In Venezuela ci risiamo. È un golpe mediatico

Venezuelan acting president Nicolás Maduro

 

 

 

 

 

 

 

 

Di  Adolfo Pérez Esquivel *                         fonte: Il Manifesto

 

Il Vene­zuela è minac­ciato da ten­ta­tivi gol­pi­sti della destra lati­noa­me­ri­cana e dal governo degli Stati uniti, su que­sto non ci sono dubbi e non c’è niente di nuovo.

Tutti i paesi lati­noa­me­ri­cani attra­verso la Celac, la Una­sur, il Mer­co­sur e l’Alba hanno emesso comu­ni­cati con­giunti rico­no­scendo il ten­ta­tivo di desta­bi­liz­za­zione della demo­cra­zia vene­zue­lana, espri­mendo la pro­pria soli­da­rietà e la neces­sità di dia­logo. La soli­da­rietà con il popolo vene­zue­lano e il suo governo è una grande sfida per tutta la Nostra America.

È pre­oc­cu­pante e dolo­rosa l’intensità della vio­lenza sca­te­nata, che ha pro­vo­cato morti, feriti e danni materiali.L’ex pre­si­dente Hugo Chá­vez ha vinto le ultime ele­zioni con oltre il 10%. Poi­ché non ha pur­troppo potuto assu­mere l’incarico, sono state indette nuove ele­zioni con osser­va­tori inter­na­zio­nali che non hanno lasciato dubbi sulla legit­ti­mità del nuovo pre­si­dente. Ha vinto Maduro e una volta di più ha vinto il pro­getto boli­va­riano ini­ziato da Chá­vez, per­ché la mag­gio­ranza dei vene­zue­lani capi­sce che il suo paese è miglio­rato ed è più ugua­li­ta­rio. Infatti, gra­zie a que­sto pro­ceso , il Vene­zuela per la prima volta nella sua sto­ria può essere padrone delle pro­prie risorse petro­li­fere e porle al ser­vi­zio del popolo e del con­ti­nente, com­presi gli Stati uniti quando furono deva­stati dall’uragano Katrina.

Durante l’ultima decade, il governo ha aumen­tato la spesa sociale di più del 60% e oggi è il paese della regione con il livello più basso di disu­gua­glianza, per averla ridotta del 54%, e per aver ridotto la povertà del 44%. In mate­ria di istru­zione, si situa al secondo posto in Ame­rica latina e al quinto nel mondo per la mag­gior pro­por­zione di stu­denti uni­ver­si­tari. Ha costruito oltre 13.721 cli­ni­che nel quar­tieri popo­lari in cui prima lo Stato non c’era e il suo sistema di sanità pub­blica ha pro­dotto circa 95.000 medici. Ha costruito oltre 500.000 case popo­lari, ha finan­ziato lo sport, per citare solo alcune delle conquiste.

Tut­ta­via, alcuni set­tori dell’opposizione (non tutta) mani­fe­stano inten­zioni gol­pi­ste, non si ras­se­gnano alla scon­fitta elet­to­rale e cer­cano di otte­nere con la vio­lenza quel che non hanno potuto otte­nere con libere ele­zioni. Il pre­si­dente Nico­lás Maduro in 10 mesi di governo ha affron­tato situa­zioni di costante desta­bi­liz­za­zione che mirano a desti­tuirlo. La vio­lenza e gli attac­chi al Vene­zuela sono un attacco a tutti i governi demo­cra­tici del con­ti­nente. Non è un fatto iso­lato, i ten­ta­tivi di colpo di stato avan­zano con nuovi metodi in Ame­rica latina. Ci han pro­vato e hanno fal­lito in Ecua­dor, Boli­via, Argen­tina e nello stesso Vene­zuela nell’anno 2002, però hanno trion­fato in Para­guay e Hon­du­ras dove gli Stati uniti hanno espanso le loro basi mili­tari. I mezzi di comu­ni­ca­zione cor­po­ra­tivi e mul­ti­na­zio­nali come Cnn, Fox e quelli euro­pei, mani­po­lano infor­ma­zioni e dif­fon­dono pro­pa­ganda di guerra in nome della pace, e odio in nome della libertà. Il loro inte­resse è quello di dimo­strare così di essere indi­spen­sa­bili per poter desti­tuire qua­lun­que pre­si­dente, e rice­vere così mag­giori finan­zia­menti dal Dipar­ti­mento di stato Usa. Però noi lati­noa­me­ri­cani già sap­piamo che sono solo un sog­getto poli­tico in più a difen­dere gli inte­ressi pri­vati e quelli delle grandi potenze con inganni e men­zo­gne che obnu­bi­lano le coscienze.

