Il Jobs Act è la risposta politica che le elites italiane danno alla
crisi economica. Questa legge chiamata con lingua inglese quasi
incomprensibile è la peggiore controriforma del lavoro dal dopoguerra.
Essa sancisce la più feroce sottomissione agli imperativi della
troika. Tuttavia questo estremo tentativo di far regredire la forza
lavoro a pura merce non salverà questo paese. Non si salveranno
neanche i sindacati complici. Anche la CGIL è sulla via della
residualità. Non si può stare con i piedi in due staffe, giocando in
un ping-pong infinito, pensando che Fassina rappresenti l’alternativa.
Soprattutto non è credibile quando i suoi ex segretari o funzionari di
ieri, non di un passato remoto, hanno votato questo passaggio
parlamentare senza battere ciglio. Un paese quello nostro allo sbando
senza più fiducia in se stesso e senza una classe dirigente degna di
questo nome. Una “marca” dei grandi centri di poteri europei: Bce,
Commissione Europea, Bunsdebank. Con questi ultimi provvedimenti si
certifica con il sigillo di un governo reazionario la possibilità per
tutti gli imprenditori (padroni) di licenziare i propri operai per
motivi economici. Sembra un aspetto secondario, invece costituisce il
cuore del provvedimento. Il governo del PD a conduzione renziana
prende atto, secondo un suo “postulato della inevitabilità della
crisi” (la politica ha abdicato da un bel pezzo) e della sua durata,
quindi, vi si adegua. Così se il prossimo scenario sarà ancora
dominato da una forte recessione qualsiasi governo ha in sé gli
strumenti legislativi per farvi fronte seguendo sempre la logica del
più forte. Da un lato si concede mano libera agli imprenditori
dall’altro lato si aggrava sul bilancio pubblico, il peso di questa
scelta, adeguando il mercato del lavoro all’impostazioni di uno stato
sociale di tipo tacheriano. Il privato è libero di muoversi senza
alcuna assunzione di responsabilità, mentre il pubblico per legge deve
sostenere le dinamiche del mercato. Una siffatta società quale futuro
garantisce verso i suoi membri? E quali strumenti democratici tende a
dotarsi per governare questo scorcio di secolo? E’ evidente che ci
avviamo sempre più verso una società autoritaria e ferocemente
classista. Una società che da tempo ha divorziato, ha reciso qualsiasi
legame con il liberalismo di stampo moderno. Noi che ci poniamo fuori
da queste scellerate regole, crediamo che i trattati europei vanno
fatti saltare è che una dei primi provvedimenti è quello dell’uscita
dalla moneta unica dell’euro. La sua implosione è già nell’aria è
nelle cose. In un certo senso ci muoviamo verso la reivenzione della
democrazia e dellu sue regole.
Alfonso De Amicis