trasformando l’intero apparato statale. “In Europa, tra Otto e Novecento, lo stato liberale di diritto e lo stato costituzionale democratico hanno funzionato come terreni complessi di compromesso tra le classi, come luoghi articolati di partecipazione e di mediazione tra interessi contrapposti….Senza disperdere il proprio fondamentale connotato classista, ha saputo coniugare la logica dei rapporti di forza tra le classi con la sintassi della cooperazione sociale” (Alberto Burgio “Senza Democrazia”). Oggi queste funzioni sono evaporate grazie alle forze conservatrici e reazionarie. Le nuove condizioni storiche impongono relazioni “democratiche” di altro tipo. Lo Stato, come ai suoi albori, tende, con tutti i suoi armamentari, ad essere lo strumento di oppressione e di consenso delle classi dominanti.

Il capitale oligopolistico accentua i suoi tratti coercitivi anche attraverso la competizione elettorale. Le elezioni sono divenute, ormai da tempo, marketing, operazioni commerciali. Se nella recente modernità esse erano, in un certo qual modo la fotografia dei rapporti tra le classi, oggi le elezioni costituiscono uno strumento dell’incanalamento, del controllo, della repressione pacifica delle istanze sociali e politiche della popolazione. L’ossessione della governabilità ha partorito leggi elettorali di stampo oligarchico tese a marginalizzare qualsiasi istanza che potesse in un qualche modo dare voce alle istanze sociali più colpite dalla crisi. A dimostrazione del fatto che il liberalismo e la reazione sono le due facce della stessa medaglia, ci hanno abituato a vedere la borghesia con la sua maschera “legalitaria” mentre spesso assume la grinta e il morso dell’aperto totalitarismo proprio per bloccare l’emersione storica delle forze sociali antagoniste.
Per questo crediamo che nel commentare le recenti elezioni non si possa fare a meno di analizzare e comprendere la trasformazione in atto, ormai da tempo, della stessa democrazia borghese (vedasi: “Capitalismo, democrazia politica. Cambio in corsa” di Francesco Piccioni su “CONTROPIANO” e “Il demone della paura” di Zygmunt Bauman).
Cosa pensa la gran parte degli esseri sociali, come vive, quale aspirazioni e speranze sopravvivono nel caos della modernità? Effettivamente risulta impossibile conoscere senza un rapporto concreto con questa sterminata popolazione, ma che forse può ancora essere recuperato attraverso la lotta e la mobilitazione.

Risulta evidente che “la via maestra è l’organizzazione”. Tuttavia, a differenza dei compagni di “Contropiano”, riteniamo che una formazione di soli quadri militanti non sia sufficiente. Una forza di massa capace di collegarsi a tutto il mondo del lavoro è tanto più urgente vista l’enorme spoliticizzazione di ampi settori anche formalmente “acculturati”. I nuovi proletari possono essere raggiunti solo con una ramificazione sotterranea e di superficie. L’insieme ci dice che è necessario osare con intelligenza, forza e determinazione. L’attuale cornice è simile alla crisi della prima Grande Guerra e come allora le strade sono due: o una svolta verso una nuova forma di totalitarismo oppure porre le basi per una rinnovata democrazia continentale. Una parte importante di tale cammino va intrapreso dai Paesi che più stanno sopportando la crisi del capitalismo globalizzato ovvero i Paesi PIGS. Riteniamo che l’attuale costruzione europea non sia riformabile e che dunque sia determinante rompere con i Trattati Europei e abbandonare la moneta unica per ricostruire una comunità solidale e quindi socialista.

 

Alfonso De Amicis e Tina Massimini    Ross@ L’Aquila

De Amicis: ” Lista Tsipras, dimmi con chi vai e ti dirò chi sei!”

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Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. I proverbi come diceva Gramsci sono una forma di filosofia popolare. Cosa manca affinché essa diventi una disciplina completa? L’organicità delle università borghesi. Gramsci suggeriva di superare l’ostacolo attraverso un lavorio collettivo. Non vi è nessun dubbio, che questo elemento sensitivo di cui i ceti popolari sono portatori abbia una sua valenza. Mi sono avvalso di questo scetticismo circa la “macedonia” politica che sorregge la Lista Tsipras.