Dob­biamo impa­rare dalla sto­ria, per­ché nel golpe fal­lito del 2002 è acca­duto lo stesso e per que­sto viene con­si­de­rato il primo golpe media­tico della sto­ria. Lo ha messo in evi­denza il docu­men­ta­rio La rivo­lu­zione non sarà tele­tra­smessa , che vi rac­co­mando. La pace è una dina­mica di rela­zioni tra le per­sone e i popoli che non si regala, si con­qui­sta attra­verso la verità, la giu­sti­zia e il rispetto dei diritti umani nella costru­zione demo­cra­tica. Da un lato si deve inve­sti­gare la morte degli stu­denti per mano degli incap­puc­ciati per­ché vi sia giu­sti­zia per le vit­time. Dall’altro occorre appog­giare il Plan de Paz y Con­vi­ven­cia Nacio­nal che il Vene­zuela ha lan­ciato, con una gigan­te­sca mani­fe­sta­zione popo­lare, che cerca la costru­zione della pace cit­ta­dina e la lotta con­tro la cri­mi­na­lità, favo­rendo il disarmo della popo­la­zione e delle coscienze armate.

Nel suo discorso, Maduro si è espresso con molta chia­rezza: «Chiun­que si metta una cami­cia rossa con il ritratto di Cha­vez e prenda una pistola e aggre­di­sca un altro vene­zue­lano, quello non è cha­vi­sta né rivo­lu­zio­na­rio, andrà comun­que in car­cere». Non vediamo l’opposizione fare lo stesso.

Dav­vero risulta molto ver­go­gnosa la cam­pa­gna per defi­nire dit­ta­tura il Vene­zuela, tenendo conto che è il primo paese nella sto­ria degli Stati nazione a istau­rare e appli­care il sistema di refe­ren­dum revo­ca­to­rio a metà del man­dato pre­si­den­ziale per raf­for­zare la demo­cra­zia. Di fatto, quando ciò venne rea­liz­zato, nel 2004, tornò a vin­cere Chá­vez, così come in altre 13 ele­zioni dal 1998.

 

Se un giorno a que­sto governo toc­cherà di per­dere qual­che ele­zione, lo accet­terà come fece nel suo secondo ten­ta­tivo di rifor­mare la costi­tu­zione, però non dismet­terà nes­suna delle sue ban­diere per­ché i boli­va­riani con­ti­nue­ranno a lavo­rare per una Vene­zuela e una Patria Grande migliori. La Rivo­lu­zione boli­va­riana, rivo­lu­zione delle urne e della strada, ha sem­pre vinto con la Legge e la demo­cra­zia, e così con­ti­nuerà a fare. È que­sto che la rende così peri­co­losa per alcuni e così neces­sa­ria per altri.

Per que­sto inviamo la nostra soli­da­rietà al popolo vene­zue­lano per la difesa delle sue isti­tu­zioni demo­cra­ti­che, delle poli­ti­che sociali, eco­no­mi­che e cul­tu­rali otte­nute attra­verso la par­te­ci­pa­zione popolare.

 

*premio Nobel per la Pace

Droghe, la comunità di Don Gallo ha ragione, il governo intervenga subito per abolire definitivamente la Fini-Giovanardi

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Ci associamo alla richiesta emersa nella due giorni organizzata a Genova dalla Comunità di San Benedetto al Porto “Sulle orme di Don Gallo. Droghe ripartiamo da Genova”: è necessario, dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato l’incostituzionalità della Fini-Giovanardi, un decreto immediato da parte del governo che riguardi coloro che stanno scontando pene prescritte da quella legge assurda e liberticida. Vi è infatti una lacuna normativa che va al più presto colmata dando indicazioni chiare ai giudici: bisogna assolutamente evitare che – anche se c’è stata la sentenza di incostituzionalità – la Fini-Giovanardi continui a “vivere” per chi è oggi in galera: le pene in corso vanno ridefinite in base alla precedente normativa. Occorre intervenire sia sui processi in corso sia per la riparametrazione delle pene dei detenuti passate in giudicato. Chiediamo che il governo Renzi ascolti i tanti – magistrati, giuristi, operatori e garanti dei detenuti – che si occupano di droghe nel quotidiano e che propongono tale intervento: la Fini-Giovanardi va mandata a casa definitivamente.

