a cura di JG
1) Daniele quali sono state le tue esperienze nel mondo del teatro e della cultura?
Credo che in questa storia non sia importante parlare di me, ma visto che me lo chiede, posso dire che lavoro professionalmente nel teatro italiano dal 2002. Ho studiato tanto, ho una laurea, un diploma in una delle più importanti accademie d’arte drammatica italiane e un master in scrittura per il cinema, con qualifica di uditore, conseguito in una nota università privata. Ho scritto qualche libro, prodotto qualche spettacolo e tenuto docenze a contratto in qualche ente prestigioso del paese.
2) Cosa pensi della nomina di Nathalie Dompe a presidente del Tsa?
Iniziamo a sgombrare il campo da possibili fraintendimenti, l’iniziativa che ho lanciato non è un referendum pro o contro la Dompé come qualcuno vorrebbe far credere. Mi interessa pochissimo parlare della persona e ancora meno dell’azienda. Noi chiediamo all’ente pubblico di fare chiarezza su due punti: i criteri che hanno portato a questa nomina e i programmi che il neo Presidente intende portare avanti. Trattandosi di teatro pubblico non si possono tollerare ambiguità, il progetto deve essere ad esclusivo vantaggio dei cittadini abruzzesi e deve essere trasparente, in caso contrario le finalità istituzionali dell’ente potrebbero risultare gravemente distorte.
3) Qual è la ragione principale che ti ha spinto alla petizione per chiedere chiarimenti sulla sua nomina?
Le informazioni confuse e contraddittorie che ho letto sui giornali ma che mi sembrava difficile attribuire a cronisti frettolosi. Ancora adesso nei comunicati si continuano a confondere in maniera inaccettabile il ruolo di Presidente manager e quello di Presidente imprenditore, ma si tratta di figure profondamente diverse tra loro, che avrebbero ripercussioni molto diverse sull’ente e che, in ognuno dei casi, ai cittadini vanno spiegate. A questo aggiungo che si continua a ripetere con allarmante superficialità che il nuovo presidente favorirà l’ingresso di capitali privati. Si tratta di un argomento di enorme portata per un teatro pubblico, dibattuto a livello nazionale da vent’anni per le ripercussioni che avrebbe sulla vita dell’ente, un’operazione simile solleverebbe questioni culturali, etiche e politiche all’interno delle quali non è mio compito entrare ma sulle quali è obbligatorio fare chiarezza. L’ente vuole avviare tale enorme trasformazione? Va bene, ma deve farlo alla luce del sole, informando i cittadini delle modalità di arrivo e di quelle di gestione di questi capitali, anche perché non tutte le operazioni potrebbero essere consentite e non tutte farebbero gli interessi della collettività.
4) Quanto una nomina può essere utile per attrarre capitale privato?
Dipende tutto da che gioco si vuol fare. La vera domanda da porsi credo sia: che tipo di capitale privato vuole attrarre il Teatro Stabile d’Abruzzo?
Esistono fondamentalmente tre canali per indurre i privati ad investire in un ente simile, io mi guardo bene da spiegare ai cittadini quali siano perché credo sia dovere dell’ente spiegare quale di questi ha scelto e per quali ragioni, non trova? Sono certo però che si tratta di tre strade profondamente diverse tra loro, che percorrerle tutte contemporaneamente e all’improvviso rasenterebbe quasi certamente il ridicolo e che ognuna di queste, se percorsa in maniera corretta, comporta obblighi, percorsi e ripercussioni di grande importanza sulla vita del teatro, un altro fondamentale motivo per pretendere trasparenza nell’interesse pubblico.
5) è accettabile che la presidenza di una importante istituzione culturale sia attribuita in base alla sola speranza di attrarre capitale privato?
