> Sono passati sette anni dall’inizio della grande
> crisi, cinque anni dal sisma
> dell’Aquila, cinque anni dall’ultimo Congresso della CGIL.
> Da allora si sono susseguiti arretramenti e
> sconfitte per la maggior parte di noi.
> La condizione delle donne, degli uomini, dei giovani che la CGIL presume di
> rappresentare sono peggiorate. E sono
> peggiorate le condizioni degli abitanti di questo limbo dell’entroterra
> dell’Abruzzo
> terremotato.
> Purtroppo il sindacato è stato subalterno alla
> logica dello stato
> d’eccezione
> che la Protezione Civile ha assunto come forma di governo autoritario
> all’indomani della tragedia del 6 aprile. Quel presupposto,
> anche se in altre forme, domina
> ancora la scena politica e sociale dell’intero territorio contaminando il
> cuore e l’anima
> dell’intera popolazione.
> La ricostruzione non riparte e tuttavia c’è un evidente
> paradosso: la Fillea (Federazione Italiana Lavoratori Edilizia e del Legno),che
> teoricamente dovrebbe fare un pieno di iscritti invece
> ha gravi difficoltà.
> Quindi sale spontanea una domanda: il
> sindacato, di fronte alla evidenza più eclatante, quella di una
> “avarizia” governativa senza limiti che ammanta la propria insipienza
> con un proliferare di norme, regole, riforme presunte e/o minacciate, quali
> forme di protesta ha messo in campo? Nulla! Infatti oggi la città
> è morta. Siamo già sul piano inclinato di una “moderna Pompei”. In generale,
> anche in ambito italiano, le condizioni di arretramento salariale, di vita,
> culturale, psicologica è devastante.
> Nella peggior crisi dal dopoguerra, mentre tutte le
> conquiste sociali svaniscono come neve al sole, la CGIL ha completamente
> sbagliato strada. Non è stata all’altezza della
> sfida e nemmeno alla propria lunga storia passata.
> I suoi punti di riferimento, di consenso e legittimazione,
> non sono più le masse di lavoratrici e lavoratori, studenti,
> precari, disoccupati, migranti, ma il sistema istituzionale, i
> partiti. Questo aspetto risulta tanto più negativo, soprattutto perché
> siamo in presenza di una crisi di legittimità, e di consenso di ogni
> apparato istituzionale. Il disastro ha ulteriormente
> allargata questa distanza, diventata ormai siderale. Siamo in presenza
> di una democrazia oligarchica. Essa si riflette in tutte le istanze
> della rappresentanza. Il sindacato così come configurato è parte
> del problema. La legge sulla rappresentanza pomposamente chiamata
> “Testo Unico”, così come l'”Italicum”, sono un tuttuno autoritario, e
> costituiscono un attacco alla Costituzione.
> Tutti i più grandi costituzionalisti democratici convengono
> su questo pericolo. Intanto i governi continuano con le politiche
> di austerità che distruggono quanto rimasto dello stato sociale.
> Scuola, sanità, pensioni, previdenza sono sotto il
> più sfrenato attacco. Queste direttive hanno l’imprimatur del pilota
> automatico imposto dalla BCE e dai trattati europei. La democrazia
> economica e sociale in questo paese non esiste più, le decisioni vengono prese a Bruxelles. Qualità della vita
> e democrazia appartengono
> ad un altro periodo storico. Il sindacato è del tutto subalterno alle logiche
> del capitale multinazionale e finanziario. Ma non è solo il gruppo
> dirigente ad essere subalterno e complice con questa
> situazione.
> L’intero corpo della CGIL ha assorbito dentro di sé l’acronimo
> T.I.N.A. di tacheriana memoria: “Non c’è Alternativa
Tutti conoscono degli esiti disastrosi della crisi
ma essa stessa diventa forma di governo,
> arnese di decisioni tirannicide e di ristrutturazione capitalista.
> Il sindacato è ormai complice di questo processo. Noi pensiamo
> che ci siano e sia possibile percorrere altre strade. Per tutti
> questi motivi usciamo dalla CGIL. Riconsegno la tessera che per
> tantissimi lavoratori è stato vanto di militanza sindacale e civile.
Alfonso De Amicis Lavoratore Archivio di Stato