 

Paolo Ferrero

Nessun futuro per L’Aquila nell’Europa della Merkel

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Di Roberto Santilli giornalista di Abruzzoweb

 

L’Europa muore sotto i colpi di un manipolo di individui con un potere immenso tra le mani. E le genti d’Europa nella maggior parte dei casi sono impegnate a curare il giardinetto fuori casa (o a occuparsi, nei momenti ‘morti’, del dannosissimo gioco del calcio come fa il sottoscritto), un metro quadrato di spazio ancora per poco respirabile in mezzo a un disastro economico da star male per decenni, convinte, o illuse, di potersi salvare le chiappe, di riuscire a tenersi a distanza di sicurezza dalla tempesta. È impossibile riassumere in poche righe le motivazioni, psicologiche prima di tutto, che impediscono a milioni di persone di considerare il tracollo economico e sociale europeo come l’unico frutto possibile di quell’albero malato, perché malato è stato voluto e cresciuto, chiamato Eurozona, da cui o si esce o si resta schiacciati, nessuna via di mezzo è possibile.

Ma se si dà un’occhiata all’Aquila terremotata, si può capire più di qualche passaggio. La città peggiora ogni giorno di più nonostante qualche cantiere, anche importante, sia partito, una dinamica che somiglia in modo inquietante a ciò che succede nelle realtà economicamente indecenti ma comunque ‘alla moda’ e dal bicchiere spacciato come mezzo pieno: lavori come uno sguattero (se lavori), puoi permetterti una bella tv e un bel paio di pantaloni, ma dormi in un tugurio e non hai accesso a ciò che conta di più nella vita: una casa tua, una comunità sana di cui sentirti parte, un lavoro che ti permetta di crescere, di migliorare, di non ammalarti o di curarti senza perdere tutto ciò che hai se ti ammali e di godere, domani, di una vecchiaia decente, guardando i tuoi figli fare ciò che hai fatto tu qualche anno prima. L’Aquila questo è. L’Aquila di questi anni, come l’Italia di questi anni.

Quando lo sviluppo se ne va per affari suoi, quando è una questione non coordinata e aperta a tutti, chi resta fuori dal gioco , sostanzialmente, muore, isolandosi e convincendosi che un misero fazzoletto riciclato non si sa bene come sia in fondo meglio di niente e che quelle regole ormai cristallizzate siano giuste e impossibili da cambiare. Del resto, se tutti chiedono un affitto di 600 euro per una caverna e se quella caverna oggi la chiami casa, perché ribellarsi?. Oppure, nei casi addirittura peggiori, lanciandosi in battaglie che in un momento storico come questo non sono prioritarie e altro non fanno che rimescolare le acque, impedendo la comprensione radicale, completa, assoluta, di ciò che accade sopra di noi e quindi da noi, qui, a casa nostra. Andiamo più spediti. Qualche giorno fa Guy Abeille, il funzionario francese che ha inventato il vincolo del 3 per cento nel rapporto deficit/pil, il vincolo per cui L’Aquila intesa come città con un futuro degno di essere chiamato tale, non un’accozzaglia di monumenti a uso e consumo di quattro randagi fermi al presente e al passato, ha ammesso: “Serviva un numero facile da ricordare da sbattere in faccia ai ministri francesi che chiedevano soldi”.

Insomma, l’elemento macroeconomico che sta polverizzando le democrazie europee (L’Aquila è in Europa e dipende dall’Europa, lo sapevate?), democrazie imperfette certo ma non per questo da strangolare, è una balla colossale. Una frase del genere dovrebbe provocare una rivolta da leggenda, invece in Italia, più che altrove, si sprecano energie, tempo, idee, dietro alle pagliacciate degli sprechi pubblici e delle altre diavolerie inventate dai servi dei demoni europei e generalmente sovranazionali. Un sottosegretario appena entrato sulla scena, al contrario, conferma: il 3 per cento non si sfora.

