Palestina, Natale bomba su bomba.

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Di Fabio Amato dal profilo fb 25/12 ore 00.21

Sono in Palestina, quella terra che viene da tutti celebrata in queste ore e in questi giorni e di cui cui pochi sanno cosa realmente accade.( anche gesu cristo era palestinese) : occupata , bombardata, sequestrata. poche ore fa gli f16 israeliani hanni celebrato il loro macabro rituale dell’occupazione. Bomba su bomba.

buon natale.

Buon Natale L’Aquila

natale l'aquila

 

 

 

 

 

 

 

Di Roberto Santilli giornalista Abruzzoweb

A Natale dobbiamo dirci la verità. Vivere all’Aquila è una sciagura. C’è chi si aggrappa ai ricordi e riesce a far finta di niente chiudendosi in un locale con gli amici di sempre, altri non ne vogliono sapere di uscire, di migliorare la vita sociale. Intanto questa città viene ricostruita senza criterio e pure a singhiozzo, con un gigantesco punto interrogativo sul futuro che presto sarà una croce.

E noi non possiamo farci niente, al massimo riusciamo a mantenere vivo il sentimento per ciò che è stato e che non tornerà più. Incastrati in un presente senza direzione, incastrati nel passato di bellezza e noia che oggi vorremmo come il pane, perché significherebbe tranquillità. Siamo incastrati qui. E qualche schifoso nazista che siede a Bruxelles si permette pure di vietare la ricostruzione, tanto i bastardi al governo qui in “patria” obbediscono e non fiatano.

Per riprenderci L’Aquila, poche storie: bisogna gettare in mare tutti quelli che hanno deciso di mangiarsela o di farla morire così, con qualche palazzo rimesso a nuovo e nessun giovane a valorizzare L’Aquila che verrà. La galera non serve a niente, i mafiosi locali, nazionali e sovranazionali, fanno saltare in aria chi gli rovina il business, oppure distruggono la società stoppando gli investimenti che la salverebbero. L’unico modo che abbiamo di difenderci è scovarli e gettarli in pasto agli squali. Perché quella è la fine che meritano.

Persi 1,3 milioni lavoratori indipendenti under 40

studenti

 

 

 

 

 

 

 

Nel lavoro autonomo un crollo di 455 mila persone in 5 anni

Con­ti­nua la rico­gni­zione sugli effetti della crisi sul lavoro auto­nomo. Secondo il rap­porto Cen­sis «Gio­vani, Pro­fes­sioni, Europa» pre­sen­tato ieri al con­ve­gno dell’associazione degli enti pre­vi­den­ziali pri­vati (Adepp) i liberi pro­fes­sio­ni­sti hanno visto ridursi in ter­mini reali il red­dito medio del 10,4% tra il 2009 e il 2012. L’indagine con­dotta tra gli iscritti dell’Adepp (notai, inge­gneri, avvo­cati, medici o com­mer­cia­li­sti) dimo­stra che i lavo­ra­tori under 40 sono pas­sati da quasi 11 milioni a poco più di 9, 1,3 milioni in meno tra i 25 e 39 anni, meno 455 mila tra i lavo­ra­tori indipendenti.

La crisi sta impo­nendo l’abbandono del lavoro auto­nomo in tutta Europa (dal 2007 al 2012 è stato dell’11,5%). In Ita­lia è del 20,1%. Un dato pre­oc­cu­pante per­ché il nostro paese esprime una voca­zione per il lavoro auto­nomo: il 19,6% degli under 40 con­tro il 10,4% della media euro­pea. Il rap­porto regi­stra un aumento degli iscritti agli enti pre­vi­den­ziali pri­vati, in par­ti­co­lare delle donne, aumen­tate dal 2007 dell’8,8%. «La man­canza di lavoro dipen­dente, o la sua per­dita — ha detto il pre­si­dente Adepp Andrea Cam­po­rese — ha fatto sì che non solo i più gio­vani, ma anche i più anziani intra­pren­dano l’esercizio della libera pro­fes­sione come solu­zione alter­na­tiva». «Per troppo tempo — ha aggiunto — si è pen­sato che il pro­fes­sio­ni­sta fosse un pri­vi­le­giato, que­sta realtà è stata spaz­zata via dalla realtà».