Una lista costruita da bravissimi compagni. Compagni generosi e fratelli di battaglie comuni. Una domanda tuttavia sorge spontanea, cosa c’entrano con le loro aspirazioni soggetti che nella loro attività quotidiana nel sindacato o in altri ambiti sorreggono politiche neoliberali o se vogliamo social liberali? Il segretario generale di CGIL Abruzzo che fa suo il testo unico (una legge di regime?) sulla rappresentanza sul lavoro, o altre schifezze in tema di contrattazione, che ha da spartire con le politiche che Tsipras ha sostenuto in Grecia? Cosa accomuna Tsipras alla Cgil o a SEL? Tutti noi possiamo avere posizioni discordandi sull’Europa e sull’euro, o sui trattati e come modificarli.

Tuttavia c’è un minimo comun denominatore che ci costringe ad una sorta di vicinanza d’intenti. Certi soggetti a me sembrano di un campo avverso, alieno alle istanze popolari. Forza Italia2(Il PD) è sindacato(CGIL,CISL,UIL e UGL) sono i soggetti che più convintamente sostengono le politiche di austerità e del pareggio di bilancio. Penso che sia difficile dialogare con soggetti del genere. Non sentono ragione. L’ultimo congresso CGIL conferma ciò che prima poteva sembrare una impressione. Costoro hanno iniziato un percorso di separazione anche verso la cosiddetta democrazia borghese.

 Alfonso De Amicis

Il Governo Renzi e i Terremotati

 

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La mazzata di Del Rio. “Governo Renzi non vuole sforare il 3%” Sempre
Del Rio “Noi non vogliamo sforare il 3%, non ha senso, vogliamo andare
in Europa, cominciare il semestre dicendo che non siamo più l’Italia
che annuncia, ma l’Italia che fa e avremo grande credito.” Tradotto e
fuori dal gergo politichese, eh si, anche i rottamatori hanno il loro
gergo, vuol dire taglia alla spesa e ai redditi. Puntano al massacro
sociale. D’altronde l’economista dell’Ocse Padoan ha già massacrato,
portato al default Argentina, Grecia e Portogallo. Su di lui pendono
dissacranti considerazioni dei premi Nobel Stiglz e Krugman, pagine di
cultura economica leggibili sul giornale confindustriale Il Sole 24
Ore. Padoan, parlando da capo-economista dell’Ocse, ha sostenuto al
necessità di un “riequilibrio del trattamento fiscale tra lavoro e
rendita”. Ora da ministro dell’economia, dovrà selezionare con cura
quale “rendite” falciare garantendo comunque “ai mercati” la loro
quota di interessi su debito pubblico italiano. Altrimenti quei 400
miliardi necessari a “rinnovare” il debito diventerebbero
irreperibili. Fatta la frittata. Recuperare i 400 miliardi, garantire
i mercati. Queste le priorità del governo del Gallo Cedrone. Se
aggiungiamo a ciò che dal prossimo hanno entrerà in vigore il fiscal
compact, cioé manovre di 40 miliardi l’anno per venti anni, possiamo
esser certi che L’Aquila sarà la Pompei del 2000. Viene da soggiungere
solo una considerazione: Il problema non è chi siede a Palazzo
Margherita. Le forze politiche sono simili. Non è un caso che i loro
fratelli maggiori, hanno tutti, indistintamente messo in costituzione
il fiscal compact. I loro apparenti litigi somigliano molto ai capponi
di Renzo. Se ne esce? Certo ad una condizione: Rifiutare i trattati
europei, in modo unilaterale.

 

Alfonso De Amicis 

Ross@ L’Aquila

 

Su Renzi e sulla democrazia che non c’è più.