Più Europa, più nazismo, più crimini. Chiaro, sì? E intanto si continua a ignorare, a questo punto non importa più se consapevolmente, la differenza fra un cancro e un prurito alle parti basse. Così come si continua a ignorare il funzionamento di uno Stato con una sua sovranità monetaria e di bilancio, (l’Euro ha distrutto i fondamentali della nostra democrazia, non una puttanella in quel di Arcore), puntando il dito contro ciò che mai, mai, può annientare l’economia di un Paese, vedi auto blu, evasione fiscale, quella che oggi salva le aziende italiane altrimenti destinate a una corda appesa a una trave), e altre sciocchezze assortite. In conclusione.

Era il 24 giugno del 2013. Al dipartimento del Tesoro del ministero dell’Economia, lo staff tecnico dell’allora vice ministro Stefano Fassina, rispondeva, lo riassumiamo, all’economista statunitense Warren Mosler: le sue proposte con cui reperire i circa 6 miliardi che servono per rimettere in piedi L’Aquila, non coincidono con gli accordi che il governo di Enrico Letta ha preso con la Germania di Angela Merkel. Erano proposte che al rapporto deficit/pil, quello di cui sopra, quello fissato al 3 per cento senza alcuna motivazione scientifica, facevano forse un po’ di solletico, cioè non lo toccavano sul serio, anzi, permettevano il rientro di quattrini nelle casse dello Stato. L’ennesimo governo non eletto, abusivo, antidemocratico e insolente, si è insediato in Italia, promettendo agli italiani favolette senza valore o ricette economiche che porteranno l’Italia, definitivamente, a una condizione kosovara. Da quel giugno del 2013, cui si era arrivati sanguinanti a causa dei colpi inferti da un sadico cadavere ambulante servo di criminali in giacca e cravatta come Mario Monti, che nell’unica visita all’Aquila non si è beccato manco un uovo in faccia, le cose sono decisamente peggiorate.

Il ‘nuovo che avanza’ Matteo Renzi è costretto, per carriera, a fare lo spogliarello davanti a Hitler con la gonna, la signora Merkel. I voti ai negri d’Europa, noi tutti, li dà quella bionda là. Questa è la realtà dei fatti. Ma all’Aquila c’è chi preferisce dannarsi l’anima per inchieste patetiche e ombre del potere che conta sul serio e che ci uccide giorno dopo giorno. Poi arriva un sottosegretario alla presidenza del Consiglio come Graziano Delrio, che senza indugi fa sapere agli strangolatori di Francoforte e Bruxelles che l’Italia farà la brava e non si azzarderà a sforare quel maledetto e fasullo 3 per cento. In manicomio non saprebbero da dove cominciare.

Amen.

Voglio apparire!

Macrino_d’Alba,_Autoritratto;_Tempera_su_tavola;_Torino,_Museo_Civico_d’Arte_Antica










Me sa che se m'iscrivo (no aji terristi eh) all'assemblea cittadina
New Town me pubblica quae cosa!

                       IL DUCA GAGLIARDO DELLA FORCOLETTA

ROSS@ non darà sostegno alla lista Tsipras.