I pro­fes­sio­ni­sti dai set­tori scien­ti­fici e medici sem­brano avere più sicu­rezze degli altri, ma solo il 13,3% dei medici, far­ma­ci­sti, bio­logi si dice sod­di­sfatto del red­dito. Il 2013 c’è stato un boom del 72% della Cig per i dipen­denti degli studi pro­fes­sio­nali. Per Cesare Damiano, pre­si­dente Com­mis­sione Lavoro alla Camera, è «incom­pren­si­bile» la loro esclu­sione dalla Cig pre­vi­sta nella riforma degli ammor­tiz­za­tori sociali.

Morto Mikhail Kalashnikov, padre dell’omonimo fucile d’assalto

Russian arms designer General Mikhail Kalashnikov hospitalised

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

”Non e’ colpa mia se oggi tali armi vengono usate la’ dove non si dovrebbe usarle. La colpa e’ dei politici non dei costruttori. Io ho creato armi per la difesa dei confini della patria’‘.

Parola di Mikhail Kalashnikov, inventore dell’ omonimo fucile d’assalto, morto ieri a 94 anni, a Izhevsk, la citta’ a 1.300 km a est di Mosca a ridosso degli Urali, dove ha vissuto e ”lavorato tutta la vita”.  Due volte eroe del lavoro socialista in Urss, Kalashnikov era nato in un piccolo villaggio della Siberia.

Militare dell’Armata Rossa durante l’invasione nazifascista all’Urss fu ferito nei primi combattimenti della seconda guerra mondiale, nel 1941, fu evacuato nelle retrovie e comincio’ a mettere a punto quella che nel 1947 diventera’ l’Ak-47, ritenuta l’arma ”migliore” del XX secolo e per il quotidiano Liberation al primo posto nella lista delle invenzioni piu’ importanti del 900, davanti alle armi nucleari e alla tecnologia spaziale.

Un italiano su tre a rischio povertà, PRC: subito la tassa sulle grandi ricchezze

SINISTRA: PARTITO CORTEO A ROMA, L'OPPOSIZIONE E' NOSTRA

 

 

 

 

 

 

 

Nel 2014 il 29,9% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale. È quanto rileva l’Istat, sottolineando che l’indicatore cresce di 1,7 punti rispetto al 2011 ed è di 5,1 punti percentuali più elevato rispetto a quello medio europeo (pari al 24,8%).

Per Paolo Ferrero «L’Istat ci conferma quanto verifichiamo ogni giorno: un italiano su tre è a rischio povertà, con il 20% degli italiani che non può nemmeno riscaldarsi adeguatamente. Questa vergognosa situazione, indegna di un paese civile, è la conseguenza diretta dell’enorme concentrazione della ricchezza, che vede il 10% delle famiglie più ricche possedere il 50% della ricchezza. È necessario fare immediatamente una tassa sulle grandi ricchezze al di sopra degli 800.000 euro, in modo da recuperare 20 miliardi per aumentare stipendi, pensioni e indennità di disoccupazione».

L’Aquila la musica Concerto e una mostra per onorare le vittime vajont 1963

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di Michele Giacomel de il corriere delle alpi

Un concerto a L’Aquila in memoria delle vittime del disastro, a 50 anni dalla tragedia. Il rapporto tra la città dell’Aquila e il Comune di Longarone ha una storia particolare, legata a eventi tragici. A L’Aquila si svolse infatti il processo Vajont; i faldoni delle carte processuali rimasero lì fino al terremoto del 2009, e proprio il sisma divenne il motivo per rinsaldare il rapporto, culminato con un patto di amicizia tra i due Comuni siglato nel 45° anniversario del disastro.

In questi giorni si sta vivendo una nuova pagina di questo legame: l’Unla, Unione nazionale per la lotta contro l’analfabetismo, delegazione regionale per l’Abruzzo, e l’ensemble strumentale “Serafino Aquilano” hanno organizzato un “Giardino artistico in memoria delle vittime del Vajont”. In occasione del 50° anniversario della tragedia, a L’Aquila è stata allestita la mostra fotografica della Pro Loco longaronese “Vajont, per non dimenticare…”, che rimarrà aperta fino al 28 dicembre, giorno in cui si terrà il concerto in memoria delle vittime del Vajont.

