Costruire l’alternativa alle politiche del partito unico delle privatizzazioni e dell’ultra liberismo sfrenato

lacrime e sangue

Di Alfonso De Amicis e Tina Massimini (Ross@ L’Aquila)

La sentenza della Consulta sul “porcellum”, per quanto in ritardo, non ha colto di sorpresa nessuno. Tutti sapevano che questo sistema elettorale era anticostituzionale, ma troppi, furbescamente, hanno cercato di eludere questa incontrovertibile verità per trarne il massimo vantaggio.
Dopo otto anni con tre momenti elettorali, con questa sentenza si pone fine ad una congiunzione storico-politica iniziata con una massiccia campagna mediatica contro il proliferare dei partiti, le troppo frequenti crisi di governo, ecc. e che si concluse con il referendum per l’abolizione del proporzionale favorendo l’introduzione del sistema maggioritario convincendo gli italiani che per diventare un paese “moderno” occorreva diventare bipolari.
Parliamo di tecniche elettorali che, nelle varie evoluzioni sempre motivate dall’ossessione per la governabilità, sono però servite a scardinare l’ordinamento democratico nato dalla resistenza. Ed ecco che, con le nuove forme/tecniche di comando e di controllo e con un surplus di autoritarismo il potere ha creato le condizioni per perpetuare il propri dominio. Nel contempo, sotto la crescente minaccia della crisi economica e con il pretesto di farvi fronte, si mantiene l’intero Paese in una condizione di costante paralisi e di ricatto.
“In passato (sino al compimento della prima rivoluzione industriale, nel XIX secolo) il capitalismo è stato la forma economica e il rapporto sociale più capace di ottimizzare lo sviluppo delle forze produttive sociali (forza-lavoro e saperi tecnici incorporati nei mezzi di produzione). E’ stato in grado di alimentare questo sviluppo imprimendogli costanti accelerazioni (pur con elevatissimi costi sociali e ambientali) e di rendere socialmente disponibili i suoi risultati (pur con fortissime iniquità).” (Alberto Burgio “Senza Democrazia”).
L’attuale crisi globale, che ha già distrutto milioni di posti di lavoro e aperto voragini nelle casse dello stato, ha interrotto il ciclo “virtuoso” tra il capitalismo e società descritto da A. Burgio. Una verità universale tanto vera quanto il cinismo della globalizzazione mercantilista dell’ideologia neoliberista.
Sembrano trascorsi secoli da quando il crollo del Muro di Berlino apparve a centinaia di milioni di europei una promessa di liberazione, ma gli ultimi venti anni hanno dissolto questa speranza sostituendola con un misto di ansia solitudine e disperazione. Questa crisi è ancora più gravida di pesanti conseguenze in Italia dove la corruzione e la cialtroneria rappresentano la cifra di gran parte di un ceto politico-amministrativo da troppo tempo autoreferenziale e miope.
Il cupo disfacimento di un intero modello istituzionale, economico e sociale è arrivato alla fase terminale e a nulla valgono gli esorcismi di una classe politica di così scarso spessore politico-culturale.
Dentro questa frana istituzionale l’unico ad avere un programma preciso e una visione d’insieme è il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Meglio chiamarlo “Re Giorgio” il quale considera le politiche europee l’unica strada da percorrere se si vuole, attraverso l’euro, essere protagonisti di una visione globale e tendenzialmente imperialista. E poco importa se occorre imporre severe politiche sociali e un rigorismo istituzionale che si bacia con una torsione violentemente autoritaria. Ed è innegabile che siamo di fatto in una repubblica semipresidenziale. Come pure è innegabile che le più pesanti riforme, le peggiori politiche sociali ed istituzionali sono state realizzate da governi di centro sinistra (riforme pensionistiche, riforme costituzionali a cominciare con quella del Titolo V, riforme sul lavoro ecc.). Purtroppo non è la prima volta che la socialdemocrazia, o uomini provenienti da questo spazio politico, ha fatto il lavoro sporco per le borghesie “cosmopolitiche”: Mussolini in Italia era stato socialista ma divenne un fervente interventista, così l’assassinio di Rosa Louxemburg avvenne per mano della socialdemocrazia tedesca.
Per invertire questo disegno vanno sconfitte e rovesciate queste politiche sociali ed economiche. Rovesciare, rompere perché gli emendamenti e i piccoli aggiustamenti non sono più sufficienti e non riteniamo affatto che le primarie, che hanno visto Matteo Renzi proiettato verso il podio più alto della scala gerarchica del potere, possano rappresentare la premessa per un percorso di rottura con le politiche già sperimentate e di cui oggi vediamo gli esiti recessivi e depressivi. Alcuni sono bravissimi a raccontare le paure, le sofferenze, le angosce, ma sono le risposte a tutto questo che non sono indifferenti.
Bisogna battersi per un ritorno al proporzionale – una testa un voto – che garantisce un rapporto diretto tra rappresentato e rappresentante, così come occorre rompere con questa Unione Europea che, per conseguire il suo obiettivo imperialistico sta esercitando tremende pressioni sui governi e sulle popolazioni del sud della vecchia Europa usati come massa di manovra e come esercito industriale di riserva.
La posizione del nostro paese è strategica per fermare questo abominio e per proporre un totale ribaltamento delle politiche economiche fin qui tragicamente perseguite. E quindi blocco alle privatizzazione e nazionalizzazione di quello che rimane, creare nuovo lavoro per i giovani ma soprattutto non consentire più la perdita dei posti di lavoro ancora in essere, vietare la svendita e/o lo sfruttamento dei territori, abolire il “pareggio di bilancio”, ecc., riconquistare sovranità politica ed economica affinché il nostro Paese, ma anche gli altri che pure sono in analoga sofferenza, si affranchi dalla sudditanza ai diktat della BCE, del FMI, della Commissione Europea.
A L’Aquila unitamente alla Ricostruzione dell’intero cratere la riapertura di una fabbrica come l’Alenia Spazio potrebbe far immaginare, ma solo se nazionalizzata, ad un programma di medio termine che abbia un respiro nazionale e che ci porti fuori da questa crisi gettando le basi verso una transizione plausibile. Una transizione che unisca la nazionalizzazione di beni strategici al rilancio ed alla tutela dei grandi Prarchi e Riserve situate in tutto il territorio abruzzese è essenziale per rilanciare una visione pubblica contro le privatizzazioni e le politiche ultraliberiste.
Per la democrazia, per noi, per la nostra vecchiaia, per i nostri figli e nipoti, prima che la frana travolga tutto e tutti.