rossa
















ROSS@ non darà sostegno alla lista Tsipras. Non non ci identifichiamo
collettivamente con questa lista. Essa fondamentalmente è una lista
civica sostenuta da diversi partiti. Noto che tra i promotori della
lista c'è SEL. Vorrei ma non posso. Come nel vecchio refrain
stalinista il tatticismo esaperato diventa il solo orizzonte
possibile. Succubi di poteri nazionali e sovranazionali cercano una
salvezza dentro la lista "Con Tsipras per un'Altra Europa". Cosi come
riteniamo schizzofrenica la posizione del PRC nei confronti
delcentrosinistra. L'appoggio dato al candidato sardo del PD ha
colpito negativamente. Hanno sostenuto uno che ha fatto dichiarazioni
di fuoco sull'art.18. Una caposaldo di democarzia e civilta giuridica.
Non un fatto secondario. In sostanza, tre sono gli elementi di critica
che ci differenziano da queste forze ibride. Il primo riguarda
L'Europa, il secondo i contenuti della battaglia in Italia, e il terzo
lo schieramento che in Italia lo sostiene. E' evidente che noi ci
rendiamo conto dei contenuti della lista Tsipras  rispestto a Shultz.
Questa lista italiana è sempre dentro a quella idea tutta nostrana per
cui ci si unisce per raggiungere il quorum, ma con una mancanza totale
di un progetto comune. Non c'è una chiara rottura nei confronti del
centrosinistra, che tra l'altro in Italia è l'architrave delle
politiche di austerità e del fiscal compact. Il PD è un avversario a
tutto campo. Esso va combattuto è sconfitto. Non ha alcuna forma e
sostanza sia pur minima che corrisponda al sostantivo "SINISTRA". Si
vorrebbe creare SYRIZA ma non c'è la più pallida idea e volontà nel
procedere verso questa direzione. Tuttavia quello che ci divide in
modo sostanziale è il giudizio sull'Europa, sull'euro sul ruolo della
troika verso i popoli europei e soprattutto verso i paesi considerati
PIIGS. Uno dei punti cardini della coalizione è quella di rimettere in
discussione  l'austerità e proporre ciò attraverso una conferenza
europea che dimezzi il debito. Questa mossa avrebbe poco spazio. La
Germania la farebbe immediatamente fallire. Molti paesi lo sanno, che
il debito può essere ristrutturato ma solo incambio della chiusura
degli ospedali e dell'intero stato sociale. E' una pia illusione
quella di sedersi su un tavolo che non c'è. Oggi l'Europa reale è
quella della tecnocrazia politica e finanziaria che impone le
politiche liberiste in totale accordo con governi di centrodestra e
centrosinistra. Se si vuole cambiare bisogna rovesciare il tavole e
rompere con queste politiche. Bisogna rompere con i trattati e con
l'euro. Per questo motivo abbiamo indetto con altre forze sociali,
centri sociali la mobilitazione per il giorno 12 aprile contro
l'Europa della TROIKA. Bisogna rompere la macchina e disdire i
trattati. Bisogna smetterla di avere il tabù dell'euro. La sinistra
europea ha già fatto un grossolano errore nel non adottare il piano
Lafontaine della Linke tedesca. Egli proponeva, non il ritorno qua e
la alle monete nazionali, ma la messa in discussione dell'euro ovunque
e quindi non la moneta unica ma una moneta comune. Tutta la la
costruzione liberista deve essere messa in discussione e per farlo non
si può non avere la sovranità democratica sulla moneta. Noi la
chiamiamo condizione necessaria ma non sufficiente. Oggi la BCE è una
banca di mercato che sulla base dello spread amministra la nostra
economia. Bisogna distruggere le politiche liberiste e liberali che da
trenta anni dominano nel nostro continente. Bisogna ripubblicizzare
tutte le scelte economiche. Quindi tutto il sistema bancario va
nazionalizzato per finanziare politiche di UGUAGLIANZA sociale e piena
occupazione. Sappiamo bene che è una soluzione difficile e
controcorrente, ma essa è, rappresenta una soluzione. Una soluzione
progressivamente si sinistra. Quella più mediaticamente popolare di
democratizzare l'Europa delle banche lasciando l'euro e trattati
appare più raggiungibile ma tuttavia non risolve nulla. Chiudo con
quanto scritto da Emiliano Brancaccio  sul sul suo Blog dal titolo
"Sono onorato per gli appelli ma non mi candido". "... è inutile
negarlo, Alexisis Tsipras è in una posizione delicata. Per molte
ragioni, non ultima la sua possibile ascesa al governo della Grecia,
egli potrebbe essere indotto a tenere la sua dialettica rigidamente
confinata nei limiti angusti di una incondizionata fedelta all'euro.
Se cosi fosse, il perimetro della sua azione potrebbe restringersi al
punto da soffocare l'indubbia forza attrattiva della sua candidatura
alla presidenza della commissione europea. Eppure nel testo di
investitura, egli ha scritto che " L'Unione Europea sarà democratica o
cesserà di esistere. E per noi, la Democrazia non è negoziabile". La
Democrazia per l'appunto: non la moneta unica, né il mercato unico
europeo.Sarebbe un dato interessante se Tsipras centrasse la sua
campagna su queste due parole. La lista italiana e le altre forze
europee che le sostengono ne traebbero notevole vantaggio. E le
possibilità di anticipare gattopardi e ultranazionalisti
aumenterebbero. Staremo a vedere"
In aquilano verrebbe da dire "ci sinti, fra'"

   per ROSS@ L'AQUILA Alfonso De Amicis

La sfida per salvare i servizi sociali

votazioni

 

 

 

 

 

 

Con l’imminente avvio della campagna elettorale per le elezioni regionali cresce la necessità di porre il tema del finanziamento della rete dei servizi sociali non solo al centro del dibattito, come qualcuno tenterà di fare, ma soprattutto di farne una vera priorità amministrativa per le forze che si candideranno alla guida della regione.

