Il disastro italiano ed europeo

alfonso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Perry Anderson è uno storico britannico di orientamento marxista.
Insegna storia e sociologia presso l’UCLA di Los Angeles, è stato
anche collaboratore della rivista The Nation ed a lungo direttore
della rivista Left Review. Recentemente ha pubblicato ( prima del voto
del 25 maggio, a scanso di equivoci) un saggio sulle condizioni dello
spazio europeo e sul disastro italiano. In sintesi. L’Europa è malata.

Quanto gravemente è qualcosa che va approfondito. I sintomi sono
diversi e tra loro concatenati. Crisi economica e finanziaria (ma non
per tutti paesi: La Germania e i suoi prossimi alleati “vivono al di
sopra dei propri meriti”)crisi sociale, l’euro come strumento di un
monetarismo senza stato ed usato per il controllo “della ossessione
inflattiva”, per imporre politiche di austerità ed il mercato unico
europeo. Tuttavia il più familiare e quello più evidente è la svolta
degenerativa della democrazia in tutto il continente, di “cui la
struttura della UE è a un tempo la causa e la conseguenza”. Lo stampo
oligarchico delle sue scelte costituzionali nel tempo si è
costantemente rafforzato. I referendum sono regolarmente rovesciati,
capovolti se intralciano la volontà dei governanti. Gli elettori le
cui idee vengono progressivamente ignorate dai governi e dalle elites
sono sempre più disillusi e sempre meno vanno a votare. L’affluenza
alle urne è in continuo calo. Burocrati che siedono a Bruxelles
controllano con pervicacia i bilanci delle singole nazioni che prima
erano sotto il controllo dei singoli parlamenti. Si può affermare
senza ombra di dubbio che le singole sovranità somigliano molto a
condomini di una certa dimensione. La sovranità è tutta nelle mani
della Commissione Europea. “Ma l’Unione non è un’escrescenza di stati
membri che, senza di essa, sarebbero in buona salute. Riflette, tanto
quanto aggrava, tendenze di lungo corso al loro interno”. In ogni
singolo paese i dirigenti ed i governanti manipolano ed incalanano le
legislature. Questi costruttori di consenso lo fanno vieppiù con
crescente facilità. I partiti ormai svuotati di qualsiasi ruolo
costituzionali sono solo macchine elettorali. Essi perdono sempre più
iscritti e consensi, contemporaneamente seguono la stessa sorte le
grandi centrali sindacali. La sfiducia è forte considerato che le
scelte politiche si assottigliano e le promesse di differenze, durante
la campagna elettorale svaniscono come neve al sole.

A questa involuzione generalizzata, ormai da anni si è accompagnata una
corruzzione pervasiva di TUTTA la classe politica europea. Insomma
siamo in presenza di un forte deficit democratico. Queste forme di
corruzzione generalizzate e sistemiche non sono esclusivamente
italiche, anzi esse investono l’intero continente. “L’affresco
potrebbe cominciare con Helmut Kohl, governante della Germania per
sedici anni, che accumulù milioni di marchi di fondi neri di donatori
illegali, i cui nomi quando fu denunciato, rifiutò di rivelare per
timore che venissero alla luce i favori che aveva fatto loro. Oltre il
Reno, Jacque Chirac, presidente della Repubblica Francese per dodici
anni fu condannato per appropriazione dei fondi pubblici, abuso
d’ufficio e conflitti di interesse, una volta caduta l’immunità.
Questi erano due dei due di più potenti politici dell’epoca in Europa.
Uno sguardo allo scenario dopo di allora è sufficiente a cancellare
qualsiasi illusione che essi fossero dei casi rari”. Nella mitica
Germania, Gerhard Schoreder,socialdemocratico(quello del Job en Act)
garantì un prestito di un miliardo di euro alla Gazprom(adesso sono in
guerra per aprirsi nuovi mercati, un po come è successo con la prima e
la seconda guerra mondiale) per la costruzione di un gasdotto su
baltico poche settimane prima che si dimettesse da cancelliere e
andasse in busta paga della multinazionale con uno stipendio da
nababbo. Angela Merkel ha visto due presidenti della repubblica, uno
dietro l’altro, costretti a dimettersi da screditati. Roba da Lele
Mora e consorteria. In questo scenario, un paese è considerato
diffusamente come il caso più acuto di malfunzionamento europeo.

Dall’introduzione della moneta unica l’Italia ha segnato il dato
economico peggiore di ogni altro stato dell’Unione: vent’anni di
stagnazione virtualmente interrotta a un tasso di crescita ben
inferiore a quello di Grecia e Spagna. I discorsi sul “miracolo
italiano” di moda all’epoca di Fellini e della Vespa si sono da tempo
trasformati nell’opposto.”Non c’è dubbio che il paese occupa oggi un
posto speciale nel concerto dei paesi europei. Ma è solitamente
frainteso. L’Italia non è membro ordinario dell’Unione. Ma no è
neppure deviante da qualsiasi standard cui potrebbe essere riferito.
C’è un’espressione consacrata per descrivere la sua posizione, molto
usata dentro e fuori dal paese, ma è sbagliata. L’Italia non è
un’anomalia in Europa, E’ molto più prossima a esserne un
concentrato”. In un simile contesto, sicuramente non congiunturale, ma
in presenza di una crisi sistemica la domanda spontanea è: Possiamo
continuare a configurareil Sistema emendabile? Forse sarebbe il caso
di ritirare fuori argomenti, analisi “cassetta degli attrezzi” che
pensavamo desueti. Entrare nella modernità a ritroso. Le letture
“giovanilistiche”, semiculturali, un po di “moda” sono state travolte
dalla realtà incombente. La soluzione è di radicale rottura.

 

Alfonso De Amicis