La manifestazione è stata presentata ieri dal consigliere comunale aquilano Maurizio Capri, da Antonio Lattanzi per l’Unla e da Sabatino Servilio dell’ensemble. Da Longarone è scesa Sonia Bortoluzzi, della Pro loco: «Avevamo portato qui la nostra mostra per la prima volta nell’inverno tra il 2008 e il 2009, pochi mesi prima del sisma, per suggellare il patto di amicizia tra le nostre due comunità», commenta Bortoluzzi. «Tornare qui dopo 5 anni, e vedere come è cambiata questa città è stata una forte emozione».

Riflessioni che ci riguardano‏

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Di Alfonso De Amicis



Vado in ordine sparso, scegliete voi la notizia che vi soddisfa.

1) Assemblea a Pisa dal titolo "Organizzare La Minaccia. Ipotesi di
Conflitto olre il 19 Ottobre.

2)De Fanis dichiara "La privacy un valore inviolabile" siamo
d'accordo. Basta! con la morbosità proletaria! La dovete smettere di
spiare dal buco della serratura, guardatevi Rocco Siffredi. Di seguito
il legale di Luigi De Fanis ci informa che "Serve ristabilire la
verità. L'assessore ha amministrato la cultura rispettando la
normativa." Tutto vero è la cultura che non ha rispettato la
normativa.

3)Abolizione delle Province. I Comuni e le Province sono due delle più
antiche Istituzioni. Qualsiasi Archivio italiano conserva documenti
atti dei Comuni e delle Province dove si possono ricostruire le
vicende alterne della cultura politica e istituzionale di questo
paese. Qualche giorno nell'audizione che la Corte dei Conti ha tenuto
presso la Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati
sul d.d.l. città metropolitane, province, unione e fusione dei comuni
ha espresso forte perplessità sulle paventate economie e riduzioni di
spesa che si dovrebbero avere dalla soppressione di queste istituzioni
storiche. Per la Corte dei Conti " Va inoltre considerato che, per la
definitiva soppressione delle Province, occorre che vengano definiti
alcuni passaggi decisionali - tra cui determinante risulta la modifica
della Costituzione in vigore - con i tempi occorrenti ai fini
dell'individuazione delle risorse tali da compensare gli oneri legati
alla progressiva costituzione della Città metropolitana". Insomma non
ci sarebbero risparmi con la soppressione delle Provincia, ma oneri
con l'istituzione delle Città Metropolitane. Tuttavia una domanda
sorge spontanea: Ma non è che le Province vengono soppresse perchè è
la democrazia ad essere un costo? Se uno più uno fa due(secondo una
consuetudine araba) il cosiddetto costo della politica lo si potrebbe
ridurre facendo uno meno uno. Tutta sta prosopopea volendo riportatela
nelle adunate o convention del Pd. Il vero partito dell'austerità
progressiva.

4) Apro il giornale e leggo che " Al mondo di giusti non c'è ne",
anche la curia nella bufera. Neanche il Signore, pure lui ci ha
abbandonato. Però pongo un dubbio, ed una certezza. La certezza: La
storia non è vero che procede in modo uniforme e progressivo. Infatti
ieri era il giornalismo di indagine erano i gruppi politici che
indagavano circa la corruzzione e il mondo politico, viceversa oggi
sono le intercettazioni o le indagini giudiziarie a doverci svelare un
mondo dove la "politica" è del tutto subalterna all' economismo
mercantilista e finanzista (finanza e fascismo moderno si tengono).
Insomma dovremmo reimparare la lotta di classe.

5)SENZA SOSTE giornale cartaceo e online di Livorno è un esempio di
come si possa fare controinformazione secondo una logica accettabile
cara ai vecchi verdi tedeschi: pensare ed agire glocale. Il locale
visto dentro il cielo globale. Notizie sul porto di Livorno, sugli
sfratti, la contestazione sotto la Prefettura si leggono insieme alle
considerazioni di Cremaschi "Renzi contro i diritti dei
lavoratori...il lascito del vecchio che avanza... E "la natura è sul
mercato. Le banche cercano di accaparrarsele". Che dite? Perchè non
fare un bel giornale di controinformazione di inchiesta, di
conriecerca? Quanti poveri ci sono nella nostra città? A proposito che
fine hanno fatto giovani e meno giovani che hanno lavorato sulle
macerie di questa città, prima che ci fossero le elezioni
amministrative per poi scomparire nelle nebbie della politica
aquilana? Credo che capiremmo di più della società e parleremmo di
meno della società liquida di Palazzo Margherita.
buon Natale