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di Tina Massimini e Alfonso De Amicis

 L’incarico al “Gallo Cedrone” Renzi  di formare il governo rappresenta una continuità storica che ha inizio dai primi anni duemila. Il destino della democrazia è stato segnato dal “patriot act” e dalle politiche di “security” che si sono succedute a seguito dell’attentato alle Torri Gemelle e con le successive guerre in Afghanistan e in Iraq. La formula della “sicurezza”  oggi funziona in ogni ambito: dalla vita quotidiana ai conflitti internazionali e/o ai conflitti in ambito sociale, economico e finanziario. La crisi come strumento permanente di ricatto, come elemento costitutivo di un potere d’eccezione. La “crisi infinita” usata per rimandare qualsiasi ipotesi di soluzione della stessa, per instaurare una emergenza strisciante e permanente ma anche per imporre nuovi e rinnovati domini.
Uno stato d’eccezione non dichiarato formalmente, che si regge su incerte nozioni giuridiche. Pensiamo a quanto accaduto in Grecia dal 2009 ad oggi. Nelle votazioni generali del 2009 il PASOK, primo partito con il 44%, è costretto – attraverso le politiche del memorandum europeo – ad accettare tagli drastici allo stato sociale, riduzione di salari e pensioni (che, anche con il benestare della BCE, erano stati precedentemente gonfiati per motivi puramente clientelari/elettorali).
La Grecia cercò una via d’uscita con il proprio segretario generale George Papandreou che aveva chiesto un referendum affinché la democrazia ellenica potesse esprimersi sulle politiche di austerità imposte da Germania e dalla troika. La fulminea risposta dell’Europa rappresentò l’abolizione dei principi democratici a favore dell’austerità espansiva e qualunque costo.
Il PASOK non mosse ciglio e accettò. Il 6 maggio 2011 Nea Demokratia e i socialisti sommati superarono appena il 32% nelle elezioni generali. Alle ultime elezioni del 2012 vinse Nea Demokratia con il 29,66% portandosi a casa anche il premio di maggioranza che accorda 50 deputati. La Grecia è stata usata in maniera spietata per sperimentare le politiche recessive del debito ed è stata usata per capire sin dove ci si poteva addentrare nel terreno sconosciuto della “sospensione” della democrazia, determinando di fatto, il superamento delle regole costituzionali nate dalla guerra al nazifascismo.
Qui in Italia, ma in modi diversi, sono state create le condizioni per il superamento  delle forme tradizionali della democrazia parlamentare attraverso  prima il governo delle larghe intese affidato a un grigio uomo della Bocconi: Mario Monti.
Successivamente:
·         elezione del “nuovo” Presidente della Repubblica, cioè sempre Giorgio Napolitano (un episodio senza precedenti. Una procedura istituzionale e politica applicata per la prima volta dentro una crisi di legittimità della classe politica italiana);
·         elezioni politiche, avvenute ancora una volta con la legge “porcellum”, e che non ha determinato una maggioranza evidente, ma che ha incaricato una classe politica affetta da nanismo tale e quale alla struttura produttiva del Paese che pretende di “governare”;
·         quindi il governo Letta abbattuto dal suo stesso Partito;
·         infine l’incarico a Renzi.
Siamo alla svolta di un percorso istituzionale che considera la democrazia elettorale alla stregua di un televoto. Al massimo possiamo cambiare canale che però propina la stessa pappa.
L’esigenza, delineata, di far risalire  al popolo la sovranità e la pretesa reale dei gruppi oligarchici di dominare il popolo – sia pure in vista del suo
