il sub-emendamento D’Alessandro è la norma più grave proposta da quando è stato istituita la Regione
Il renzismo in mano ai ras locali diventa roba da terzo mondo. Perso ogni freno inibitore D’Alfonso cerca di cancellare ruolo del Consiglio Regionale trasformandolo nel suo juke-box. Non era mai venuto in mente neanche ai post-fascisti. E lo chiamavano “meno peggio”.
D’Alessandro e Di Pangrazio dicono che la norma c’è in Piemonte: non è vero!
Ieri notte in Consiglio regionale Luciano D’Alfonso, con un sub-emendamento presentato dal fido Camillo D’Alessandro, ha cancellato ogni traccia di democrazia in Regione svuotando completamente il Consiglio regionale come luogo di confronto e scontro sui provvedimenti.
Non si pensi che la mia sia un’esagerazione polemica per attirare l’attenzione: davvero si tratta della norma più pericolosa mai approvata da una maggioranza in Consiglio Regionale.
Con un blitz – infatti siamo di fronte a un subemendamento non a un progetto di legge che ha seguito un iter di approfondimento in commissione – il subemendamento approvato modifica il Regolamento del Consiglio regionale determinando l’eutanasia.
Con la norma approvata diventerà praticamente impossibile fare opposizione e il Consiglio sarà completamente disarmato di fronte a un Presidente e a un esecutivo che tra l’altro, al contrario dell’ordinamento costituzionale, non hanno contrappesi di altra natura non essendoci un organismo di peso pari alla Corte Costituzionale né un Presidente della Repubblica almeno formalmente autonomo.
Il Consiglio Regionale viene ridotto a juke-box del capo che inserendo una monetina farà suonare la sua canzone dopo aver dato ai consiglieri qualche minuto per esporre le loro posizioni.
COSA PREVEDE LA NORMA?
In qualsiasi momento, in commissione o in Consiglio, il Presidente o un assessore potrà presentare quelli che vengono definiti “emendamenti d’urgenza” e far decadere tutti quelli precedentemente depositati dall’opposizione o dagli stessi membri non-allineati della maggioranza.
Una “riforma” del genere – che cambia radicalmente le regole del gioco – andrebbe discussa nelle commissioni e dovrebbe essere oggetto di dibattito largo nella società e nella politica regionale. Invece, sapendo che si tratta della madre di tutte le future porcherie, D’Alfonso e la sua corte dei miracoli hanno proceduto con un blitz notturno.
Bisogna essere onesti: la destra, anche quella di provenienza missina, ha governato la Regione Abruzzo più volte ma mai gli era venuto in mente di svuotare il Consiglio Regionale con norme degne di un regime autoritario.
Nell’attuale ordinamento il Presidente ha già poteri enormi e su gran parte delle materie neanche deve passare attraverso il voto del Consiglio Regionale.
Evidentemente a Luciano D’Alfonso non basta. Più passa il tempo e più diventa insofferente per quelle sedute che già anni fa definiva “palude”, soprattutto quando in Comune qualcuno come me gli impediva di mantenere impegni assunti con qualche amico imprenditore.
D’Alfonso per la democrazia ha sempre avuto una certa idiosincrasia preferendo le folle che applaudono ai suoi monologhi sovente incomprensibili alle discussioni pubbliche in cui corre il rischio di essere contraddetto.
D’Alfonso non fronteggia oggi un’opposizione feroce come quella che facemmo a Gianni Chiodi. Eppure la trova comunque fastidiosa. E deve attribuirsi il potere di neutralizzarla insindacabilmente in qualsiasi momento lui voglia.
Spero che Sel e IdV a cui ho mandato sms aggiungano la loro voce alle opposizioni che hanno ragione a opporsi e che nel PD ci sia qualcuno con un minimo di decente coscienza democratica.
Trovo davvero grave che il Presidente del Consiglio Giuseppe Di Pangrazio che dovrebbe essere garante di tutti abbia deciso di passare alla storia come quello che ha messo il cartello “fuori uso” sul Consiglio regionale quale organo sovrano e autonomo.
E’ sbagliato anche fare paragoni con i regolamenti parlamentari perché qui si va oltre qualsiasi “ghigliottina”. Non è nemmeno un organo dotato di terzietà a decidere ma direttamente la facoltà di cancellare qualsiasi opposizione è direttamente in capo all’esecutivo.
So che ormai i principi del costituzionalismo sono considerati zavorra ma invito a riflettere su quante porcate sono state bloccate nella storia del Consiglio Regionale da chi si trovava all’opposizione.
Se passa questa sveltina saremo di fronte a un potere arbitrario e senza limiti.
LA SINISTRA NON PUO’ TACERE
Il renzismo, in mano ai ras locali come D’Alfonso, produce dei mostri.
Che dentro il PD nessuno levi la sua voce, che Sel e IdV partecipino a una coalizione di questo genere, dà l’idea di cosa è diventata la politica in Abruzzo sotto il regime dalfonsiano.
Questa volta la dalfonsata è proprio grossa e chi è di sinistra non può far finta di non accorgersene. C’è bisogno che in tante e tanti sollevino la voce per fermarlo prima che sia troppo tardi.
Il problema non è il giudizio sull’attuale opposizione ma sul fatto che ci possa essere una qualche opposizione e che non vi sia un “uomo solo al comando” senza contrappesi istituzionali.
Mi dispiace per Sel e Mario Mazzocca ma una cosa del genere non può essere liquidata con un’astensione. Che facciamo parte dell’ANPI per sport?
Come fa Mario Mazzocca a dichiarare: «L’intenzione della maggioranza non è di imbavagliare le opposizioni, ma di evitare che diventi una consuetudine portare i consigli regionali a durare 24 ore e non bloccare l’operatività dell’assemblea»? Questo significa coprire quanto sta facendo D’Alfonso e schierarsi dalla sua parte minimizzando la portata della peggiore proposta mai posta al voto da quando è stata istituita la Regione.
LA BUFALA DEL PIEMONTE
Camillo D’Alessandro e il presidente del Consiglio Di Pangrazio raccontano balle dicendo che è una norma già in vigore in Piemonte. Non è vero. Oltre che ladri di democrazia dicono pure bugie? Basta andare sul sito della Regione Piemonte per accorgersene.
Fortunatamente per entrare in vigore il Regolamento taroccato ha bisogno di altre votazioni in Consiglio. Questo tempo spero serva a chi in Abruzzo crede nella democrazia e nei valori della Costituzione a dissuadere il centrosinistro dall’andare avanti su questa strada.
Maurizio Acerbo, segreteria nazionale PRC-Se, ex-consigliere regionale dell’Abruzzo