La corruzione è diventata un elemento stabilizzatore del sistema

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Sono passati 20 anni dagli scandali di tangentopoli e molti, allora come oggi, pensano ed hanno pensato, che sia sufficiente la moralità e l’onestà  per sconfiggere lo scandalo del malaffare e il politicismo coatto. Ed infatti dopo tangentopoli tutto fini nella mani del re dei corruttori.  Il re è rimasto a galla per venti anni, ci è voluta “l’intransigenza” ordinatrice del super stato europeo per cacciarlo, altrimenti sarebbe rimasto nella sua alcova fino alla morte. La politica del “vecchio centrodestra” non era nelle grazie della troika, apparteneva alla concezione di un capitalismo monarchico e quindi desueta rispetto alla dinamicità globalista dei nuovi imperi trasnazionali. Ma il groviglio di affari, di legami, che uniscono le varie famiglie e la imprenditoria italiana non è del tutto scalfita.

Cosi come non ha subito arretramenti i rapporti di quest’ultimi con i gangli dei potere politico ed istituzionale. Gli arresti del Mose, quelli riguardanti i vertici della guardia di finanza cosi come qgli arresti dell’Aquila testimoniano e ci consegnano un sistema ben oleato e ossificato. Una architettura di governance della cosa pubblica, parallela a quella ufficiale che danno vita ad un sistema di corruzzione senza alternativa perchè sovraordinato dai due schieramenti fondamentali della seconda Repubblica. Se si pensa a l’Aquila la cosa è emblematica. Marchetti vice commissario di una struttura plenipotenziaria con possibilità di spesa senza confini. La guida fù affidata ad un uomo che ebbe la sua fortuna con la prima nomina a commissario dei rifiuti a Napoli da parte del governo Prodi.

Successivamente divenne il Re del terremoto. Il PD fece una finta opposizione al suo strapotere. Una sorta di invidia verso Berlusconi. La nomina di quest’uomo, tanto caro anche alle gerarchie ecclesistiche, alla guida di commissario ebbe il consenso bipartisan. Tuttavia i recenti fatti di cronaca del malaffare organizzato supera la fantasia. Spesso assistiamo increduli, ancora perplessi di fronte ai ripetuti scandali che però va ricordato, spesso  è il riflesso fedele della società italiana ai tempi della nuova modernizzazione. Una società italiana sempre più privatastica e pulviscolare e con una mancanza totale del senso civico e del pubblico. “Anche se non va di moda dirlo la corruzzione sgorga spesso dalla beneamata società civile: pervade il mondo dell’impresa, del credito, dell’informazione, il privato meno che il pubblico. Il cuore del problema è la politica perché, tale essendo essendo il costume, della politica soltanto- in primis dal legislatore- può movere dal riscatto. E perché quindi, dove invece la politica non si distingue dal costume e quindi lo asseconda, ne deriva inevitabilmente un disastro. Il rovesciamento dei valori ne trae vigore e i comportamenti anti sociali, già legittimati dal sentire comune, ne risultano legalizzati di nome o di fatto “(Alberto Burgio da Controlacrisi.org).

Questo significa che quando la politica ha perso l’orizzonte del pernsiero lungo e duraturo,della progettualità, e rifugge dalle grandi ideologie e contraddizioni, la sola opzione è quella di obbedire al pensiero unico.  Ed oggi l’unico rimasto in circolazione e l’economicismo al servizio dell’austera Europa. Si capisce bene, che essendoci un’unico treno da prendere molti si sentono “legittimati” all’assalto della diligenza. Cosi si diventa corrotti due volte. Corruzzione legata al malaffare, corruzzione intellettuale. In larga misura la finalità della politica è fare politicismo, in questo modo il sistema della corruzzione si autolimenta. Ma quale è la risposta del governo Renzi a questo groviglio di malaffare e di democrazia? “Per questo, dunque i recenti scandali possono essre gestiti al meglio come il passato che non vuol passare, come la vecchia politica che va rottamata, creando nuovi poteri e nuove regole. E un regime centralizzatissimo contro cui nessuno si deve poter illudere di continuare ad agire come prima.” (Alessandro Avvisato).

La risposta dunque è quella di nominare un commissario alla corruzione. Certamente, il nome scelto è quello della vigilanza sugli appalti ma la sostanza è quella di nominare un Bertolaso con pieni poteri per controllare un sistema che fa acqua da tutte le parti. Richieste che provengono da più parti, ma che hanno una logica comune. La prima, ben precisa a ricordare, che il capitalismo oggi, è un’altra cosa. Non ha più una dimensione familiare ma trasnazionale, efficiente, e la finanza e l’impresa ne costituiscono l’essenza.

La seconda non di meno importante: non si possono continuare a richiedere sacrifici a fronte di un sistema che a destra come a sinistra presenta falle da far impallidire il Titanic. Tuttavia i commissariamenti, come L’Aquila dimostra rappresentano una continuazione della stessa politica con altri mezzi. Ma qui subentra l’informazione. Essa non puo essere solo cassa di risonanza delle parole di un potere sempre più lontano dalle masse di lavoratori e cittadini. Ha il compito di disvelare, di dire con chiarezza che dietro un’immagine c’è ne un’altra ed un’altra ancora. Le notizie non sono neutre la verità è di “parte”

 

Alfonso De Amicis