Certamente no. Anche in caso di arrivo di capitale privato un teatro pubblico è obbligato a mantenere come primo compito istituzionale la diffusione della cultura, non la realizzazione di profitto. Se iniziassimo a mettere in discussione questo principio le competenze diventerebbero come minimo ministeriali, altro che presidenza dello stabile d’Abruzzo. Ma ripeto che questi fondamentali paletti stabiliti dalla legge dovrebbe essere l’ente a spiegarli ai cittadini, non io. Io sto cercando precisamente di convincerli che fare questo è un loro dovere. Resto però sempre disponibile per un confronto pubblico sull’argomento se questo può arricchire il dibattito.
6) Quanto i tagli alla cultura operati in questi anni incidono in scelte come la nomina della Dompe’?
Mi sembra un’ottima domanda ma rivolta alla persona sbagliata. Quali siano i criteri che hanno portato a questa nomina io non riesco proprio a capirlo, per questo ho scritto la petizione. Credo però che potrebbe essere molto interessante rivolgerla a chi quella nomina l’ha fatta, quindi per competenza derivante dallo statuto, a intuito direi a qualcuno che sta ai vertici della Regione.
7) C’è meritocrazia nel mondo delle istituzioni culturali italiane?
Beh… a occhio direi che la situazione è migliorabile, non trova anche lei? Poi ovvio, ci sono sempre le eccezioni.
8) Qualcuno dice che i ricchi essendo dispensati dalla fatica possono dedicarsi alla gestione dell’interesse pubblico. Davvero il teatro Italiano è costretto alla filantropia per salvarsi?
Mi sembra una visione della ricchezza preistorica. Per motivi di lavoro ho incrociato qualche ricco imprenditore nella vita e le assicuro che nessuno di questi mi ha dato l’impressione di non sapere come impiegare la giornata, anzi. I migliori tra loro erano persone molto serie e molto impegnate nel dirigere le loro aziende in un mercato sempre più complesso e competitivo. Poi ci sarebbero gli esempi peggiori, ma non stiamo qui a sottilizzare.
Un punto fondamentale invece è che nel libero mercato il principio di “filantropia” inteso come donazione di capitali in forma del tutto disinteressata, non esiste! Ribadisco il concetto, in economia il principio del disinteresse non esiste! Anche l’azienda più seria del mondo quando investe capitali lo fa sempre per ottenere un risultato, un principio né giusto né sbagliato, semplicemente funziona così. Stabilito questo però, non crede che se un’azienda qualsiasi fosse intenzionata ad investire capitali in in teatro pubblico, fra l’altro proveniente da una storia che non permette di annoverarlo tra gli esempi di efficienza, sarebbe doveroso che questa azienda spiegasse con quale finalità è intenzionata ad investire e cosa vuole ottenere in cambio?
Le faccio l’esempio più banale che mi viene in mente. Esistono le sponsorizzazioni. Io azienda investo soldi nella creazione di eventi per ricavarne pubblicità. Non lo faccio né perché sono buono, né perché sono cattivo ma semplicemente perché, è risaputo, la buona pubblicità aumenta il fatturato.
La mia petizione pretende chiarezza su tutto questo, ad esempio, per scongiurare l’ipotesi che un eventuale intervento privato, legittimo ma certamente non disinteressato, possa essere comunicato ai cittadini per qualcosa che in realtà non è.
9) Sei determinato ad avere un chiarimento? Quali sono le prossime azioni che hai in mente?
La petizione è in attesa di risposte pubbliche e riscontrabili. Le 226 persone che l’hanno sottoscritta hanno diritto alla trasparenza da parte dell’ente pubblico e io considero mio dovere proseguire questa azione fino a quando i dubbi non saranno chiariti del tutto. Se tra qualche giorno non avremo ricevuto risposte o se non fossero del tutto esaustive, scriverò prima di tutto all’assessore alla cultura della città dell’Aquila per chiedergli di ricordare all’ente pubblico che la trasparenza non è un valore negoziabile. Se anche questa richiesta non dovesse trovare risposte scriverò al Ministero ponendo sempre e solo le stesse domande. In quel caso però, la situazione rischierebbe di aggravarsi dal momento che, a quanto mi risulta, l’attuale regolamento obbliga i teatri come lo Stabile D’Abruzzo alla progettualità e alla trasparenza per continuare a ricevere contributi pubblici.