futuro vantaggio – produsse, già all’inizio dell’ascesa al potere della borghesia, numerose difficoltà. Il dilemma venne acuito dal fallimento del tentativo fascista di circoscrivere il potere statale a gruppi dirigenti privi di una legittimazione attinta alle masse con i crismi costituzionali. Dopo quegli anni il liberalismo è punto ed a capo.
Oggi lo stato liberale prova ad inoltrarsi di nuovo su un percorso fascistizzante ed autoritario con tecniche di nuovo conio che  si sono arricchite di arsenali della manipolazione dall’alto verso il basso tali da imporre “nuove costituzioni” modificate in modo sostanziale. Le antiche democrazie politiche europee non possono più continuare a lavorare con i vecchi procedimenti perché non corrispondono più alle attuali moderne e veloci esigenze sociali e il tentativo di Renzi guarda con  interesse alla necessità di garantire il potere e la libertà della nuova borghesia trasnazionale e dei lacchè della provincia Italia per assicurare l’ordine e la moralità dell’Europa, dell’euro e dei trattati già sottoscritti.
L’Architrave di questa operazione è tutta dentro il PD ovvero il partito dell’Ordine europeista.
 “Il partito dell’ordine, frantumando il 13 giugno la Montagna, aveva insieme ottenuto di assoggettare la Costituzione alla maggioranza dell’Assemblea nazionale. In tal modo esso  considerava la repubblica l’etichetta del dominio borghese con forme parlamentari e senza il limite del veto del potere esecutivo come nella monarchia” (*Il Diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte *di Karl Marx).
Per le attuali oligarchie esiste l’esigenza di chiudere con la democrazia parlamentare sperando di poter riproporre una legge elettorale che tenga fuori qualsiasi istanza popolare e democratica
La Corte Costituzionale bocciando il “porcellum” ha inteso sottolineare che il sistema elettorale di tipo proporzionale è l’unico costituzionalmente corretto e capace di garantire la massima rappresentanza.
Contemporaneamente  si vara il testo unico sulla rappresentanza del lavoro sulla scia di Palazzo Vidoni durante il fascismo. Il monopolio della rappresentanza sulle povere (sic!) spalle dei sindacati confederali complici insieme a UGL  (già ben allenato nel sottoscrivere qualunque accordo).
Precarizzazzione del lavoro, povertà, cultura, stato sociale e tanto altro ancora: tutti argomenti che nessuno ha interesse nel trovare una soluzione.
Rimane l’urgenza di concretizzare i rapporti giuridici che sanciscano la gerarchia sociale e politica che si è determinata negli ultimi venti anni in modo da chiudere il cerchio e garantirsi un avvenire senza ostacoli e a qualunque costo.
Ma le attuali oligarchie sono formalmente forti soltanto a causa delle nostre divisioni. Sono forti perché abbiamo abbandonato il terreno del conflitto e della memoria. Sono forti perché siamo senza organizzazione un errore, quest’ultimo, assolutamente imperdonabile. Negli ultimi anni abbiamo buttato il bambino e l’acqua sporca.
 Siamo d’accordo su alcuni temi proposti in tema di organizzazione, tuttavia abbiamo il presentimento che un soggetto fatto di soli quadri oggi sia insufficiente di fronte al disastro provocato d soggetti che hanno pensato di risalire la china della sconfitta attraveso una presenza istituzionale. Siamo convinti che vi sia la necessità di fome di oganizzazione fatta di militanti, ma vanno sperimentante forme di partecipazione di massa. Lo richiede la situazione particolarmente complessa, lo richiede il tempo storico.

