L’Aquila senza ali

alfonso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Alfonso De Amicis

 

Cinque anni è purtroppo quelle che pensavamo fossero previsioni si sono
dimostrate triste realtà. Abbacinati dalle luci fosforescenti della
protezione civile spa ci eravamo illusi: presto il posto delle certezze
lasciò spazio alle promesse, ai cronoprogrammi. Così é La-qui-la ma
vale per Pa-ga-ni-ca, Tem-pe-ra. Nel 1200 le Università del contado
per avere forza, potere economico e politico si unirono e diedero vita
al Comune, guardarono dentro il loro tempo storico. Si dettero una
dimensione nel Tempo. Oggi nell’era di inernet, nella dimensione che
tutti vogliamo globale la città guarda se stessa come fosse l’ombelico
del mondo, cullandosi sempre nella dimensione delle 3e32. Ogni comune
guarda a se stesso. Sindaci miopi e prespiti. La tragedia, il dolore
lascia sempre segni indelebili. Tuttavia anche resistendo alla
tentazione di voltarsi indietro nel desiderio di veder restituita una
vita passata che ormai è svanita, ecco, questo desiderio andrebbe
trasformato in coscienza di se, in capacità di riprogettare un futuro
condivisibile e plausibile. Se “la mente è un archeologo che scava
tenacemente nel passato e mi conduce di prepotenza dove non vorrei
andare”, questo esercizio scrutando il passato, dovrebbe indicarci una
via d’uscita. Una via che non sarà quella indicata da governi
nazionali e locali che agiscono solo nella dimensione dello spread,
dei tagli, delle certezze bancarie. Non sarà l’Europa a salvarci.
Gutemberg non verrà in gita né alle cartiere di Tempera, tanto meno in
quelle di Vetoio. La solidarietà, il mutuo soccorso appartengono ad
un’altra epoca. Tutte le estensioni del potere, da quelle locali a
quelle nazionali attingono la loro legittimità presso la commissione
europea. Gli spazi di democrazia locale sono nulli. Possono ritoccare
l’ordine, qualche priorità di spesa ma le dimensioni politiche le
complessità che esse comportano stanno tutte dentro le stanze di
Bruxelles. Un potere sfuggevole, apolide, oscuro. Le forze politiche,
ma soprattutto il PD sono al servizio di questa nuova forma di
“governance” europea. La politica è morta. Noi non lo possiamo
ammettere altrimenti si aprirebbe un vuoto nella vita politica
quotidiana. A volte possiamo affidarci a movimenti o personaggi a noi
vicini, per cercare una svolta, un aiuto ma essi non costituiscono una
potenza adeguata alla rottura delle dinamiche in corso e quindi capaci
di restituirci una prospettiva. Purtroppo non ci vuole una svolta ma
un rivolgimento. Dovremmo agire per “segnare un altro confine,
dobbiamo abolire ogni contiguità con questo versante inconciliabile”
pena la cruda verità che ripete da tempo il professor Colapietra. “Una
città morta”. Quando sarà ricostruita(ma quando?) essa sarà un’altra
“AQUILA”.