Di Michele Giorgio giornalista de Il Manifesto – L’espansione delle colonie ebraiche nella Cisgiordania occupata non si fermerà, assicura il premier israeliano Netanyahu, nonostante le critiche degli Stati Uniti e gli ammonimenti dell’Unione europea. «Non ci fermeremo un attimo per costruire il nostro paese per rafforzarci e sviluppare…gli insediamenti», ha ribadito il primo ministro confermando che il suo governo e la destra continuano a considerare i territori occupati palestinesi parte di Israele. Parole pronunciate nelle stesse ore in cui il capo dei negoziatori palestinesi affermava la volontà dell’Autorità Nazionale (Anp) di continuare i negoziati anche dopo aprile – termine dei nove mesi fissati per la conclusione delle trattative dal segretario di stato Usa John Kerry — a patto che le parti concludano una schema d’accordo complessivo su tutti i temi principali del negoziato. Un accordo di massima è possibile, ha spiegato Erekat, ma potrà concretizzarsi solo se Israele deciderà «di preferire la pace alla costruzione nelle colonie». Netanyahu ha già fatto sapere cosa preferisce.
Non cessa l’espansione degli insediamenti colonici e continuano i raid militari all’interno di campi profughi e centri abitati palestinesi. Quella di mercoledì è stata una notte di incursioni israeliane nelle aree A della Cisgiordania che pure, secondo gli accordi di Oslo, sono sotto il pieno controllo dell’Anp. Nel raid compiuto nel campo profughi di Jenin — allo scopo, ha detto un portavoce militare israeliano, di arrestare un presunto capo di Hamas — è stato ucciso Nafea Saadi, 23 anni, che con altri giovani era sceso in strada a protestare contro l’incursione. Almeno altri otto palestinesi sono stati feriti, alcuni dei quali in modo grave. Poco dopo un altro palestinese, Samir Yasin, 28 anni, agente delle forze di sicurezza dell’Anp, è caduto in un agguato di una unità speciale israeliana a Qalqilya. La popolazione, come a Jenin, subito dopo si è riversata in strada per protestare lanciando pietre e bottiglie incendiarie. Per il portavoce militare Yasin era armato ed era ricercato per aver sparato contro obiettivi israeliani. Nel 2013 Israele ha intensificato i raid nei centri abitati della Cisgiordania uccidendo una ventina di palestinesi, in buona parte durante le proteste seguite alle incursioni delle unità speciali. «Questa pericolosa escalation israeliana è rivolta a vanificare gli sforzi americani e internazionali per avanzare nel processo di pace portando i negoziati ad un punto morto», ha commentato Nabil Abu Rudeineh, portavoce della presidenza palestinese, che poi ha chiesto alla comunità internazionale di «muoversi per mettere fine alle misure (israeliane) che tengono chiusi i palestinesi in una spirale di tensioni e violenza».
Le condanne di Abu Rudeineh lasciano indifferenti i palestinesi dei Territori occupati a dir poco scettici nei confronti delle trattative con Israele e che guardano con crescente sfiducia all’Anp. D’altronde non potrebbero avere un atteggiamento diverso visto che nonostante la crisi palestinese resti grave i dirigenti dell’Anp non trovano di meglio che farsi la guerra tra di loro. Due giorni fa a Ramallah la guardia presidenziale ha dovuto circondare la sede del Consiglio Legislativo Palestinese a Ramallah per proteggere un deputato minacciato da un pezzo grosso di Fatah. Nelle stesse ore uomini armati hanno aperto il fuoco contro gli uffici del ministro palestinese per gli affari islamici.
A quanto si è saputo Jamal Abu al Rab, un parlamentare che in passato aveva fatto parte del gruppo armato le “Brigate di al Aqsa” (Fatah), e Jibril Rajoub, un ex comandante delle forze di sicurezza ora presidente della Federazione Calcio Palestinese, erano incaricati di accogliere il ministro degli esteri cinese Wang Yi in visita in Israele e Territori occupati. All’improvviso, per vendicarsi di un aggressione subita un mese fa, al Rab ha schiaffeggiato Rajoub e si è dato alla fuga. Rajoub, mettendo da parte il fair play che ostenta quando parla di calcio, ha ordinato agli uomini della sua scorta di inseguire al Rab e vendicarlo. Il deputato ha quindi cercato rifugio nella sede del Clp dove è rimasto nascosto per ore sotto la minaccia degli uomini di Rajoub, fino all’arrivo della guardia presidenziale che ha formato un cordone attorno all’edificio permettendo al deputato di potersi allontanare senza rischio. Le vecchie e inutili rivalità ai vertici dell’Anp aggravano la sfiducia della popolazione. In un sondaggio diffuso a giugno dal Centro palestinese per la Politica e la Ricerca Statistica, il 77 per cento degli intervistati palestinesi ritiene ci sia corruzione tra i funzionari dell’Anp in Cisgiordania e il 61 per cento nel governo di Hamas a Gaza.