Da anni Rifondazione Comunista conduce la propria azione sostenendo a tutti i livelli le istanze dei lavoratori del settore e favorendo gli interessi delle categorie più deboli. Oggi nel nostro territorio stravolto dal sisma ogni operatore sociale deve sostenere a proprie spese il costo di spostamenti lunghissimi per raggiungere gli utenti impoverendo così paghe orarie già misere.

Si prevedano gare d’appalto per l’assegnazione dei servizi nelle quali il riconoscimento del rimborso chilometrico sia obbligatorio e vincolante all’assegnazione del bando, si riconosca al lavoratore l’anzianità sul servizio e si garantisca sempre il riassorbimento nel passaggio da una cooperativa all’altra rispettando il Contratto Collettivo Nazionale delle Cooperative Sociali.

Individuare risorse economiche certe per rifinanziare i Piani di Zona, per ricostruire la rete sociale nei piccoli centri montani e per mantenere almeno gli attuali livelli assistenziali, farà la differenza tra il possibile sviluppo di questa regione che oggi può ancora scegliere se provare a costruire un modello di sostegno alle persone adeguato o se gradualmente smantellare i servizi, come gli inesorabili tagli di questi ultimi anni fanno temere. In questo difficile contesto di spending rewiew, con i vincoli europei capestro che al di là delle propagande governative sarà difficile superare, la sopravvivenza dei servizi sociali passerà solo dalla ferma e netta volontà di individuare risorse certe per promuovere tutte le azioni necessarie alla difesa delle categorie più deboli della popolazione e degli operatori del comparto. Noi come sempre faremo la nostra parte.

 

 

Goffredo Juchich
Segretario Comunale Prc L’Aquila Circolo “A Casamobile”

Ma che recostruisci! Ma che recostrusci!

idea

 














Cialente in preda a deliri mistici mentre pedala con un mezzo
improbabile, chiede al Principe , primo ministro:
Ehi Matteo, sono Massimo me li dai i soldi per la ricostruzione?
Massimooo Prrrrrrrrr.........................
La signora Stefania, colei che saltò sul carro di Matteo spiazzando tutti, TACE.

                           IL DUCA GAGLIARDO DELLA FORCOLETTA

Rifondazione Comunista sostiene la lotta dei lavoratori della Micron contro la delocalizzazione

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All’indomani dello sciopero di ieri 26 febbraio, Rifondazione sostiene la lotta dei lavoratori e lavoratrici della Micron, a partire dallo sciopero previsto per il prossimo 7 marzo.

Finora l’atteggiamento della multinazionale, interessata solo alla massimizzazione dei profitti in un settore non colpito dalla crisi e caratterizzato da elevata competenza dei lavoratori, è stato completamente irresponsabile riguardo la tutela dei livelli occupazionali, decidendo di licenziare con procedura di mobilita’ 419 lavoratori su un totale di 1.028, distribuiti in tutta Italia ed interessando quindi anche il sito produttivo di Avezzano.

Non contenta, la Micron ha proposto irricevibili trasferimenti in altri continenti dei lavoratori e lavoratrici. Il paradigma della mobilità estrema dei capitali e delle merci viene applicato crudamente dalle cose all’esistenza delle persone.

Il governo non dovrebbe permettere simili iniziative a fronte degli ingenti finanziamenti pubblici erogati all’azienda, le istituzioni locali dovrebbero mobilitarsi con estrema urgenza e i lavoratori devono portare avanti uniti la lotta contro la delocalizzazione della produzione.

In Francia è stata recentemente approvata una legge contro le delocalizzazioni, che prevede, per le imprese che contano oltre 1000 dipendenti, l’impegno a cercare acquirenti in caso di chiusura di impianti e che in caso di esito negativo l’azienda si vedrebbe comminata una multa di 28 mila euro per ogni posto di lavoro perso.

Si tratta di qualcosa che non passa nemmeno per la testa ad un governo di larghe intese come quelli succedutisi negli ultimi anni fino a quello Renzi, il quale preferisce andare a Treviso per parlare con gli imprenditori della Electrolux che delocalizzano declinando l’impegno ad incontrare i lavoratori.

