Ho sempre sempre amato il calcio, l’ho amato per le sue passioni
popolari, per la capacità di suscitare emozioni, socialità,
coinvolgimento. Passioni capaci di superare, spesso, il controllo
imposto dalla retorica del potere anche se opportunisticamente
veicolati dai media mainstream. Fino alla metà degli anni ’90 ho
seguito con entusiasmo le vicende dell’Aquila calcio. Il campo lo
possedevo dentro e fuori la città. I mondiali, gli europei erano
attesi a suon di birra e patatine. Tuttavia oggi mi vede indifferente,
anzi, sono contro la retorica nazionalista e patriottarda. Perchè
dovrei identificarmi con uno Stato che ha un conportamento disonorante
verso i cittadini dell’Aquila, e di molti comuni minori di un Abruzzo
forte ma “sfortunato”? Eppure mio padre ha “servito” la Patria cosi
fece mio nonno Alfonso, ma lo stesso nonno Giorgio e suo padre Nicola.
Nello stesso modo migliaia di abruzzesi servirono la Patria due volte.
Prima le carneficine della guerra poi l’emigrazione e le rimesse di
centinaia di migliaia di Lire per costruire una Italia migliore per
loro ed i propri figli. Ma oggi lo Stato è irriconoscente, odiosamente
avaro verso questa terra. Come nella seconda guerra mondiali funno
servili verso il terzo reich, oggi ci ripetiamo verso l’austerità
della signora Merkel. I nostri governanti sono cocciutamente convinti
che la salvezza della Terra di Dante, Leopardi, Garibaldi, Gramsci
Pasolini passi per una nuova retorica dei sacrifici. Nel frattempo in
tanti rimangono sospesi, senza lavoro e senza casa. Certo come dice
l’oratoria prima berlusconiana e poi renziana nessuno è senza tetto.
“costruiremo in poco tempo case accoglienti e moderne, comprensive di
elettrodomestici, televisori e champagne”. Panis et circensis. Manco
fossimo nei periodi dittatoriali dell’antica Roma. No! Questa Patria
non merita nessun riconoscimento, neanche quello del tifo o della
facile magniloquenza intorno alla bandiera.
Alfonso De Amicis