Temistocle Tomassi, martire aquilano della lotta al nazifascismo

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il tenente colonnello Temistocle Tomassi

 

Di Alberto Aleandri

 

Durante gli eventi che hanno segnato la lotta antifascista per la salvezza della Patria, nell’ultimo conflitto mondiale, molti benemeriti personaggi sono stati ricordati alcuni di più, altri di meno, altri ancora sono rimasti al di fuori della memoria di questi non brevi ultimi sessant’anni. Uno di questi è un martire aquilano: il tenente colonnello Temistocle Tomassi. Egli partecipò alla sciagurata guerra voluta da Mussolini sul fronte albanese e sul fronte greco e fu proprio in questa occasione che riportò una grave ferita che gli comportò l’amputazione del braccio destro. Uomo che aveva a cuore, lottando contro la guerra, la salvezza della Patria intesa come miglioramento della vita e come conquista della umana dignità senza, peraltro mai essersi esposto con manifestazioni di pura esteriorità. Negò con tutte le sue forze, ogni forma di collaborazione nei confronti dell’invasore germanico e dei suoi iniqui sostenitori fascisti della Rsi. Riportiamo qui appresso l’epilogo della sua vita coraggiosa.

A Vittorio Veneto nel bivio che porta al camposanto tre militi fascisti vengono attaccati dai combattenti della Libertà, uno di essi rimane ucciso. Benchè non colpevoli di quanto sopra, i caporioni fascisti decidono la rappresaglia. Il giorno 12 aprile 1944, il tenente colonnello Temistocle Tomassi(una figlia vivente) il cancelliere Boffa della Pretura(padre di sette figli) e Giovanni Casoni(due figlie), vengono prelevati dalle rispettive abitazioni e caricati su di un camion dai fascisti e spintonati fino alla riva del fiume Meschio(verso Cordigliano) furono fucilati alle ore 9.30 benchè prima dell’esecuzione le vittime professassero la loro innocenza. Il fatto suscitò viva impressione e profondo disprezzo da parte della popolazione vittoriese verso gli aguzzini fascisti che lasciarono i corpi crivellati per due giorni sulla riva del fiume. Tutti i componenti le classi liceali, esclusi quelli dell’Opera Nazionale Balilla, lasciarono spontaneamente le aule per partecipare con slancio alle esequie dei tre martiri. Solo Don Mosè Broi, direttore del settimanale diocesiano L’Azione nel quale mai volle pubblicare alcun bando di arruolamento nelle file nazi-fasciste, si salvò, nonessendo stato trovato in canonica. Principale mandante di questa vile efferatezza fu il segretario del fascio di Vittorio Veneto, Giusto Cherzi, coadiuvato dal capitano Maltini che avendo combattuto in Grecia e Albania agli ordini del sunnominato tenente colonnello Tomassi ne aveva sempre provato invidiosa avversione. Per la ferma convinzione antifascista e pacifista, il ten.col. Tomassi, con il supremo sacrificio della vita,  viene annoverato tra quegli eroi da cui le nuove generazioni debbono trarre ispirazione per la ferma difesa della pace, della democrazia e della Costituzione nata dalla Resistenza antifascista

L’Aquila calcio riparte con una grande impresa

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I cinquanta tifosi rossoblù presenti al Ceravolo raccontano di giocatori, tecnico e staff ad esultare con le lacrime agli occhi sotto il settore ospiti al fischio finale. Non poteva chiudersi meglio il girone di andata per la squadra aquilana capace oggi pomeriggio di vincere sul complicatissimo campo di Catanzaro, finora inviolato in  questo campionato.

