Il perimetro autoritario che attraversa anche la Cgil

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di Giorgio Cremaschi


L'aggressione che abbiamo subito nell'assemblea CGIL di Milano non è
solo un episodio senza precedenti nella vita del più grande sindacato
italiano. È segno ed indice di un degrado crescente della vita
democratica di tutto il paese, degrado al quale vengono sempre più
spesso a mancare quegli anticorpi che sono sempre state le grandi
organizzazioni popolari.

Il perimetro di ciò che è ammesso e di ciò che non lo è si stringe
sempre di più sotto i giri di vite di una crisi economica che appare
senza soluzioni positive.

Il mondo della grande informazione dà un rappresentazione del nostro
paese come percorso dalla licenza e dall'anarchia. Invece sta
avvenendo proprio il contrario e le descrizioni spettacolari della
ingovernabilità servono solo a costruire il consenso alle spinte
autoritarie.

Ho sentito opinionisti della  sinistra affermare tranquillamente che
bisogna sottrarre il governo ai capricci del parlamento. Del resto la
riforma elettorale perseguita da PD e Forza Italia con la benedizione
di Giorgio Napolitano ha come primo obiettivo dichiarato la certezza
del vincitore la sera stessa del voto. Cosa impossibile in qualsiasi
vera democrazia nella quale siano gli elettori a decidere liberamente.
Si vuole la governabilità a tutti i costi, anche a quello di alterare
profondamente il senso del voto dei cittadini assegnando la
maggioranza assoluta e totalizzante alla migliore minoranza.

Ci vuole finalmente un capo che decida e basta con il conservatorismo
costituzionale.

Già, si deve decidere, ma che cosa davvero? Il fatto paradossale è che
più si reclama potere assoluto a chi governa, meno i nostri governanti
hanno autonomia di decisione.

Tempo fa il presidente della Banca Europea Draghi affermò che le crisi
di governo italiane non erano preoccupanti perché sulle scelte di
fondo vige il pilota automatico. E infatti nonostante gli scontrinel
teatrino di palazzo la finanza fa i suoi percorsi indisturbata.

La lettera della BCE del 4 agosto 2011 è il programma del governo
reale, e quel programma viene puntualmente eseguito, chiunque faccia
finta di decidere.

A cosa serve allora tutto questo agitarsi per le riforme politiche?
Serve a costruire il perimetro del confronto ammesso nel quadro delle
politiche di austerità. Che al di là di retorica e chiacchiere devono
continuare e continueranno, se non vengono messi in discussione gli
interessi ed il sistema di potere che le impongono.

Chi governa deve amministrare la politica realisticamente praticabile
nel quadro obbligato del fiscal compact e di tutte le politiche
liberiste oramai entrate anche formalmente nella Costituzione. È la
democrazia delle oligarchie e dell'establishment, che cerca di
costruire e consolidare la sua base di consenso. Una base sempre più
ristretta, come mostrano anche le elezioni sarde, e che per questo va
conservata anche con metodi autoritari.

Chi non accetta di stare nel perimetro e magari persino cerca di
infrangerlo, deve essere considerato e trattato come un nemico.

L'accordo CGIL CISL UIL Confindustria sulla rappresentanza sindacale
ha subito manifestato le sue potenzialità autoritarie.

Secondo costituzionalisti e giuslavoristi l'intesa è incostituzionale.
Lo è perché la suprema Corte nel luglio 2013 ha stabilito che non si
può sottomettere alla firma degli accordi il diritto dei lavoratori a
scegliere liberamente da chi essere rappresentati.  Al  contrario
l'intesa interconfederale impone l'adesione ad essa, alle sue regole
capestro tra cui le sanzioni ai delegati disubbidienti,  per
esercitare il diritto costituzionale alla rappresentanza sindacale.
Ebbene anche solo affermando questo giudizio si rischiano misure
disciplinari in CGIL: un componente della nostra minoranza nel
direttivo nazionale ha messo per iscritto questo giudizio ed è stato
denunciato alla magistratura interna .

Siamo andati all'assemblea sull'accordo organizzata a Milano il 14
febbraio come  militanti della CGIL, non come black block. E ci siamo
andati  per distribuire un volantino della minoranza congressuale, sì
perché in CGIL è in corso il congresso e le diverse posizioni
dovrebbero essere statutariamente rispettate. Non c'è stata nessuna
irruzione, non si fanno irruzioni a casa propria, ma l'esercizio di un
diritto che è sacrosanto in ogni organizzazione democratica: il
diritto di esprimere nelle riunioni il proprio dissenso. Quando un
delegato della funzione pubblica ha chiesto di parlare è invece
intervenuto il servizio d'ordine e dopo una brevediscussione, per
altro ancora nei limiti di ciò che accade in assemblee dove ci son
posizioni diverse, siamo stati aggrediti e per fortuna le telecamere
hanno ripreso con quale brutalità.

Ammetto che mi ha molto colpito il contrasto tra il silenzio e
l'ipocrisia dei palazzi della politica e la grande solidarietà
ricevuta dalle persone normali. Cosa sarebbe successo, quali sarebbero
stati i titoli dei giornali se le parti fossero state invertite? Se
chi è contro  l'intesa avesse aggredito chi lo sostiene?  Sarebbe
scattato l'allarme terrorismo come minimo.

Evidentemente noi che contestiamo pacificamente e statutariamente un
accordo che consideriamo terribile, per il palazzo siamo già fuori dal
perimetro, e dunque per noi le regole del rispetto non valgono.  Se
poi consideriamo che non solo nei confronti di noi che siamo
minoranza, ma che anche verso il segretario della FIOM son stati fatti
balenare provvedimenti disciplinari, si capisce la gravità di quanto
sta accadendo. La CGIL è attraversata e sconvolta dal perimetro
autoritario che si vuole imporre nel paese.

E questo avviene perché  è il sistema di consenso, alleanze e potere
del PD che guida questo processo.

Nella Germania dei primi anni trenta furono la socialdemocrazia e il
centro democratico a governare al crisi economica con strumenti sempre
più autoritari. I dirigenti di quei partiti pensavano evidentemente
che restando quegli strumenti nelle loro mani, mai si sarebbe varcato
il limite della soppressione delle libertà. Si sa come è andata.

Bisogna rompere il perimetro che sta deformando in regime la nostra
democrazia, perché se continuiamo così prima o poi l'uomo della
provvidenza che fa arrivare i treni in orario viene davvero.