                                                                              ROSS@ L’AQUILA

 

 

 

 

Coalizione a riperdere

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L'Aquila, 11 febbraio 2014 Per ROSS@ Alfonso De Amicis

Nell'eurozona la Grecia vive sull'orlo di "una catastrofe umanitaria";
La Spagna ha tre milioni di persone che sopravvivono con redditi
mensili in feriori a 307 euro, le cifre ufficiali del Portogallo
collocano il 18% della popolazione sotto la soglia della povertà, e in
paesi fondatori del progetto europeoo come l'Italia il numero dei
poveri si è duplicato tra il 2007 e il 2012.
La situazione va oltre i cosiddetti PIIGS. In Germania quasi otto
milioni di persone tirano a campare con 450 euro mensili di salario."
In Grecia, Irlanda, Italia Portogallo, Spagna si è assistito a una
crescita dei livelli di disuguaglianza paragonabili al 16% di aumento
in Bolivia nei sei anni che seguirono il programma di aggiustamento
degli anni '90. In questi paesi europei il 10% più ricco guadagna di
più o il 10% più povero guadagna di meno o entrambe le cose".
L'impatto non è solo sociale o umanitario: è in gioco il modello
stesso Il Modello sociale europeo dal dopoguerra. Se non cambiano
queste politiche, l'Europa avrà bisogno di 25 anni per recuperare il
livello di vita di cui godeva prima della crisi. E' in corso lo
smantellamento del paradigma sociale del dopoguerra. Oggi la
disuguaglianza nella nostra Europa è uguale se non di più a quella
degli Stati Uniti.Questo è il frutto dei patti di stabilità, del
fiscal compact. Su questi paradigmi è stata creata la moneta unica. E'
stata fondata perché essa divenisse il fondamento di politiche
monetarie intraeuropee e imperialiste. L'Europa a conduzione tedesca
solo con questo retroterra spaziale avrebbe potuto condurre una lotta
al dollaro americano e allo yen giapponese. Solo attraverso questo
strumento avrebbe potuto intraprendere una guerra commerciale contro
il neopotere globale cinese." L'Unione europea non ha alcun margine di
riformabilità, proprio perché il processo in atto della costruzione di
un nuovo polo imperialista, concorrente a quello statunitense, e
basato non più sull'integrazione delle masse nelle proprie istituzioni
attraverso la mediazione politica, ma sull'esclusione e il controllo
di quote di popolazione sempre più maggioritarie. Non è presente cioè
una guerra per accaparrarsi l'adesione popolare, come avvenuto per
larga parte del novecento: non sono presenti forze politiche
contrapposte che si giocano la propria legittimità sul terreno del
consenso, ma tutte le forze politiche riconosciute concorrono a
promuovere l'eslusione di parte della popolazione dal consesso
legittimato a prendere le decisioni. Economicamente, questa parte di
popolazione esclusa è esattamente quella da cui il capitale estrae le
principali quote di profitto. Emergono dunque alcune considerazioni
conseguenti. L'Unione Europea non si riforma ma si combatte senza
mediazioni"(da Militant blog) Come già avvenne nella I° grande guerra
e con la II° Internazionale dove i partiti socialisti si misero a
servizio del grande capitale paneuropeo e del grande massacro
proletario, altrettanto oggi le socialdemocrazie sono al servizio
delle politiche espansioniste e austere di stampo mercatiste imposte
dalla Troika. Una riflessione più attenta ci dice che oggi il destino
della democrazia è inquietante. Lo è nella patria di Platone lo è
altrettanto nella patria di Macchievelli e Gramsci. La struttura che
oggi governa l'Europa non è solo antidemocratica ma non può nemmeno
considerarsi politica. Larga parte dei movimenti e delle masse pare
aver preso in considerazione un simile fatto. Non esiste offerta
democratica. "I continui fallimenti(del percoso elettorale)
evidenziano soprattutto una cosa: non è la bontà o meno di questa o
quella lista ad essere determinante, ma il costante distacco delle
masse dal momento elettorale, visto come legittimazione di un quadro
politico ormai sempre più altro e opposto ai bisogni delle stesse.
Continuare a a candidarsi non sposta l'atteggiamento di questa
popolazione, ma al contrario identifica in questa uguaglianza di fatto
esistente tra mondo della politica ufficiale e quella parte dei
movimenti che ancora insistono a legittimare quel mondo.. Perchè in
maniera a-politica e inconscia, probabilmente, assolutamente
inconsapevole, quella parte di popolazione sempre più astensionista
una cosa la sta percependo: non c'è alcuno spazio per la mediazione, e
dunque per il riformismo. L'attuale sistema, cioè, non può essere
riformato sotto la spinta dei movimenti antagonisti attraverso il
momento elettorale." Almeno in questa delicata fase storica di
rivolgomento reazionario. Questo al di là della sincerità e della
bontà di Tzipras e di alcuni suoi appartenenti alla lista in
costruzione. Così come non può ritenersi Tzipras responsabile della
sventura che ha colpito gran parte dell'Europa.
Walter Benjamin scrisse una volta che nulla è così "anarchico" come
l'ordine borghese. Nello stesso senso Pasolini nel suo ultimo film fa
dire a uno dei quattro padroni di Salò che si rivolge agli schiavi:
"la vera anarchia è l'anarchia del potere". Le vicende di queste ore
chiariscono ancora una volta come il comando governamentale della
Trojka ha la necessità di una definizione all'altezza storica del
momento, così come è necessario attrezzarsi per lo scontro del
momento. Uno scontro che ha due piani, uno sociale, economico,
politico, l'altro attiene alla reinventazione della democrazia. Questo
sistema parlamentare e istituzionale è decotto quello che ne rimane è
al servizio delle oligarchie europee.