Le cronache parlano di un successo maturato dopo una gara sostanzialmte perfetta, sbloccata su calcio di rigore da Claudio De Sousa, in rete dopo dieci turni, poi gestita senza patemi e chiusa dall’altro forte attaccante rossoblù Saveriano Infantino. L’Aquila arriva al giro di boa del campionato quarta in classifica con 27 punti e con la rinnovata consapevolezza che, per dirla come Pagliari:” Con umiltà e cattiveria possiamo vincere contro chiunque”

Catanzaro (4-4-2): Bindi; Calvarese, Ferraro, Rigione, Catacchini; Marchi (1′ st Bacchetti), Casini (24′ st Fiore), Vitiello, Russotto; Germinale (29′ st Tortolano), Fioretti. All. Brevi

L’Aquila (4-4-2): Testa; Scrugli, Zaffagnini, Pomante, Dallamano; Agnello, Del Pinto; Gallozzi (42′ st Triarico), De Sousa (29′ st Corapi), Frediani (1′ st Ciotola); Infantino. All. Pagliari

Arbitro: Serra di Torino

 

Reti: 28′ pt De Sousa (rig.), 34′ st Infantino

Classifica:

Perugia 32
Frosinone 30
Catanzaro 28
L’Aquila 27
Pisa 24
Lecce 24
Benevento 24
Prato 23
Pontedera 23
Salernitana 21
Grosseto 21
Gubbio 20
Viareggio 16
Ascoli 13
Barletta 11
Nocerina 9
Paganese 8

Ross@ L’Aquila:UN RIFORMISMO IMPOSSIBILE

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Di Ross@ L’Aquila

 

Lo stato di eccezione e la crisi sono stati (ma ancora continuano ad essere) arma di ricatto e/o di controllo sulle popolazioni tale da consentire la costruzione del consenso e la giustificazione di qualunque scelta. In pratica rendere strutturale lo stato di emergenza. In questo senso oggi possiamo affermare che le crisi, qualunque tipo di crisi,  sono diventate un metodo di governo e strumento di conservazione del potere attraverso il mantenimento di una condizione di sospensione e di precarietà collettiva senza mai prospettare una soluzione.

Dunque la crisi senza fine come  meccanismo di trasformazione nei rapporti di potere e nelle relazioni di dominio.
All’Aquila la crisi economica e del debito si è legata allo stato di eccezione post-sisma ed il potere autoritario si è manifestato con maggiore evidenza obbedendo a due logiche precise: 1. ai rumori di una crisi finanziaria globale ed incombente e 2. alle esigenze di consenso e di appagamento affaristico dei ceti dominanti italiani.
Una massima di Nietzche recita: “Non esistono fatti ma solo interpretazioni”. Su questo postulato il potere commissariale, stabilitosi a L’Aquila dopo il sisma, ha costruito il suo racconto e la sua verità. Inoltre ha costruito la necessità dello “stato d’eccezione” modulandolo su un preciso mondo di interessi tramite una ideologia  dove il comando e il controllo sono stati l’espressione cangiante del potere commissariale in cui l’elemento di controllo era tutto nelle mani “dell’avanguardista” di Arcore.
Nelle circostanze che prendiamo in considerazione è evidente come sia sottile e labile la linea d’ombra che vede entrambi gli schieramenti politici condividere scelte economiche e finanziarie e il modo in cui è stato realizzato il Piano C.A.S.E. è un manuale perfetto della condivisione della “nuova modernità”.

Infatti la costruzione degli alloggi nel post-sisma ha risposto pienamente a questo modello sia sul piano del governo finanziario che amministrativo che urbanistico e in questa logica è avvenuta la spartizione tra le varie aziende costruttrici attraverso una politica redistributiva pubblica (il 60% alle aziende amiche e il 40% alle altre).
Stava funzionando alla perfezione: il sistema commissariale era una macchina quasi perfetta che agiva su una popolazione stremata e impaurita. A distanza di quasi 5 anni dal terremoto viene da pensare che, paradossalmente, quei signori maggiormente legati al potere di turno, se non avessero avuto intoppi (leggasi intercettazioni), sarebbero andati molto più speditamente nelle varie fasi della ricostruzione della città.
Pur tuttavia il commissariamento doveva finire e quindi occorreva ripristinare
la normalità amministrativa. Il passaggio dalla eccezionalità alla normalità è stata gestita dal potere giudiziario (vedi anche le intercettazioni e le inchieste sugli appalti della Protezione Civile) e dalla Troika che aveva decretato la fine dell’ingombrante governo Berlusconi.

