Venezuela. Parla il ministro dell’interno Miguel Rodriguez Torres
«Preferiamo un edificio danneggiato piuttosto che la morte di un ragazzo per mano di un poliziotto. Siamo un governo socialista, rivoluzionario e umanista», dice al manifesto il ministro degli Interni giustizia e pace, Miguel Rodriguez Torres. Dopo aver partecipato all’assemblea con i «motorizados», mangia di corsa un’ arepa e ci riceve per l’intervista.
A un mese dall’inizio delle proteste studentesche, cosa sta succedendo?
Il Venezuela è vittima di un piano eversivo che inizia verso la fine del 2010, orchestrato dalla destra più estrema con il concorso di gruppi e forze esterne che vivono organizzando cospirazioni: da Miami, dalla Colombia, dall’Europa o dagli Usa. Avrebbero voluto agire come stanno facendo ora durante l’ultimo governo Chavez, ma non si sono date le condizioni, perché il Comandante nel 2012 ha vinto con un margine di oltre un milione di voti. Così ci hanno provato quando Maduro ha ottenuto uno scarto molto più ridotto su Henrique Capriles, il 14 aprile. Hanno gridato alla frode e hanno danno avvio a tutto quel che lei sta vedendo ora: tutt’altro che una rivolta spontanea, come indica l’organizzazione militare delle proteste, l’escalation, le armi. Sia chiaro, esiste un contesto oggettivo e certamente alcuni nostri errori politici che stiamo cercando di correggere e che provocano disagio nella popolazione: mancano alcuni prodotti, si fanno le code… Esiste uno scenario di crisi strutturale del capitalismo che per noi si configura come crisi contingente, ma che non intendiamo risolvere secondo il modello del Fondo monetario internazionale. Abbiamo ancora molto da fare, per questo stiamo ascoltando le proposte di tutti, anche quelle degli industriali. Ma in questo si inserisce l’azione dei grandi manovratori, dei grandi gruppi economici interessati ad accentuare il disagio per far man bassa delle risorse petrolifere.
Chi sono i “guarimberos”?
Bisogna fare un piccolo sforzo di memoria, ricordarsi alcuni episodi e nomi. Quando ancora c’era Chavez arrestammo 150 paramilitari nella tenuta di Robert Alonso, un cubano-venezuelano che ora è a Miami. È lui l’ideologo della «guarimba», connesso a una rete di fascisti a livello internazionale e locale: da Alvaro Uribe in Colombia a Otto Reis negli Usa, a Leopoldo Lopez o alla grande amica di George Bush, Maria Corina Machado che gira le università a infiammare i nostri ragazzi contro «la dittatura cubana in Venezuela» e poi si camuffa da pacifista.
I leader studenteschi di questa protesta violenta sono stati in un campo di addestramento paramilitare che si è tenuto in Messico nel 2010 e che, in codice, era «la festa messicana». C’era gente di Otpor, gemellata coi nazifascisti locali di Javu, a insegnare le tecniche di Gene Sharp per il «golpe suave». C’erano alcuni attuali sindaci di opposizione. Javu nasce per opera dell’ex governatore dello stato Carabobo, Salas Romer, puro prodotto dell’oligarchia, che ha fatto fortuna come imprenditore all’ombra di Leopoldo Lopez.
I media privati parlano di migliaia di arresti, di torture e violazioni dei diritti umani.
Vorrei che i lettori italiani capissero che la politica in Venezuela è totalmente mediatizzata per dare l’idea di un paese violento e allo sbando. Si è addirittura parlato di uno studente violentato con la canna di un fucile. Al Ministerio Publico esiste la Direzione dei diritti fondamentali e una squadra di magistrati molto severi con la polizia che registra ogni abuso e lo persegue, e in questo caso non ha riscontrato elementi. Può venire qui qualunque osservatore internazionale e si renderà conto che, in tema di ordine pubblico, abbiamo applicato la forza solo quando era realmente necessario. Ci sono 28 morti, quasi tutti provocati dalle «guarimbas», funzionari e militanti uccisi con armi da fuoco. Se avessimo voluto reprimere, avremmo concluso tutto in due giorni, ne abbiamo la forza. Ma siamo un governo socialista, rivoluzionario e umanista che ha messo al centro il dialogo e il rispetto dei diritti umani.