Matteo Renzi e la signora Madia preparano l’assalto contro il Pubblico
Impiego. Lo fanno attraverso una lettera ai dipendenti pubblici e con la
minaccia dal titolo “vogliamo fare sul serio”. Una minaccia che piove sul
bagnato. Tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi anni non hanno
scherzato affatto. Infatti abbiamo i contratti collettivi (che brutta
parola! aboliamola)bloccati da decenni, così come è bloccato il turn-over.
Tutti i governi del “fare” hanno messo alla porta – per non averli
stabilizzati – migliaia di precari creando danno ai lavoratori e ai
servizi. Siamo tutti d’accordo che la PA cosi com’è non funziona. Tuttavia le
intenzioni di questo governo, così come di quelli precedenti, è tutta
concentrata sulla ulteriore privatizzazione sia dei rapporti di lavoro che delle
funzioni e dei servizi. Trent’anni di politiche neoliberali non hanno
ridotto il debito pubblico, non hanno avuto effetti benefici sul salario
dei lavoratori, non hanno migliorato l’efficienza e l’efficacia della PA.
Nel linguaggio di Renzi e Madia dominano retorica, luoghi comuni e slogan.
Così è ancora più goffo il tentativo di scavalcare ogni forma di
rappresentanza affidandosi a “lettere e missive” – con un forte connotato
demagogico – e a forme di comunicazione di sapore autoritario e “ducesco”.
L’abolizione dei corpi intermedi della mediazione va di pari passo alla
riscrittura delle forme costituzionali.
Quando si parla di punti di vista vengono in mente la condizione di intere
provincie del sud Italia prive di ospedali, di vie di comunicazioni
(attenzione: non Grandi Opere) abbandonate da anni, a causa anche di
ritardi e inefficienze che possiamo toccare con mano. Poi vediamo i costi
incontrollati dei global service esternalizzati, e pensiamo ai loro
lavoratori sfruttati e sottopagati che potrebbero essere tranquillamente
assunti dallo Stato o dagli Enti Locali con una paga dignitosa, se solo ci
fosse un vero interesse di fornire servizi migliori a tutti i cittadini e
se non ci fosse, come noi sospettiamo, l’intenzione di smantellare
definitivamente l’apparato pubblico.
“Allora il problema non è quello dei costi del servizio pubblico, non sta
nell’incapacità del pubblico di garantire i diritti dei cittadini bensì
nelle assurde logiche di una politica partitica che ha piegato ogni atto
pubblico alla ricerca del propria interesse/consenso. Il problema sta
proprio nella politica dei redditi concertativa e nella rinuncia ad ogni
rivendicazione attraverso il conflitto, sta nella politica compiacente dei
soliti sindacati confederali che hanno co-gestito le privatizzazioni anche
quando il loro costo sociale ed economico è risultato pesantissimo”(Cobas
Pubblico Impiego). Paradossalmente l’attuale Governo propone ulteriori
tagli ai permessi sindacali riducendo ancora di più agibilità e democrazia
dopo che i predenti governi avevano già provveduto a ridurre gli argomenti
di contrattazione, ecc.. L’antica regola del “dividi et impera” funziona
sempre.
In tal senso bisogna stare con occhi vigili e orecchie potenti circa le
prossime mosse del Comune dell’Aquila sul problema delle Municipalizzate,
in particolare sulla gestione dei rifiuti.
Insomma dietro questi luoghi comuni, dietro la retorica di parole d’ordine
ridondanti e con il pretesto di una crisi economica ancora incombente, c’è
la volontà di chiudere con qualsiasi politica pubblica e privatizzare
quanto più possibile.
Trattasi di un ulteriore tentativo per frenare una crisi di valorizzazione
del capitale e disciplinare, attraverso la crisi e la deflazione, tutto il
mondo del lavoro.
Pubblico o privato non fa differenza se non nella propaganda
di mettere gli uni contro gli altri. Si vogliono eliminare gli sprechi?
Bene. In alcuni casi basta vedere gli investimenti pubblici destinati
alla scuola privata, alle cliniche mantenute in piedi per compiacere
le solite baronie o alle cliniche private mentre aumentano le lunghe file
di attesa per visite mediche e diagnostica. Non ci vuole molto a
rovesciare queste situazioni drammatiche per lavoratori e cittadini.
Abbattere le liste di attesa assumendo medici ed infermieri, accrescere
la prevenzione, assumere insegnanti e ridurre il numero di allievi nelle
classi, ristrutturare o costruire nuove scuole pubbliche, risanare l’intero
territorio nazionale sempre più fragile e pericoloso sono le uniche
risposte possibili e strutturali nei confronti della crisi e per una
effettiva riformulazione del ruolo e delle funzioni pubbliche, ovvero
universalistiche, e dei suoi lavoratori.
Questo Governo propone ancora nuovi processi di privatizzazione e magari
ottantamila e passi tagli occupazionali mentre il debito pubblico, ci
permettiamo di sottolineare, invece di diminuire crescerà ancora così come
sta attualmente crescendo nonostante le gravose politiche di austerità
espansiva che tutti i governi di centrosinistra e centrodestra hanno
meticolosamente applicato.
Alfonso De Amicis e Tina Massimini