Il dibattito sulla indeterminata legge sulla ricostruzione appare
ridicola, e provinciale. Si addice perfettamente ad una mentalità
secolare, che non muore mai. Una città sempre uguale a se stessa. Un
città che si è spesso appassionata al giocattolo della cosiddetta
metropolitana di superficie, quella che avrebbe dovuto portare 15.000
persone al giorno ai “Quattro Cantoni”, magari alle nevicate storiche
oppure al rilevamento della temperatura negli inverni più duri dove
regolarmente “eravamo la città più fredda d’Italia”. Recentemente la
maggiore assise democratica(sic) cittadina si è appassionata
sull’aeroporto dei parchi( per intenderci quello regalato dalla
Protezione Civile)oppure dell’ennesimo rilancio del Gran Sasso con i
suoi enti perennemente in perdita. Molti farneticano, pensando che “La
Farfalla” sia Monte Civetta. Appunto, il provincialismo non ha età,
non ha confini. Accade cosi, che ancora oggi, a sei anni dal sisma ci
si accapigli sugli ambiti dei vari paesi, su chi parte per prima, chi
per ultimo, chi magari, dovrà aspettare una eternità battendo, il
primato dei nostri fratelli del Belice. La storia si ripete e ci da
modo di tramandare la favola di essere i più “sfigati di sempre”.
Insomma quando vennero i saggi e son passati 4 anni, ci ammonirono che
per una ricostruzione rapida efficiente e sicura vi era la necessità e
l’urgenza di flussi finanziari continui e l’applicazione della legge
ordinaria. Niente di straordinario, niente di eccezionale. L’eccezione
crea pruriti istituzionali, sovrastrutture pericolose per i meccanismi
della democrazia. Queste parole di buon senso si scontarono con la
crisi incombente e con la determinazione della Commissione Europea
intenzionata ad imporre al nostro paese politiche di austerità e di
controllo sulla spesa pubblica. La lettera di Dragi arrivò nel breve
giro di posta e chiari nettamente gli intenti. Berlusconi usci
rapidamente di scena e subito dopo con quasi l’unanimità del
parlamento centro-destra e centro-sinistra introdussero il pareggio di
bilancio in Costituzione. Viene spontaneo chiedere a questa specie di
politica, ma anche a presidenti di consorzi, ingegneri, avvocati(tutta
gente che ha frequentato Università e centri studi, centri di
intellighenzia) ma quando sono state approntate simili politiche
restrittive, sbaglio o il terremoto già c’era stato? E quando qualche
forza di infinita minoranza richiamava l’attenzione circa le
difficoltà che questi provvedimenti avrebbero avuto sulla nostra città
sbaglio o molti, insieme ai pseudo rappresentanti locali, si sono
girati dall’altra parte? Magari come dice Flaino con l’arma di
accorgimenti sempre validi per salvarci, quanto agli altri, cavoli
loro. Vita mia, morte tua. La vita scorre e ogni anno ci tocca
sorbirci il solito ritornello. I soldi ci sono? Si, datevi da fare,
fate i progetti. “I progetti sono fermi perché non ho il personale!”.
Facciamo un nuovo concorsone? Oggi il tormentone è dato dalla
discussione sulla “nuova legge per L’Aquila”. In consiglio volano
stracci: non impressionatevi sono schermaglie. Alla prossima tornata
elettorale possono cambiare i musicanti ma le note saranno simili. Non
sono bastate le firme(ed in effeti non furono sufficienti, non
firmarono neanche tutti i bravi aquilani)non è stato sufficiente il
signor Barca, Legnini, ed ecco finalmente la signora Pezzopane. La
senatrice occupa giornalmente tutti gli spazi della comunicazione.
Cosa ci ha comunicato in questi sei anni lei insieme al duo Lescano?
Converrebbe chiederlo a Guy Debord, colui che più di tutti si è
interessato proficuamente della società dello spettacolo. In una
sociatà profondamente in crisi economica e del suo sistema democratico
istituzionale e di rappresentanza ci si avvia verso una fase
costituente. Questo è valido a livello nazionale lo è ancor più in
questa città. Non c’è una società di moltitudini e di mercati senza
frontiere. Mercato e burocrazie si abbracciano e crescono assieme e
l’intervento pubblico non diminuisce affatto, semplicemente si
riconverte a favore dell’impresa e del profitto. Guardate attentamente
quello che sta avvenendo nel nostro comprensorio e basta poco per
capire chi sta avendo e chi invece e sotto la finestra del potere per
avere una qualche briciola in termini di lavoro, casa, sicurezza
sociale.
Alfonso De Amicis