Quindi furono i sovra-poteri internazionali ad imporre la fuoriuscita con le mani alzate del “miliardario ridens” da palazzo Chigi (la persuasione della finanza può essere più efficace delle armi convenzionali!).
L’uomo che aveva dominato la scena pubblica italiana degli ultimi venti anni usciva di scena ridimensionato, non dalla democrazia italiana, ma da un nuovo potere globale e intra-europeo.
La nuova conduzione sarà tutta nelle mani del partito italiano più europeista, il PD ovvero un organismo acefalo che già da tempo aveva introiettato e condiviso il modello economico basato sulla competizione imposto dalla Troika e che si è sempre dichiarato disposto ad accettare qualsiasi imposizione alla cantilena “c’è lo chiede l’Europa”.
Al ministro Barca – sotto il governo di Mario Monti – verrà delegato l’ingrato compito di rispondere alle logiche del fiscal compact  adeguando l’applicazione della rigidità finanziaria con le necessità di un ampio territorio da ricostruire.
La  confusa e caotica farraginosità delle leggi e delle ordinanze, la gabbia delle cifre e del dover continuamente elemosinare i soldi per la ricostruzione, ecc.  sono tutti procedimenti utili a giustificare i rallentamenti se non addirittura per occultare la mancanza di una idea,  di un progetto complessivo di ricostruzione,.
Nell’attuale assetto politico della città sia il centrosinistra che il centrodestra sono obbedienti, in vario modo, alle politiche della spending rewiev.

L’altro campo, limitato, è occupato da due forze, Rifondazione Comunista e  Appello per L’Aquila, che si muovono verso un moderato riformismo politico e amministrativo, che a noi pare di scarsa incisività.
Rifondazione spende tutte le sue energie dentro le Istituzioni, riproponendo il vecchio slogan del PCI “partito di governo e di lotta”. Lo spazio alla sua sinistra è occupato da Appello per L’Aquila che si muove con la modalità della denuncia e della educazione alla buona e virtuosa amministrazione con un interesse verso i beni comuni e verso la democrazia partecipata.
Tuttavia ci pare di poter dire che, nonostante le buone intenzione, ci sia una carenza di analisi politica rispetto alle  complessità della globalizzazione e che si sottovaluti la capacità della Troika di imporre alle popolazioni del sud europeo i vincoli di bilancio che ne strozzano le economie, le società, le culture. Nel nostro caso è in gioco la ricostruzione anche fisica oltre che economica e politica.
La debolezza di un riformismo impossibile ci pare ancora più evidente quando si ritiene che la denuncia del perverso rapporto tra affari e politica  sia esaustiva per salvarsi da un quadro mortifero ed omertoso. Il giornale on-line “News Town”,  molto vicino ad Appello per L’Aquila, ha condotto in tal senso una campagna che risponde a questo modello culturale. Sembra un tuffo nel passato: ai tempi di mani pulite! (per carità non ci si venga dire che la denuncia in tal senso riprende la migliore tradizione delle Radio Libere degli anni ’70, sottolineiamo che ciò ci pare un ragionamento del “cucchiaio” o come dicono a Paganica si confonde il “cavolo con il padrenostro”

Indubbiamente l’etica e la morale sono questioni molto importanti, ma dal 1992 abbiamo visto campagne elettorali incardinate sul fattore “onestà” come se fosse una categoria politica e non la precondizione della politica. Ed è doloroso  constatare il disastro prodotto da tutta una classe dirigente e/o dominante cresciuta nella cosiddetta “seconda repubblica”: una pseudo borghesia che si è abbeverata nella ignoranza più sfrontata, priva di capacità critica e priva di lungimiranza.
Per comprendere il nanismo di una elite di parvenu ubriachi di post-industrialismo, di chiacchiere sul terziario avanzato e privatizzato,  sarebbe il caso di indagare su come, nel nostro paese e nei nostri territori, i rapporti di produzione siano regrediti a rapporti feudali, “pre-capitalistici”.
Siamo in presenza dello svuotamento di tutte le assemblee elettive a cominciare dal Parlamento figuriamoci di un Consiglio Comunale! Va ricostruito un percorso alternativo, va “reinventata” la democrazia stessa.
Siamo altresì consapevoli della nostra debolezza e  del fatto che i rapporti di forza sono impari. In politica i numeri sono importanti ma  la forza sta  soprattutto nella concentrazione del potere, nella potenza economica, nella egemonia culturale, nella capacità di creare consenso.
Tuttavia se si vuole uscire dalle secche della subalternità va ricostruita una politica altra con la raccomandazione che non si butti il bambino insieme all’acqua sporca: l’esperienza storica ha molto da insegnare.