Le elezioni europee si svolgono dentro cupi orizzonti. Devastazioni, macerie economiche, sociali e politiche sono sotto i nostri occhi. Oggi assistiamo all’avventurismo delle elites europee dietro il declinante imperialismo americano nella “terra di Mezzo” dell’Ucraina. Un intervento che, non pare aver prodotto le aspirazioni iniziali dei dottor “Stranamore”. Anzi UE e Nato nel loro balbettio possono diventare più pericolosi.
Nel frattempo alimentano come in Ucraina l’aggressione alla democrazia Venezuelana. Crisi economica, finanziaria e gopolitica si fondono esplosivamente, e tuttavia pare non interessare le vicende elettorali e politiche, se non come cronaca. Eppure, nei racconti letterari, storici, vengono giù, giudizi sull’Europa, che fanno rabbrividire. Beck, Bauman e Habermas, insistono sulla crisi “epocale”. Mentre Heisbourg decreta la fine di un sogno, Bifo parla di collasso, Amoroso di fallimento, Bellofiore scorge la “barbarie che avanza”, Vladimiro Giacché sostiene che stiamo ballando sul Titanic. Sui fondali più cupi Pisani-Ferry parla di risveglio dei demoni. Qualche giorno fa è scomparso uno degli economisti più originali e autorevoli dell’Italia contemporanea, Augusto Graziani.
Egli uno dei suo saggi più conosciuti, di venti anni orsono, metteva in guardia circa l’adozione della moneta unica, l’euro. L’euro così come pensato e attuato lo analizzava e lovedeva, come strumento di disequilibrio, che avrebbe favorito le economie a conduzione germanica a danno dei paesi cosiddetti piigs. Ne denunciava il carattere autoritario, perché sganciato da ogni controllo democratico, contraddittorio perchè aveva ed ha la pretesa di unire economie fortemente diseguali. La moneta è nata insomma per sostenere le economie del nord e per intraprendere una guerra monetaria di tipo imperialista nei confronti del dollaro e delle altre monete continentali. L’euro unitamente alle politiche di austerità sta assolvendo al compito per cui è nato. Guerra commerciale all’esterno ristrutturazione sociale e politica nelle singole nazioni.
L’austerità espansiva e la crisi, sono diventate forme perenni di governo. La soluzione del problema è rimandato ad un futuro incerto. La luce in fondo al tunnel semplicemente con c’è. Non avendo soluzioni e non potendo più promettere scalate sociali, questo neoliberalismo evoca nuove forme di totalitarismo. In questa fase storica con questo paradigma il capitalismo sta ormai divorziando dal concetto stesso di democrazia. Quindi qualche interrogativo sorge, invece sull’apparato analalitico che oggi sorregge sulle sorti delle elezioni e sulla possibilità che esse possano riqualificare un’Europa che invece viaggia su altri binari. Ma soprattutto in questi scenari la lista Tsipras con il suo riformismo e la sua “democrazia comunitaria” e localista può essere un argine all’orda del neoliberalismo? Insomma può uno scoglio arginare il mare? Mi pare di capire che questo tentativo sia sull’ordine del fallimento politico, così come l’anno scorso lo è stato la lista di Rivoluzione Civile con a capo Ingroia. Oggi al posto del magistrato abbiamo i professori.
Alfonso De Amicis di ROSS@ L’ Aquila