Rifondazione Comunista ritiene necessario un provvedimento contro le delocalizzazioni, come previsto nel proprio Piano per il Lavoro, attraverso il quale i contributi pubblici possono essere concessi ad imprese si impegnino a mantenere sul territorio le attività e siano revocati in caso di delocalizzazioni anche parziali.

Un Piano che evidentemente confligge con qualsiasi governo di larghe intese, che purtroppo si va prefigurando anche per l’Abruzzo, dove le affinità elettive tra centrosinistra e centrodestra si evidenziano fin dalle primarie fatte congiuntamente.

Rifondazione Comunista, rilanciando il tema del contrasto alle delocalizzazioni da attuare anche a livello regionale, si mette a disposizione della lotta con l’intervento delle proprie rappresentanze istituzionali e con il sostegno dei propri iscritti.

Carmine Tomeo – responsabile lavoro segreteria regionale PRC Abruzzo

Francesco Marola – segretario provinciale PRC L’Aquila

Rifondazione Comunista sostiene la lotta dei lavoratori della Micron contro la delocalizzazione

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All’indomani dello sciopero di ieri 26 febbraio, Rifondazione sostiene la lotta dei lavoratori e lavoratrici della Micron, a partire dallo sciopero previsto per il prossimo 7 marzo.Finora l’atteggiamento della multinazionale, interessata solo alla massimizzazione dei profitti in un settore non colpito dalla crisi e caratterizzato da elevata competenza dei lavoratori, è stato completamente irresponsabile riguardo la tutela dei livelli occupazionali, decidendo di licenziare con procedura di mobilita’ 419 lavoratori su un totale di 1.028, distribuiti in tutta Italia ed interessando quindi anche il sito produttivo di Avezzano.Non contenta, la Micron ha proposto irricevibili trasferimenti in altri continenti dei lavoratori e lavoratrici. Il paradigma della mobilità estrema dei capitali e delle merci viene applicato crudamente dalle cose all’esistenza delle persone.

Il governo non dovrebbe permettere simili iniziative a fronte degli ingenti finanziamenti pubblici erogati all’azienda, le istituzioni locali dovrebbero mobilitarsi con estrema urgenza e i lavoratori devono portare avanti uniti la lotta contro la delocalizzazione della produzione.

In Francia è stata recentemente approvata una legge contro le delocalizzazioni, che prevede, per le imprese che contano oltre 1000 dipendenti, l’impegno a cercare acquirenti in caso di chiusura di impianti e che in caso di esito negativo l’azienda si vedrebbe comminata una multa di 28 mila euro per ogni posto di lavoro perso.

Si tratta di qualcosa che non passa nemmeno per la testa ad un governo di larghe intese come quelli succedutisi negli ultimi anni fino a quello Renzi, il quale preferisce andare a Treviso per parlare con gli imprenditori della
Electrolux che delocalizzano declinando l’impegno ad incontrare i lavoratori.

Rifondazione Comunista ritiene necessario un provvedimento contro le delocalizzazioni, come previsto nel proprio Piano per il Lavoro, attraverso il quale i contributi pubblici possono essere concessi ad imprese si impegnino a mantenere sul territorio le attività e siano revocati in caso di delocalizzazioni anche parziali.

Un Piano che evidentemente confligge con qualsiasi governo di larghe intese, che purtroppo si va prefigurando anche per l’Abruzzo, dove le affinità elettive tra centrosinistra e centrodestra si evidenziano fin dalle primarie fatte congiuntamente.

Rifondazione Comunista, rilanciando il tema del contrasto alle delocalizzazioni da attuare anche a livello regionale, si mette a disposizione della lotta con l’intervento delle proprie rappresentanze istituzionali e con il sostegno dei propri iscritti.

Carmine Tomeo – responsabile lavoro segreteria regionale PRC Abruzzo

Francesco Marola – segretario provinciale PRC L’Aquila

Ma che recostruisci! Ma che recostrusci!

Macrino_d’Alba,_Autoritratto;_Tempera_su_tavola;_Torino,_Museo_Civico_d’Arte_Antica











Cialente in preda a deliri mistici mentre pedala con un mezzo
improbabile, chiede al Principe , primo ministro:
Ehi Matteo, sono Massimo me li dai i soldi per la ricostruzione?
Massimooo Prrrrrrrrr.........................
La signora Stefania, colei che saltò sul carro di Matteo spiazzando tutti, TACE.

                           IL DUCA GAGLIARDO DELLA FORCOLETTA